Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15186 del 23/06/2010

Cassazione civile sez. trib., 23/06/2010, (ud. 12/03/2010, dep. 23/06/2010), n.15186

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. MAGNO Giuseppe Vito Antonio – Consigliere –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

M.S.;

– intimato –

avverso l’ordinanza n. 26179/2008 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

di ROMA, depositata il 30/10/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/03/2010 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;

udito per il ricorrente l’Avvocato URBANI NERI ALESSIA, che ha

chiesto l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUZIO Riccardo, che ha concluso per l’accoglimento.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

L’Agenzia delle entrate propone ricorso ex art. 391 bis c.p.c., in relazione all’ordinanza Cass., 30/10/2008, n. 26179.

L’intimato sig. M.S. non ha svolto attività difensiva.

MOTIVI DELLA DECISIONE:

Con unico motivo la ricorrente denunzia violazione dell’art. 395 c.p.c., comma 1, n. 4, dolendosi della pronunziata inammissibilità del ricorso per cassazione proposto avverso la decisione della C.T.R. del Lazio del 27/3/2006 fondata sulla ritenuta mancata relativa notificazione a controparte, laddove “risulta in modo incontrovertibile dall’originale di notifica del ricorso per cassazione, versato in atti, che riporta in epigrafe la dizione “not.

Parziale” che il medesimo “è stato notificato al sig. M. presso la sua residenza con raccomandata, il cui avviso di ricevimento attestante l’avvenuta consegna dell’atto alla zia dell’interessato in data 16 maggio 2007 – è stato allegato all’originale del ricorso depositato”.

Il motivo è fondato.

Dall’esame del fascicolo d’ufficio della causa iscritta al n. RG 14691/2007 di questa Corte, definita con la sentenza di cui si chiede la revocazione, risulta che in effetti il ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio n. 202/8/2005 del 27/3/2006 risulta essere stato notificato a mezzo del servizio postale presso la sua residenza in (OMISSIS), via (OMISSIS), con spedizione effettuata il 12/5/2007 e ricezione avvenuta da parte della zia convivente sig.ra G.M. in data 16/5/2007, laddove non è andata viceversa a buon fine la notifica tentata al domicilio eletto in Roma, via della sierra Nevada n. 1, presso la rag. D.M.A., risultata “trasferita altrove”.

Nel provvedimento impugnato per revocazione risulta invero dichiarata l’inammissibilità del ricorso per cassazione “perchè non notificato”.

Ricorrono pertanto, a tale stregua, i presupposti di cui all’art. 395 c.p.c., comma 1, n. 4.

Revocata conseguentemente l’impugnata ordinanza a norma degli artt. 391 bis c.p.c., deve farsi quindi luogo alla fase rescissoria, atteso il principio della inscindibilità della fase rescindente con quest’ultima che vige anche per il giudizio di revocazione per errore di fatto di pronunzia della Corte di Cassazione, non ostando al riguardo – neanche sotto il profilo dell’autosufficienza – la mancata riproduzione come nella specie nel ricorso per revocazione dei motivi dell’originario ricorso per cassazione, che ben può essere direttamente esaminato, in quanto inserito nel fascicolo d’ufficio del procedimento definito con la sentenza revocata (v. Cass., Sez. Un., 20/11/2003, n. 17631 e, da ultimo, Cass., 18/9/2008, n. 23856, che ha superato il precedente contrario orientamento espresso da Cass.. 6/2/2003, n. 1745; Cass.. 30/3/2000, n. 3875; Cass., 14/4/1999, n. 3682).

Con tale ricorso, affidato a 2 motivi, l’Agenzia delle entrate impugna la suindicata decisione della Commissione Tributaria Regionale del Lazio n. 202/08/05 del 27/3/2006, di rigetto del gravame interposto nei confronti della pronunzia della Commissione Tributaria Provinciale di Roma n. 96/13/02 del 5/3/2002 di accoglimento dell’opposizione spiegata dal contribuente sig. M. S. in relazione ad avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle entrate di Albano Laziale a titolo di I.R.P.E.F. per l’anno d’imposta 1994.

L’intimato non ha svolto attività difensiva.

Con il 1 motivo la ricorrente denunzia illogicità e contraddittorietà della motivazione su punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Con il 2^ motivo denunzia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 490 del 1996, art. 2, comma 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Il ricorso è inammissibile ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 4, art. 366 bis e art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5, nella specie applicanti si nel testo modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, essendo stata rimpugnata sentenza pubblicata successivamente alla data (2 marzo 2006) di entrata in vigore del medesimo.

L’art. 366 bis c.p.c. dispone infatti che nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4, l’illustrazione di ciascun motivo deve, a pena di inammissibilità, concludersi con la formulazione di un quesito di diritto (cfr. Cass., 19/12/2006, n. 27130).

Una formulazione del quesito di diritto idonea alla sua funzione richiede allora che con riferimento ad ogni punto della sentenza investito da motivo di ricorso la parte, dopo avere del medesimo riassunto gli aspetti di fatto rilevanti ed avere indicato il modo in cui il giudice lo ha deciso, esprima la diversa regola di diritto sulla cui base il punto controverso andrebbe viceversa risolto.

