Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15175 del 22/07/2016


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Cassazione civile sez. trib., 22/07/2016, (ud. 30/06/2016, dep. 22/07/2016), n.15175

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CANZIO Giovanni – Presidente –

Dott. NOVIK Adet Toni – Consigliere –

Dott. DAVIGO Piercamillo – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. CENTONZE Alessandro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1514/2010 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MAC METALLURGICA ASSEMBLAGGI CARPENTERIE SPA, elettivamente

domiciliato in ROMA VIALE BRUNO BUOZZI 99, presso lo studio

dell’avvocato CARMINE PUNZI, che lo rappresenta e difende giusta

delega in atti;

Officine R. DI R.E. & C. SNC in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA

SABOTINO 22, presso lo studio dell’avvocato CARLO TARDELLA, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato RAFFAELLA RINALDI

giusta delega in calce;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 93/2008 della COMM. TRIB. REG. di FIRENZE,

depositata il 27/11/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

30/06/2016 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO;

udito per il ricorrente l’Avvocato PISANA che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il controricorrente l’Avvocato RINALDI che si riporta al

contenuto del ricorso e della memoria e chiede il rigetto;

udito per il controricorrente l’Avvocato D’ALESSIO per delega

dell’Avvocato PUNZI che si riporta al contenuto del controricorso e

alla memoria depositati e chiede il rigetto;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SOLDI Anna Maria, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

All’esito di una verifica fiscale effettuata nei confronti della Officine R. DI R.E. & C. s.n.c., avente ad oggetto una serie di contrati di cessione di beni perfezionati tra la detta societa’ e la M.A.C. Metallurgica Assemblaggi Carpenterie S.p.A., societa’ incorporante la MDM Meccanica S.p.A., l’Agenzia delle Entrate di Pontedera, previa riqualificazione dei rapporti contrattuali intercorsi tra le parti in termini di cessione di azienda ovvero di ramo di azienda, emetteva avvisi di accertamento ai fini dell’imposta di registro, ai fini delle imposte dirette ed ai fini IVA nei confronti delle due societa’, in vista del recupero delle imposte effettivamente dovute, alla luce della nuova qualificazione giuridica dell’operazione intercorsa.

Gli avvisi erano impugnati dalle contribuenti, le quali ribadivano che in realta’ erano state convenute delle semplici cessioni di beni strumentali, non potendo accedersi alla tesi dell’Ufficio secondo cui l’oggetto della cessione era un’azienda ovvero un ramo d’azienda.

La CTP di Pisa con le sentenze nn. 35/02/06 e 36/02/06, relative al ricorso proposto dalle Officine R., e con la sentenza n. 34/02/06, relativa al ricorso proposto dalla MDM, accoglieva le opposizioni ed avverso entrambe le sentenze proponeva appello l’Agenzia delle Entrate.

La CTR di Firenze, con la sentenza n. 93/18/08 del 27/11/08, riuniti i giudizi, rigettava gli appelli.

Osservava in primo luogo che mancava la contestazione nei confronti della MDM, poi trasformata in MAC, dell’annullamento del contratto di vendita in maniera tale da permettere alle Officine R. di avere il diritto al rimborso dell’IVA pagata, ed alla stessa MDM di recuperare l’IVA incassata e versata.

Nel merito osservava che nella fattispecie si trattava di un’ipotesi di cessione di macchinari da parte di una societa’ che aveva deciso di cessare la propria attivita’ e che quindi metteva in liquidazione i propri beni.

Nel caso concreto le presse e gli altri macchinari acquistati dalla Officine R. erano di cosi’ specifico utilizzo da avere una scarsa platea di interessati, in ragione della peculiare attivita’ imprenditoriale alla quale erano preordinati e del loro rilevante prezzo.

Inoltre, i beni erano stati inseriti in una preesistente attivita’ dell’acquirente, previa costruzione di un capannone nuovo e di una nuova linea produttiva.

Ancora, era stato trascurato il fatto che la maggior parte dei beni erano stati acquistati in leasing, senza che nella vicenda fosse stata coinvolta anche la societa’ concedente, cosi’ che a fronte della detrazione di imposta effettuata nei confronti della Officine R., in considerazione del fatto che la cessione d’azienda e’ esente dall’IVA, l’altra parte del contratto si era vista mantenere in vita il contratto di leasing con il conseguente pagamento dell’IVA. Pertanto essendo in contestazione solo la vendita di beni del valore di Euro 80.000,00, a fronte della concessione in leasing di beni del valore di Euro 1.700.000,00, si trattava di una vendita esigua che escludeva la fondatezza della tesi dell’Ufficio.

