Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1518 del 25/01/2021

Cassazione civile sez. I, 25/01/2021, (ud. 09/09/2020, dep. 25/01/2021), n.1518

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3020/2017 proposto da:

(OMISSIS) s.r.l., con socio unico in liquidazione, in persona del

liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, corso

Rinascimento n. 11, presso lo studio dell’avvocato Barbara Cataldi,

rappresentata e difesa dall’avvocato Angelo Petracca, giusta procura

in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Mag Elettronica s.r.l., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via F. Confalonieri n.

5, presso lo studio dell’avvocato Andrea Manzi, rappresentata e

difesa dall’avvocato Mario Azzarita, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

contro

Fallimento (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione, in persona del curatore

avv. M.M. P., elettivamente domiciliato in Roma, via della

Pineta Sacchetti n. 482, presso lo studio dell’avvocato Emanuela

Vergine, rappresentato e difeso dall’avvocato Vincenzo Licci, giusta

procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

contro

N.G., S.R.;

– intimati-

avverso la sentenza n. 1225/2016 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

pubblicata il 21/12/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/09/2020 dal cons. Dott. ALDO ANGELO DOLMETTA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

NARDECCHIA GIOVANNI BATTISTA, che ha concluso per il rigetto del

ricorso, come da requisitoria scritta già depositata;

udito, per la ricorrente, l’avvocato Petracca, che si riporta;

uditi per i controricorrenti, l’avvocato Vergine, domiciliatario con

delega scritta, nonchè avv. Gianluca Calderara, con delega orale

dell’avvocato Azzarita, che si riportano.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.- Con sentenza depositata il 9 maggio 2016, il Tribunale di Lecce ha dichiarato il fallimento della s.r.l. (OMISSIS).

2.- Avverso la sentenza la società dichiarata fallita ha presentato reclamo, chiedendo la revoca della dichiarazione, nonchè la revoca del decreto 9 febbraio 2016, con cui il Tribunale aveva dichiarato l'”inammissibilità” della proposta di concordato preventivo in precedenza presentata dalla società (alla data del 31 marzo 2014), perchè non approvata dalla maggioranza dei crediti ammessi al voto L. Fall., ex art. 177.

3.- A supporto delle proprie richieste la società dichiarata fallita ha assunto la invalidità del voto di uno dei creditori concordatari (Bakoo s.p.a.), espresso in senso contrario al concordato e, nel concreto della fattispecie, marginale per il raggiungimento delle maggioranze previste dalla legge nella L. Fall., art. 177 (la norma della L. Fall., art. 178, comma 4 risultando applicabile nella versione introdotta con L. 7 agosto 2012, n. 134).

Premesso di essere legittimato, nella sua veste di debitore, a fare valere l’invalidità del voto marginale espresso da uno dei creditori ammessi al voto, nel merito (OMISSIS) ha rilevato che il voto in questione era stato espresso da soggetto (nella persona dell’avv. F.L.) non munito di apposita procura speciale. Ha altresì sottolineato che, successivamente alla dichiarazione di voto, lo stesso creditore Ba. aveva inviato una comunicazione agli organi della procedura (in data 4 gennaio 2016), con cui negava espressamente valore alla dichiarazione di voto fatta in suo nome, in quanto non rappresentativa della sua reale volontà.

4.- La Corte di Appello di Lecce, con provvedimento depositato il dicembre 2016, ha respinto il reclamo.

Richiamandosi al “principio della ragione più liquida”, la sentenza ha rilevato che la postuma comunicazione effettuata dal creditore Ba. – se pur dichiarava “che la volontà della società era in senso favorevole al concordato” – non poteva assumere “alcun rilievo” al riguardo: posto che, comunque, “tale volontà è stata espressa oltre il termine di cui alla L. Fall., art. 178”. In ogni caso, la sostanza di detta comunicazione – ha anche aggiunto – non negava in realtà il potere di rappresentanza dell’avv. F., ma solo la sussistenza di una procura speciale appositamente conferita al riguardo.

Formulati questi rilievi, la Corte leccese ha altresì riscontrato che il voto in questione era stato manifestato per lettera, dopo lo svolgimento all’adunanza dei creditori e nel termine fissato dalla norma della L. Fall., art. 178, comma 4. Per concludere che, per quest’ordine di dichiarazioni (emesse, cioè, dopo lo svolgimento dell’adunanza creditoria), non risulta comunque necessaria la sussistenza di una procura speciale, essendo appunto sufficiente la presenza degli ordinari poteri rappresentativi.

