Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15179 del 20/07/2015


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 15179 Anno 2015
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: FALASCHI MILENA

SENTENZA

sul ricorso 24354-2013 proposto da:
LONGO ROSINA LNGRSN74H47Z133M, elettivamente domiciliata
in ROMA, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e
difesa dall’avv. IOLANDA DE FRANCESCO, giusta mandato
speciale a margine del ricorso;
– ricorrente contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA 8018440587 in persona del
Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende, ope legis;

Data pubblicazione: 20/07/2015

- con troricorrente –

avverso il decreto n. 490/2013 della CORTE D’APPELLO di
POTENZA del 16.4.2013, depositato il 30/04/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato presso la Corte di appello di Potenza in data 8 settembre
2012, Rosina LONGO chiedeva la condanna del Ministero della giustizia all’equa
riparazione per la irragionevole durata di un procedimento penale, promosso a
seguito di querela presentata da Pasqualina Stefanelli ex art. 590 c.p. il 6.10.2006,
in cui i Carabinieri avevano proceduto alla sua identificazione in data 16.10.2006,
mentre Patto di citazione a giudizio era stato notificato il 26 gennaio 2010 e la
sentenza di non doversi procedere nei suoi confronti per essere il reato estinto
per intervenuta remissione della querela era stata depositata il 30 marzo 2012.
L’adita Corte d’appello, rilevato che ai fini dell’equa riparazione il processo
penale doveva considerarsi iniziato con l’assunzione della qualità di imputato, di
parte civile o di responsabile civile, individuava detta data nell’atto di
notificazione dell’atto di citazione a giudizio dell’imputata, ossia il 26 gennaio
2010, e poiché il paterna d’animo poteva ritenersi cessato alla data di intervenuta
conoscenza della rimessione di querela (all’udienza del 1° luglio 2011), essendo
trascorso circa un anno e mezzo, non era idoneo ad integrare alcuna
irragionevole protrazione del processo penale, peraltro rinviato dal 3.12.2010 al
25.3.2011 su espressa richiesta delle medesime parti, motivata dalla pendenza di
trattative di conciliazione, con conseguente rigetto della relativa domanda.
Per la cassazione di questo decreto la LONGO ha proposto ricorso sulla base di
un unico motivo, illustrata anche da memoria ex art. 378 c.p.c., cui ha resistito
l’amministrazione intimata con controricorso.

Ric. 2013 n. 24354 sez. M2 – ud. 28-01-2015
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28/01/2015 dal Consigliere Relatore Dott. MILENA FALASCHI.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione semplificata nella
redazione della sentenza.
Con l’unico motivo di ricorso la ricorrente denuncia violazione dell’art. 2 della

dalla legge n. 134 del 2012, nonché nella versione originaria, ed ancora dell’art. 6
della CEDU e in relazione all’art. 111 Cost., dell’art. 1 CEDU, art. 6 del Trattato
dell’Unione Europea e dell’art. 117 Cost., rilevando che il giudizio penale
presupposto si era concluso con sentenza di non doversi procedere per essere il

reato estinto per intervenuta remissione della querela e che quindi, anche
secondo i più recenti indirizzi della giurisprudenza della CEDU, doveva
considerarsi errato il computo della durata complessiva del procedimento penale
presupposto, con l’erronea individuazione, come dies a quo, della data del 16
gennaio 2010, di notificazione del decreto di citazione a giudizio, anziché
della data del 16 ottobre 2006, nella quale la ricorrente era stata convocata presso
la competente stazione dei Carabinieri per la identificazione, la elezione del
domicilio e la scelta del difensore, ai sensi dell’art. 349 c.p.p., con la conseguenza
che detta durata è pari non ad un anno e mezzo ma a cinque anni e cinque mesi
(16 ottobre 2006-30 marzo 2012, data di pronuncia della sentenza).

Il ricorso merita accoglimento.
Secondo l’ormai consolidato orientamento di questa Corte, in tema di equa
riparazione per violazione della durata ragionevole del processo penale, il dies a
quo in relazione al quale valutare la durata del processo penale presupposto
decorre dal momento in cui l’imputato ha conoscenza diretta dell’esistenza di un
procedimento penale nei suoi confronti (cfr., ex plurimis, le sentenze nn. 22682
del 2010 e 27239 del 2009).
Nella specie, come è incontestato tra le parti (il controricorrente non contesta
infatti nè la relativa deduzione nè il fatto che la circostanza era già stata dedotta
2013 n. 24354 sez. M2 – ud. 28-01-2015
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legge n. 89 del 2001, come modificato dall’art. 55 del d.l. n. 83 del 2012, conv.

in sede di ricorso introduttivo del presente giudizio), l’odierna ricorrente, a
seguito della proposizione di querela da parte della Stefanelli per il reato di
lesioni colpose – fu convocata dalla polizia giudiziaria, ai sensi dell’art. 349 c.p.p.,
per l’identificazione, l’elezione di domicilio e la nomina del difensore, in data 16
ottobre 2006.
sentenza penale, una volta avvenuto il deposito, diviene definitiva e, cioè, non è
più soggetta ad impugnazione (Cass. 24 settembre 2009 n. 20541) e non già dalla
data della remissione della querela.
Infatti anche se la definizione del procedimento penale dipenda nella sostanza
dalla remissione della querela, non può farsi riferimento, ai fini della predetta
decorrenza, al momento della conoscenza della intervenuta remissione, i cui
effetti vengono in evidenza solo quando siano fatti rifluire nel processo, con
l’accertamento da parte del giudice della improcedibilità dell’azione penale.

Conseguentemente, la Corte potentina, nell’individuare i diversi termini, nuziale
del 26 gennaio 2010 (corrispondente alla data della notificazione del decreto di
citazione a giudizio) e finale del 1° luglio 2011 (udienza nel corso del quale era
stata depositata la rimessione della querela), è incorsa nel dedotto vizio di
erronea applicazione delle norme invocate.
Dunque, alla luce delle considerazioni sopra svolte il ricorso va accolto ed il
decreto impugnato deve essere cassato in relazione alle censure accolte, con
nnvio, per nuovo esame, alla Corte di appello di Potenza, in diversa
composizione.
Al giudice di rinvio è demandata altresì la regolamentazione delle spese del
giudizio di cassazione.
P.Q.M.

La Corte, accoglie il ricorso per quanto di ragione;
Ric. 2013 n. 24354 sez. M2 – ud. 28-01-2015
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Quanto al termine del processo, questo va identificato con il momento in cui la

cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione,
alla corte d’appello di Potenza, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI – 2^ Sezione Civile, il 28

gennaio 2015.

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