Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15207 del 22/07/2016


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Cassazione civile sez. un., 22/07/2016, (ud. 05/07/2016, dep. 22/07/2016), n.15207

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RORDORF Renato – Primo Presidente f.f. –

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente di sez. –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente di sez. –

Dott. CURZIO Pietro – Presidente di sez. –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente di sez. –

Dott. AMBROSIO Annamaria – Presidente di sez. –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

Dott. PETITTI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

S.M., rappresentato e difeso dagli Avvocati Paolo

Barone e Pasqualino Federici, per procura speciale in calce al

ricorso, elettivamente domiciliato presso lo studio del primo in

Roma, via Paolo Emilio n. 7;

– ricorrente –

contro

CONSIGLIO DELL’ORDINE DEGLI AVVOCATI DI SASSARI;

CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE;

PROCURA GENERALE PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE;

– intimati –

avverso la sentenza del Consiglio Nazionale Forense n. 68 del 2015,

depositata in data 28 aprile 2015 e notificata il 21 maggio 2015;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 5

luglio 2016 dal Consigliere relatore Dott. Stefano Petitti;

sentito l’Avvocato Pasqualino Federici;

sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DE AUGUSTINIS Umberto, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

Fatto

RAGIONI IN FATTO

L’Avvocato S.M., a seguito di procedimento disciplinare scaturito dalla comunicazione dell’adozione nei suoi confronti della misura cautelare degli arresti domiciliari, veniva ritenuto responsabile, dal COA di Sassari, della violazione degli artt. 5, 6 e 41 cod. deon., per essersi fatto accreditare sul proprio conto corrente somme dovute a due sue clienti e per avere trattenuto gli importi consegnandone alle clienti una minima parte e appropriandosi della differenza.

Per i fatti accertati, il COA applicava la sanzione della radiazione.

L’Avvocato S. proponeva ricorso al CNF articolando censure su vari aspetti del procedimento sanzionatorio.

Il CNF, con sentenza n. 68 del 2015, rigettava il ricorso, dando in primo luogo conto delle ragioni che lo avevano indotto a non rinviare l’udienza fissata per la trattazione del ricorso, richiesta dal ricorrente per l’avvenuta rinuncia al mandato dei difensori dal medesimo nominati in precedenza.

Il CNF riteneva poi che correttamente il procedimento non fosse stato sospeso, per pregiudizialità penale, in considerazione del fatto che il procedimento penale nel quale era stata adottata l’ordinanza cautelare, si trovava ancora nella fase delle indagini preliminari, ed operando la sospensione necessaria solo dal momento della esistenza di un processo penale; e che correttamente il COA avesse ritenuto inidoneo il certificato trasmesso via fax il giorno prima dell’udienza disciplinare, attestante una lombosciatalgia con prognosi di dieci giorni, a giustificare il rinvio della udienza.

Nel merito, il CNF riteneva integrata la prova dei contestati illeciti sulla base delle querele presentate dalle danneggiate e delle deposizioni dalle stesse rese nella fase istruttoria.

L’Avvocato S. ha quindi proposto ricorso per cassazione, affidato ad un unico articolato motivo.

Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Sassari non ha svolto difese.

Con ordinanza n. 21826 del 2015, queste Sezioni Unite hanno accolto l’istanza di sospensione della esecutività della sanzione disciplinare oggetto della impugnata sentenza del CNF. La trattazione del ricorso per il merito è stata fissata per l’udienza pubblica del 5 luglio 2016.

Diritto

RAGIONI IN DIRITTO

1. – Con l’unico motivo, rubricato violazione degli artt. 6 e 41 previgente codice deontologico e vizio di motivazione, il ricorrente contesta i seguenti punti della decisione impugnata: mancata sospensione del procedimento disciplinare stante la pendenza del procedimento penale per i medesimi fatti; violazione del diritto di difesa e del principio del contraddittorio, per avere il COA effettuato attività istruttoria nella fase sommaria prima dell’apertura del procedimento disciplinare; omesso rinvio dell’udienza del COA in presenza di un certificato medico inviato via fax (non contestato) con prognosi di dieci giorni; omessa audizione dell’incolpato prima della applicazione della sanzione; inadeguatezza della prova in ordine alla sussistenza degli illeciti contestati.

