Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15202 del 21/07/2015


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Civile Ord. Sez. U Num. 15202 Anno 2015
Presidente: ROVELLI LUIGI ANTONIO
Relatore: DI IASI CAMILLA

ORDINANZA

sul ricorso 9271-2014 proposto da:
PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO, in persona del
Presidente della Provincia pro-tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEL VIMINALE
2015

43, presso lo studio dell’avvocato FABIO LORENZONI,

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rappresentata e difesa dagli avvocati GIULIANA
FOZZER, NICOLO’ PEDRAZZOLI, per delega a margine
del ricorso;
– ricorrente –

Data pubblicazione: 21/07/2015

contro

COMUNE DI VALLARSA, in persona del Sindaco protempore, elettivamente domiciliato in ROMA, presso
la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso
dall’avvocato MARIA CRISTINA OSELE, per delega a

– resistente nonchè contro

DOLOMITI ENERGIA S.P.A.

(già Trentino Servizi),

AZIENDA GENERALE SERVIZI MUNICIPALI DI VERONA
S.P.A.;
– intimati –

per regolamento di giurisdizione in relazione al
giudizio pendente n. 6/2014 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA DI I ° GRADO di TRENTO;
uditi gli avvocati Guido MELONI per delega
dell’avvocato Giuliana FOZZER, Maria Cristina
OSELE;
udita la relazione della causa svolta nella camera
di consiglio del 10/03/2015 dal Consigliere Dott.
CAMILLA DI IASI;
lette

le

conclusioni

scritte

del

Sostituto

Procuratore Generale Lucio Capasso e dell’Avvocato
Generale dott. Umberto Apice, i quali concludono
chiedendo affermarsi la giurisdizione del Giudice
Amministrativo.

margine dell’atto di costituzione;

Premesso in fatto
Il Comune di Vallarsa ha adito la Commissione Tributaria di

10 grado di Trento

impugnando -nei confronti della Provincia Autonoma di Trento nonché del Servizio
Catasto della suddetta Provincia e delle società proprietarie o concessionarie degli
impianti per la produzione di energia elettrica siti nel suddetto Comune- la nuova

Colombano situati nel Comune medesimo, rendita peraltro adottata dal Servizio
Catasto della Provincia Autonoma dopo che il TRGA di Trento, adito dal Comune di
Trambileno, aveva annullato la rendita precedente.
In pendenza del giudizio dinanzi alla Commissione Tributaria, la Provincia Autonoma di
Trento ricorre a questo giudice proponendo regolamento preventivo di giurisdizione ai
sensi dell’art. 41 c.p.c.
Le società intimate non hanno svolto attività difensiva mentre il Comune di Vallarsa ha
depositato “comparsa di costituzione” al fine di partecipare all’udienza di discussione.
Il P.G. ha concluso per l’affermazione della giurisdizione del giudice amministrativo.
Considerato in diritto
1. Il secondo comma dell’art. 2 d.lgs. n. 546 del 1992 prevede che “appartengono alla
giurisdizione tributaria le controversie promosse dai singoli possessori concernenti
l’intestazione, la delimitazione, la figura, l’estensione, il classamento dei terreni e la
ripartizione dell’estimo tra i compossessori a titolo di promiscuità di una stessa
particella, nonché le controversie concernenti la consistenza, il classamento delle
singole unità immobiliari urbane e l’attribuzione della rendita catastale”.
Il legislatore ha pertanto individuato in maniera oggettiva ed univoca il giudice
tributario come il giudice al quale appartiene la giurisdizione sulle controversie
concernenti (per quanto nella specie rileva) il classamento degli immobili e
l’attribuzione della rendita catastale.

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rendita catastale attribuita ai beni facenti parte dell’impianto idroelettrico di S.

