Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15187 del 23/06/2010

Cassazione civile sez. trib., 23/06/2010, (ud. 25/03/2010, dep. 23/06/2010), n.15187

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ALTIERI Enrico – Presidente –

Dott. MERONE Antonio – Consigliere –

Dott. PERSICO Mariaida – rel. Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

G.V., G.M., G.F., G.A.,

GR.FE., in proprio e in qualità di eredi di

D.D.M.R., elettivamente domiciliati in ROMA VIA SIMONE DE SAINT BON

89, presso lo studio dell’avvocato GENOVESI FEDERICO, rappresentati

e difesi dall’avvocato CARILE CARLO, giusta delega a margine;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DI ROMA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 101/2004 della COMM. TRIB. REG. di NAPOLI,

depositata il 15/12/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 2

5/03/2010 dal Consigliere Dott. MARIAIDA PERSICO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

G.V., G.M., G.F., G.A., Gr.Fe., in proprio e nella qualità di eredi di D.D.M.R. proposero ricorso avverso l’avviso di rettifica e liquidazione emesso dall’Ufficio Registri) Successioni di Napoli, con il quale era stata rettificata la dichiarazione di successione di G.L.V.. Deducevano, per quanto qui interessa, che il valore delle quote societarie avrebbe dovuto essere calcolato dall’Ufficio uniformandosi alle risultanze dell’ultimo bilancio depositato e/o dell’inventario vidimato. La Commissione Tributaria Provinciale accoglieva parzialmente confermando la valutazione delle partecipazioni societarie.

Interponevano appello i ricorrenti e la C.T.R. rigettava l’appello affermando che il metodo di accertamento e valutazione seguito dall’Ufficio era da ritenersi corretto e quindi che i valore di avviamento va aggiunto anche per le quote di società che hanno un bilancio depositato; che il valore delle quote cadute in successione è quello proporzionalmente attribuibile alle stesso, in base al reale valore delle attività e passività risultanti dal bilancio approvato, ivi compreso il valore di avviamento.

Contro tale ultima sentenza ricorrono i contribuenti con motivo unico. L’Ufficio non controdeduce.

Diritto

MOTIVAZIONE

I contribuenti ricorrono deducendo la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, art. 16, dell’imposta delle successioni e donazioni, D.Lgs. n. 346 del 1990, per avere il giudice di merito erroneamente ritenuto che il valore delle quote societarie di una società non quotata, caduta in successione, debba essere quello proporzionalmente attribuibile in base al valore reale delle attività e passività, risultanti dal bilancio approvato e/o dall’inventario vidimato, compreso, tra tali attività, il valore di avviamento. Tale censura è fondata in base al principio già affermato dalla prevalente giurisprudenza di questa Corte (n. 5514/2009; 12422/2007; n. 4535 del 25 febbraio 2009): “In tema di un posta sullo donazioni e successioni, in baso al D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 16, comma 1, lett. b, – nel testo, ratione temporis vigente, anteriore alla novella di cui alla L. n. 342 del 2000, art. 69, comma 1, – l’avviamento della società non va calcolato ai fini della determinazione della base imponibile relativamente ad azioni o quote di società non quotate in borsa nè negoziate al mercato ristretto, comprese nell’attivo ereditarie, quando il patrimonio netto della stessa risulti dalla redazione dell’ultimo bilancio approvato o dall’ultimo inventario regolarmente redatto e vidimato, poichè, in coerenza con l’indirizzo legislativo teso ad uniformare, almeno tendenzialmente, i dati fiscalmente rilevanti con quelli contabili della società, ed a trarre i primi dai secondi (salvo il potere dell’ufficio finanziario di contestarli, provando la non corrispondenza alla realtà del dato contabile), il valore del patrimonio netto risultante dal bilancio approvato è vincolante anche per l’Amministrazione finanziaria, cui è preclusa un’autonoma valutazione del valore complessivo dei beni e dei diritti della società al netto delle passività, potendo essa procedere solo all’eventuale attualizzazione delle poste attive e passive ritenute infedelmente rappresentative del patrimonio netto attuale dell’ente, a causa di possibili mutamenti intervenuti tra la data di approvazione del bilancio e la morto del socio.

In effetti, come rileva anche la sentenza n. 11212/2007 di questa Corte, “In tema di imposta sulle successioni, ai fini della determinazione della base imponibile relativa ad una azienda compresa nell’asse ereditario sono vincolanti per l’amministrazione finanziaria, ai sensi del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, art. 15, le risultanze dell’inventario regolarmente redatto e vidimato, salvo il potere dello stesso ufficio di infirmare motivatamente – con assunzione dell’afferente e conseguente onere probatorio l’attendibilità di quell’inventario, quand’anche “regolarmente redatte” e vidimato”. Ciò in quanto, il riconoscimento in capo all’ufficio finanziario del potere di prescindere sempre e comunque dalle dette risultanze, si tradurrebbe nell’attribuzione ad esso del potere di disattenderle senza addurre alcuna motivazione, e, in definitiva, nell’ingiustificata disapplicazione dello specifico precetto legislativo.” Come questa Corte ha già osservato (Cass. n. 7104 del 2003 in motivazione), partendo dai dato letterale del D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 16, comma 1 lett. B), tale norma non può essere ricostruita scorporando l’ultimo inciso (esattamente la locuzione “escludendo i beni indicati all’art. 12, lett. h ed i, e aggiungendo l’avviamento) dalla seconda parte della previsione normativa, ed attribuendolo così ad entrambe le ipotesi previste, sia alla prima di regolare redazione del bilancio e dell’inventario, sia alla seconda di mancanza del bilancio e/o dell’inventario il medesimo regime, perchè se avesse voluto scorporare quella locuzione attribuendo, per questo aspetto, ai soci di tutte le società non quotate un identico regime … con l’inserimento in essa dell’avviamento, il legislatore non si sarebbe limitato ad un inciso separato da una virgola, ma avrebbe utilizzato una formulazione indicativa di una espressa volontà estensiva, come “in ogni caso”, o equivalente.” Il ricorso va pertanto accolti e la sentenza impugnata va cassata con rinvio ad una diversa sezione della C.T.R. competente che, nell’attenersi ai principi di diritto sopra espressi, provvedere anche sulle spese.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale della Campania.

Così deciso in Roma, il 25 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2010

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