2. – Il ricorso è stato notificato non solo al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Sassari, ma anche al Consiglio Nazionale Forense e alla Procura generale presso la Corte suprema di cassazione.

In ricorso, in relazione al CNF, deve ritenersi inammissibile, atteso che il CNF è il giudice che ha emesso la decisione qui impugnata e che per definizione non può essere parte del procedimento di impugnazione.

3. – Il Collegio ritiene che debba essere accolto il profilo del ricorso con il quale il ricorrente lamenta la mancata sospensione del procedimento disciplinare per pendenza del procedimento penale.

Invero, come già rilevato nella citata ordinanza n. 21827 del 2015, “in tema di procedimento disciplinare nei confronti di avvocati, per effetto della modifica dell’art. 653 c.p.p. disposta dalla L. 27 marzo 2001, n. 97, art. 1 qualora l’addebito abbia ad oggetto gli stessi fatti contestati in sede penale, si impone la sospensione del giudizio disciplinare in pendenza del procedimento penale, ai sensi dell’art. 295 c.p.c.. Tale sospensione si esaurisce con il passaggio in giudicato della sentenza che definisce il procedimento penale, senza che la ripresa di quello disciplinare innanzi al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati sia soggetta a termine di decadenza” (Cass., S.U., n. 11409 del 2014; Cass., S.U., n. 16169 del 2011). In sostanza, allorquando sia avvenuta la contestazione di un reato e il destinatario abbia acquisito la qualità di imputato, “il Consiglio Nazionale Forense deve necessariamente verificare la sussistenza dei presupposti per la sospensione del procedimento disciplinare, procedendo ad una delibazione in ordine alla effettiva identità esistente tra le condotte contestate in sede penale e quelle oggetto del procedimento sottoposto alla sua cognizione” (Cass., S.U., n. 5991 del 2012).

L’elemento che appare qualificante ai fini della valutazione di pregiudizialità del procedimento penale rispetto a quello disciplinare è dato dunque dall’avvenuta contestazione, in sede penale, di un fatto reato sovrapponibile a quello oggetto di accertamento in sede disciplinare. Non quindi il concreto esercizio dell’azione penale, ma la contestazione di un reato; tanto più, deve rilevarsi, quando tale contestazione avvenga con l’esecuzione di una misura cautelare personale, quale quella degli arresti domiciliari, nella specie applicata al professionista. E tanto è sufficiente per ritenere operante la sospensione necessaria del procedimento disciplinare in attesa della definizione del procedimento penale.

Deve quindi formularsi, in proposito, il seguente principio di diritto: “Ai fini della valutazione della sussistenza di un rapporto di pregiudizialità tra il procedimento penale e il procedimento disciplinare a carico di un avvocato, allorchè i due procedimenti abbiano ad oggetto i medesimi fatti, e quindi ai fini della sussistenza dell’obbligo di sospensione del procedimento disciplinare sino alla definizione del procedimento penale per quei fatti, la circostanza che la contestazione dei fatti all’imputato sia avvenuta nel procedimento penale con l’esecuzione di una misura restrittiva della libertà personale (nella specie, quella degli arresti domiciliari) assume carattere decisivo e comporta la necessità della sospensione del procedimento disciplinare. La sospensione così disposta si esaurisce con il passaggio in giudicato della sentenza che definisce il procedimento penale, senza che la ripresa di quello disciplinare innanzi al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati sia soggetta a termine di decadenza”.

4. – In conclusione, il motivo di ricorso concernente la mancata sospensione del procedimento disciplinare per pendenza del procedimento penale a seguito di esecuzione della misura coercitiva degli arresti domiciliari, va accolto, essendosi il CNF discostato dall’indicato principio.

L’accoglimento del ricorso per questo preliminare profilo comporta l’assorbimento delle altre censure.

Ne consegue la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio al Consiglio Nazionale Forense per nuovo esame alla luce dell’indicato principio di diritto.

Quanto alle spese, si ritiene che le stese debbano essere dichiarate irripetibili, tenuto conto della natura del presente giudizio.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa al Consiglio Nazionale Forense, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili della Corte suprema di cassazione, il 5 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2016

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