E’ vero che la disposizione fa riferimento a “controversie promosse dai singoli
possessori”, tuttavia la precisazione è da ritenersi irrilevante nell’economia della
norma in questione ai fini dell’individuazione del giudice munito di giurisdizione,
essendo da escludere che la precisazione in ordine al soggetto “promotore” della
controversia concorra, unitamente all’oggetto della medesima, ad individuare il

ciò per un triplice ordine di considerazioni.
la) Sul piano logico, prima che giuridico, è agevole osservare che, ove l’oggetto della
controversia fosse tale che solo un determinato soggetto può avere interesse a
promuoverla, la delimitazione della giurisdizione di un determinato giudice non solo
sotto il profilo oggettivo ma anche sotto il profilo soggettivo (nel senso di dare rilievo,
ai fini della individuazione della giurisdizione, ad eventuali caratteristiche del soggetto
“promotore” della controversia) sarebbe superflua.
Ove invece fosse ravvisabile (come nella specie è da ritenere) in capo a più soggetti
l’interesse a promuovere le controversie oggettivamente individuate nella disposizione
in esame, la norma che, ai fini della individuazione del giudice munito di giurisdizione,
individuasse un limite non solo di tipo oggettivo ma anche di tipo soggettivo
(segnatamente in relazione al soggetto che in concreto promuove la controversia)
condurrebbe ad effetti di dubbia costituzionalità ed in ogni caso, a tacer d’altro,
negativamente incidenti sulla funzionalità del sistema, ancor prima che sulla effettività
della tutela giurisdizionale, posto che una norma siffatta potrebbe essere interpretata
soltanto in due modi: a) nel senso che solo ai soggetti individuati nella norma
medesima è dato adire il giudice in relazione a quel tipo di controversie, con evidente
ed inammissibile sacrificio del diritto di azione (presidiato dal primo comma dell’art. 24
Cost.) degli altri soggetti non menzionati nella norma ma titolari anch’essi di un
interesse proprio ad agire in giudizio; b) nel senso che non è escluso che altri soggetti

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giudice munito di giurisdizione (e quindi a circoscrivere l’ampiezza di quest’ultima). E

portatori del relativo interesse possano agire in giudizio, ma ciò non potrà avvenire
dinanzi al quel giudice, con l’effetto che su di una medesima questione (nella specie,
la congruità della rendita catastale di un immobile) sarebbe possibile la formazione di
decisioni contrastanti provenienti da giudici appartenenti a giurisdizioni diverse.
1b) Sul piano della tecnica di redazione degli atti legislativi, occorre osservare che il

giurisdizione a detto giudice attribuita) sulla base di criteri di tipo oggettivo, ricorrendo
(anche) a criteri di tipo soggettivo solo in relazione a particolari giudizi e, pure in
questo caso, giammai con riferimento alle precipuità del soggetto che “promuove” la
controversia (come accadrebbe se si interpretasse in tal senso il citato comma due
dell’art. 2 d.lgs. n. 546 del 1992) bensì solo con riguardo alle particolari caratteristiche
del soggetto che “subisce” l’azione promossa da altri.
Nel nostro ordinamento infatti le uniche ipotesi in cui il giudice munito di giurisdizione
viene individuato (anche) sulla base di elementi soggettivi sono ravvisabili nei giudizi
di responsabilità (contabile, con riguardo alla giurisdizione della Corte dei conti,
disciplinare, con riguardo alla giurisdizione del Consiglio Superiore della Magistratura,
penale, con riguardo alla giurisdizione dei Tribunali Militari), in cui vi è un soggetto
che promuove l’azione di responsabilità ed un soggetto (con la caratteristica
soggettiva di essere militare, magistrato ecc.) che la subisce.
Per contro, con riguardo alla giurisdizione ordinaria (civile), ma anche a quella
amministrativa e tributaria (nonostante il carattere impugnatorio dei relativi processi)
non risulta invece giammai previsto un criterio (anche) di tipo soggettivo per
l’individuazione del giudice munito di giurisdizione, tanto meno con riferimento alle
particolari caratteristiche del soggetto che promuove l’azione.
lc) Infine, sul piano della interpretazione sistematica e letterale della norma in
esame, occorre evidenziare che, anche alla luce di quanto sopra precisato in ordine

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legislatore identifica sempre il giudice munito di giurisdizione (e i limiti della

alle opzioni del legislatore circa i “criteri” di delimitazione della giurisdizione, il fatto
che il giudice tributario sia il giudice adito dal contribuente non è l’effetto di una
generale, precisa ed inequivoca opzione del legislatore in proposito bensì solo la
conseguenza in fatto della previsione di appartenenza alla giurisdizione tributaria
delle controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie (comma 1 art. 2

