Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15208 del 21/07/2015


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Civile Sent. Sez. U Num. 15208 Anno 2015
Presidente: ROVELLI LUIGI ANTONIO
Relatore: AMBROSIO ANNAMARIA

Data pubblicazione: 21/07/2015

SENTENZA

sul ricorso 26771-2013 proposto da:
SIRIO S.R.L., in persona del legale rappresentante pro2015

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI

265

MONTE FIORE 22, presso lo studio dell’avvocato STEFANO
GATTAMELATA, rappresentata

e

difesa dagli avvocati

MARIO IGNAZIO ALTANA e VANESSA PORQUEDDU, giusta delega
a margine del ricorso;

- ricorrente contro

SA.BE.SA . S.p.A. – Società Appalti Bonifiche Edilizia
Strade Aeroporti, in persona del Presidente protempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

SALVINI, rappresentata e difesa dall’avvocato BRUNO
CIMADOMO, giusta mandato a margine del controricorso;
– controricorrente nonchè contro

CONSORZIO INDUSTRIALE PROVINCIALE NORD EST SARDEGNA
“GALLURA” – CIPNES (già CINES Consorzio Industriale
Nord Est Sardegna), in persona del Presidente protempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA NIZZA
53, presso lo studio dell’avvocato FABIO CAIAFFA,
rappresentato e difeso dagli avvocati MAURO BILOTTA e
RINO CUDONI, giusta procura a margine del controricorso
e ricorso incidentale;
– controricorrente e ricorrente incidentale e contro

COMUNE DI OLBIA, REGIONE AUTONOMA DELLA SARDEGNA ;
– intimati –

avverso la sentenza n. 4623/2013 del CONSIGLIO DI
STATO, depositata il 17/09/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 09/06/2015 dal Consigliere Dott. ANNAMARIA
AMBROSIO;

SABOTINO 12, presso lo studio dell’avvocato LUCA

udito l’Avvocato RENZO CUONZO per delega dell’Avvocato
VANESSA PORQUEDDU e gli Avvocati BRUNO CIMADOMO, MAURO
GIULIO DARIO BILOTTA e RINO CUDONI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FEDERICO SORRENTINO che ha concluso per

ricorsi.

l’inammissibilità ed in subordine per il rigetto dei

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
I fatti rilevanti ai fini del decidere e l’iter processuale – quali si evincono
dalia decisione impugnata – sono i seguenti:
– con sentenza n. 647 del 2003 il T.A.R. Sardegna annullò la
dichiarazione di p.u. e il decreto di occupazione di urgenza di suoli di
proprietà della SA.BE.SA . s.p.a. (Società Appalti Bonifiche Edilizia Strade
Aeroporti) propedeutici all’esproprio per la realizzazione del P.d.Z. e,

del Consorzio Industriale Nord Est Sardegna (CINES, oggi CIPNES Consorzio Provinciale Industriale Nord Est Sardegna “Gallura”, di seguito
anche, brevemente “il Consorzio”); ciononostante la Regione Sardegna
emise il decreto di esproprio in data 29.05.2005 e il successivo 29.09.2005
venne stipulato l’atto di trasferimento dei terreni illegittimamente appresi in
favore della Sirio s.r.I.;
– con successiva sentenza n. 85/2009 il medesimo T.A.R. annullò anche il
decreto regionale di espropriazione, mentre dichiarò il proprio difetto di
giurisdizione relativamente alla domanda di annullamento della
compravendita intercorsa tra il Consorzio e la Sirio s.r.l. in quanto atto di
diritto provato;
– nel giudizio di ottemperanza delle suindicate sentenze, il T.A.R.
Sardegna, con sentenza n. 94/2013 – escluso che il Consorzio potesse, al
suo esito, sanare l’illegittimità dell’autonomo procedimento espropriativo ai
danni della SA.BE.SA . s.p.a. e conseguentemente ritenuto che l’acquisto da
parte della Sirio s.r.l. costituisse un acquisto a non domino

