Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15178 del 01/06/2021

Cassazione civile sez. trib., 01/06/2021, (ud. 04/11/2020, dep. 01/06/2021), n.15178

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Paolo – rel. est. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore, legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, ex lege,

dall’Avvocatura Generale dello Stato, ed elettivamente domiciliata

presso i suoi uffici, alla via dei Portoghesi n. 12 in Roma;

– ricorrente –

contro

R.R.;

– intimato –

Avverso la sentenza n. 113, pronunciata dalla Commissione Tributaria

Regionale della Lombardia l’8.7.2013 e pubblicata il 5.8.2013;

ascoltata, in camera di consiglio, la relazione svolta dal

Consigliere Paolo Di Marzio.

la Corte osserva:

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

R.R. impugnava l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) 2009 con il quale l’Agenzia delle Entrate aveva accertato nei suoi confronti, ai fini Irpef, un maggior reddito imponibile pari ad Euro 1.017.268,00, in relazione all’anno d’imposta 2004.

Il contribuente impugnava l’atto impositivo innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Milano, che annullava l’avviso di accertamento ravvisando un vizio nella procedura di notifica, rimanendo pertanto assorbite le questioni di merito proposte dal ricorrente.

La decisione sfavorevole era gravata di appello dall’Agenzia delle Entrate innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia e, tra l’altro, l’Ente impositore spiegava che il maggior imponibile contestato derivava dal reddito di partecipazione alla T.M.B. Sas di R.R.. Il contribuente, nell’anno 2004, aveva rilevato le quote degli altri soci, concordandone il successivo pagamento nella misura di Euro 1.080.000,00 entro il 30.5.2005, ed era pertanto divenuto l’unico titolare della società. Venduto l’unico bene dli proprietà della società, un immobile, per il prezzo di Euro 1.000.000,00 oltre IVA (cfr. sent. CTR, p. II), il provento era stato indicato nella dichiarazione dei redditi della società, ma non in quella personale del Razza. Il contribuente, nel resistere nel giudizio di appello, confermava di ritenere inesatta la pretesa dell’Amministrazione fiscale di poter sottoporre ad imposizione nei suoi confronti il preteso reddito derivante dalla partecipazione ad una società di persone, perchè la T.M.B. Sas era stata posta in liquidazione, e le somme percepite in conseguenza della vendita dell’immobile dal socio unico, erano state tutte utilizzate per finanziare il ricordato acquisto delle quote sociali. Il R. affermava pertanto di non aver realizzato alcuna plusvalenza, e di non dover essere in conseguenza assoggettato ad alcuna imposizione, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 47, comma 7, (TUIR). L’Agenzia delle Entrate insisteva, invece, nella propria tesi, e riteneva applicabile il disposto di cui all’art. 5 del TUIR.

La CTR reputava fondata la contestazione dell’Agenzia delle Entrate in proposito, ed affermava la regolarità della notifica dell’avviso di accertamento. Tuttavia, nel merito, riteneva invece esatta la tesi del contribuente, e confermava quindi, per diversa ragione, la pronuncia di annullamento dell’atto impositivo.

Avverso la decisione assunta dalla CTR di Milano ha proposto ricorso per cassazione l’Ente impositore, affidandosi ad un motivo di gravame. Il contribuente non svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. – Con il suo motivo di impugnazione, proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’Agenzia delle Entrate contesta la violazione dell’art. 47, comma 7, del TUIR, “anche in relazione all’art. 5 TUIR” (ric., p. IV), in cui è incorsa la CTR avendo erroneamente ritenuto il principio espresso dalla norma di cui all’art. 47, comma 7, citato applicabile “ad una fattispecie in relazione alla quale lo stesso non poteva trovare applicazione” (ibidem), mentre la questione avrebbe dovuto “essere risolta facendo applicazione dell’art. 5 TUIR… il ricavo ottenuto dalla società per la vendita del bene è divenuto reddito del socio che ne ha potuto usufruire nella maniera ritenuta più opportuna, ovvero, nel caso di specie, per pagare il prezzo delle ulteriori quote sociali” (ric., p. VI).

Non sussistono le condizioni di legge perchè possa esaminarsi il merito del ricorso.

Agli atti processuali, infatti, risulta allegata soltanto la documentazione relativa alla spedizione alla controparte dell’atto introduttivo del giudizio di legittimità ad opera della ricorrente Agenzia delle Entrate, ma non vi è prova che il ricorso sia stato ricevuto da R.R., che non si è costituito (cfr. Cass. sez. VI-II, 12.7.2018, n. 18361).

Non resta pertanto che dichiarare l’inammissibilità del ricorso per cassazione. Non occorre provvedere sulle spese di lite, non avendo il contribuente svolto difese.

Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato, per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate.

Così deciso in Roma, il 4 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 1 giugno 2021

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