Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15174 del 16/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 16/07/2020, (ud. 25/02/2020, dep. 16/07/2020), n.15174

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. SAIJA Salvatore – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 35/2012 R.G. proposto da:

P.M., rappresentata e difesa dagli Avv.ti Tinelli Giuseppe

e Conestabile Giovanni, con domicilio eletto presso i medesimi in

Roma via di Villa Severini n. 54, giusta procura speciale a margine

del ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via

dei Portoghesi n. 12;

– resistente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio

n. 202/21/2010, depositata in data 4 novembre 2010.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 25 febbraio 2020

dal Cons. Fuochi Tinarelli Giuseppe.

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale VisonàStefano, che ha concluso per l’accoglimento del

sesto e settimo motivo del ricorso, rigetto dei restanti.

Udito l’Avv. Ridolfi Massimo per il contribuente, che ha concluso per

l’accoglimento del ricorso.

Udito l’Avv. dello Stato Peluso Alfonso per l’Agenzia delle entrate,

che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

L’Agenzia delle entrate emetteva nei confronti di P.M., musicista, compositore e direttore d’orchestra, avviso con cui, accertato un maggior reddito per aver il contribuente, nonostante il trasferimento all’estero della residenza anagrafica, mantenuto a Roma il proprio domicilio, recuperava le imposte dovute, e non versate, per Irpef, Irap e Iva per l’anno d’imposta 1999, irrogando le conseguenti sanzioni.

L’impugnazione del contribuente era rigettata dalla CTP di Roma. La sentenza era confermata dal giudice d’appello.

P.M. propone ricorso per cassazione con undici motivi. L’Agenzia delle entrate deposita mero atto di costituzione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo identificato nelle fatture attestanti la frequenza dei passaggi ai caselli di Nizza e delle località limitrofe, cui si recava quale Direttore dell’Orchestra Filarmonica di Nizza e, correlativamente,

1.1. Il motivo è inammissibile.

1.2. L’omesso esame di documenti, riconducibile al vizio di omessa motivazione su un punto decisivo della controversia, ricorre solo nel caso in cui questi si rivelino idonei a fornire la prova di un fatto costitutivo, modificativo od estintivo del rapporto giuridico in contestazione, tanto da condurre ad una pronunzia diversa; il potere-dovere di stabilire se il documento di cui si lamenta l’omesso esame sia, sul piano astratto e in base a criteri di verosimiglianza, tale da indirizzare ad una pronuncia diversa da quella adottata compete alla Corte di cassazione.

1.3. Nella specie il ricorrente si è limitato a trascrivere il contenuto delle fatture relative al tragitto e alle giornate, omettendo, peraltro, ogni indicazione sia sulla vettura utilizzata, sia sulla riferibilità del mezzo al contribuente stesso, venendo così meno all’onere di indicare esplicitamente nella sua consistenza, identità ed efficienza la documentazione che possa comportare, se esaminata, una decisione diversa.

La documentazione stessa – in ogni caso – è priva di decisività poichè idonea, in ipotesi, ad attestare una presenza, per l’intero anno, di soli 74 giorni, con livelli minimi, per talune mensilità (marzo, ottobre e novembre) di soli 3-4 giorni nel mese, e, dunque, del tutto carente dei requisiti richiesti per indirizzare ad una diversa decisione.

2. Il secondo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo avuto riguardo alle fatture delle utenze dell’immobile in Montecarlo e degli estratti bancari, rivelatori dell’effettuazione di un cospicuo numero di operazioni effettuate nel territorio del Principato di Monaco.

2.1. Il terzo motivo denuncia nuovamente, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, vizio di insufficiente motivazione per aver la CTR omesso di esprimere alcuna considerazione sul nucleo familiare del Panni.

2.2. Il quarto motivo denuncia vizio di insufficiente motivazione per aver la CTR trascurato che la prevalente attività professionale del contribuente si svolgeva all’estero.