ordinava al

Consorzio di dare integrale esecuzione alle dette sentenze e, quindi, di
provvedere alla restituzione dei terreni alla SA.BE.SA . s.p.a. e, per il caso di
ulteriore inadempimento, nominava un commissario ad acta nella persona
del Dirigente dell’Ufficio tecnico del comune di Olbia, prevedendo che lo
stesso, al termine del mandato, trasmettesse gli atti alla Procura della Corte
dei conti per la Regione Sardegna; applicava una sanzione pecuniaria
giornaliera ai sensi dell’art. 114, comma 4 lett. e> cod. proc. amm. per i
giorni di ritardo successivi al 121° dalla comunicazione o notificazione della
sentenza; condannava il Consorzio al risarcimento danni in favore della
SA.BE.SA . s.p.a. per l’occupazione illegittima, facendo presente che restava
in facoltà del Consorzio avviare il procedimento

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ex art. 42 bis d.p.r.

segnatamente, di uno stabilimento industriale in comune di Olbia nell’ambito

acquisizione dei terreni in oggetto, con liquidazione in tal caso anche del
danno per la perdita definitiva del bene ai sensi della stessa norma;
– la decisione, gravata da impugnazione del Consorzio CIPNES, nel
contraddittorio della SA.BE.SA . che resisteva al ricorso, del Comune di Olbia
che non si opponeva alla conferma della decisione per quanto la riguardava,
della Regione Sardegna e della Sirio s.r.I., quest’ultima intervenuta
adiuvandum,

ad

era confermata dal Consiglio di Stato con sentenza n.

4623/2013 che rigettava l’appello del Consorzio con compensazione
integrale delle spese processuali tra le parti.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione ai sensi degli
artt. 111, co. 8 Cost., 362 cod. proc. civ. e 110 cod. proc. amm. la Sirio
s.r.I., deducendo difetto di giurisdizione amministrativa quale affermato con
la cit. sentenza del T.A.R. Sardegna n. 85/2009 e conseguentemente
l’indebito riconoscimento della tutela ripristinatoria, nonostante l’anteriorità
del proprio titolo rispetto all’annullamento del decreto di esproprio.
Ha resistito la SA.BE.SA . s.p.a., depositando controricorso, con cui ha
eccepito l’inammissibilità e, comunque, l’infondatezza del ricorso.
Dal canto suo il Consorzio CIPNES ha depositato controricorso e ricorso
incidentale, dichiarando di aderire alle ragioni di ricorso della Sirio s.r.l. e di
impugnare, a sua volta, la decisione dei C.d.S. anche per violazione della
sfera di attribuzione riservata alla P.A..
Nessuna attività difensiva è stata svolta da parte del Comune di Olbia e
della Regione Sardegna.
Sono state depositate memorie da parte del Consorzio e della SA.BE.SA .
s.p.a..
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il Consiglio di Stato – premesso che la SA.BE.SA . s.p.a., vittoriosa in
tutti i giudizi, aveva legittimamente richiesto la reintegrazione in forma
specifica dei suoi diritti, con la restituzione del terreno illegittimamente
sottratto, potendo scegliere, in sede di ottemperanza, tra il risarcimento in
forma specifica o quello per equivalente – ha innanzitutto escluso che vi
fosse un’oggettiva preclusione all’attuazione dell’obbligo restitutorio per
effetto dell’intervenuta cessione al terzo, Sirio s.r.I., di quanto
illegittimamente appreso con la procedura espropriativa annullata; ciò in

5

i
I

327/2001 finalizzato all’adozione di un provvedimento motivato di

quanto le sentenze di annullamento di provvedimenti amministrativi
producono, unitamente all’effetto caducatorio, un effetto conformativo,
vincolando la successiva attività dell’Amministrazione di riesercizio del
potere, con la conseguenza che, nella specie, una volta passate in giudicato
le sentenze di annullamento con efficacia retroattiva della procedura
amministrativa di esproprio, risultava attuale l’obbligo di restituire i beni
illegittimamente appresi, senza che tale obbligo potesse venire meno per