5.- Contro questo provvedimento ricorre la s.r.l. (OMISSIS), svolgendo un motivo di cassazione.

Resistono con separati controricorsi la s.r.l. MAG, creditore istante per la dichiarazione di fallimento, e il Fallimento della (OMISSIS).

6.- Non hanno invece svolto difese nel presente grado del giudizio N.G. e S.R., che pure avevano distintamente chiesto la dichiarazione di fallimento della società.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

7.- Il motivo di ricorso risulta intestato nei seguenti termini: “violazione e falsa applicazione degli artt. 1324 e 1387-1400 c.c. in sede di verifiche L. Fall., ex art. 179 e ex art. 162, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

8.- Con questo motivo, il ricorrente assume nel focus di un’esposizione molto estesa, seppur non provvista di particolare linearità – che, nell’esprimere il voto del creditore Ba., l’avv. F. ha agito quale falsus procurator.

“Manca agli atti” – così si rileva – “la procura alle liti che la Ba… a.vrebbe dovuto rilasciare all’avv. F.”. La comunicazione inviata dal creditore Ba, agli organi della procedura “disconosce la validità del voto precedentemente espresso dall’avv. F.”.

Non appare discutibile – così, per altro verso, pure si sostiene – la natura negoziale del voto che sia manifestato con riferimento alla proposta di concordato avanzata dal debitore; come pure che, di conseguenza, venga nella fattispecie in applicazione la disciplina predisposta nel codice civile per la rappresentanza negoziale. Pertanto, il voto, di cui si discute, è “invalido”; comunque, è non riferibile al creditore Ba. e da ritenere, dunque, come mai espresso (con tutti gli effetti che ne derivano in relazione alla versione dell’art. 178, comma 4 vigente all’epoca, per la quale la mancata manifestazione del voto valeva approvazione).

D’altra parte, nemmeno si potrebbe ritenere – si prosegue ancora che la “legittimazione” a sollevare l’invalidità del voto spetti unicamente al creditore a cui la relativa espressione è stata attribuita.

E’ sufficiente pensare, al riguardo, ai poteri di verifica e controllo, ex officio, che la legge assegna al giudice delegato, prima, e al tribunale, poi (L. Fall., artt. 179,162 e 180).

9.- Il motivo non può essere accolto.

10.- Fatto esplicito richiamo al principio della ragione più liquida, la sentenza impugnata ha ritenuto che, in ragione dei termini in cui era stata specificamente strutturata, la comunicazione inviata dal creditore Ba. nel gennaio 2016 veniva a contenere un inequivoco riconoscimento della preesistenza di un potere rappresentativo in capo all’avv. F., solo dovendosi escludere al proposito la presenza di una procura speciale.

La Corte territoriale, dunque, si è direttamente posta – e ha risolto – un problema di interpretazione del contenuto della comunicazione del creditore Ba.

11.- Ora, secondo la ferma giurisprudenza di questa Corte, una valutazione inerente a simile tematica rientra nell’ambito dell’accertamento di fatto, che in quanto tale non risulta sindacabile in sede di legittimità (cfr., tra le molte, Cass., 2015, n. 2465; Cass., 2016, n. 10891). Nè, d’altro canto, la pur diffusa esposizione compiuta dal ricorrente ha portato argomenti intesi a smentire la ragionevolezza e plausibilità della valutazione effettuata dalla Corte leccese su questo specifico punto.

Ciò detto, appare opportuno, per una maggior completezza del discorso, aggiungere che una volta espressa, col voto, la decisione di approvare – o invece non approvare – la proposta concordataria del debitore, la stessa non risulta, di per sè stessa, passibile di revoca (su questa tematica v. in specie Cass., 5 agosto 2019, n. 20892). Di conseguenza, la postuma affermazione del creditore Ba. di possedere volontà di approvare il concordato proposto (cfr. sopra, n. n. 4), si manifesta, comunque, del tutto irrilevante, fissato che si sia l’avvenuto esercizio del voto a mezzo del rappresentante avv. F..

12.- Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

13.- Ciò posto, il Collegio reputa peraltro di doversi pure soffermare su una questione di particolare importanza, i cui contorni risultano investigati dalla sentenza della Corte di Appello di Lecce; e così utilizzare il potere che l’art. 363 c.p.c., comma 3, attribuisce alla Corte di Cassazione: quello di enunciare principi di diritto nell’interesse della legge.