3. I motivi che, possono essere esaminati unitariamente per connessione logica, sono infondati.

3.1. Il vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 (nel testo applicabile ratione temporis al presente giudizio, ovvero quello anteriore alle modifiche introdotte dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito nella L. 7 agosto 2012, n. 134) può sussistere solo quando nel ragionamento del giudice di merito sia riscontrabile il mancato o insufficiente esame di punti decisivi della controversia, un insanabile contrasto tra le argomentazioni adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico giuridico posto a base della decisione.

Questo vizio tuttavia non può dirsi sussistente solo perchè il giudice non abbia preso in esame, nella motivazione della sentenza, alcune fonti di prova: infatti il giudice di merito, al fine di adempiere all’obbligo della motivazione, non è tenuto a valutare singolarmente tutte le risultanze processuali e a confutare tutte le argomentazioni prospettate dalle parti, ma è invece sufficiente che, dopo avere vagliato le une e le altre nel loro complesso, indichi gli elementi sui quali intende fondare il proprio convincimento, dovendosi ritenere disattesi, per implicito, tutti gli altri rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata.

Ove il giudice di merito faccia ciò, la Corte di cassazione non ha il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione del giudice del merito.

3.2. Nella specie, la CTR, dopo aver sottolineato che “l’appellante nemmeno in questo grado di giudizio ha provato la circostanza di non intrattenere più alcun legame significativo con la madre-patria” ha affermato che “il trasferimento di residenza non si è realizzato, in quanto permangono legami con il territorio italiano così come i primi giudici hanno rilevato nelle analitiche motivazioni riportate in sentenza” e che “le rilevazioni dell’ufficio hanno permesso di accertare i requisiti della sussistenza della residenza fiscale in Italia, laddove hanno appurato la disponibilità di un’abitazione permanente, la presenza della famiglia, il possesso di beni immobiliari, l’accreditamento dei propri guadagni”.

In sostanza, dunque, la CTR, richiamandosi per relationem anche “alle analitiche motivazioni” dei giudici di primo grado – che, pertanto, integrano la stessa motivazione della CTR e qui in alcun modo censurate, da cui l’inammissibilità delle stesse censure – ha accertato, in fatto, che il contribuente aveva un significativo rapporto stabile con l’Italia (e Roma in particolare), che non era scalfito dalle circostanze addotte dal contribuente.

Quanto alla situazione familiare, la CTR ha constatato la “presenza della famiglia” in Roma senza in alcun modo riferirsi ad una nozione estesa a soggetti non costituenti il nucleo familiare.

Tale accertamento, inoltre, non è efficacemente contrastato dalla dedotta circostanza che la moglie avesse seguito il contribuente nei suoi spostamenti all’estero atteso che la stessa – come risulta dallo stesso avviso riprodotto per autosufficienza e non contestato sul punto – aveva conservato la residenza in Italia (e presso l’immobile in Roma) e, dunque, rende privo di concreto riscontro lo stesso affermato trasferimento del luogo di abituale dimora.

4. Il quinto motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, violazione dell’art. 112 c.p.c. per aver omesso la CTR omesso di pronunciarsi sull’eccepito errore nella determinazione dei compensi prodotti all’estero.

4.1. Il motivo è inammissibile.

Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, qualora si deduca in sede di legittimità un vizio di omessa pronunzia, per violazione dell’art. 112 c.p.c., è necessario, da un lato, che al giudice del merito siano state rivolte una domanda od un’eccezione autonomamente apprezzabili, ritualmente ed inequivocabilmente formulate, per le quali quella pronunzia si sia resa necessaria ed ineludibile, e, dall’altro, che tali istanze, nel ricorso per cassazione, siano riportate puntualmente, nei loro esatti termini, ovvero per riassunto del loro contenuto, con l’indicazione specifica, altresì, dell’atto difensivo e/o del verbale di udienza nei quali l’una o l’altra erano state proposte, onde consentire al giudice di verificarne la ritualità e la tempestività e la decisività delle questioni prospettatevi (Cass. n. 25299 del 28/11/2014; Cass. n. 3845 del 16/02/2018).

