Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15180 del 11/07/2011

Cassazione civile sez. II, 11/07/2011, (ud. 20/10/2010, dep. 11/07/2011), n.15180

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – rel. Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 11222/2005 proposto da:

IST SERVIZI MERCATO AGRICOLO ALIMENTARE ISMEA (OMISSIS), in

persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente

domiciliato in ROMA, L.GO BERNARDINO DA FELTRE 1, presso lo studio

dell’avvocato MALPICA Giuseppe, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

COOP AGRICOLA SAN ROMUALDO A RL in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TIGRE’ 37, presso

lo studio dell’avvocato CAFFARELLI FRANCESCO, rappresentato e difeso

dall’avvocato CARMENATI Enrico;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5332/2004 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 16/12/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

20/10/2010 dal Consigliere Dott. MARIA ROSARIA SAN GIORGIO;

udito l’Avvocato Francesco BIGA, con delega depositata in udienza

dell’Avvocato MALPICA Giuseppe, difensore del ricorrente che ha

chiesto accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato CARMENATI Enrico, difensore del resistente che ha

chiesto il rigetto del ricorso e produce nota spese;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio, che ha concluso per inammissibilità o in subordine

rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. – Con sentenza depositata il 12 giugno 2002, il Tribunale di Roma dichiarò risolto, come previsto dalla clausola risolutiva espressa, per inadempimento relativo al mancato pagamento delle rate scadute, il contratto di compravendita con patto di riservato dominio intervenuto tra la Cooperativa Agricola San Romualdo a r.l. e la Cassa per la Formazione della Proprietà Contadina, poi incorporata dall’I.S.M.E.A., Istituto per Studi, Ricerche e Informazioni sul Mercato Agricolo, e condannò la predetta cooperativa acquirente a rilasciare il fondo oggetto della compravendita.

Avverso tale sentenza propose appello la Cooperativa, osservando che tra le parti era intercorso un accordo volto a rideterminare le rispettive obbligazioni. Inoltre, per il periodo successivo al 1998, fece valere la sospensione dei pagamenti in virtù della L. n. 61 del 1998, art. 12 a seguito degli eventi sismici che avevano interessato la zona. L’I.S.M.E.A., costituitosi in giudizio, eccepì che la notifica dell’appello effettuato nei confronti della Cassa, già estinta per effetto della L. n. 419 del 1999, non aveva impedito il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado. Nel merito, osservò che la pronuncia del Tribunale aveva carattere ricognitivo della risoluzione avvenuta per effetto della clausola risolutiva espressa, e quindi eventuali accordi successivi al comportamento previsto dalla clausola come determinante la risoluzione non inficiavano la legittimità della sentenza appellata, che aveva accertato un inadempimento circa il pagamento di numerose rate del prezzo.

2. – Con sentenza depositata il 16 dicembre 2004, la Corte d’appello di Roma accolse il gravame.

Quanto alla eccezione di giudicato, osservò la Corte di merito che la notifica dell’atto di appello alla parte presso il procuratore costituito era regolare, trovando applicazione l’art. 300 cod. proc. civ., per cui, se il procuratore costituito omette di dichiarare in udienza o di notificare alle altre parti, fino all’udienza di discussione, l’avvenuta morte o perdita di capacità della parte da lui rappresentata, la posizione giuridica di quest’ultima resta stabilizzata rispetto alle altre parti quale persona ancora esistente e capace: principio confermato con riferimento agli enti pubblici soppressi ex lege.

Nel merito, la Corte, premesso che, dopo la prima udienza nel 1997 relativa al giudizio avente ad oggetto la risoluzione di diritto, le parti non si erano presentate per due udienze consecutive, sicchè la causa era stata cancellata dal ruolo, e riassunta dalla Cassa solo nel 1999, osservò che, durante questa fase di quiescenza, la Cooperativa San Romualdo aveva ricevuto comunicazione della ricapitalizzazione del debito accumulato, e fece riferimento a due lettere dalle quali emergeva la esistenza di un accordo tra le parti con la previsione di un pagamento di L. 600.000.000, imputato prevalentemente agli interessi di mora, nonchè l’avvenuto pagamento delle spese legali e la volontà della Cassa di procedere alla cancellazione della trascrizione della citazione.

Tali comportamenti erano concludenti e univoci nel senso della esistenza di un accordo risolutivo della controversia. La circostanza che la Cassa avesse accettato la somma di L. 600.000.000 e la ricapitalizzazione del debito per il futuro, non lasciava dubbi sulla effettiva intenzione della Cassa di voler rinunciare alla clausola risolutiva espressa. Quindi, secondo la Corte, il giudice di primo grado non si sarebbe dovuto fermare al dato indicato nell’atto di citazione circa l’inadempimento, ma avrebbe dovuto farsi carico dei comportamenti successivi al fine di valutare se sussistesse al momento della decisione l’inadempimento della cooperativa.