Ha chiesto la cassazione di tale sentenza l’Agenzia delle Entrate sulla base di tre motivi.

La Officine R. S.p.A. (gia’ Officine R. di R.E. e C. s.n.c.) e la M.A.C. Metallurgica Assemblaggi Carpenterie S.p.A. (incorporante la MDM Meccanica S.p.A.) hanno resistito con controricorso, depositando altresi’ memorie ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, corredato anche di quesito di diritto, si denunzia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 2, 20, 52 e 53.

La sentenza impugnata avrebbe infatti affermato che nel caso concreto non era stata contestata l’invalidita’ del contratto di vendita in maniera tale da permettere alle due societa’ di recuperare, alle Officine R., l’IVA pagata, ed alla MAC, l’IVA incassata e versata.

A detta della ricorrente si tratta di un’affermazione poco comprensibile che non tiene conto del disposto di cui al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20, che appunto prevede che l’imposta debba essere applicata in ragione dell’intrinseca natura e degli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione.

Non occorre quindi alcuna contestazione di annullamento del contratto, vertendosi solo in merito al potere di riqualificazione giuridica della fattispecie ad opera dell’Ufficio.

Con il secondo motivo, anche in tal caso corredato di quesito di diritto, si lamenta la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 2, comma 3, lett. b), e art. 19, del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 40, e dell’art. 2555 c.c..

Rileva la ricorrente che la riqualificazione dei rapporti contrattuali intervenuti tra le parti in termini di cessione di ramo d’azienda, anziche’ come cessione di beni strumentali, trovava il proprio fondamento nella stessa documentazione acquisita, e puntualmente richiamata nell’avviso impugnato.

In primo luogo la cessione prevedeva l’acquisto da parte della Officine R., in pane direttamente, ed in pane tramite societa’ di leasing, di presse, macchinari ed attrezzature, per lo svolgimento di attivita’ di stampaggio lamiere, grassaggio, impacchettamento sfridi ed assemblaggio di componenti stampati. Inoltre si prevedeva che l’acquirente avrebbe provveduto alle operazioni di smontaggio, imballo e trasferimento delle presse dallo stabilimento industriale della cedente ai locali siti in (OMISSIS).

Ancora, era stato concluso un contratto di fornitura per effetto del quale la MDM, richiamando il preesistente contratto di fornitura concluso con la Piaggio & C. S.p.A. relativo a prodotti realizzati tramite le presse cedute, commissionava alle Officine R. la realizzazione dei prodotti necessari per adempiere al rapporto di fornitura con la Piaggio, secondo le condizioni contrattuali specificamente concordate.

La volonta’ di acquisire il ramo d’azienda da parte della Officine R. trovava conferma anche nel fatto che, in epoca anteriore alla conclusione dei contratti di vendita e di fornitura, la societa’ aveva gia’ trasferito le presse presso il nuovo capannone, ottenuto in leasing, e gia’ in precedenza modificato, con la realizzazione di vasche in c.a., onde accogliere i macchinari acquistati.

La cessionaria si era resa altresi’ acquirente del magazzino delle materie prime e semilavorati, mentre dall’esame del libro matricole emergeva che la detta societa’ aveva assunto alle proprie dipendenze con qualifiche operaie, 14 ex dipendenti della MDM. Assume quindi la ricorrente che, ancorche’ per effetto di una serie complessa di attivita’ negoziali e di comportamenti, si era data attuazione ad un disegno unitario finalizzato a permettere alle Officine R. di acquisire un ramo d’azienda della cedente, avendo quindi acquisito un complesso organico, anche solo parziale, di beni legati da un rapporto di complementarieta’ in vista della loro destinazione all’attivita’ produttiva, senza che a cio’ sia di ostacolo la mancata inclusione nella cessione anche dell’avviamento, ovvero il fatto che i beni vengano destinati ad altro settore produttivo.