4.2. Il ricorrente non ha soddisfatto l’onere così delineato.

Da un lato, infatti, riporta sì le indicazioni formulate con il ricorso introduttivo ma esse, più che concretarsi in una autonoma domanda od eccezione, hanno, in evidenza, mera natura argomentativa. Dall’altro – e il profilo è dirimente – nessuna specifica domanda risulta formulata con l’atto di gravame, nel quale, per quanto riprodotto, risulta solo la generica affermazione che “il rilievo veniva devoluto alla cognizione del giudice del gravame” con la doglianza che “il giudice di primo grado non ha preso in considerazione i motivi di doglianza esposti … nel ricorso introduttivo”.

5. Il sesto motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 3, comma 1, lett. c), art. 4 e art. 12, comma 3, art. 2 TUIR, comma 2-bis, per aver la CTR ritenuto applicabile la presunzione di residenza domestica anche all’Irap.

5.1. Il settimo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2 e art. 3, comma 1, per aver la CTR addossato al contribuente la prova del requisito dell’autonoma organizzazione ai fini Irap, il cui onere incombeva, invece, all’Ufficio quale elemento costitutivo della pretesa fatta valere.

5.2. L’ottavo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 12, comma 1, per aver la CTR ritenuto soggetti ad Irap i proventi percepiti in base all’attività svolta all’estero, in carenza del requisito della territorialità.

6. L’esame dei motivi che precedono va operato congiuntamente per evidenti ragioni di connessione: il sesto è inammissibile, mentre il settimo e l’ottavo vanno accolti nei termini che seguono.

6.1. Va rilevato, preliminarmente, che l’art. 2 TUIR, comma 2-bis, costituisce norma meramente integrativa dell’art. 2 TUIR, comma 2, fornendo una specifica regola sulla ripartizione dell’onere della prova in caso di trasferimento della residenza in paesi a fiscalità privilegiata, sicchè il rinvio all’art. 2 TUIR, comma 2, operato dal D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 12, comma 3, deve, di necessità, ritenersi esteso anche alla specifica regola di riparto dell’onere probatorio sancita dal comma 2-bis.

Diversamente, del resto, l’Amministrazione Finanziaria, ove contesti la ripresa per entrambe le imposte, sarebbe, al contempo, legittimata, per l’una, a ritenere provata la residenza domestica e, per l’altra, tenuta a dimostrarne la sussistenza, con una evidente irrazionalità di sistema.

E’ dirimente, peraltro, che la CTR ha ritenuto, sull’esame delle prove introdotte in giudizio da entrambe le parti, che il contribuente avesse conservato la residenza nazionale, da cui l’irrilevanza del profilo dedotto e l’inammissibilità del sesto motivo.

6.2. La questione, peraltro, va considerata da un diverso punto di vista, oggetto di specifica censura con l’ottavo motivo.

Il D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 12, comma 1, stabilisce che “Nei confronti dei soggetti passivi residenti nel territorio dello Stato che esercitano attività produttive anche all’estero la quota di valore a queste attribuibili secondo i criteri di cui all’art. 4, comma 2, è scomputata dalla base imponibile determinata a norma degli articoli da 5 a 10” e al comma 2 che “Nei confronti dei soggetti passivi non residenti nel territorio dello Stato si considera prodotto nel territorio della regione il valore derivante dall’esercizio di attività commerciali, di arti o professioni o da attività non commerciali esercitate nel territorio stesso per un periodo di tempo non inferiore a tre mesi mediante stabile organizzazione, base fissa o ufficio, ovvero derivante da imprese agricole esercitate nel territorio stesso….”

L’art. 4, comma 1, inoltre, prevede che “L’imposta si applica sul valore della produzione netta derivante dall’attività esercitata nel territorio della regione”.

In altri termini, per i residenti non è imponibile la quota di valore realizzata all’estero, mentre, correlativamente, per i non residenti è imponibile solo la quota del valore della produzione realizzata nel territorio dello Stato.

Ne deriva, pertanto, che, in accoglimento dell’ottavo motivo, la CTR ha errato a considerare soggetti ad Irap i proventi maturati per l’attività svolta all’estero.

