Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15189 del 22/07/2016


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Cassazione civile sez. trib., 22/07/2016, (ud. 07/07/2016, dep. 22/07/2016), n.15189

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALVAGO Salvatore – Presidente –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4807-2012 proposto da:

ANNY CONFEZIONI SRL in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA F.S. NITTI 11, presso lo

studio dell’avvocato MARGHERITA RAFANIELLO, rappresentato e difeso

dall’avvocato FILIPPO COCOLA giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 78/2010 della COMM.TRIB.REG. di BARI,

depositata il 30/12/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/07/2016 dal Consigliere Dott. LIANA MARIA TERESA ZOSO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE Giovanni, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

1. La società Anny Confezioni s.r.l. impugnava l’atto di recupero e la consequenziale cartella di pagamento afferente il credito d’imposta utilizzato in violazione della L. n. 388 del 2000, art. 8 per crediti d’imposta indebitamente utilizzati negli anni di imposta 2003, 2004 e 2005. La società aveva acquistato un capannone industriale il 31 marzo 2003 e dal riscontro delle compensazioni effettuate per il pagamento delle imposte dovute era emerso che aveva utilizzato il credito in violazione della L. n. 289 del 2002, art. 63 che, al comma 1, lett. f, stabilisce che l’utilizzo del contributo in relazione al singolo investimento è consentito esclusivamente entro il secondo anno successivo a quello nel quale è presentata l’istanza e, in ogni caso, nel rispetto dei limiti di utilizzazione minimi e massimi pari, in progressione al 20 e al 30%, nell’anno di presentazione dell’istanza, e al 60 e al 70%, nell’anno successivo. La Commissione Tributaria Provinciale di Bari accoglieva i ricorsi proposti dalla contribuente. A seguito di appello dell’Agenzia delle entrate, la Commissione Tributaria Regionale della Puglia, in riforma della sentenza impugnata, dichiarava legittimo l’operato dell’Ufficio.

2. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione la società Anny Confezioni s.r.l. svolgendo tre motivi. Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.

3. Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione alla L. n. 241 del 1990, art. 1, art. 23 Cost., della L. n. 212 del 2000, artt. 3 e 10. Sostiene la ricorrente che l’Ufficio ha formato l’atto di recupero del credito d’imposta sulla base della L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 421. L’atto di recupero, secondo la ricorrente, è illegittimo in quanto l’art. 1, comma 421, citato non può applicarsi retroattivamente a comportamenti, come quello di specie, tenuti dal contribuente prima dell’entrata in vigore della legge stessa.

4. Con il secondo motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione alla L. n. 241 del 1990, art. 1, L. n. 212 del 2000, artt. 3 e 10. Sostiene la ricorrente che alla data del 12 settembre 2003, allorchè il CIPE aveva consentito l’operatività del finanziamento, la società non poteva più dar corso all’ammortamento del credito nella misura consentita, dato il termine non più congruo per utilizzare il beneficio a causa del ritardo dovuto alla pubblica amministrazione. A dicembre era sopravvenuta la L. n. 350 del 2003 che aveva previsto che i contribuenti, i quali avessero ricevuto comunicazione della concessione della contributo nel mese di settembre 2003, avrebbero potuto avviare la realizzazione dell’investimento entro il 31 marzo 2004 ed utilizzare il contributo entro il terzo anno successivo a quello nel quale era stata presentata l’istanza, con differimento di un anno dei limiti previsti per l’utilizzazione del credito dalla L. n. 289 del 2002, art. 62, comma 1, lett. f. Tale norma era sopravvenuta allorquando il contribuente aveva già provveduto per i mesi da settembre a dicembre alla compensazione di quanto possibile, donde l’impossibilità di poter godere dello slittamento al 2004 dell’inizio dell’ammortamento mediante compensazione.

5. Con il terzo motivo deduce vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in relazione al disposto della L. n. 212 del 2000, art. 3 per aver la CTR omesso di motivare in ordine alla retroattività della L. 30 dicembre 2004, n. 311.