Il quesito di diritto deve essere in particolare specifico e riferibile alla fattispecie (v. Cass., Sez. Un., 5/1/2007, n. 36), risolutivo del punto della controversia – tale non essendo la richiesta di declaratoria di un’astratta affermazione di principio da parte del giudice di legittimità (v. Cass., 3/8/2007, n. 17108)-, e non può con esso invero introdursi un tema nuovo ed estraneo (v.

Cass., 17/7/2007,n. 15949).

Il quesito di diritto di cui all’art. 366 bis c.p.c., deve comprendere l’indicazione sia della regula iuris adottata nel provvedimento impugnato, sia del diverso principio che il ricorrente assume corretto e che si sarebbe dovuto applicare in sostituzione del primo, sicchè la mancanza anche di una sola delle due suddette indicazioni rende il ricorso inammissibile, non potendo considerarsi in particolare sufficiente ed idonea la mera generica richiesta di accertamento della sussistenza della violazione di una norma di legge da ultimo v. Cass., 28/5/2009, n. 12649).

Orbene, nel non osservare i requisiti richiesti dallo schema delineato in giurisprudenza di legittimità (cfr. in particolare Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., Sez. Un., 5/1/2007, n. 36), il quesito recato dal ricorso risulta formulato in termini generici e privi di riferimento alla fattispecie concreta, tali da non consentire, in base alla sua sola lettura (v. Cass., Sez. Un. 27/3/2009, n. 7433; Sez. Un., 14/2/2008, n. 3519; Cass. Sez. Un., 5/2/2008. n. 2658; Cass., 7/4/2009, n. 8463), di individuare la soluzione adottata dalla sentenza impugnata e di precisare i termini della contestazione (cfr. Cass., Sez. Un.. 19/5/2008, n. 12645;

Cass., Sez. Un., 12/5/2008, n. 11650; Cass.. Sez. Un., 28/9/2007, n. 20360). nonchè di poter circoscrivere la pronunzia nei limiti del relativo accoglimento o rigetto (cfr., Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258 ), senza che esso debba richiedere, per ottenere risposta, una scomposizione in più parti prive di connessione tra loro ( cfr.

Cass. 23/6/2008, n. 17064).

L’inidonea formulazione del quesito di diritto equivale invero alla relativa omessa formulazione, in quanto nel dettare una prescrizione di ordine formale la norma incide anche sulla sostanza dell’impugnazione, imponendo al ricorrente di chiarire con i quesito l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in relazione alla concreta fattispecie (v. Cass., 7/4/2009, n. 8463; Cass. Sez. un., 30/10/2008. n. 26020; Cass. Sez. un., 25/11/2008. n. 28054), (anche) in tal caso rimanendo invero vanificata la finalità di consentire a questa Corte il miglior esercizio della funzione nomofilattica sottesa alla disciplina del quesito introdotta con il D.Lgs. n. 40 del 2006 (cfr., da ultimo, Cass. Sez. un., 10/9/2009. n. 19444).

La norma di cui all’art. 366 bis c.p.c., è d’altro canto insuscettibile di essere interpretata nel senso che il quesito di diritto possa, e a fortiori debba, desumersi implicitamente dalla formulazione del motivo, giacchè una siffatta interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma in questione (v.

Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., Sez.,. Un., 26/03/2007, n. 7258).

Quanto al pure denunziato vizio di motivazione, va osservato che il ricorso non reca, in una parte del motivo ad essa “specificamente destinata”, autonomamente ed immediatamente individuabile (v. Cass. 18/7/2007, n. 16002). la “chiara indicazione” che deve indefettibilmente scandirsi nella sintetica e riassuntiva indicazione: a) del fatto controverso; b) degli elementi di prova la cui valutazione avrebbe dovuto condurre a diversa decisione; c) degli argomenti logici per i quali tale diversa valutazione sarebbe stata necessaria (art. 366 bis c.p.c.) delle “ragioni” de denunziato vizio di motivazione, inammissibilmente rimettendosene l’individuazione all’attività esegetica di questa Corte, a fortiori non consentita in presenza di formulazione come nella specie altresì carente di autosufficienza, laddove viene fatto riferimento ad atti e documenti del giudizio di merito (es. all'”avviso di accertamento dei redditi per l’anno d’imposta 1994″, alla “plusvalenza accertata dall’ufficio, come derivante dalla cessione di una quota societaria”, al “calcolo di un avviamento”, alle “scritture contabili”, all’atto di “appello”, al “discendente andamento dei ricavi societari degli ultimi tre anni”, alla “crisi aziendale in cui versava l’azienda”, al “richiamo ai parametri dettati dal citato D.P.R. del 1996, art. 2”) senza che i medesimi risultino invero debitamente riprodotti nel ricorso.

All’inammissibilità dei motivi consegue l’inammissibilitàdel ricorso.

Non è peraltro a farsi luogo a pronunzia in ordine alle spese sia del giudizio di revocazione che del giudizio di cassazione, non avendo in entrambi l’intimato svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte revoca l’ordinanza impugnata, e, decidendo sul ricorso avverso la sentenza n. 202/2005 della Commissione Tributaria Regionale del Lazio, lo dichiara inammissibile.

Così deciso in Roma, il 12 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2010

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