Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15194 del 22/07/2016


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Cassazione civile sez. trib., 22/07/2016, (ud. 07/07/2016, dep. 22/07/2016), n.15194

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALVAGO Salvatore – Presidente –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25654-2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

BANCA POPOLARE DI PUGLIA E BASILICATA SCPA;

– intimata –

Nonchè da:

BANCA POPOLARE DI PUGLIA E BASILICATA SCPA in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA

GAVINANA 2, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO DE FACENDIS,

rappresentata e difesa dall’avvocato GIROLAMO GIANCASPRO con studio

in ALTAMURA VIA GIUSTI 16 (avviso postale ex art. 135), giusta

delega a margine;

– controricorrente incidentale –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 126/2011 della COMM.TRIB.REG. di POTENZA,

depositata il 27/09/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/07/2016 dal Consigliere Dott. LIANA MARIA TERESA ZOSO;

udito per la controricorrente l’Avvocato GRIPPA per delega

dell’Avvocato GIANCASPRO che ha chiesto il rigetto del ricorso

principale, accoglimento incidentale;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE Giovanni, che ha concluso per l’inammissibilità del

ricorso principale e incidentale.

Fatto

ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

1. La società Banca Popolare di Puglia e Basilicata s.c.p.a. impugnava l’avviso di recupero, notificato il 30.11.2005, con cui era stato recuperato a tassazione un credito d’imposta L. n. 388 del 2000, ex art. 8 utilizzato in compensazione nell’anno 2002. La Commissione Tributaria Provinciale di Matera respingeva il ricorso. Proposto appello da parte della società, la Commissione Tributaria Regionale della Basilicata lo accoglieva sul rilievo che il mancato adempimento, da parte della contribuente, dell’obbligo sancito dalla L. n. 289 del 2002, art. 62, comma 1, (che prevedeva che i soggetti che avevano conseguito il diritto al contributo anteriormente alla data dell’8 luglio 2002 dovevano comunicare all’Agenzia delle entrate, a pena di decadenza dal contributo conseguito automaticamente, i dati occorrenti per la ricognizione degli investimenti realizzati entro il 28.2.2003) non aveva determinato la decadenza dal beneficio già conseguito, dato che lo statuto del contribuente disponeva che non potessero essere imposti al contribuente adempimenti la cui scadenza fosse fissata anteriormente al 60 giorno dalla data della loro entrata in vigore. Inoltre non era stato rispettato il principio sancito dalla Costituzione che stabiliva che qualunque operazione di controllo e gli eventuali provvedimenti impositivi fossero autorizzati a monte.

2. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate affidato ad un motivo. Resiste con controricorso la contribuente, la quale propone ricorso incidentale affidato a due motivi.

3. Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione Alla L. n. 388 del 2000, art. 8 al D.L. n. 253 del 2002, artt. 1 e 2 al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43 ed alla L. n. 289 dsel 2002, art. 62. Sostiene la ricorrente che, una volta scaduto, il 28 febbraio 2003, il termine fissato dalla L. n. 289 del 2002, art. 62 per la presentazione del modello dal quale doveva risultare l’adempimento degli obblighi richiesti per la conferma delle agevolazioni fruite, scattava la decadenza della contribuente dal beneficio del credito d’imposta.

4. Con il primo motivo di ricorso incidentale la controricorrente deduce nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione dell’art. 112 c.p.c. per non aver la CTR esaminato la questione posta con l’atto d’appello afferente la nullità dell’avviso del recupero del credito in quanto non sottoscritto dal direttore dell’ufficio.

5. Con il secondo motivo di ricorso incidentale la controricorrente deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, in relazione al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, commi 1 e 3, e al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 17, comma 1 bis, in quanto l’avviso di recupero del credito impugnato non era sottoscritto, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42 dal direttore dell’ufficio.

6. Osserva la Corte che il motivo di ricorso principale è inammissibile per due ordini di ragioni. Innanzitutto la ricorrente con il motivo proposto non ha colto la ratio decidendi, dato che la CTR ha affermato che la contribuente non era incorsa in decadenza non già perchè non fossero applicabili le norme invocate dall’Agenzia (questione sulla quale verte il motivo di impugnazione), ma in quanto lo statuto del contribuente disponeva che non potessero essere imposti al contribuente adempimenti la cui scadenza fosse fissata anteriormente al 60 giorno dalla data della loro entrata in vigore. In secondo luogo il ricorso è inammissibile perchè la ricorrente non ha censurato la ragione autonoma della decisione impugnata secondo cui non era stato rispettato il principio sancito dalla Costituzione che stabiliva che qualunque operazione di controllo e gli eventuali provvedimenti impositivi fossero autorizzati a monte. Invero il ricorso per cassazione non introduce un terzo grado di giudizio tramite il quale far valere la mera ingiustizia della sentenza impugnata, caratterizzandosi, invece, come un rimedio impugnatorio, a critica vincolata ed a cognizione determinata dall’ambito della denuncia attraverso il vizio o i vizi dedotti. Ne consegue che, qualora la decisione impugnata si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggerla, è inammissibile il ricorso che non formuli specifiche doglianze avverso una di tali “rationes decidendi”, neppure sotto il profilo del vizio di motivazione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 7931 del 29/03/2013).

Il ricorso incidentale è inefficace, a norma dell’art. 334 c.p.c., perchè tardivo essendo stato proposto il 18 dicembre 2012 laddove il termine ” lungo” per l’impugnazione scadeva il 12 dicembre 2012.

Il ricorso principale va, dunque, dichiarato inammissibile ed il ricorso incidentale inefficace.

Le spese processuali, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La corte dichiara inammissibile il ricorso principale ed inefficace il ricorso incidentale. Condanna l’Agenzia delle entrate a rifondere alla contribuente le spese processuali, che liquida in Euro 7.000,00, oltre agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 7 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2016

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