Quanto alla deduzione della parte appellata relativa all’inadempimento della cooperativa anche per l’anno 1998, quindi successivamente all’accordo, osservò il giudice di secondo grado che, a prescindere dalla richiesta di applicazione del beneficio previsto dalla L. n. 61 del 1998, art. 12 bis, a seguito del terremoto che aveva colpito la zona delle Marche, con sospensione del pagamento delle rate fino a cinque anni, richiesta regolarmente avanzata dalla cooperativa, comunque si trattava di distinta causa petendi rispetto a quanto indicato nella citazione, in cui si parlava di inadempimento fino al 1997.

Per la cassazione di tale sentenza ricorre l’ISMEA sulla base di tre motivi, illustrati anche da successiva memoria. Resiste con controricorso la Coop. Agricola San Romualdo.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo di ricorso, si deducono violazione e falsa applicazione dell’art. 136 cod. proc. civ., e segg., nonchè degli artt. 300, 330, 324, 327, 163 e 164 cod. proc. civ., e dell’art. 2909 cod. civ., inesistenza della notificazione dell’atto di appello, nullità e inammissibilità dell’appello, nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa punti decisivi della controversia prospettati dalle: parti o rilevabili di ufficio.

Si rileva che la Cassa per la Formazione della Proprietà Contadina, costituendosi nel giudizio di primo grado, aveva eletto domicilio presso la propria sede legale in (OMISSIS), e non presso il proprio difensore avv. Maria Luisa Spina. Durante il giudizio, era stato emanato il D.Lgs. n. 419 del 1999, che, all’art. 6, disponeva l’accorpamento della Cassa nell’ISMEA. A seguito della sentenza di primo grado, la Cooperativa aveva convenuto in giudizio innanzi alla Corte d’appello di Roma l’Ente soppresso, in luogo dell’ISMEA, suo successore a titolo universale ex lege, che aveva sede legale in (OMISSIS), notificando l’atto di appello presso l’avv. Spina, nonostante l’Ente stesso, peraltro non più esistente, non avesse eletto domicilio colà.

Pertanto, l’Istituto ricorrente, costituendosi nel giudizio di secondo grado, aveva fatto presente la nullità di tale notifica, osservando che la propria costituzione, essendo intervenuta dopo la scadenza del termine di cui all’art. 327 cod. proc. civ., non impediva il passaggio in giudicato della sentenza impugnata.

L’eccezione era stata ignorata dalla Corte territoriale. Nè il giudice di secondo grado aveva rilevato che era stato convenuto in giudizio un ente estinto.

2.1. – La doglianza risulta meritevole di accoglimento nei termini che seguono.

2.2. – Per effetto del D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 419, art. 6, comma 5 (Riordinamento del sistema degli enti pubblici nazionali, a norma della L. 15 marzo 1997, n. 59, artt. 11 e 14), la Cassa per la Formazione della Proprietà Contadina, istituita con D.Lgs. 5 marzo 1948, n. 121, fu accorpata nell’Istituto per Studi, Ricerche e Informazioni sul Mercato agricolo (ISMEA), di cui al D.P.R. 28 maggio 1987, n. 278, che, per disposto della stessa norma, subentrò ad essa nei relativi rapporti giuridici attivi e passivi.

La fusione per incorporazione di società ex lege determina, ai sensi dell’art. 2504 bis cod. civ. (nel testo vigente ratione temporis), l’automatica estinzione della società incorporata ed il subingresso per successione a titolo universale (corrispondente alla successione universale mortis causa) della società incorporante nei rapporti giuridici attivi e passivi – anche processuali – già facenti capo alla società incorporata.

Ne consegue che l’ impugnazione della sentenza proposta nei confronti della parte estinta è, in tale ipotesi, ai sensi del combinato disposto dell’art. 163 cod. proc. civ., comma 1, n. 3, e art. 164 cod. proc. civ., affetta da nullità, sanabile mediante la costituzione in giudizio del successore a titolo universale (cfr., sul punto, tra le altre, Cass., sentt. n. 20650 del 2009, n. 14066 del 2008).

Nella specie, la costituzione nel giudizio di appello dell’ISMEA dopo la scadenza del termine di cui all’art. 327 cod. proc. civ., non poteva avere – come esattamente rilevato dal ricorrente – effetto sanante per essere già passata in giudicato la sentenza impugnata.

Per di più, la notifica dell’atto introduttivo dell’appello al soggetto ormai estinto era stata eseguita presso il difensore, e non già al domicilio eletto dalla Cassa, presso la propria sede legale in (OMISSIS).

Ne consegue la inammissibilità del gravame.

4. – Conclusivamente, va accolto il primo motivo del ricorso, assorbiti gli altri. La sentenza impugnata deve essere cassata, e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ., comma 2, con la declaratoria di inammissibilità dell’appello della Cooperativa agricola San Romualdo s.r.l..

Avuto riguardo alla natura e particolarità della controversia, si ravvisa la sussistenza di giusti motivi per compensare integralmente tre le parti le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, assorbiti gli altri.

Cassa la sentenza impugnata, e, decidendo nel merito, dichiara inammissibile l’appello proposto dalla Cooperativa Agricola San Romualdo s.r.l.. Compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 20 ottobre 2010.

Depositato in Cancelleria il 11 luglio 2011

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