6. Osserva la Corte che il primo ed il terzo motivo debbono essere esaminati congiuntamente in quanto sottendono la medesima questione. Essi sono entrambi infondati.

La contribuente si duole del fatto che l’Ufficio ha proceduto al recupero del credito di imposta indebitamente utilizzato con la procedura prevista dalla L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, commi 421 e 422, benchè il comportamento sanzionato avesse avuto luogo in data antecedente all’entrata in vigore della legge. Il comma 421 citato prevede che per la riscossione dei crediti indebitamente utilizzati in tutto o in parte, anche in compensazione ai sensi del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, art. 17 e successive modificazioni, l’Agenzia delle entrate può emanare apposito atto di recupero motivato da notificare al contribuente con le modalità previste dal citato D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60. Il comma 422 prevede che in caso di mancato pagamento, in tutto o in parte, delle somme dovute entro il termine assegnato dall’ufficio, comunque non inferiore a sessanta giorni, si procede alla riscossione coattiva con le modalità previste dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni. Ora, la Corte di legittimità (Sez. 5, Sentenza n. 28543 del 20/12/2013; Sez. 5, Ordinanza n. 8033 del 07/04/2011; Sez. 5, Ordinanza n. 4968 del 03/02/2009) ha già osservato che l’avviso di recupero del credito d’imposta compensato in difetto dei presupposti svolge una funzione informativa dell’insorgenza del debito tributario, comunque costituendo manifestazione della volontà impositiva da parte dello Stato, dunque al pari degli avvisi di accertamento o di liquidazione, e come tale è impugnabile innanzi alle Commissioni tributarie, ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19, anche se emesso anteriormente all’entrata in vigore della L. 30 dicembre 2004, n. 311, che ha espressamente annoverato l’avviso di recupero quale titolo per la riscossione di crediti indebitamente utilizzati in compensazione. Peraltro l’art. 19, comma 1, lett. h), nella versione del D.Lgs. n. 546 del 1992, ratione temporis vigente, già prescriveva come possibile oggetto del ricorso d’impugnazione “il diniego o la revoca di agevolazioni o il rigetto di domande di definizione agevolata di rapporti tributari”, apparendo pertanto legittimo che l’Ufficio, accertata l’inesistenza dei presupposti del beneficio, procedesse con un formale diniego ed alla conseguente revoca, tenuto conto dell’applicazione diretta dell’agevolazione nel frattempo attuata dalla società contribuente, così evolvendo un indirizzo che ricondusse gli atti (comunque denominati) con cui si accerti, da parte dell’amministrazione tributaria, la non spettanza di una data agevolazione – e che siano, per altro verso, prodromici alla formazione del titolo di riscossione del tributo – alla categoria giuridica degli “avvisi di accertamento in senso lato”. Ne deriva che l’aver l’Agenzia delle entrate proceduto al recupero della somma indebitamente portata in compensazione a mezzo di avviso di recupero costituiva attuazione di un modus operandi da ritenersi pienamente legittimo anche prima dell’entrata in vigore della L. 30 dicembre 2004, n. 311.

7. Il secondo motivo di ricorso è parimenti infondato. Invero la circostanza di aver avuto notizia della concessione del finanziamento in data 12 settembre 2003, con conseguente minor tempo a disposizione per ammortizzare il credito, non poteva valere a legittimare la contribuente a travalicare i limiti previsti dalla L. n. 289 del 2002, art. 62, comma 1, lett. f, posto che avrebbe dovuto, una volta valutata la carenza dei presupposti per la compensazione, astenersi dal valersi del beneficio, salvo poi valersi delle più favorevoli disposizioni previste dalla L. 24 dicembre 2003, n. 350.

Il ricorso va, dunque, rigettato e le spese processuali, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti a rifondere all’Agenzia delle entrate e le spese processuali che liquida in Euro 5000, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 7 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2016

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