Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15208 del 04/06/2019

Cassazione civile sez. trib., 04/06/2019, (ud. 27/03/2019, dep. 04/06/2019), n.15208

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo M. – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filipp – rel. Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. FICHERA Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 809/2018 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI, (C.F. (OMISSIS)), in persona del

Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via

dei Portoghesi, 12.

– ricorrente –

contro

SARTI SRL IN LIQUIDAZIONE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del curatore

pro tempore.

– intimato –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) SRL, (C.F. (OMISSIS)), in persona del curatore

pro tempore.

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Lombardia n. 2756/2017 depositata il 21 giugno 2017.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27 marzo 2019

dal Consigliere Filippo D’Aquino.

Fatto

RILEVATO

CHE:

La CTR della Lombardia, con sentenza del 21 giugno 2017, ha rigettato l’appello dell’AGENZIA DELLE DOGANE nei confronti di (OMISSIS) SRL, ora in Fallimento, e SARTI SRL IN LIQUIDAZIONE quale rappresentante indiretto, avverso la sentenza della CTP di Como, la quale aveva accolto i ricorsi dei contribuenti relativi a maggiori diritti di confine e sanzioni dovute su importazioni del 2011 di prodotti di cartoleria, dei quali era stata contestata la inclusione nel prezzo di transazione di royalties per effetto della riproduzione di loghi di noti marchi registrati;

che la CTR della Lombardia ha evidenziato che i diritti di licenza divengono daziabili nella misura in cui vi sia prova, ai fini della determinazione del valore di transazione di cui al Reg. (CEE) 12 ottobre 1992, n. 2913 del 1992, art. 29, (CDC), che il pagamento dei diritti di licenza costituisca condizione della vendita e gli stessi non siano già ricompresi nel prezzo a termini dell’art. 32 CDC, lett. c), e del Reg. (CEE) 2 luglio 1993, n. 2454 del 1993, art. 157; ha evidenziato che, ove il titolare dei diritti di licenza sia un terzo e non il venditore, indichi all’acquirente la necessità di effettuare il pagamento al terzo licenziante a termini dell’art. 160 DAC, ancorchè la richiesta provenga da persona legata al venditore a termini dell’art. 143 DAC; che, in ogni caso, il legame tra venditore e licenziante va desunto in termini di controllo del licenziante sul venditore a termini dell’art. 160 DAC e del Commento 11 del Comitato del Codice Doganale (TAXUD/800/2002);

che nella specie il giudice di appello ha ritenuto che il pagamento delle royalties non costituisce condizione della vendita, in quanto l’importatore ha ottenuto la disponibilità dei marchi dai licenzianti e in quanto i licenzianti non impongono nè i produttori, nè la scelta di materiali e componenti, salvo il solo controllo di qualità, essendo al venditore indifferente il pagamento dei diritti di proprietà intellettuale in forza del fatto che le caratteristiche dei beni da produrre fossero già nella disponibilità del committente;

che propone ricorso per cassazione l’Ufficio con un unico motivo.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

con il primo motivo il ricorrente deduce error in procedendo e violazione di legge in relazione agli artt. 29, 32 CDC e degli artt. 143, 157, 159, 160, 162 DAC, nonchè violazione degli artt. 115 e 166 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, laddove la sentenza impugnata ha escluso che il pagamento dei diritti di licenza costituisca condizione della vendita; richiama l’esistenza di un rapporto trilaterale (venditore, acquirente licenziatario e licenziante) e censura la sentenza per non avere considerato i mezzi di prova forniti dall’Ufficio, in relazione al fatto che i beni sarebbero stati venduti da una controllata della intimata licenziataria e che alcune clausole di alcuni contratti di licenza prodotti in giudizio anche in formato elettronico evidenzierebbero la ricomprensione nel valore di transazione dei diritti di licenza;

che il motivo è inammissibile quanto alla dedotta violazione di legge, in quanto, anzichè censurare il non corretto esame delle norme unionali ovvero l’errore di sussunzione, deduce l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta per erronea valutazione dei mezzi di prova, il che è estraneo all’esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura non è consentita come violazione di legge ma sotto l’aspetto del vizio di motivazione (Cass., Sez. VI, 12 ottobre 2017, n. 24054);

che, difatti, il ricorrente chiede una diversa rivalutazione del fatto attraverso una interpretazione dei contratti, peraltro non analiticamente indicati (il che rende ulteriormente inammissibile la doglianza), analiticamente analizzati dal giudice di appello, con particolare riferimento alla circostanza della sussistenza del controllo diretto da parte del licenziante sul produttore;

che, al riguardo, non rileva la circostanza che le vendite sarebbero state curate da una controllata della società (OMISSIS), in quanto ciò che ha rilievo è il controllo del licenziante sul produttore;

che, in ogni caso, non sussiste la dedotta violazione di legge, avendo il giudice di appello fatto corretta ricognizione delle disposizioni unionali relative ai presupposti per la qualificazione dei diritti di licenza o, comunque, dei diritti di proprietà intellettuale quali componente essenziale delle merci importate, attinenti alla insussistenza del fatto che i diritti di licenza abbiamo costituito condizione della vendita delle merci da valutare (art. 32 CDC, par. 1, lett. c)), nonchè alla insussistenza di alcun controllo del licenziante sul produttore (artt. 143, 160 DAC);

che, pertanto, il ricorso, in quanto diretto ad ottenere una rivisitazione del fatto ad opera del giudice di legittimità, va dichiarato inammissibile, così come sono irripetibili le spese.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 27 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 giugno 2019

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