innanzitutto degli atti impositivi e di quelli ad essi equiparati (nonché dei rifiuti di
restituzioni e dinieghi o revoche di agevolazioni o benefici), essendo ulteriormente da
sottolineare che il fatto che il giudice tributario sia di norma il giudice adito dal
contribuente non esclude perciò solo che, quando ne ricorrano le condizioni, possa
essere anche legittimamente adito da altri soggetti.
E’ infatti opportuno precisare che non risulta in alcun modo affermata, nella norma in
esame complessivamente considerata (o in altra precedente, successiva o coeva) la
necessità che siano devolute alla giurisdizione del giudice tributario tutte le
controversie aventi ad oggetto le questioni e le materie specificate, sempre che (e
solo se) siano introdotte dal contribuente, e non pare superfluo evidenziare che una
simile disposizione, assai inusuale (per quanto riferito sub lb), nonché limitante e
foriera delle “problematiche” conseguenze di cui si dirà in seguito, non potrebbe
essere prevista se non in maniera espressa, chiara ed univoca.
Nella specie l’inciso “promosse dai singoli possessori” di cui al secondo comma dell’art.
2 del citato d.lgs. n. 546 non sembra idoneo a rivestire le suddette caratteristiche di
chiarezza ed univocità, non emergendone con evidenza l’intento di delimitare la
giurisdizione del giudice tributario anche sotto il profilo soggettivo (in riferimento al
soggetto che adisce il giudice) e risultandone più plausibile una funzione non ad
escludendum (cioè per escludere la giurisdizione del giudice tributario tutte le volte
che la controversia non sia introdotta da un contribuente-possessore) bensì di

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citato) e della previsione, tra gli atti impugnabili dinanzi alle commissioni tributarie,

carattere esclusivamente “esplicativo-ricognitivo”, siccome intesa a considerare
l’ipotesi “tipica” del ricorso dinanzi alle commissioni tributarie (peraltro in simmetria
con le previsioni del primo comma della medesima norma), senza prendere in
considerazione la possibilità che, rispetto alle controversie indicate nel secondo
comma del citato art. 2, sia ipotizzabile la sussistenza di un interesse qualificato a

d’altro canto, come sarà più chiaro in prosieguo, anche la stessa giurisprudenza di
questo giudice di legittimità solo recentemente (e non senza tentennamenti) ha
riconosciuto in capo al Comune l’interesse ad impugnare il classamento o la rendita
catastale attribuita ad un immobile sito nel territorio comunale.
2. In una lettura letterale, logica, e sistematica nonché (per quanto più precisamente
ribadito in prosieguo) costituzionalmente orientata della norma in esame deve
pertanto escludersi che l’inciso “promosse dai singoli possessori” di cui al secondo
comma dell’art. 2 d.lgs. n. 546 del 1992 possa avere la funzione di contribuire
(unitamente al profilo oggettivo) a delimitare la giurisdizione del giudice tributario in
materia.
Diversamente opinando occorrerebbe ritenere, come sopra rilevato, che il Comune
(che potrebbe vedere ridotte le proprie entrate tributarie dalla attribuzione di una
determinata rendita ad un immobile situato nel proprio territorio ovvero
dall’accoglimento del ricorso proposto dal contribuente avverso l’attribuzione di una
nuova e maggiore rendita catastale) non abbia alcuna possibilità di agire in giudizio a
tutela del proprio interesse, e ciò in contrasto con l’art. 24 comma primo Cost.,
oppure che, mentre il contribuente può impugnare la rendita catastale ricorrendo al
giudice tributario, il Comune deve invece rivolgersi al giudice amministrativo, con
l’effetto di dilapidare un bene prezioso come la giurisdizione (se della medesima
questione debbono conoscere due diversi giudici), ma soprattutto con l’effetto di

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promuovere la controversia anche in capo a soggetti diversi dal contribuente, ma,

compromettere la certezza e la stabilità delle situazioni giuridiche nonchè la stessa
funzionalità del processo, valori che verrebbero tutti inevitabilmente frustrati dalla
possibilità che sulla medesima questione intervengano decisioni contrastanti. E,
soprattutto, decisioni irrimediabilmente contrastanti. Ciò in quanto la possibilità di
giudicati contrastanti viene considerata e “risolta” dal sistema solo nell’ambito della

