Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15192 del 22/07/2016


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Cassazione civile sez. trib., 22/07/2016, (ud. 07/07/2016, dep. 22/07/2016), n.15192

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALVAGO Salvatore – Presidente –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21763-2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

G. COSTRUZIONI DI G.A. & C. SAS;

– intimato –

avverso la sentenza n. 348/2011 della COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di

SALERNO, depositata il 24/06/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/07/2016 dal Consigliere Dott. LIANA MARIA TERESA ZOSO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE Giovanni, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

1. La società G. Costruzioni di G.A. e C. s.a.s. impugnava l’avviso di recupero, notificato il 3.10.2008, emesso ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 421, con cui era stato recuperato a tassazione un credito d’imposta L. n. 388 del 2000, ex art. 8 utilizzato in compensazione negli anni 2001 e 2002. La Commissione Tributaria Provinciale di Salerno respingeva il ricorso. Proposto appello da parte della contribuente, la Commissione Tributaria Regionale della Campania, sezione staccata di Salerno, lo accoglieva sul rilievo che l’ufficio era incorso in decadenza in quanto aveva notificato l’avviso di recupero il 3.10.2008, oltre il termine di quattro anni, previsto dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43 decorrente dalla data di utilizzazione dei credito in compensazione.

2. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate affidato ad un motivo. La contribuente non si è costituita in giudizio.

3. Con l’unico motivo la ricorrente deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 1, e alla L. n. 388 del 2000, art. 8 nonchè vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

Sostiene la ricorrente che il termine di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43 decorre dal quinquennio successivo a quello in cui i beni sono entrati in funzione in quanto la L. n. 388 del 2000, art. 8, comma 7, prevede ” Se i beni oggetto dell’agevolazione non entrano in funzione entro il secondo periodo d’imposta successivo a quello della loro acquisizione o ultimazione, il credito d’imposta è rideterminato escludendo dagli investimenti agevolati il costo dei beni non entrati in funzione. Se entro il quinto periodo d’imposta successivo a quello nel quale sono entrati in funzione i beni sono dismessi, ceduti a terzi, destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa ovvero destinati a strutture produttive diverse da quelle che hanno dato diritto all’agevolazione, il credito d’imposta è rideterminato escludendo dagli investimenti agevolati il costo dei beni anzidetti; se nel periodo di imposta in cui si verifica una delle predette ipotesi vengono acquisiti beni della stessa categoria di quelli agevolati, il credito d’imposta è rideterminato escludendo il costo non ammortizzato degli investimenti agevolati per la parte che eccede i costi delle nuove acquisizioni. Per i beni acquisiti in locazione finanziaria le disposizioni precedenti si applicano anche se non viene esercitato il riscatto. Il minore credito d’imposta che deriva dall’applicazione del presente comma è versato entro il termine per il versamento a saldo dell’imposta sui redditi dovuta per il periodo d’imposta in cui si verificano le ipotesi ivi indicate.” 4. Osserva la Corte che, in generale, che i motivi che deducono “violazione di legge e difetto e contraddittorietà della motivazione” appaiono inammissibili per la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5, non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quello della violazione di norme di diritto, che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, sia sostanziale che processuale e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione; o quale l’omessa motivazione, che richiede l’assenza di motivazione su un punto decisivo della causa rilevabile d’ufficio, e l’insufficienza della motivazione, che richiede la puntuale e analitica indicazione della sede processuale nella quale il giudice d’appello sarebbe stato sollecitato a pronunciarsi, e la contraddittorietà della motivazione, che richiede la precisa identificazione delle affermazioni, contenute nella sentenza impugnata, che si porrebbero in contraddizione tra loro. Infatti, l’esposizione diretta e cumulativa delle questioni concernenti l’apprezzamento delle risultanze acquisite al processo e il merito della causa mira a rimettere al giudice di legittimità il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, onde ricondurle ad uno dei mezzi d’impugnazione enunciati dall’art. 360 c.p.c., per poi ricercare quale o quali disposizioni sarebbero utilizzabili allo scopo, così attribuendo, inammissibilmente, al giudice di legittimità il compito di dare forma e contenuto giuridici alle lagnanze del ricorrente, al fine di decidere successivamente su di esse. (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 19443 del 23/09/2011).