A fronte di tali rilievi puntualmente evidenziati sia nei provvedimenti impugnati che nelle deduzioni difensive svolte in primo grado e nei motivi di appello, la CTR nella sentenza impugnata aveva ricondotto la fattispecie ad una semplice cessione di beni strumentali, ritenendo ostativo alla diversa tesi prospettata dall’Ufficio, il fatto che i beni erano stati inseriti nella preesistente attivita’ produttiva della cessionaria, previa costruzione di un capannone nuovo e di una nuova linea produttiva.

Trattasi di soluzione, a detta dell’Ufficio, che pero’ contravviene ai consolidati principi elaborati dalla giurisprudenza in tema di cessione di azienda ovvero di ramo di azienda, occorrendo infatti accedersi, proprio alla luce delle circostanze fattuali emergenti dai documenti contrattuali e dalle altre prove acquisite, alla conclusione che le parti avevano in realta’ dato vita ad una vicenda riconducibile alla previsione di cui all’art. 2555 c.c..

Con il terzo motivo di ricorso si lamenta l’insufficiente motivazione su di un fatto controverso e decisivo per il giudizio.

Ed, infatti riprendendosi gli argomenti gia’ esplicitati nell’illustrazione del secondo motivo di ricorso, cosi’ come puntualmente riportati negli avvisi di liquidazione e di accertamento, assume la ricorrente che la CTR si sarebbe soffermata solo sull’inserimento dei beni nel complesso produttivo della cessionaria, senza pero’ esaminare le pattuizioni contrattuali dalle quali invece emergeva che le parti stesse intendevano realizzare un disegno unitario teso a permettere alle Officine Ristori di poter continuare la produzione dei beni che la MDM aveva in ricevuto in commessa dalla Piaggio. A tal fine la cessione non riguardava solo singoli beni, ma un complesso organizzato di beni idoneo a permettere la prosecuzione dell’identica attivita’ produttiva svolta dalla cedente.

A fronte di elementi documentali chiaramente idonei a comprovare tale assunto, la decisione impugnata si era fondata su due profili del tutto irrilevanti quali la costruzione di un nuovo capannone e l’inserimento dei beni in una nuova linea produttiva.

Cosi’ come del pari illogica appare la motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui ha valorizzato il fatto che le presse di maggior valore erano state acquisite dalla cessionaria mediante la conclusione di un contratto di leasing, laddove tale strumento giuridico era stato utilizzato al solo fine di ottenere un finanziamento parziale dell’operazione negoziale, senza pero’ intervenire sulla natura giuridica della medesima.

2. Il primo motivo e’ inammissibile, in quanto indirizzato nei confronti di una affermazione contenuta nella sentenza impugnata inidonea a configurarsi alla stregua di un’autonoma ratio decidendi, tale da sorreggere la validita’ della decisione stessa.

Ed, infatti, anche la ricorrente dubita che le affermazioni con le quali la CTR ha sostenuto che mancherebbe la contestazione dell’annullamento del contratto di vendita, in maniera tale da permettere alle societa’ interessate il rimborso dell’IVA pagata ed il recupero dell’IVA incassata e versata, costituiscano una effettiva ragione della decisione, e tale dubbio appare effettivamente confortato dal fatto che, anche a voler sorvolare circa l’imprecisione della sentenza, nella parte, in luogo di far riferimento alla corretta necessita’ di addivenire ad una riqualificazione della fattispecie giuridica ai fini fiscali, richiama il diverso istituto dell’annullamento, trattasi in realta’ di argomento che mira a ribadire la necessita’ che, una volta ritenuta la natura di cessione d’azienda per il contratto intercorso tra le parti, se ne sarebbero dovute trarre anche le ulteriori conseguenze in tema di recupero e rimborso dell’IVA, attenendosi non piu’ alla qualificazione operata dalle parti, ma a quella in concreto individuata dall’Ufficio.

Dalla lettura della motivazione, emerge che la conferma dell’accoglimento del ricorso delle societa’ si fonda sulla non condivisione della diversa qualificazione giuridica dell’operazione posta in essere, senza che il detto rilievo circa la contestazione dell’annullamento anche ai fini dell’IVA, abbia assunto un’autonoma rilevanza ai fini del decidere.

