Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15191 del 20/06/2017

Cassazione civile, sez. I, 20/06/2017, (ud. 04/04/2017, dep.20/06/2017),  n. 15191

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – rel. Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22778/2015 proposto da:

Comune di Parma, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in Roma, Viale delle Milizie n.1, presso l’avvocato

Rossi Adriano, che lo rappresenta e difende, giusta procura a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Alpa Leasing S.r.l., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Dei Gracchi n. 39,

presso l’avvocato Giuffrè Adriano, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato Rutigliano Massimo, giusta procura a margine

del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 402/2015 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 27/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/04/2017 dal cons. SAMBITO MARIA GIOVANNA C.;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale

SORRENTINO Federico, che ha concluso per l’accoglimento del secondo

motivo;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato Rossi Adriano che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato Rutigliano Massimo che ha

chiesto il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza del 27.2.2015, la Corte d’Appello di Bologna ha determinato l’indennità dovuta dal Comune di Parma alla S.r.l. Alpa Leasing, per l’espropriazione di un’area facente parte di una maggiore proprietà, per la realizzazione di opere di viabilità. Muovendo dalla natura edificatoria del suolo, incluso in zona produttiva di completamento ZP3, la Corte, per quanto interessa, ha determinato l’indennizzo, in conformità della disposta CTU, in Euro 18.020,00 per il suolo espropriato, in riferimento al suo valore venale, cui ha sommato Euro 12.240,00, per la diminuzione di valore dalla porzione residua, connessa alla riduzione della capacità edificatoria.

Per la cassazione di tale sentenza, ha proposto ricorso il Comune di Parma con due motivi, ai quali la Società ha resistito con controricorso. Le parti hanno depositato memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo, con cui il ricorrente deduce la nullità della sentenza per difetto assoluto di motivazione, è inammissibile.

1.1. La violazione dell’art. 132 c.p.c. è integrata quando nella sentenza impugnata manca fisicamente la motivazione, oppure essa esiste, ma ha tenore tale da ridondare in una motivazione del tutto apparente per il modo in cui è enunciata, o è talmente contraddittoria nei suoi stessi elementi espositivi, sì da equivalere ad una motivazione inesistente (cfr. Cass. SU n. 8053 del 2014 in sede di esegesi del nuovo n. 5 dell’art. 360 c.p.c., comma 1). Nella specie, invece, il ricorrente imputa alla decisione di non aver dato conto delle ragioni per le quali ha attribuito, in concreto, il valore venale dell’area espropriata, aggiungendo che le stesse non si ravvisano, nemmeno, in seno alla CTU, cui la Corte ha aderito. In altri termini, il Comune formula una censura di merito (il valore mutuato dalla consulenza sarebbe esorbitante, come già contestato), che non può esser dedotta in questa sede di legittimità.

2. Col secondo motivo, si deduce la violazione della L. n. 2359 del 1865, artt. 39 e 40; del D.P.R. n. 327 del 2001, artt. 33 e 37 per avere la Corte duplicato l’indennizzo, avendo aggiunto al valore dell’area espropriata, la perdita della volumetria dell’area residua.

2.1. Il motivo è fondato. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, in presenza di una procedura espropriativa che non riguardi l’intera proprietà del soggetto inciso va applicato il meccanismo di calcolo differenziale di cui alla L. n. 2359 del 1865, art. 40 ed oggi D.P.R. n. 327 del 2001, art. 33 in costanza dei seguenti due presupposti: a) che la parte residua del fondo sia intimamente collegata con quella espropriata da un vincolo strumentale ed obiettivo, tale da conferire all’intero immobile il carattere di un’unità economica e funzionale; b) che il distacco di una parte di esso abbia influito, oggettivamente (con esclusione, dunque, di ogni valutazione soggettiva), in modo negativo sulla parte residua.

2.2. Ove detta indagine risulti affermativa, al soggetto espropriato è, quindi, dovuta un’unica indennità, ricavata dalla differenza tra il giusto prezzo che l’immobile avrebbe avuto prima dell’espropriazione ed il giusto prezzo della parte residua dopo l’espropriazione stessa, in modo da ristorare l’intera diminuzione patrimoniale subita dal soggetto passivo del provvedimento ablativo, ivi compresa la perdita di valore della porzione residua, non essendo, invero, concepibile, in presenza di un’unica vicenda espropriativa, l’attribuzione di distinte somme, imputate l’una a titolo di indennità di espropriazione e l’altra a titolo di risarcimento del danno per il deprezzamento subito dai residui terreni (cfr. da ultimo, Cass. n. 11504 del 2014).

2.3. L’impugnata sentenza – che ha implicitamente ritenuto sussistenti i menzionati presupposti per il calcolo differenziale -avrebbe dunque procedere alla determinazione dell’indennità mediante l’applicazione della L. n. 2359 del 1865, art. 40 e scegliere il parametro concreto con cui darvi attuazione: quello letterale (differenziale) posto dalla stessa norma, ovvero mediante la somma del valore del suolo espropriato con quello dell’area residua. Ma, nel determinare il dovuto, la Corte territoriale ha fatto malgoverno della seconda opzione, in concreto prescelta, incorrendo nella duplicazione delle poste, come le imputa il Comune. Ed, infatti, trattandosi di suoli aventi natura edificatoria, la determinazione dell’indennità mediante la somma del valore dell’area espropriata col valore di quella residua, computato in ragione della perdita dell’edificazione consentita dagli strumenti urbanistici in riferimento all’estensione originaria, non tiene conto che la quota d’indennizzo per la parte di suolo ablato compensa, già, la perdita della relativa volumetria, tenendone conto, appunto, ai fini della determinazione del relativo valore (cfr. Cass. n. 24435 del 2006).

3. L’impugnata sentenza va, in conclusione, cassata con rinvio, per un nuovo esame, alla Corte d’Appello di Bologna in diversa composizione, che provvederà, anche, a liquidare le spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

 

Dichiara inammissibile il primo motivo, accoglie il secondo, cassa e rinvia, anche per la statuizione sulle spese, alla Corte d’Appello di Bologna in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 4 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 20 giugno 2017

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