Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15173 del 16/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 16/07/2020, (ud. 29/01/2020, dep. 16/07/2020), n.15173

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. TINARELLI FUOCHI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NONNO G. Maria – rel. Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO di N. M.G. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 3962/2013 R.G. proposto da:

Canini Motors s.r.l., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, viale Parioli n. 43,

presso lo studio dell’avv. D’Ayala Valva Francesco, rappresentata e

difesa dall’avv. Caretta Francesco giusta procura speciale a margine

del ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia – Sezione staccata di Brescia n. 48/68/12, depositata il

20 giugno 2012.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29 gennaio

2020 dal Consigliere Nonno Giacomo Maria.

Fatto

RILEVATO

Che:

1. con sentenza n. 48/68/12 del 20/06/2012 la Commissione tributaria regionale della Lombardia – Sezione staccata di Brescia (di seguito CTR) accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza n. 137/02/09 della Commissione tributaria provinciale di Bergamo (di seguito CTP), che aveva a sua volta accolto i ricorsi riuniti della Canini Motors s.r.l. (di seguito CM) avverso due avvisi di accertamento a fini IRAP ed IVA relativi agli anni di imposta 2003 e 2004;

1.1. come si evince anche dalla sentenza della CTR, gli avvisi di accertamento erano stati emessi sulla scorta delle risultanze di alcuni processi verbali di constatazione, emessi anche nei confronti di altre società, che davano conto del coinvolgimento di CM in un’operazione fraudolenta perpetrata a mezzo l’emissione di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti;

1.2. su queste premesse, la CTR motivava l’accoglimento dell’appello dell’Agenzia delle entrate evidenziando che: a) Car Service e Ser Fin. S.r.l. erano delle cd. cartiere; b) gli acquisti effettuati all’estero da questi due soggetti erano in realtà simulati, in quanto, nel primo caso, il soggetto interposto era semplice intermediario nell’acquisto realmente operato da CM e, nel secondo caso, le vendite avvenivano a prezzi inferiori a quelli di acquisto; c) l’assoluzione del legale rappresentante di CM in sede penale non smentiva le risultanze dell’accertamento;

2. CM impugnava la sentenza della CTR con tempestivo ricorso per cassazione, affidato a sei motivi;

3. l’Agenzia delle entrate resisteva con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. con il primo motivo di ricorso CM deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, evidenziando che la CTR avrebbe omesso di motivare con riferimento alla buona fede della società contribuente;

2. con il secondo motivo di ricorso si contesta la violazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 19 e dell’art. 17 della direttiva n. 77/388/CEE del 17 maggio 1977 (sesta direttiva), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziandosi il diritto alla detrazione dell’IVA anche in caso di fatture emesse per operazioni soggettivamente inesistenti, in ragione della buona fede di CM;

3. con il terzo motivo di ricorso si deduce a violazione o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, evidenziandosi che la CTR avrebbe omesso di considerare che l’Amministrazione finanziaria non avrebbe assolto all’onere probatorio sulla stessa gravante, consistente nella prova della mancanza di buona fede in capo al cessionario dei beni;

4. con il quarto motivo, il quinto ed il sesto motivo di ricorso si contesta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omessa motivazione su fatti controversi e decisivi per il giudizio, consistiti, rispettivamente: a) nella consapevole partecipazione di CM all’operazione fraudolenta; b) nel mancato esame della documentazione prodotta dalla società contribuente dalla quale si evincerebbe l’inconsapevolezza della frode; c) nella rilevanza delle sentenze penali di assoluzione;

5. i motivi, coinvolgenti sotto vari profili la medesima questione, possono essere congiuntamente esaminati;

5.1. come di recente evidenziato dalla S.C., anche sulla scorta della più recente giurisprudenza della Corte di giustizia della UE, “l’Amministrazione finanziaria, la quale contesti che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di provare, anche solo in via indiziaria, non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta; la prova della consapevolezza dell’evasione richiede che l’Amministrazione finanziaria dimostri, in base ad elementi oggettivi e specifici non limitati alla mera fittizietà del fornitore, che il contribuente sapeva o avrebbe dovuto sapere, con l’ordinaria diligenza in rapporto alla qualità professionale ricoperta, che l’operazione si inseriva in una evasione fiscale, ossia che egli disponeva di indizi idonei a porre sull’avviso qualunque imprenditore onesto e mediamente esperto sulla sostanziale inesistenza del contraente; incombe sul contribuente la prova contraria di aver agito in assenza di consapevolezza di partecipare ad un’evasione fiscale e di aver adoperato, per non essere coinvolto in una tale situazione, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, nè la regolarità della contabilità e dei pagamenti, nè la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi” (così Cass. n. 9851 del 20/04/2018, alla cui motivazione integralmente si rimanda; conf. Cass. n. 27555 del 30/10/2018; Cass. n. 27566 del 30/10/2018);