Pertanto trattandosi a ben vedere di argomentazione svolta ad abundantiam, la censura rivolta avverso la stessa e’ inammissibile per difetto di interesse, in quanto priva di effetti giuridici, e non determina alcuna influenza sul dispositivo della decisione (cfr. Cass. n. 22380/14; Cass. n. 23635/10).

3. I restanti due motivi, attesa la loro connessione logica, ed essendo nel complesso mirati a contestare la correttezza della qualificazione giuridica del contratto intercorso tra le parti in termini di cessione di beni, in luogo di quella, auspicata dall’Ufficio, di cessione di ramo d’azienda, devono essere esaminati congiuntamente.

Preliminarmente devono essere disattese le contestazioni di parte controricorrente circa la loro ammissibilita’ formale, occorrendo rilevare che i motivi appaiono corredati, il secondo, del quesito di diritto, ed il terzo, del quesito di sintesi, cosi’ come imposto dal dettato dell’art. 366 bis c.p.c., applicabile al procedimento in esame ratione temporis.

Del pari va disattesa la deduzione di aspecificita’ del quesito di diritto, posto che lo stesso evidenzia con precisione quali siano le norme di diritto che si assume essere state violate da parte del giudice di appello, non ostando a tale conclusione la circostanza che nell’estrinsecazione del quesito si faccia riferimento anche a precedenti giurisprudenziali, posto che proprio mediante l’interpretazione giurisprudenziale si perviene alla corretta interpretazione delle norme di diritto, potendosi per l’effetto trarre anche il contenuto del precetto che si assume violato o malamente applicato dalla sentenza gravata.

Cosi’ come del pari deve essere disattesa la contestazione circa la corretta formulazione del quesito di sintesi, in relazione al terzo motivo di ricorso, avendo chiaramente evidenziato la ricorrente come il fatto controverso relativamente al quale si contesta il vizio motivazionale, sia rappresentato proprio dalla non corretta valutazione delle intese e degli accordi intervenuti tra le parti, assumendosi che, per escludere la natura di cessione di ramo d’azienda, la CTR avrebbe valorizzato alcuni elementi secondari, trascurando del tutto la reale configurazione dell’operazione giuridico-economica voluta dai contraenti.

Reputa il Collegio che i motivi siano fondati e che pertanto debbano essere accolti.

A tal fine deve essere ribadito il principio piu’ volte affermato da questa sezione secondo cui, ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro, e di riflesso anche ai fini dell’imposizione IVA, deve attribuirsi rilievo preminente alla sua causa reale ad alla effettiva regolamentazione degli interessi realmente perseguita dai contraenti (Cass. 7 luglio 2003 n. 10660; Cass. 25 febbraio 2002 n. 2713). Particolarmente “in materia di imposta sugli atti”, questa Corte (Cass. 23 novembre 2001 n. 14900) ha precisato (e ribadito nelle successive decisioni n. 11457 del 30 maggio 2005, n. 2713 del 25 febbraio 2002 e n. 10660 del 7 luglio 2003, pure di questa sezione) che “la scelta legislativa di privilegiare, nella contrapposizione fra “la intrinseca natura e gli effetti giuridici” ed “il titolo o la forma apparente” di essi, il primo termine, unitariamente considerato” assume un “rilievo di fondo” ed implica che “gli stessi concetti privatistici sull’autonomia negoziale regrediscano a semplici elementi della fattispecie tributaria” per cui, “anche se non potra’ prescindersi dall’interpretazione della volonta’ negoziale secondo i canoni generali (…)”, “nella individuazione della materia imponibile dovra’ darsi prominenza assoluta alla causa reale sull’assetto cartolare, con conseguente tangibilita’, sul piano fiscale, delle forme negoziali”.

Il tema dell’indagine non consiste nell’accertare cosa le parti hanno scritto ma cosa le stesse hanno effettivamente realizzato con il regolamento negoziale adottato.

