Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15195 del 01/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 01/06/2021, (ud. 12/01/2021, dep. 01/06/2021), n.15195

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ZOSO Liana M. Teresa – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – Consigliere –

Dott. D’ORIANO Milena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 3876/2018 R.G. proposto da:

C.G. e C.L., elett.te dom.ti in Roma, alla via

Emanuele Filiberto n. 166, presso lo studio degli avv.ti Antonio

Corvasce e Sofia Pasquino, da cui sono rapp.ti e difesi come da

mandato a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore p.t., elett.te

domiciliata in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende, ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3705/14/17 della Commissione Tributaria

Regionale del Lazio, depositata il 20/6/2017, non notificata;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12 gennaio 2021 dalla Dott.ssa Milena D’Oriano.

 

Fatto

RITENUTO

che:

1. con sentenza n. 3705/14/17, depositata il 20 giugno 2017, non notificata, la Commissione Tributaria Regionale del Lazio accoglieva parzialmente l’appello proposto da C.G. e C.L., avverso la sentenza n. 2039/12/16 della Commissione Tributaria Provinciale di Roma, con compensazione delle spese di lite;

2. il giudizio aveva ad oggetto l’impugnazione di un avviso di liquidazione con cui l’Agenzia delle Entrate aveva rettificato, ai fini dell’imposta di registro, il valore di un terreno, oggetto di una compravendita rogata in data (OMISSIS), elevando ad Euro 252.000,00 il valore dichiarato di Euro 50.000,00, sulla base di una valutazione di stima sintetico-comparativa fondata sui valori OMI e di una perizia tecnica dell’Ufficio provinciale di (OMISSIS);

3. la CTP aveva rigettato il ricorso ritenendo che non fosse stata fornita la prova della dedotta inedificabilità del terreno, ricadente nella tipologia verde pubblico ma inserita nel PRG, adottato ma non approvato alla data della vendita, in area edificabile soggetta a convenzione;

4. la CTR aveva parzialmente accolto l’appello dei contribuenti, ed abbattuto il valore accertato del 30%, in considerazione del fatto che il riconoscimento del volume edificabile, comunque con una bassa percentuale, era condizionato alla stipula di una convenzione con il Comune per la cessione gratuita di aree con destinazione pubblica e che tale condizione non risultava ancora verificata alla data della stima;

5. avverso la sentenza di appello i contribuenti proponevano ricorso per cassazione, consegnato per la notifica in data 22 gennaio 2018, affidato a due motivi; l’Agenzia delle Entrate si costituiva con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo i ricorrenti deducono violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 51 e 52, nonchè dell’art. 53 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, censurando l’impugnata sentenza per aver rideterminato il valore dell’immobile senza tener conto del fatto che il suolo era allo stato inedificabile, collocato in un zona vincolata paesaggisticamente e che, mancando ancora una convenzione urbanistica, la sua valutazione fosse praticamente impossibile;

2. con il secondo motivo denunciano violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamentando una carenza di motivazione della sentenza e dell’atto impugnato.

Osserva che:

1. Il primo motivo di ricorso risulta infondato.

1.1 Preliminarmente va rilevato che con tale motivo la contribuente lamenta ipotetiche violazioni di legge poste in essere dal giudice a quo, prescindendo peraltro – totalmente dal considerare che il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di una erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e, quindi, implica necessariamente un problema interpretativo della stessa (da cui la funzione di assicurare la uniforme interpretazione della legge assegnata dalla Corte di Cassazione).

In realtà a fondamento di tale censura si allega una erronea ricognizione della fattispecie concreta, a mezzo delle risultanze di causa, che è esterna alla esatta interpretazione della norme di legge ed impinge nella tipica valutazione del giudice del merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, solo sotto l’aspetto del vizio di motivazione.

Sul punto si ricorda che “In tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione: il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa. (Vedi tra le tante Cass. n. 24054 del 2017; Cass. n. 16698 del 2010; Cass. n. 7394 del 2010; Cass. n. 13066 del 2007).

1.2 Il motivo, sotto il profilo della violazione di legge, è comunque infondato in quanto la sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione dei criteri normativi applicabili laddove ha proceduto ad una compiuta e coerente rideterminazione del valore venale del bene, tenuto conto delle sue caratteristiche oggettive, quale suolo potenzialmente edificabile, seppure in misura contenuta.

Il terreno, inserito nel Piano particolareggiato del P.R.G. in una zona vincolata paesaggisticamente, perchè condizionata alla stipula di una convenzione urbanistica con il Comune per la cessione gratuita di aree, risulta comunque assegnatario di un indice di edificabilità, ridotto ma esistente, che incide necessariamente sul suo prezzo di mercato.

2. Il secondo motivo risulta inammissibile con riferimento al provvedimento impugnato.

Rileva infatti che i contribuenti non hanno riportato nel corpo del ricorso i passi della motivazione dell’avviso di cui censurano la carenza, sebbene “In base al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, sancito dall’art. 366 c.p.c., nel giudizio tributario, qualora il ricorrente censuri la sentenza di una commissione tributaria regionale sotto il profilo del vizio di motivazione nel giudizio sulla congruità della motivazione dell’avviso di accertamento, è necessario che il ricorso riporti testualmente i passi della motivazione di detto avviso, che si assumono erroneamente interpretati o pretermessi, al fine di consentire la verifica della censura esclusivamente mediante l’esame del ricorso. (Vedi Cass. n. 16147 del 2017 e n. 9536 del 2013).

2.1 Lo stesso motivo risulta invece infondato in riferimento alla sentenza impugnata la cui motivazione, fondata sull’analisi delle caratteristiche di edificabilità del bene, rende percepibili le ragioni della decisione, perchè corredata da argomentazioni obiettivamente idonee a far conoscere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talchè essa consente un effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice, come del resto evidente dalle critiche formulate dai contribuenti nel primo motivo di ricorso.

3. Per tutto quanto sopra esposto il ricorso va rigettato.

3.1 Segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità, che si liquidano come da dispositivo.

3.2 Trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013, in quanto notificato dopo tale data, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 (che ha aggiunto al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, il comma 1 quater) – della sussistenza dell’obbligo di versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la impugnazione integralmente rigettata.

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso;

condanna i ricorrenti a pagare all’Agenzia delle Entrate le spese di lite del presente giudizio, che si liquidano nell’importo complessivo di Euro 2.200,00 per compensi professionali, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, da remoto, il 12 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 1 giugno 2021

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