Si tratta, precisamente, di una questione relativa alla norma della L. Fall., art. 178, comma 4, che si focalizza sul tema dell’espressione del voto a mezzo di un rappresentante, nel periodo di tempo che la legge concede ai creditori al riguardo, dopo lo svolgimento dell’adunanza dei creditori.

Più in particolare, la Corte di Appello si è interrogata sull’eventuale necessità che – per l’esercizio a mezzo rappresentante del voto “per telegramma o per lettera o per telefax o per posta elettronica nei venti giorni successivi alla chiusura del verbale” dell’adunanza dei creditori – occorra il rilascio di una procura speciale. Per rispondere negativamente a tale domanda.

La peculiare importanza della questione risulta inoltre sollecitata dalla constatazione che sui termini specifici della figura del voto per rappresentanza nel periodo successivo alla tenuta dell’adunanza non risultano reperibili precedenti interventi di questa Corte.

14.- La norma della L. Fall., art. 178, comma 4, – si deve subito constatare – non fa alcun cenno della possibilità di esercitare, nel periodo di tempo che segue allo svolgimento dell’adunanza, il diritto di voto per il mezzo di un rappresentante.

Ne segue che l’esame di questa tematica non può che affidarsi ai principi generali che regolano la materia del concordato preventivo.

15.- E’ comune notazione che il concordato preventivo delinea una procedura di natura mista, in cui vengono, in termini generali, a convivere – e a combinarsi – elementi negoziali ed elementi processuali o comunque di impostazione pubblicistica.

Nella giurisprudenza di questa Corte è da ricordare, in proposito, specialmente la pronuncia data da Cass., 8 febbraio 2019, n. 3860. Che appunto viene a segnalare la presenza, nell’attuale disciplina, di una vera e propria “commistione”, di una “mescolanza”, di elementi negoziali e pubblicistici (e così, tra le altre funzioni, giudice delegato e tribunale hanno pure quella di verificare regolarità e legittimità dei voti concretamente espressi sulla proposta concordataria – come sottolinea Cass., 21 novembre 2019, n. 30456 -, prendersi opportuna cura di ogni interesse che, nel concreto, si manifesti rilevante, salvi comunque i rimedi impugnatori L. Fall., ex art. 179 e ex art. 162, comma 3 ovvero ex art. 180, posti a disposizione dei soggetti che, su un fronte o sull’altro, vi abbiano concreto interesse; cfr. in materia Cass., 23 febbraio 2016, n. 3472).

16.- Non pare dubbio, poi, che la manifestazione di voto da parte dei singoli creditori venga a possedere una natura propriamente negoziale (sul punto cfr., in particolare, Cass., 23 gennaio 2017, n. 2495): più precisamente, di manifestazione unilaterale, seppur destinata per sè a confluire in una decisione plurisoggettiva (di approvazione, o disapprovazione, della proposta concordataria appunto).

Ne segue, per quanto qui direttamente interessa, che – in linea di principio o comunque di massima almeno – nei confronti della manifestazione del voto, come compiuta fuori dall’adunanza e nel tempo consentito dalla legge, viene a trovare applicazione la normativa che governa e disciplina in generale l’emissione delle dichiarazioni negoziali, istituto della rappresentanza ricompreso.

17.- La riserva appena sopra esplicitata risponde all’esigenza, naturalmente, di verificare se con la comune disciplina negoziale della rappresentanza non vengano in ipotesi a confliggere degli specifici tratti processuali e/o pubblicistici, che siano peculiari della procedura concordataria.

Per testare una simile possibilità, la disciplina vigente non manca di proporre un termine di confronto diretto e immediato: qual è quello costituito dalla disciplina positivamente dettata dalla L. Fall., art. 174, comma 2, a riguardo della possibilità dei creditori di farsi rappresentare nella sede dell’adunanza. Dispone questa norma (con tenore rimasto identico alla versione originaria del 1942): “ogni creditore può farsi rappresentare da un mandatario speciale, con procura che può essere scritta senza formalità sull’avviso di convocazione”.

A ben vedere, il confronto di questo testo normativo con il comune regime della rappresentanza negoziale viene a evidenziare due distinte peculiarità.

18.- La prima, che si incontra, è che la procura per l’adunanza deve di necessità essere confezionata per iscritto (su questo aspetto cfr., in particolare, la sentenza di Cass., 26 gennaio 1995, n. 964), pur se la decisione di voto ben può essere espressa anche in forma diversa e quindi orale, così deviando dal principio di simmetria tra negozio di procura e negozio oggetto della procura che è sancito dalla norma contenuta nell’art. 1392 c.c. (la legge non prescrive che la procura vada anche depositata, a differenza di quanto espressamente prevede la norma dell’art. 2372 c.c., comma 1, per le assemblee di società per azioni; peraltro, posto che quella della L. Fall., art. 178, comma 1 richiede l'”indicazione nominativa” dei creditori presenti, il verbale dovrà comunque dare conto che il voto è stato espresso per rappresentanza, con identificazione del rappresentante e contemplatio del creditore domino).

