Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15179 del 23/06/2010

Cassazione civile sez. trib., 23/06/2010, (ud. 25/02/2010, dep. 23/06/2010), n.15179

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ALONZO Michele – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. MERONE Antonio – rel. Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

SITAF SPA (Società Italiana Traforo Autostradale del Frejus Spa), in

persona del Vice Direttore Generale pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA VIA PIERLUIGI DA PALESTRINA 63, presso lo studio

dell’avvocato CONTALDI MARIO, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato GALLO CARLO EMANUELE, giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DEL TERRITORIO, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12 presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 23/2004 della COMM. TRIB. REG. di TORINO,

depositata il 21/12/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

25/02/2010 dal Consigliere Dott. ANTONIO MERONE;

udito per il ricorrente l’Avvocato RICCI ROMANO per delega CONTALDI

MARIO, che si riporta;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

NUNZIO Wladimiro, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

La Sitaf Società Italiana Traforo Autostradale del Frejus, s.p.a. ha proposto ricorso avverso il classamento di immobili, per i quali era stato richiesto l’accatastamento in cat. E (esente da ICI: in particolare era stata richiesta la cat. E/3, prevista per “costruzioni e fabbricati per speciali esigenze pubbliche”), classificati invece in cat. D/8 e D/5.

La commissione tributaria provinciale adita ha rigettato il ricorso e la decisione è stata poi confermata dalla commissione tributaria regionale.

La Sitaf ricorre oggi per la cassazione della sentenza specificata in epigrafe, sulla base di quattro motivi, illustrati anche con memoria depositata ai sensi dell’art. 378 c.p.c.. L’Agenzia del Territorio resiste con controricorso.

Diritto

Il ricorso non può trovare accoglimento.

Con il primo motivo, denunciando la violazione di legge con riferimento alla L. n. 241 del 1990, art. 3, in relazione alla L. n. 212 del 2000, art. 7 (cd. statuto del contribuente), la società ricorrente sostiene di avere eccepito, nel corso del giudizio di merito, che nella fase del procedimento amministrativo non era stata messa in condizione di far valere il proprio punto di vista.

Sostanzialmente assume che sarebbe stato eluso un preteso obbligo di contraddittorio preventivo che inficerebbe l’atto conclusivo di classamento.

La censura è inammissibile perchè attiene al merito della fase amministrativa e precontenziosa della controversia, in relazione alla quale la censura stessa si presenta priva di autosufficienza (dove, come e quando la questione è stata prospettata nel giudizio di merito?), sì che il Collegio non è in grado nemmeno di valutare rilevanza e incidenza della eccezione nell’odierno giudizio (v., ex multis, Cass. 5043/2009). Tanto più che dalla narrativa dei fatti processuali, contenuta nella sentenza impugnata (ma il rilievo vale anche in relazione alla esposizione dei fatti contenuta nel ricorso) non risulta che tale eccezione sia stata formulata. Pertanto, la censura avrebbe dovuto essere prospettata eventualmente come omessa pronuncia, fermo restando la necessità del rispetto del principio di autosufficienza del ricorso. Peraltro, in punto di fatto, risulta dalla sentenza impugnata che prima del classamento è stato effettuato un sopralluogo degli immobili alla presenza di tutte le parti le quali, quindi, sono state messe in condizioni di far valere il proprio punto di vista.

Anche il secondo ed il terzo motivo sono inammissibili perchè attengono al merito e comunque sono carenti di autosufficienza. Con il secondo motivo, denunciando violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 7, in relazione al D.P.R. n. 138 del 1998, unitamente a vizi di motivazione, la parte ricorrente assume:

a) che gli immobili in questione, dei quali nemmeno nella narrativa del ricorso viene fornita una adeguata descrizione, dovevano essere classificati nella cat. E per la loro natura di pertinenza autostradale e di uffici destinati ai dipendenti dell’autostrada;

b) che si tratta comunque di immobili già dichiarati di pubblica utilità come si evincerebbe da non meglio precisati documenti prodotti in giudizio.

Tutto il motivo dunque si incentra sulle caratteristiche di fatto degli immobili e sulla asserita destinazione giuridica degli stessi, che emergerebbe dalla valutazione di documenti che sarebbero già acquisiti agli atti. Entrambi i profili invocati dalla parte ricorrente sfuggono al sindacato di questa Corte di legittimità. Il primo perchè è incentrato sulle caratteristiche di fatto degli immobili, il secondo perchè implica valutazioni di merito riferite a documenti dei quali non è riprodotto il contenuto.

Analoghe considerazioni valgono per il terzo motivo, con il quale si denuncia un vizio di motivazione della sentenza impugnata, in quanto la richiesta di classificazione in cat. E era supportata da una convenzione tra la Sitaf ed il Ministero degli interni che avrebbe addossato alla prima l’onere di costruire la caserma che avrebbe dovuto essere poi utilizzata gratuitamente dalla polizia. La questione è una tipica questione di merito che implica l’acquisizione e l’esame del contenuto della convenzione e la riferibilità della stessa agli immobili di cui oggi si discute.

Quindi, anche il terzo motivo di ricorso è inammissibile.

Infine, con il quarto motivo di ricorso, sotto l’apparente denuncia di violazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 3, la società ricorrente sostiene che la CTR sarebbe incorsa in vizio di ultrapetizione perchè la materia del contendere riguarda soltanto la questione del classamento e non anche la individuazione del soggetto passivo d’imposta. La censura, così come viene prospettata, è inammissibile per carenza di interesse, in quanto la società ricorrente non contesta, almeno in questa sede (in cui avrebbe dovuto riproporre la questione ove già sollevata), di essere soggetto passivo d’imposta rispetto agli immobili in questione. Tanto più che la stessa ricorrente afferma “che tale aspetto relativo alla legittimazione attiva o passiva … è del tutto ininfluente ai fini della decisione” (p. 13 dell’odierno ricorso).

Conseguentemente, il ricorso va rigettato e le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro duemiladuecento/00, di cui Euro duemila/00 per onorario, oltre alle spese generali, agli accessori di legge e le spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 25 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2010

 

 

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