Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 152 del 08/01/2020

Cassazione civile sez. lav., 08/01/2020, (ud. 30/10/2019, dep. 08/01/2020), n.152

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11579/2014 proposto da:

P.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CICERONE

49, presso lo studio dell’avvocato ADRIANO TORTORA, rappresentato e

difeso dall’avvocato ROBERTO GIUFFRIDA;

– ricorrente –

contro

I.R.V.I.T. ISTITUTO REGIONALE VILLE TUSCOLANE, in persona del

Commissario Straordinario pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA ALESSANDRIA 208, presso lo studio dell’avvocato

MASSIMILIANO CARDARELLI, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 11033/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 14/01/2014, R.G.N. 3158/2010.

Fatto

RILEVATO

1 che con sentenza del 14 gennaio 2014, la Corte d’Appello di Roma confermava la decisione resa dal Tribunale di Roma e rigettava la domanda proposta da P.R. nei confronti dell’IRVIT – Istituto Regionale delle Ville Tuscolane, avente ad oggetto il pagamento, ai sensi dell’art. 2126 c.c., a fronte delle prestazioni rese in via di fatto per la mancata stipula del relativo contratto e consistite nell’espletamento di mansioni riconducibili al ruolo di Direttore generale dell’Istituto, quando, contestualmente, risultava investito dei distinti incarichi prima di Commissario straordinario poi di Presidente dell’Istituto medesimo, di trentasette mensilità della retribuzione spettante al Direttore generale;

2 che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto non provata, nè plausibile sul piano logico e giuridico, la riconducibilità delle mansioni dal P. descritte nel ricorso come propridella figura del Direttore generale quando quegli stessi compiti mai erano stati differenziati in relazione ai distinti ruoli di Commissario straordinario e Presidente dell’Istituto rivestiti dal P. nel mentre andava svolgendo quei compiti e sostanziandosi i medesimi in funzioni di rappresentanza e di organizzazione di eventi compatibili con i ruoli affidati, implicanti appunto la rappresentanza dell’Istituto, elementi questi idonei a dar conto del concentrarsi in capo alle figure del Commissario straordinario e del Presidente dei compiti di ordinaria amministrazione che si assumono propri del Direttore generale, circostanza, del resto, avvalorata dal fatto che la previsione nell’organico dell’Istituto della figura del Direttore generale neppure risultava allegata dal P., sicchè non si configurerebbe l’affidamento al P. di compiti, anche di ordinaria amministrazione, che il predetto non avrebbe potuto svolgere come Commissario straordinario o Presidente e per i quali non sia stato retribuito, avendo il P. puntualmente percepito i compensi correlati ai ruoli predetti dallo stesso rivestiti;

3 che per la cassazione di tale decisione ricorre il P., affidando l’impugnazione a due motivi, cui resiste, con controricorso, l’IRVIT;

4 che il ricorrente ha poi presentato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

5 che, con il primo motivo, il ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 115 c.p.c., in una con il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, lamenta l’incongruità, aggravata dalla mancata acquisizione e valutazione degli elementi di prova offerti, dell’iter logico giuridico seguito dalla Corte territoriale nell’addivenire al convincimento per cui il ricorrente aveva rivestito presso l’Istituto esclusivamente i ruoli prima di Commissario straordinario e poi di Presidente e quindi di organo statutario dell’Istituto e non quello di Direttore generale e, così, di vertice amministrativo dell’Istituto medesimo, che non solo era prevista in organico ma che il P. risultava aver ricoperto all’origine del rapporto e per i primi sei mesi di durata del medesimo, dal 21.12.2000 al 2.5.2001, allorchè veniva nominato Commissario straordinario;

6 che, con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione della L.R. Lazio n. 43 del 1992, artt. 7, 8 e 13, in una con il vizio di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, il ricorrente lamenta l’incongruità logica e giuridica del convincimento espresso dalla Corte territoriale circa il carattere indifferenziato dei compiti espletati dal ricorrente nei ruoli rivestiti di Commissario e Presidente dell’Istituto ed, in ogni caso, del concentrarsi in capo a quegli stessi ruoli dell’esercizio anche dei compiti di ordinaria amministrazione assunti come propri del Direttore generale, per risultare tale convincimento in contrasto con la legge regionale istitutiva dell’IRVIT ed inficiato dall’omessa considerazione degli elementi di fatto allegati;

7 che entrambi i motivi, i quali, in quanto strettamente connessi possono essere qui trattati congiuntamente, devono ritenersi inammissibili, in quanto non colgono la ratio decidendi avendo la Corte territoriale fondato la propria decisione su una logica differente da quella sottesa all’impugnazione;

8 che, in effetti, le omissioni dal ricorrente addebitate alla Corte territoriale con riguardo alla decisione sulla domanda proposta e, comunque, con riguardo alla valutazione di quanto allegato ed offerto di provare non sono ravvisabili, stante l’erroneità della prospettiva meramente formale da cui muove il ricorrente, che pretenderebbe potersi desumere la fondatezza dell’assunto sostenuto, per cui nel periodo indicato avrebbe esercitato compiti tali da indurre a ritenere che al ruolo di organo statutario dell’Istituto, assunto a seguito della nomina prima a Commissario straordinario e poi a Presidente si fosse assommato in via di fatto, in quanto non formalizzato e non retribuito il ruolo di Direttore generale e, dunque, di vertice amministrativo dell’Istituto, originariamente affidatogli, esclusivamente sulla base della sola previsione della legge istitutiva dell’Istituto stesso, che contempla entrambi i ruoli e ne definisce in astratto i compiti, distinguendoli in relazione alle funzioni, di rappresentanza e di amministrazione, in via ordinaria proprie di tali figure, quando viceversa e del tutto correttamente la Corte territoriale ha orientato il proprio accertamento e la conseguente pronunzia con riferimento alla situazione concreta, in relazione alla quale si rivelano pienamente congrui sul piano logico e giuridico i rilievi espressi dalla Corte territoriale e qui neppure fatti oggetto di specifica impugnazione per cui il ricorrente non offre alcun elemento utile al fine di escludere che i compiti dal P. indicati in ricorso come da lui espletati non fossero stati differenziati in relazione ai distinti ruoli di organo rappresentativo e di responsabile amministrativo previsti dalla legge istitutiva e che, quand’anche si fosse trattato di compiti di ordinaria amministrazione, li si fosse concentrati nella figura del Commissario straordinario prima e del Presidente poi, essendo ammissibile la scelta di attribuire a tali figure un ruolo operativo anche rinunziando ad avvalersi di un Direttore generale, di cui, come puntualmente rilevato ancora dalla Corte territoriale, non è neppure dedotta per il periodo in questione la presenza in organico;

9 che, pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile;

10 che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 5.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 30 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 8 gennaio 2020

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