6.3. Così delimitato l’imponibile eventualmente rilevante, va pure accolta la censura, formulata con il settimo motivo, in merito alla prova del requisito dell’autonoma organizzazione.

La CTR, invero, sul punto ha affermato: “per quanto concerne la richiesta circa l’esenzione dall’Irap per mancanza di autonoma organizzazione questo collegio non è in grado di giudicare poichè non dispone dell’idonea documentazione, in particolare nella dichiarazione Unico/2000 mancano i quadri RE ed IQ”.

Con tale statuizione il giudice regionale ha, indubitabilmente, addossato al contribuente la prova della carenza del requisito, per cui la richiesta (“di esenzione”) non era accoglibile.

Occorre tuttavia osservare che incombeva sull’Amministrazione, che ne intendeva tassare i proventi, la prova del presupposto della imposizione, ossia della sussistenza dell’autonoma organizzazione in quanto fatto costitutivo della pretesa fiscale.

Non rileva in senso contrario – e, anzi, costituisce evidente conferma e riscontro del principio de quo – la giurisprudenza che ritiene sia il contribuente onerato della prova dell’assenza del requisito perchè riferita alla diversa (e opposta) fattispecie della richiesta di rimborso per indebito pagamento (v. ad es. Cass. n. 9325 del 11/04/2017; Cass. n. 4576 del 15/02/2019), nella quale, dunque, è il contribuente a dover provare i fatti costitutivi del proprio diritto.

Quanto alle caratteristiche e condizioni del requisito in questione, infine, è sufficiente sottolineare che le Sezioni Unite hanno precisato che esso postula che il contribuente sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione, e, dunque, non risulti inserito in strutture organizzative -iferibili ad altrui responsabilità ed interesse, mentre “non ricorre quando il contribuente responsabile dell’organizzazione impieghi beni strumentali non eccedenti il minimo indispensabile ell’esercizio dell’attività e si avvalga di lavoro altrui non eccedente (‘impiego di un dipendente con mansioni esecutive” (Sez. U, n. 9451 del 10/05/2016).

In termini specifici, inoltre, si è pure affermato che “l’attività artistica o sportiva costituisce elemento presuntivo idoneo a sorreggere l’apprezzamento secondo cui il contribuente conti solo sulle proprie capacità professionali” (Cass. n. 23908 del 23/11/2016; Cass. n.:15453 del 21/06/2017; Cass. n. 12027 del 16/05/2018).

Ne deriva che la CTR ha errato nel ritenere che incombesse al contribuente dimostrare l’assenza del suddetto requisito, che, invece, spettava all’Ufficio provare, sicchè la sentenza va cassata con rinvio alla CTR che procederà, in applicazione degli enunziati principi, ad una nuova valutazione.

7. Il nono motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, violazione dell’art. 112 c.p.c. per aver la CTR omesso di decidere sulla domanda con cui si contestava la non imponibilità ai fini Iva delle prestazioni per carenza del requisito della territorialità.

7.1. Il decimo motivo denuncia, sulla medesima questione, omessa motivazione e l’undicesimo violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 1 e art. 7, commi 3 e 4, lett. b.

8. Il nono motivo è fondato, con assorbimento dei restanti.

La CTR, infatti, ha esaminato e deciso sulle imposte dirette, mentre ha omesso qualsiasi statuizione con riguardo alla doglianza – congruamente riprodotta in ricorso – relativa all’Iva, la cui evidente autonomia osta a ritenere che sia stata implicitamente decisa.

9. In conclusione, vanno accolti il settimo, l’ottavo e il nono motivo, inammissibili il primo, il quinto e il sesto, assorbiti il decimo e l’undicesimo, infondati gli altri; in relazione ai motivi accolti la sentenza va cassata, con rinvio, anche per le spese, alla CTR competente in diversa composizione per l’ulteriore esame.

P.Q.M.

La Corte accoglie il settimo, l’ottavo e il nono motivo, inammissibili il primo, il quinto e il sesto, assorbiti il decimo e l’undicesimo, infondati gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese, alla CTR del Lazio in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 25 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 16 luglio 2020

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