In tale prospettiva, ed ai fini che qui rilevano, il carattere precipuo dell’azienda, secondo la nozione civilistica nazionale dell’istituto, e’ dato dall’organizzazione dei beni finalizzata all’esercizio dell’impresa” intesa come opera unificatrice dell’imprenditore funzionale alla realizzazione di un rapporto di complementarieta’ strumentale tra beni destinati alla produzione per cui (Cass., 28 aprile 1998 n. 4319) e’ legittima la configurazione, da parte del giudice di merito, della fattispecie della cessione di azienda tutte le volte in cui la relativa convenzione negoziale abbia avuto ad oggetto il trasferimento di beni organizzati in un contesto produttivo (anche solo potenziale) dall’imprenditore per l’attivita’ d’impresa. Di conseguenza ove sussista una cessione di beni strumentali, atti, nel loro complesso e nella loro interdipendenza, all’esercizio di impresa, ai deve ravvisare (Cass. n. 897/02, Cass. n. 11457/05) una cessione di azienda soggetta ad imposta di registro, mentre la cessione di singoli beni, inidonei di per se’ ad integrare la potenzialita’ produttiva propria dell’impresa, deve essere assoggettata ad IVA. A questi fini, poi, non si richiede che l’esercizio dell’impresa sia attuale, essendo sufficiente l’attitudine potenziale all’utilizzo per un’attivita’ d’impresa, ne’ e’ esclusa la cessione d’azienda per il fatto che non risultino cedute anche le relazioni finanziarie, commerciali e personali (conf. Cass. n. 11457/05; Cass. n. 10273/07; Cass. n. 23857/07).

Ne’ appare ostativa alla configurabilita’ di una cessione di azienda la circostanza che il trasferimento contestuale sia compiuto attraverso negozi formalmente distinti, laddove i beni siano pero’ idonei nel loro complesso e nella loro interdipendenza all’esercizio dell’impresa (Cass. n. 1405/2013), ne’ rileva (Cass. n. 10740/13) che per l’esercizio dell’impresa si siano rese delle integrazioni ad opera del cessionario.

Come ben illustrato da Cass. n. 1955/15, la necessita’ di guardare all’intrinseca natura ed agli effetti giuridici degli atti comporta che, nell’imposizione di un negozio, deve attribuirsi rilievo preminente alla sua causa reale e alla regolamentazione degli interessi effettivamente perseguita dai contraenti, anche se mediante una pluralita’ di pattuizioni non contestuali. Non rileva quindi cio’ che le parti hanno scritto, ma cosa esse hanno effettivamente realizzato col complessivo regolamento negoziale adottato, anche indipendentemente dal contenuto delle dichiarazioni rese.

Ne discende che l’imposizione deve riferirsi al risultato di un comportamento sostanzialmente unitario, rispetto ai risultati parziali e strumentali di una molteplicita’ di comportamenti formali.

Tonando al caso di specie reputa il Collegio che la decisione impugnata non si sia attenuta ai suddetti principi, avendo pur a fronte di una compiuta serie di elementi documentali, attribuito rilevanza, ai fini dell’esclusione della cessione di azienda, a circostanze che, proprio alla luce di quanto sopra esposto, non assumono rilevanza decisiva.

Ed, invero, risulta in primo luogo la conclusione di un contratto nel complesso finalizzato all’acquisto delle presse, per le quali si specifica l’attivita’ in vista della quale sono destinate ad essere utilizzate, manifestandosi chiaramente l’intento della cessionaria di ottenere la disponibilita’ di tutte le presse ivi richiamate negli allegati, sebbene solo per alcune ne fosse previsto l’acquisto diretto, essendosi contemplato il ricorso ad un contratto di leasing per il conseguimento della disponibilita’ di quelle di cui all’allegato B) del contratto (e precisamente per quelle di valore decisamente superiore rispetto a quelle oggetto di acquisto diretto).

Risulta quindi evidente l’intimo collegamento negoziale tra le diverse modalita’ di acquisizione della disponibilita’ dei macchinari, di tal che’ non potrebbe valutarsi l’acquisto diretto delle presse separatamente dalle vicende del contratto di leasing. Ma ancor piu’ confortante circa la correttezza delle riqualificazione della vicenda negoziale, cosi’ come operata dall’Ufficio, e’ la lettura del contratto di fornitura per effetto del quale la Ristori si impegnava a fornire alla MDM i prodotti individuati nell’Allegato A) del contratto, e cioe’ dei medesimi prodotti che a sua volta la MDM si era impegnata a fornire alla Piaggio & C. S.p.A. per effetto del contratto del 28 maggio 1998.