5.2. orbene, dal complessivo esame della sentenza impugnata, si evince che la CTR: a) ha separatamente preso in esame l’unica cessione operata da Car Service di Zenoni Giuseppe e le plurime cessioni effettuate da Ser Fin s.r.l., entrambe “cartiere”; b) con riferimento a Car Service, vengono messe in risalto l’insussistenza, in capo al Ze-noni, delle qualità personali per fare l’imprenditore commerciale, nonchè le particolari modalità di esecuzione dell’acquisto (pagamento anticipato del veicolo da acquistare con assegno intestato al Zenoni e poi girato alla concessionaria estera, percezione di un compenso per ogni operazione), tali da far ritenere che il rapporto sia effettivamente intervenuto tra CM e fornitore estero; c) con riferimento a Ser Fin s.r.l., la consapevolezza di CM circa la fittizietà delle operazioni dalla stessa poste in essere conseguirebbe dall’ammontare del prezzo di vendita, inferiore a quello di mercato, e dalle dichiarazioni rese dal legale rappresentante della società intermediaria, Umberto Poni, alla Guardia di finanza; d) tale consapevolezza non sarebbe smentita dall’esito assolutorio del giudizio penale nei confronti del legale rappresentante di CM, non vincolante per il giudice tributario, “stante i noti diversi limiti di operatività delle prove acquisite nel contesto degli accertamenti ispettivi della G.d.F. previsti nell’ambito del procedimento penale”;

5.3. dalla motivazione così riassunta può evincersi la evidente infondatezza dei primi tre motivi di ricorso: la CTR ha ritenuto la sussistenza della consapevolezza della società contribuente in ordine alla frode compiuta da Car Service e Ser Fin s.r.l., con ciò escludendone espressamente la buona fede e ritenendo che l’Ufficio abbia provato la sussistenza del requisito soggettivo;

5.3.1. in proposito, non è inutile segnalare che l’impugnazione di CM riguarda esclusivamente il diritto alla detrazione dell’IVA e non già quello alla deduzione dei costi, sicchè, anche in ragione del fatto che il ricorso per cassazione è stato notificato dalla ricorrente il 28/01/2013, non può trovare applicazione officiosa lo ius superve-niens costituito dal D.L. 2 marzo 2012, n. 16, art. 8, conv. con mo-dif. nella L. 26 aprile 2012, n. 44, che ha sostituito la L. 24 dicembre 1993, n. 537, art. 14, comma 4-bis, consentendo la deducibilità dei costi relativi ad operazioni soggettivamente inesistenti, laddove i beni acquistati non siano stati utilizzati direttamente per commettere il reato;

5.3.2. l’applicazione di detta disposizione, in vigore dal 29/04/2012, avrebbe dovuto formare oggetto di espresso motivo di ricorso da parte della società contribuente (cfr., da ultimo, con riguardo alla medesima disposizione, Cass. n. 19617 del 24/07/2018; conf. Cass.), che, diversamente, non ha mai insistito in ordine alla legittima deducibilità dei costi;

5.4. complessivamente fondati sono, invece, i motivi quarto, quinto e sesto, che denunciano, con riferimento alla formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 anteriore alla novella di cui al D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, talune carenze motivazionali della sentenza impugnata;

5.5. con riferimento alle operazioni poste in essere con entrambe le “cartiere”, la CTR non ha dimostrato di tenere in alcun conto l’esito assolutorio dei giudizi penali, cui è stato sottoposto il legale rappresentante di CM: è vero che detto esito non è vincolante per il giudice tributario in ragione dell’autonomia tra il giudizio penale e quello tributario (Cass. n. 16262 del 28/06/2017; Cass. n. 8129 del 23/05/2012; Cass. n. 19786 del 27/09/2011); tuttavia le sentenze emesse, in quanto fanno riferimento a circostanze emerse nel giudizio penale, possono essere prese in considerazione come possibile fonte di prova dal giudice tributario, il quale, nell’esercizio dei propri poteri di valutazione, deve verificarne la rilevanza nell’ambito specifico in cui dette decisioni sono destinate ad operare (Cass. n. 17258 del 27/06/2019; Cass. n. 10578 del 22/05/2015; Cass. n. 5720 del 12/03/2007);

5.5.1. trattasi di operazione di verifica che non è stata compiuta dal giudice di merito, limitatosi a concludere, senza specificamente motivare, per l’irrilevanza tout court della pronuncia di assoluzione;

5.6. con riferimento, invece, alle operazioni compiute con Ser Fin s.r.l., la motivazione della CTR è sicuramente insufficiente: è stato, infatti, ritenuto il prezzo di acquisto con la società cartiera inferiore a quello di mercato, ma non ne sono state le specifiche ragioni, soprattutto a fronte della documentazione prodotta dal contribuente, della quale non si è in alcun modo fatta menzione;

5.7. il giudice del rinvio dovrà, pertanto, effettuare nuovamente la valutazione relativa alla consapevole partecipazione di CM alla frode perpetrata da Car Service e Ser Fin s.r.l., verificando se dalle risultanze del processo penale e dalla documentazione prodotta dalla società contribuente in relazione al prezzo di mercato degli autoveicoli emergano circostanze idonee, in concreto, ad escludere la configurabilità dell’elemento soggettivo in capo alla società contribuente;

6. in conclusione, vanno accolti il quarto, il quinto ed il sesto motivo di ricorso, rigettati gli altri; la sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti e rinviata alla CTR della Lombardia, in diversa composizione, per nuovo esame e per le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il quarto, il quinto ed il sesto motivo di ricorso, rigettati gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 luglio 2020

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