Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15196 del 23/06/2010
Cassazione civile sez. trib., 23/06/2010, (ud. 25/03/2010, dep. 23/06/2010), n.15196
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ALTIERI Enrico – Presidente –
Dott. MERONE Antonio – Consigliere –
Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –
Dott. VIRGILIO Biagio – rel. Consigliere –
Dott. GRECO Antonio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso
l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
R.P., in qualità di legale rappresentante della
Associazione A.C.I.F. – Archivio Centrale delle Fonti Musicali,
elettivamente domiciliato in Roma, via Eudo Giulioli n. 47/B/18,
presso il sig. Giuseppe Mazzitelli, rappresentato e difeso dagli
avv.ti Casale Francesco e Paolo Izzo giusta delega in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della
Campania n. 216/28/06, depositata il 13 novembre 2006.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 25
marzo 2010 dal Relatore Cons. Dr. Biagio Virgilio;
udito l’avvocato dello Stato Daniela Giacobbe per la ricorrente;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
APICE Umberto, il quale ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania indicata in epigrafe, con la quale, rigettando l’appello dell’Ufficio, è stata confermata l’illegittimità dell’avviso di accertamento emesso nei confronti della Associazione A.C.I.F. – Archivio Centrale delle Fonti Musicali per IRPEG ed ILOR relative all’anno 1997. In particolare, il giudice a quo ha ritenuto che l’avviso fosse viziato sotto il profilo motivazionale e, nel merito, che l’Ufficio non avesse dimostrato la natura commerciale dell’attività svolta dall’Associazione culturale contribuente.
2. All’esito dell’adunanza in Camera di consiglio del 29 gennaio 2009, per la quale il ricorso era stato originariamente fissato, la Corte ha disposto il rinnovo della notificazione del ricorso all’A.C.I.F. presso la sede ed ha rinviato la causa a nuovo ruolo.
3. A seguito dell’eseguito rinnovo della notifica, si è costituito con controricorso R.P., legale rappresentante dell’Associazione, il quale ha anche depositato memoria ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ..
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Va premesso che, contrariamente a quanto eccepito dal resistente, la rinnovazione della notificazione del ricorso è stata eseguita validamente, nel termine assegnato, a mani proprie del legale rappresentante dell’Associazione contribuente, a nulla rilevando che tale notificazione sia stata preceduta da altra affetta da nullità in quanto effettuata nuovamente come quella originaria – presso il procuratore domiciliatario di primo grado.
2. Con il primo motivo, la ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, L. n. 241 del 1990, art. 3, L. n. 212 del 2000, art. 7 e D.Lgs. n. 32 del 2001, art. 2, chiede a questa Corte di stabilire, da un lato, se l’obbligo di motivazione dell’avviso di accertamento debba ritenersi adempiuto anche mediante il rinvio ad altri atti compiuti alla presenza del contribuente, ovvero a lui comunicati o notificati nei modi di legge;
dall’altro, se sia legittima la motivazione che si limiti a recepire le conclusioni contenute nel verbale redatto dalla Guardia di finanza.
Il motivo, limitatamente alla seconda parte (l’unica rilevante), è fondato.
La motivazione della sentenza si compendia essenzialmente nelle sole affermazioni secondo le quali “l’Agenzia delle entrate con l’accertamento in questione ha recepito in maniera acritica le risultanze dell’accesso della G. di F., senza esporre alcuna considerazione sulla natura dell’associazione culturale in oggetto e sulla presunta natura commerciale dell’attività svolta. In particolare non è stato dimostrato che le somme versate dagli associati o partecipanti non costituivano quote o contributi associativi”.
Deve, al riguardo, ritenersi che la pronuncia si fondi su due rationes decidendi: l’illegittimità dell’avviso di accertamento per difetto della motivazione, in quanto consistente nel mero acritico recepimento del verbale redatto in sede ispettiva (e non anche in quanto eseguita mediante il rinvio ad atto non conosciuto dal contribuente), e la carenza di prova della natura commerciale dell’attività svolta dall’associazione.
Con il secondo profilo del motivo in esame viene censurata la prima delle anzidette rationes (laddove il primo profilo si rivela privo di interesse, poichè, come detto, investe questione estranea al decisimi): la censura è fondata, in applicazione del consolidato principio della giurisprudenza di questa Corte secondo il quale la motivazione degli atti di accertamento eseguita mediante rinvio pedissequo alle conclusioni contenute nel verbale redatto dalla Guardia di finanza nell’esercizio dei poteri di polizia tributaria non è per ciò solo illegittima per mancanza di autonoma valutazione da parte dell’Ufficio degli elementi da quella acquisiti, significando semplicemente che l’Ufficio stesso ha inteso condividerne le conclusioni (ex plurimis, Cass. nn. 10205 del 2003, 25146 del 2005, 1236 del 2006, 6591 del 2008, 2907 del 2010).
3. Con il secondo motivo, si denuncia l’omessa motivazione su fatto decisivo della controversia, concernente la natura ed il titolo delle somme versate dagli associati o partecipanti.
Innanzitutto, il motivo, contrariamente a quanto eccepito dal contribuente, è ammissibile ai sensi dell’art. 366 bis cod. proc. civ., poichè la chiara indicazione del fatto controverso, prescritta dalla norma anzidetta, si rinviene all’inizio dell’esposizione del motivo, là dove si afferma, in forma riassuntiva e sintetica (non rilevando la collocazione topografica), che il giudice a quo “ha ritenuto che l’Ufficio non ha dimostrato che le somme versate dagli associati o partecipanti non costituivano quote o contributi associativi”.
Il motivo è altresì fondato.
A fronte, infatti, dei vari elementi e circostanze evidenziati nel processo verbale di constatazione – e riportati nel ricorso -, la motivazione della sentenza, sopra trascritta, si rivela chiaramente apodittica ed inidonea ad esprimere l’iter logico della decisione.
4. In conclusione, il ricorso va accolto, la sentenza impugnata deve essere cassata e la causa rinviata, per nuovo esame, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Campania, la quale provvedere in ordine alle spese anche del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Campania.
Così deciso in Roma, il 25 marzo 2010.
Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2010