art. 63 L. 488/1998 – intrapresa dal Consorzio nei confronti della Sirio s.r.1.,
ma non ancora portata a termine, sì da legittimare il dubbio che si trattava
solo di un mezzo per «guadagnare ulteriore tempo» – costituisse un’attività
esecutiva della sentenza, trattandosi piuttosto di un procedimento connesso
a un fatto del tutto estraneo al contendere, quale l’inadempimento da parte
del terzo cessionario degli obblighi derivanti dalla convenzione; ha, altresì,
stigmatizzato come «metagiuridiche» le considerazioni del Consorzio circa la
pretesa “sopravvivenza” della dichiarazione di p.u. e circa la possibilità di
recuperare l’area allo stesso Consorzio in forza del procedimento di revoca
dalla Siria s.r.l. ex art. 63 L.n.488/1988, precisando che, in ogni caso, la
mera allegazione di aver intrapreso detta procedura, senza l’adozione
dell’atto finale di revoca, si qualificava come un mero espediente per
sottrarsi all’esecuzione dei giudicati amministrativi.
In tale prospettiva il C.d.S. ha affermato che non era configurabile alcun
“diritto di resistere all’ottemperanza”, quale postulato da parte appellante, e
che al contrario, il Consorzio – al fine di rendere effettiva la tutela
giurisdizionale di cui all’art. 24 Cost. e anche alla luce dei principi comunitari
che escludono che l’irreversibile trasformazione del fondo possa avere effetti
preclusivi o limitativi della tutela ripristinatoria – aveva l’obbligo di adeguare
lo stato di fatto a quello di diritto e, quindi, di far venir meno l’apprensione
sine título, avendo davanti a sé due vie: o recuperare il bene, magari
riacquistandoli in via bonaria, e quindi, restituirlo alla SA.BE.SA . s.p.a.
ovvero attivarsi per la creazione di un legittimo titolo di acquisto ex art. 42
bis T.U. n.327 del 2001, appropriandosi definitivamente dell’area.

Infine il C.d.S. – con specifico riguardo all’eccezione di nullità
dell’accertamento pregiudiziale della nullità del contratto di cessione – ha
escluso che il T.A.R., in sede di ottemperanza, avesse invaso la materia

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effetto della cessione. Ha, quindi, escluso che la procedura di decadenza ex

civile, dal momento che non venivano in rilievo statuizioni a carico della
Sirio s.r.l. (in relazione alle quali era stata declinata la giurisdizione in punto
di annullamento del contratto CINES/Sirio) e che il T.A.R. non aveva deciso
su un’azione di rivendica tra privati, bensì sull’obbligo di ripristino della
citazione da parte del Consorzio in favore del proprietario legittimamente
ablato.

decisione del C.d.S. per avere confermato “la regola di ottemperanza”
fissata dal T.A.R., anche nella parte in cui essa travalicava i limiti della
giurisdizione amministrativa,

laddove qualificava

il

contratto di

compravendita, trascritto in data anteriore all’annullamento del decreto di
esproprio, come acquisto a non domino, estendendo la decisione a rapporti
civili successivi alla sequenza amministrativa e, in pratica, affermando
l’inefficacia del contratto, nonchè per avere disatteso il precedente
giudicato, avendo, in precedenza lo stesso T.A.R. Sardegna (sentenza n.
85/2009) declinato la giurisdizione proprio su tali aspetti. Secondo la
ricorrente principale, l’affermazione, contenuta nella decisione impugnata,
secondo cui il T.A.R., in sede di ottemperanza si sarebbe limitato a statuire
sull’obbligo restitutorio del Consorzio, sarebbe fuorviante, perché
affermando l’obbligo del Consorzio di restituire i terreni in possesso della
Sirio in forza di titolo trascritto anteriormente all’annullamento del decreto di
espropriazione, il G.A. avrebbe stabilito che il contratto di compravendita in
favore della stessa Sirio era privo di effetti, così invadendo la sfera della
giurisdizione civile.
3. RICORSO INCIDENTALE. Il Consorzio, innanzitutto, aderisce al ricorso
principale, lamentando la violazione del legale riparto della giurisdizione,
attesa la natura privatistica del rapporto CIPNES/Sirio e l’effetto preclusivo
del precedente giudicato (T.A.R. Sardegna n. 85/2009); lamenta, inoltre,
che “la regola di ottemperanza” fissata dal T.A.R. e confermata dal C.d.S.
non sia rispettosa delle attribuzioni discrezionali che residuano in capo al
CIPNES pur in presenza e nel rispetto del giudicato di annullamento del
decreto di esproprio. Lamenta, in particolare, omessa e/o errata
motivazione sull’eccepito legittimo potere del Consorzio di svolgere un
nuovo procedimento amministrativo per acquistare alla mano pubblica il
terreno per cui è causa, omessa e/o errata motivazione circa i limiti alla