Tuttavia, pure la procura relativa alla manifestazione del voto post-adunanza riveste forma vincolata. Come comunque assicura, al di là di ogni altro possibile rilievo, proprio l’appena richiamato principio generale di simmetria (di cui appunto all’art. 1392 c.c.): in effetti, la norma contenuta nella L. Fall., art. 178, comma 4 esige – perchè il voto post-adunanza possa essere considerato efficace – il necessario rispetto, nella manifestazione della decisione di voto, di determinate, tassative forme (anche qui con relativa annotazione nel verbale, ai sensi dell’ultimo periodo del comma citato, delle caratteristiche identificative delle modalità di esercizio del voto).

19.- L’altra peculiarità è che la procura per l’adunanza deve annoverare, tra i suoi oggetti, lo specifico mandato relativo alla partecipazione all’adunanza in discorso (la già citata sentenza di Cass., n. 964/1995 precisando, peraltro, che un eventuale riferimento alla sola prima convocazione vale a coprire pure la presenza per le successive).

Nel sistema di diritto comune, invece, è sufficiente che la procura quale negozio unilaterale posto in essere dal rappresentato – soddisfi gli ordinari requisiti di determinatezza dell’oggetto del negozio (cfr. la norma dell’art. 1346 c.c.).

20.- Non si mostra ragione, peraltro, di esportare tale peculiarità dal campo dell’adunanza dei creditori a quello della manifestazione del voto che avvenga post-adunanza e quindi di derogare, per quest’ultima ipotesi, ai comuni principi della rappresentanza negoziale.

L’esigenza del “mandato speciale” viene infatti a rispondere al fatto che quella prevista dalla L. Fall., art. 174 è un’adunanza dotata di un raggio di funzioni ampio e articolato: per nulla esaurito, cioè, dal mero svolgimento dell’incombente della manifestazione del voto. Secondo quanto avviene, invece, nell’ipotesi di cui alla L. Fall., art. 178, comma 4, che per l’appunto si conclude senza residui nel consentire al creditore, che non aveva ancora votato, la possibilità di farlo.

Come in dottrina non si è mancato di mettere in luce, invero, l’adunanza dei creditori costituisce la fase in cui tra le parti – creditori e debitore, appunto – si sviluppa una fase di “contraddittorio pieno”, che viene a supplire – seppure in termini parziali e al solo fine della votazione – all’assenza nel concordato di una procedura di verifica del passivo: tanto il debitore, quanto i creditori ben possono, in questa sede, contestare il diritto a partecipare di ogni altro soggetto (cfr., in particolare, la norma della L. Fall., art. 175, comma 3).

21.- Si tratta, com’è chiaro, di funzioni che vanno ben al di là del momento propriamente negoziale del concordato, come focalizzato sulla approvazione o disapprovazione della proposta del debitore a mezzo dell’esercizio del voto.

Non a caso, del resto, all’adunanza possono partecipare – intervenire e contestare – anche i creditori che, in quanto muniti di pegno, privilegio o ipoteca, non vengono per sè a godere del diritto di voto: la norma della L. Fall., art. 174 non pone, in effetti, alcun discrimine in proposito (dei creditori che, pur presenti, non hanno esercitato il diritto di voto discorre poi la parte finale della L. Fall., art. 178, comma 1).

22.- In base alle considerazioni esposte è dunque possibile enunciare il seguente principio di diritto:

“nella procedura di concordato preventivo, la manifestazione di voto del creditore, che è prevista nella L. Fall., art. 178, comma 4, può essere data anche per mezzo di un rappresentante. Per tale riguardo, è richiesto che la procura sia conferita nel rispetto delle forme prescritte da questa norma per l’esercizio del voto; non è richiesto, invece, che la stessa sia attribuita con “mandato speciale””.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso ed enuncia, ai sensi dell’art. 363 c.p.c., il principio di diritto di cui in motivazione.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida nella misura di Euro 5.100,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi), oltre a spese forfettarie nella misura del 15% e accessori di legge, a favore di ciascun controricorrente.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo pari a quello dovuto per il ricorso incidentale, a noma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima civile, il 9 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2021

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