“soluzione” del problema, non essendo contemplata la possibilità che si determini un
effettivo contrasto tra decisioni di giudici appartenenti a giurisdizioni differenti, proprio
perché non risulta neppure ipotizzata l’attribuzione della giurisdizione su di un
medesimo oggetto a giudici appartenenti a diverse giurisdizioni solo sulla base delle
diverse caratteristiche dei soggetti che adiscono il giudice.
Ed infatti, in via preventiva, non sarebbe possibile eccepire l’efficacia preclusiva del
precedente giudicato, non foss’altro perché, a prescindere da ogni altra
considerazione, non si tratterebbe di un giudicato “preclusivo” in senso tecnico,
attesane la parziale non coincidenza soggettiva. Quanto ai “rimedi” esperibili ex post,
è sufficiente, tra l’altro, osservare che la disciplina della revocazione presuppone (v.
artt. 395 c.p.c. e 106 c.p.a.) che le decisioni in contrasto siano state pronunciate da
giudici appartenenti alla medesima giurisdizione, ed è infine appena il caso di
sottolineare che il previsto rimedio del ricorso alle sezioni unite della Corte di
cassazione non riguarda l’ipotesi di

contrasto tra giudicati bensì la diversa ipotesi di

conflitto fra giudici (che ritengano entrambi di dover conoscere di una determinata
controversia o di dover declinare la propria giurisdizione rispetto ad essa), conflitto
che viene risolto individuando quale sia il giudice munito di giurisdizione, nell’ovvio
presupposto che tale giudice esista e sia uno soltanto, e che pertanto uno dei giudici
in conflitto abbia male interpretato le norme attributive della giurisdizione.

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medesima giurisdizione, mentre tra giurisdizioni diverse non è prevista alcuna

• 3. E’ vero che, come sottolineato dalla ricorrente Provincia Autonoma di Trento e dal
P.G. nella sua requisitoria scritta, le sezioni unite di questa Corte hanno tra l’altro
avuto modo di affermare che la giurisdizione tributaria non ricorre quando non sia in
discussione l’obbligazione tributaria né il potere impositivo sussumibile nello schema
potestà-soggezione proprio del rapporto tributario (v. tra le altre, su n. 7526 del

l’imposta comunale sugli immobili attenendosi ai criteri fissati nell’art. 5, comma 2
d.lgs. n. 504 del 1992, senza essere autonomamente legittimato all’impugnativa della
rendita (v. cass. n. 17054 del 2010); che legittimata a contraddire in merito
all’impugnativa del classamento è solo l’Agenzia del territorio, non il Comune (v, cass.
19872 del 2012), ed inoltre che spetta alla giurisdizione del giudice amministrativo
l’impugnazione proposta da un Comune avverso il provvedimento di classamento di un
immobile e di attribuzione della rendita catastale emesso dall’Agenzia del Territorio,
qualora si denuncino i vizi tipici previsti dagli art. 2 e ss. della I. n. 1034 del 1971 (v.
SU n. 675 del 2010).
Tuttavia occorre evidenziare che la giurisprudenza di questo giudice di legittimità in
materia è in rapida e continua evoluzione e, non senza esitazioni, comincia a mostrare
la consapevolezza sia del fatto che il Comune in relazione al classamento ed alla
rendita catastale è portatore di un proprio interesse ad agire sia del fatto che
l’impugnazione dell’atto di classamento ovvero della rendita catastale deve essere
valutata nel medesimo processo ed in relazione a tutti i potenziali interessati, basti
pensare in proposito alla già citata sentenza delle sezioni unite n. 675 del 2010 (che
riconosce un interesse del Comune nelle controversie aventi ad oggetto il classamento
ovvero la rendita catastale di un immobile, sia pure identificando nel giudice
amministrativo quello munito di giurisdizione in proposito) nonché a SU n. 18565 del
2009 ed a cass. n. 8845 del 2010 (che riconoscono anch’esse la legittimazione del

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2013); che il Comune, relativamente ai fabbricati iscritti in catasto, deve applicare