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2. RICORSO PRINCIPALE. Con il ricorso principale la Sirio s.r.l. censura la

possibilità di disporre ottemperanza di restituzione del suolo espropriato,
violazione dell’art. 63 L. n. 448/1998. A parere del ricorrente incidentale,
l’esatta e corretta identificazione del giudicato di annullamento avrebbe
dovuto comportare l’individuazione di un duplice limite: e, cioè, la
persistenza della dichiarazione di P.U. derivante dagli atti di pianificazione
urbanistica non tempestivamente impugnati dalla SA.BE.SA ., con
conseguente possibilità del Consorzio di recuperare i fondi con la procedura

connesso giudicato esplicito sulla giurisdizione, che avrebbe dovuto
precludere al T.A.R. di pronunciarsi sui rapporti contrattuali tra il Consorzio
e la Sirio. Inoltre la decisione del T.A.R. – solo in parte “temperata” dal
C.d.S. laddove afferma l’obbligo di CIPNES di recuperare

“comunque” i

terreni trasferiti a Sirio s.r.l. – travalicherebbe il limite della giurisdizione in
danno della sfera di attribuzione del potere discrezionale della P.A., senza
considerare la necessità di coordinare gli effetti del giudicato con la
persistenza del vincolo espropriativo che consentiva e consentirebbe al
Consorzio di riprodurre il procedimento espropriativo.
3.1. Nella memoria ex art. 378 cod. proc. civ. il Consorzio ha precisato di
essere giunto alla determinazione di non dover procedere

«alla speciale

espropriazione del terreno» ai danni della Sirio s.r.l. ex art. 63 L. 448/1998
per difetto del presupposto applicativo (inerzia imputabile all’assegnataria
nella realizzazione dello stabilimento industriale) e di avere, invece, adottato
il provvedimento di acquisizione sanante ex art. 42 bis d.p.r. n. 327/2001,
peraltro, allo stato, oggetto di contenzioso.
4. La problematica esposta dalle parti, quale sopra riassunta, si coagula
intorno a due questioni fondamentali: quella – prospettata da entrambi i
ricorrenti – della violazione della giurisdizione ordinaria, per avere, in tesi, il
Giudice dell’ottemperanza violato il precedente giudicato negativo della
giurisdizione amministrativa sulla convenzione CIPNES/Sirio e, comunque,
inciso nella sfera privatistica riservata al G.O. e quella – oggetto di specifica
deduzione da parte del Consorzio – della violazione del limite esterno della
giurisdizione, per avere, principalmente il T.A.R. (ma anche il C.d.S. per
averne confermato “la regola dell’ottemperanza”) invaso un campo riservato
alla discrezionalità amministrativa, ordinando alla P.A. un
determinato in contrasto con tale potere.

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facere

ex art. 63 L. n. 448/1998 e l’esistenza del contratto di cessione e del

Parallela a ciò è l’affermazione da parte del Consorzio dell’esistenza di un
duplice “limite oggettivo” in sede di ottemperanza e, cioè, l’esistenza del
contratto di cessione (e la correlativa preclusione al suo esame derivante dal
giudicato), nonché la pendenza della procedura amministrativa ex art. 63 L.
448/1998 (che nell’ottica assunta dal T.A.R., sarebbe stata indebitamente
asservita all’esclusivo recupero del bene in favore della SA.BE.SA .) e, più in
generale, l’esistenza in capo ad esso espropriante del potere di riprodurre il

non già di acquisire in sanatoria non

retroattiva ex art. 42 bis d.p.r. n. 327/2001 l’area di cui trattasi – bensì di
proseguire l’espropriazione, sul presupposto della persistenza della
dichiarazione di P.U..
Va da sé che, per quanto riferito nella memoria ex art. 378 cod. proc.
civ. circa l’espressa rinuncia da parte del Consorzio alla procedura di cui
all’art. 63 cit., perdono di attualità le argomentazioni svolte al riguardo in
ricorso. Merita, tuttavia, puntualizzare che le stesse argomentazioni
incorrevano anche in un profilo di inammissibilità, per difetto di specificità,
laddove censuravano il vincolo che sarebbe stato apposto al