Nella premessa dell’atto in esame, infatti si specifica espressamente che la ragione dell’accordo risiedeva nel fatto che la MDM aveva ceduto a R. “le presse, le attrezzature ed i macchinari necessari per la realizzazione della quasi totalita’ dei prodotti da consegnare a Piaggio“, aggiungendosi poco dopo che “ R., anche per effetto della predetta cessione, disporra’ in tempo utile delle risorse, del personale e delle conoscenze tecniche e tecnologiche necessarie e sufficienti per provvedere al soddisfacimento delle esigenze di Piaggio & C. S.p.A..

La lettura combinata di tali previsioni con l’accordo finalizzato ad assicurare il trasferimento dei macchinari, depone in maniera evidente per la conclusione che le presse e gli altri macchinari venduti apparivano sostanzialmente idonei ad assicurare il trasferimento di un ramo di azienda munito di autonoma potenzialita’ produttiva, in maniera tale da consentire, una volta trasferiti i macchinari nel capannone fatto predisporre dalla cessionaria allo specifico fine di alloggiare tali manufatti, la prosecuzione dell’attivita’ produttiva gia’ in precedenza svolta dalla MDM, e senza una sostanziale soluzione di continuita’ (atteso che il trasporto ed il montaggio delle presse risale ad una data anteriore alla formale conclusione dei contratti di vendita).

In tal senso non deve trascurarsi, come si evince dalla lettura del contratto, che i diritti di proprieta’ industriale ed intellettuale sugli stampi forniti in comodato dalla cedente alla cessionaria, cosi’ come sugli stessi prodotti, siano appartenenti alla Piaggio (art. 2.5 del contratto di fornitura), di guisa che anche il rapporto intercorso tra la cedente e la committente Piaggio appare riconducibile ad una ipotesi sostanziale di subfornitura, essendo la produzione della prima destinata esclusivamente alla seconda, e realizzata conformemente e rigorosamente attenendosi alle specifiche tecniche dettate da quest’ultima.

Trattasi di considerazione che incide anche sull’argomento speso dalle controricorrenti circa la mancata menzione negli accordi intervenuti tra cedente e cessionaria, anche dell’avviamento, essendo evidente che in una situazione connotata da tali modalita’ di svolgimento del rapporto, il valore dell’avviamento risulta pressoche’ nullo.

A completare il quadro degli elementi fattuali si pone poi l’acquisizione ad opera della R. del magazzino materie prime e semilavorati della MDM, la cui consegna in maniera frazionata avviene contestualmente alla cessione delle presse, nonche’ l’assunzione da parte della cessionaria di ben 14 ex dipendenti della MDM. In presenza di tale complessivo quadro istruttorio, l’accoglimento del ricorso delle contribuenti risulta effettivamente idoneo a violare le suesposte prescrizioni normative, essendosi del tutto trascurata la nozione di azienda (ovvero di ramo d’azienda), quale evincibile, con specifico riferimento alla materia tributaria, dai precedenti giurisprudenziali sopra riportati, ed essendosi avvalsa la CTR, al fine di contrastare l’operato dell’Ufficio di elementi in parte non significativi o decisivi (come ad esempio la costruzione di un capannone nuovo per alloggiare le presse ed i macchinari, elemento questo che trascura il fatto che non immutano la qualificazione giuridica in termini di cessione di azienda l’eventuale ingerenza del cessionario ovvero le modifiche di carattere secondario apportate all’organizzazione dei mezzi di impresa unitariamente considerati – cfr. in tal senso, ed anche al di fuori della materia tributaria, Cass. n. 27286/05 – ne’ che il ramo di azienda riceva una diversa localizzazione), ed in parte irrilevanti (come ad esempio la circostanza che l’acquisto della maggior parte delle presse sia avvenuta mediante la coeva conclusione di un contratto di leasing, costituendo il ricorso a tale strumento giuridico, l’utilizzo di una valida modalita’ di finanziamento della cessione, onde procurarsi la provvista per far fronte all’obbligo di pagamento del prezzo della cessione).

Alla cassazione della sentenza consegue il rinvio per un nuovo esame alla CTR di Firenze in diversa composizione, la quale provvedera’ anche sulle spese del presente giudizio.

PQM

La Corte’ dichiara inammissibile il primo motivo, accoglie i restanti motivi e cassa la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della CTR di Firenze, che provvedera’ anche sulle spese del presente giudizio.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Quinta Penale della Corte Suprema di Cassazione, il 30 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2016

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