Deve, peraltro, ritenersi ammissibile il ricorso per cassazione in cui si denunzino con un unico articolato motivo d’impugnazione vizi di violazione di legge e di motivazione in fatto qualora, come nel caso di specie, ciascuna questione rinvii all’altra al fine di individuare su quale fatto controverso vi sia stato, oltre che un difetto di motivazione, anche un errore di qualificazione giuridica del fatto (cfr. Sez. U, Sentenza n. 7770 del 31/03/2009).

Ciò premesso, il ricorso è infondato. Invero in materia di agevolazioni per gli investimenti nelle aree svantaggiate di cui alla L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 8 l’utilizzo dei contributi riconosciuti dallo Stato avviene nella forma di crediti di imposta. La L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 8, comma 5 prevede: ” Il credito d’imposta è determinato con riguardo ai nuovi investimenti eseguiti in ciascun periodo d’imposta e va indicato nella relativa dichiarazione dei redditi. Esso non concorre alla formazione del reddito nè della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive, non rileva ai fini del rapporto di cui al testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 63ed è utilizzabile esclusivamente in compensazione, ai sensi del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, a decorrere dalla data di sostenimento dei costi”.

La L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 421, prevede “… per la riscossione dei crediti indebitamente utilizzati in tutto o in parte, anche in compensazione ai sensi del D.Lgs. luglio 1997, n. 241, art. 17 e successive modificazioni, l’Agenzia delle entrate può emanare apposito atto di recupero motivato da notificare al contribuente con le modalità previste dal citato D.P.R. n. 600 del 1973, art. 62”. E il D.L. n. 185 del 2008, art. 27, comma 16, convertito dalla L. n. 2 del 2009 prevede “… l’atto di cui alla L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 421, emesso a seguito del controllo degli importi a credito indicati nei modelli di pagamento unificato per la riscossione di crediti inesistenti utilizzati in compensazione ai sensi del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, art. 17 deve essere notificato, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello del relativo utilizzo “. Infine il successivo comma 17 prevede ” La disposizione di cui al comma 16 si applica a decorrere dalla data di presentazione del modello di pagamento unificato nel quale sono indicati crediti inesistenti utilizzati in compensazione in anni con riferimento ai quali alla data di entrata in vigore della presente legge siano ancora pendenti i termini di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 43, comma 1e del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 57″.

Ne consegue che il termine per la notifica dell’avviso di recupero relativamente al credito di imposta utilizzato in compensazione nell’anno 2002 scadeva, a norma del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43 il 31 dicembre 2007 e non era applicabile la norma di cui il D.L. n. 185 del 2008, art. 27, comma 16, che prevede il maggior termine di otto anni in quanto, alla data di entrata in vigore della legge stessa, il termine di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 1 era già scaduto.

Ciò posto, va considerato che la L. n. 388 del 2000, art. 8, comma 7, prevede che il contribuente che non ponga in funzione i beni entro il secondo periodo d’imposta successivo a quello della loro acquisizione o ultimazione o dismetta i beni acquisiti entro il quinto periodo d’imposta successivo a quello nel quale sono entrati in funzione i beni stessi è tenuto a rideterminare il credito di imposta in relazione agli eventi verificatisi ed a versare l’imposta indebitamente portata in compensazione entro il termine per il versamento a saldo dell’imposta sui redditi dovuta per il periodo in cui si verificano tali ipotesi. Da tale termine decorre il potere accertativo dell’Ufficio relativamente all’inadempimento dell’obbligazione tributaria di versamento dell’imposta indebitamente portata in compensazione. Ora, il versamento dell’imposta indebitamente compensata per il verificarsi del mancato funzionamento o della dismissione dei beni acquisiti costituisce una obbligazione autonoma del contribuente (diversa da quella nascente dall’indebita utilizzazione del credito in compensazione per l’inesistenza del credito o per l’utilizzazione errata di esso) che sorge nel periodo di imposta in cui si verificano i fatti contemplati dalla norma, per il che non si può ritenere che il termine di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43 decorra dallo spirare del quinquennio dall’acquisizione dei beni anche per gli accertamenti relativi a ciascun periodo di imposta nel corso del quale il credito è stato portato in compensazione.

Il ricorso va, dunque, rigettato e le spese processuali, in considerazione della novità della questione trattata, si compensano integralmente.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 7 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2016

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