facere

dell’Amministrazione espropriante per avere il T.A.R. ritenuto la procedura
stessa esclusivamente funzionale al recupero del bene in favore della
SA.BE.SA . s.p.a.. Invero – come emerge dalla sintesi

sub

1. – la

motivazione della decisione impugnata muove da un diverso approccio,
prevedendo che il Consorzio debba comunque recuperare il bene oggetto
della procedura di esproprio annullata, lasciando, quindi, all’Amministrazione
la scelta dei relativo mezzo (eventualmente una retrocessione concordata
con la Sirio s.r.I.), salvo il ricorso alla procedura di acquisizione sanante ex
art. 42 bis d.p.r. n. 327/2001.
E’ il caso di aggiungere che la scelta da parte del Consorzio della
procedura di acquisizione sanante ex art. 42 bis d.p.r. n. 327/2001,
individuata come soluzione alternativa alla restituzione proprio nella
decisione impugnata, non ha determinato la cessazione della materia del
contendere, né, comunque, ha fatto cessare l’interesse delle parti alla
decisione sui ricorsi straordinari – come del resto confermato dai difensori
presenti all’udienza collegiale – stante l’intervenuta impugnativa da parte
della SA.BE.SA . s.p.a. del provvedimento in questione.
4.1. Così definito l’ambito della decisione anche sulla scorta delle novità

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procedimento espropriativo, ergo

riferite nella memoria, muovendo dalla questione della violazione del
giudicato sulla giurisdizione (la seconda delle due sentenze del T.A.R.
Sardegna, della cui ottemperanza si è discusso, la n. 85/2009, che qui rileva
per la parte dichiarativa del difetto di giurisdizione amministrativa in favore
del G.O. in relazione alla domanda della SA.BE.SA . di annullamento del
contratto di cessione tra il Consorzio e la Sirio) e da quella connessa di
violazione della giurisdizione ordinaria, si precisa, prima di ogni altra

Corte dal vaglio delle eccezioni pregiudiziali di rito attinenti al ricorso
principale, anche perchè le relative argomentazioni sono state condivise e
fatte proprie dal ricorrente incidentale.
La manifesta infondatezza discende innanzitutto dalla considerazione che
l’eccezione di violazione del giudicato prescinde totalmente dal principio
acquisito nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui, a differenza
delle sentenze delle Sezioni unite della Corte di cassazione – alla quale, per
la funzione istituzionale di organo regolatore della giurisdizione, spetta il
potere di adottare decisioni dotate di efficacia esterna (cosiddetta efficacia
panprocessuale) – le sentenze dei giudici ordinari di merito, come quelle dei
giudici amministrativi, che statuiscano sulla sola giurisdizione, non sono
idonee ad acquistare autorità di cosa giudicata in senso sostanziale ed a
spiegare, perciò, effetti al di fuori del processo nel quale siano state rese,
poichè le pronunce dei detti giudici sono suscettibili di acquistare autorità di
giudicato (esterno) anche in tema di giurisdizione, e di spiegare,
conseguentemente, i propri effetti anche al di fuori del processo, nel quale
siano state adottate, solo quando, in esse, (ma non è certo questo il caso di
specie) la decisione – sia pure implicita – sulla giurisdizione si rapporti, ad
essa collegandosi, con una statuizione di merito (ex multis Cass. civ., Sez.
Unite, 10 agosto 2005, n. 16779 Cass. SSUU, 19 novembre 1999, n. 802;
Cass. Sez. unite 05 febbraio 1999, n. 45).
In ogni caso non è ravvisabile alcuna violazione dell’ambito della
giurisdizione ordinaria, segnatamente laddove il C.d.S., escludendo che il
Consorzio potesse sottrarsi al ripristino dello

status quo ante

in

considerazione dell’intervenuta cessione in favore della Sirio s.r.I., ha
motivatamente condiviso “la regola dell’ottemperanza” dettata dal T.A.R.,
osservando che