Comune ad impugnare la rendita catastale attribuita ad un immobile) oppure a cass.
n. 15489 del 2010 (che riconosce l’esigenza del silmultaneus processus -sia pure in
relazione ai diversi proprietari di un medesimo immobile- tra i legittimati ad
impugnare il classamento, affermando che l’impugnazione dell’atto di classamento di
un fondo di cui siano proprietari più soggetti dà luogo ad un litisconsorzio necessario
“non potendosi ammettere che tale accertamento –

vincolante ai fini dell’esercizio del potere impositivo da parte del Comune in materia di
imposta comunale sugli immobili , possa condurre a valutazioni diverse in ordine alla

natura dell’immobile medesimo”),

o ancora a cass. n. 333 del 2014, che ammette

l’intervento adesivo dipendente del Comune nella controversia tra contribuente ed
Agenzia relativa ad accertamenti catastali, ordinanza, quest’ultima, che si pone nel
solco di cass. n. 9567 del 2013 e n. 255 del 2012 (le quali, con interpretazione
costituzionalmente orientata dell’articolo 14 comma 3 d.lgs. n. 546, del 1992, hanno
ritenuto ammissibile nel processo tributario l’intervento adesivo dipendente di terzi
pur non destinatari dell’atto impositivo impugnato) nonché di cass. n. 20803 del 2013
(secondo la quale è legittima la partecipazione di una Regione alla controversia in
materia di IRAP, ancorchè la gestione del rapporto tributario sia devoluta
esclusivamente all’Agenzia delle Entrate).
4. In conclusione, deve particolarmente ribadirsi che una lettura costituzionalmente
orientata dell’inciso “promosse dai singoli possessori” di cui al secondo comma dell’art.
2 d.lgs. n. 546 del 1992 consente di affermare che esso non riveste nell’economia
della norma citata la funzione di delimitare la giurisdizione del giudice tributario (oltre
che sul piano oggettivo) anche in riferimento al soggetto che adisce il giudice, nel
senso che eventuali altri soggetti portatori di interesse ad una decisione giurisdizionale
in materia non potrebbero adire alcun giudice ovvero potrebbero adire solo un giudice
appartenente ad altra giurisdizione, giacchè una diversa interpretazione del suddetto

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tra tutti i comproprietari,

inciso si porrebbe infatti (nella prima delle due possibili opzioni ermeneutiche) in
contrasto, come sopra evidenziato, col diritto di azione costituzionalmente presidiato
e (nella seconda) con alcuni dei valori fondanti del giusto processo, tra i quali vanno
annoverati la stabilità delle decisioni, la funzionalità del processo e, innanzitutto,
l’effettività della tutela giurisdizionale, che verrebbero di certo messi a repentaglio

contrastanti provenienti da giudici appartenenti alle diverse giurisdizioni alle quali il
legislatore abbia (in ipotesi) riconosciuto la possibilità di conoscere del medesimo
oggetto, con l’effetto che, ad esempio, le decisioni sulla congruità della rendita
potrebbero essere legittimamente più di una e quindi la rendita di un medesimo
immobile potrebbe essere congrua per il giudice amministrativo adito dal Comune e
non congrua per il giudice tributario adito dal possessore-contribuente, senza che
peraltro, come già rilevato, risulti previsto alcun rimedio per un simile “impasse”.
E’ infine da sottolineare (come di recente evidenziato da queste sezioni unite con
sentenza n. 12310 del 2015) che la previsione costituzionale di un processo “giusto”
impone al giudice nella esegesi delle norme di verificare sempre che l’interpretazione
adottata sia necessaria e idonea ad assicurare le garanzie fondamentali in funzione
delle quali le norme oggetto di interpretazione sono state poste, evitando che il
rispetto di una ermeneutica sottratta alla suddetta imprescindibile verifica si traduca
in concreto in uno spreco di tempi e/o di risorse e comunque in una riduzione o
perdita di effettività della tutela giurisdizionale.
Pertanto, alla luce del dettato del secondo comma dell’art. 2 d.lgs. n. 546 del 1992,
prevedente la giurisdizione del giudice tributario sulle controversie concernenti -tra
l’altro- la consistenza, il classamento delle singole unità immobiliari urbane e
l’attribuzione della rendita catastale, ed escluso che l’inciso “promosse dai singoli
possessori” sia idoneo a condizionare i limiti della giurisdizione riconosciuta al

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dalla concreta possibilità che sulla stessa questione intervengano decisioni

suddetto giudice, deve essere dichiarata la giurisdizione del giudice tributario anche
nelle ipotesi in cui, come nella specie, la rendita o l’atto di classamento siano
impugnate dal Comune e non (o non solo) dal contribuente.
La novità della questione in relazione alla evidenziata evoluzione della giurisprudenza
in materia inducono a disporre la compensazione delle spese.
PQM
La Corte a Sezioni Unite dichiara la giurisdizione del giudice tributario e compensa le
spese.

Così deciso in Roma il 10.03.2015

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