«una volta annullata la procedura espropriativa con

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considerazione, che la chiara infondatezza delle ridette questioni esonera la

sentenza passata in giudicato, l’intervenuta indebita cessione a terzi dei
terreni non ha fatto venire meno l’obbligo dell’Amministrazione procedente
di restituire al privato il bene illegittimamente appreso».
Come precisato già nella decisione impugnata, laddove si stigmatizza
l’analoga questione prospettata con riferimento alla decisione di prime cure,
non vi è alcuna richiesta (o pronuncia) diretta nei confronti della Sirio s.r.I.,
come nel caso esaminato nella sentenza n. 9844/2011 di questa S.C.,

indebito della cessione, nel passo appena richiamato, risulta strettamente
correlato al rilievo all’efficacia retroattiva dell’annullamento della procedura
di espropriazione con sentenze passate in giudicato, comportanti, come tali,
vuoi un effetto caducatorio, vuoi un effetto ripristinatorio della legalità
violata. In altri termini l’obbligo restitutorio del Consorzio è affermato,

a

prescindere dai diritti vantati da Sirio s.r.i. sull’area (illegittimamente)
espropriata, risultando il rilievo del carattere indebito della cessione operato
in via meramente incidentale al solo fine dell’accertamento dell’insussistenza
del presunto “limite oggettivo” all’attuazione del

dictum contenuto nelle

sentenze passate in giudicato e non eseguite.
Tutto ciò attiene non già alla giurisdizione, ma all’individuazione della
portata (anche restitutoria) delle pronunce cui occorreva dare
ottemperanza, esulando dal sindacato consentito in questa sede. Invero
individuando e circoscrivendo il contenuto del giudicato, il Giudice
dell’ottemperanza rimane nei limiti della propria giurisdizione, senza che
venga in rilievo la diversa e più ampia questione se la richiesta proposta al
Giudice e la risposta dallo stesso data attengano ad azione diversa da quella
di ottemperanza del giudicato da eseguire (o ne trasbordino i confini),
violando i limiti (in questo caso esterni) della sua giurisdizione.
4.2. Le censure non colgono nel segno neppure sotto l’altro aspetto
prospettato dalla ricorrente incidentale, sub specie, di eccesso di potere
giurisdizionale, sul presupposto dell’indebita invasione dell’ambito della
discrezionalità amministrativa.
Richiamato quanto precisato sub 4. in ordine all’effettiva portata dalla
“regola di ottemperanza”, quale fissata nella decisione impugnata, si
osserva che le questioni agitate da parte ricorrente in ordine a una pretesa
“sopravvivenza” di una dichiarazione di pubblica utilità, implicita negli atti di

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invocata dagli odierni ricorrenti. In particolare il riferimento al carattere

programmazione urbanistica, da far valere in sostituzione di quella annullata
– siano o meno esse «del tutto metagiuridiche», come affermato dal C.d.S.
– esulano all’evidenza dal sindacato sulla giurisdizione, appuntandosi ancora
una volta su presunti errori inerenti al giudizio di ottemperanza.
E’ il caso di ribadire che il sindacato sulle decisioni del Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale è notoriamente circoscritto ai limiti esterni della
giurisdizione del Giudice amministrativo, ovvero alla esistenza dei vizi che

esercizio, cui ineriscono, invece, gli errori in iudicando o in procedendo. In
particolare le decisioni del Consiglio di Stato in sede di giudizio di
ottemperanza sono soggette al sindacato delle Sezioni Unite della Corte di
cassazione sul rispetto dei limiti esterni della propria potestà giurisdizionale,
tenendo presente che in tal caso è attribuita al giudice amministrativo una
giurisdizione anche di merito. Al fine di distinguere le fattispecie nelle quali il
sindacato è consentito da quelle nelle quali è inammissibile, è decisivo
stabilire se oggetto del ricorso è il modo con cui il potere di ottemperanza è
stato esercitato (limiti interni della giurisdizione) oppure se sia in
discussione la possibilità stessa, in una determinata situazione, di fare
ricorso al giudizio di ottemperanza (limiti esterni della giurisdizione); ne
consegue che, ove le censure mosse alla decisione del Consiglio di Stato
riguardino l’interpretazione del giudicato, l’accertamento del comportamento
tenuto dall’Amministrazione e la valutazione di conformità di tale
comportamento rispetto a quello che si sarebbe dovuto tenere, gli errori nei
quali il giudice amministrativo può eventualmente incorrere, essendo
inerenti al giudizio di ottemperanza, restano interni alla giurisdizione stessa
e non sono sindacabili dalla Corte di cassazione (Cass. civ., Sez. Unite, 19
gennaio 2012, n. 736; cfr. nello stesso senso più di recente Cass. civ., Sez.
Unite, 26 aprile 2013, n. 10060)
In particolare – definendo i limiti del sindacato sulla giurisdizione nei
confronti delle decisioni del Consiglio di Stato in sede di ottemperanza con la
già cit. sentenza n. 736 del 2012 – queste Sezioni Unite hanno precisato
che, quando l’ottemperanza sia stata invocata denunciando comportamenti
elusivi del giudicato o manifestamente in contrasto con esso, afferiscono ai
limiti interni della giurisdizione gli eventuali errori imputati al giudice
amministrativo nell’individuazione degli effetti conformativi dei giudicato

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attengono all’essenza della funzione giurisdizionale, e non al modo del suo

…00P !V •

medesimo, nella ricostruzione della successiva attività dell’amministrazione
e nella valutazione di non conformità di questa agli obblighi dal giudicato
derivanti, trattandosi, invece, dei limiti esterni di detta giurisdizione quando
è posta in discussione la possibilità stessa, nella situazione data, di far
ricorso alla giurisdizione di ottemperanza. A tal fine si è puntualizzato che il
giudizio di ottemperanza, in particolare nel caso in cui sia denunciato un
comportamento della pubblica amministrazione elusivo del giudicato, si

di individuare il comportamento doveroso per la pubblica amministrazione in
sede di ottemperanza; b) di accertamento del comportamento in effetti
tenuto dalla medesima amministrazione; c) di valutazione della conformità
del comportamento tenuto dall’amministrazione a quello che avrebbe dovuto
tenere. Ed è quello che ha fatto il Consiglio di Stato, con la decisione
impugnata, allorchè ha affermato che il comportamento tenuto
dall’Amministrazione espropriante, sul presupposto di una pretesa
“sopravvivenza” della dichiarazione di P.U. era non conforme alle pronunce
di annullamento e che, al contrario, in forza delle suddette sentenze (e salvo
la definitiva appropriazione dei terreni attraverso la procedura sanante di cui
all’art. 42 bis cit.) occorreva che la stessa Amministrazione recuperasse
comunque i beni dalla Sirio s.r.l. e li restituisse alla SA.BE.SA ..
Del resto è la stessa ricorrente incidentale ad ammettere che si tratta di
«identificar(e) correttamente la portata e i limiti»

del giudicato di

annullamento (cfr. pag. 19 in ricorso) che è, per l’appunto, questione
interna al giudizio di ottemperanza. Gli errori nei quali sia eventualmente
incorso il giudice amministrativo nel compimento delle indicate valutazioni,
essendo inerenti al giudizio di ottemperanza, restano confinati all’interno
della giurisdizione medesima, e sono insindacabili dalla Corte di cassazione.
In conclusione vanno rigettati sia il ricorso principale che quello
incidentale.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo alla
stregua dei parametri di cui al D.M. n. 55/2014, seguono la soccombenza.
Infine, dal momento che entrambi i ricorsi risultano notificati
successivamente al termine previsto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma
18, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115
del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla citata L. n. 228 del

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svolge in una triplice operazione: a) di interpretazione del giudicato, al fine

2012, art. 1, comma 17.
P.Q.M.
La Corte, decidendo sui ricorsi riuniti, rigetta entrambi i ricorsi e
condanna la ricorrente principale e il ricorrente incidentale, in solido tra loro,
al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in favore della
resistente in € 8.000,00 (di cui € 200,00 per esborsi) oltre accessori come
per legge e contributo spese generali. Ai sensi dell’art.13 co. 1 quater del

versamento da parte di ognuna delle parti ricorrenti dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del
comma 1 bis dello stesso art. 13.
Roma 9 giugno 2015

d.p.r. n.115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il

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