Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15171 del 20/06/2017


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Cassazione civile, sez. III, 20/06/2017, (ud. 11/04/2017, dep.20/06/2017),  n. 15171

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 664/2015 proposto da:

I.F., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE XXI

APRILE 38 B INT 7, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO

VALLETTA, rappresentata e difesa dall’avvocato EUGENIO RICCIO giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

TELECOM ITALIA SPA, in persona del procuratore speciale e legale

rappresentante pro tempore Avv. P.A., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA MICHELE MERCATI 51, presso lo studio

dell’avvocato ANTONIO BRIGUGLIO, che la rappresenta e difende giusta

procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2993/2014 del TRIBUNALE SEDE DISTACCATA DI

PIEDIMONTE MATESE, depositata il 23/07/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/04/2017 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA CIRILLO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PEPE Alessandro, che ha concluso per l’accoglimento del 3^, 4^ e 5^

motivo del ricorso;

udito l’Avvocato EUGENIO RICCIO;

udito l’Avvocato ANTONIO BRIGUGLIO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. I.F. convenne in giudizio, davanti al Giudice di pace di Capriati al Volturno, la Telecom Italia s.p.a. e – sulla premessa che la propria utenza telefonica era rimasta isolata dal 5 agosto all’8 settembre 2007, nonostante numerosi e ripetuti solleciti – chiese che la convenuta fosse condannata alla corresponsione dell’indennizzo previsto dall’art. 26 delle condizioni generali di contratto, nonchè al risarcimento del danno esistenziale derivante dallo stato di ansia conseguente al protratto isolamento.

Si costituì in giudizio la società convenuta, chiedendo il rigetto della domanda.

Il Giudice di pace accolse la domanda e condannò la convenuta al risarcimento del danno nella misura di Euro 600, oltre che al pagamento delle spese di lite.

2. La pronuncia è stata appellata da entrambe le parti e il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, con sentenza del 23 luglio 2014, in riforma della decisione di primo grado, ha rigettato ogni domanda risarcitoria della I., condannandola al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio.

Ha osservato il Tribunale – dopo aver richiamato il testo degli artt. 7 e 26 delle condizioni generali di contratto – che il Giudice di pace era pervenuto ad una conclusione errata, avendo considerato soltanto la deposizione del teste di parte attrice e perdendo di vista la globalità della vicenda.

Nel caso specifico, infatti, era rimasto incontestato tra le parti, trattandosi di circostanza allegata dalla stessa attrice nell’atto di citazione, che il mancato funzionamento del servizio era dipeso da un incendio di vaste proporzioni che aveva isolato due intere frazioni del Comune di Pratella; per di più essendosi verificato l’evento in pieno agosto, l’attività di ripristino era stata rallentata dal fatto che la maggior parte dei lavoratori era in ferie. Poichè l’attrice non aveva contestato l’origine del guasto (cioè l’incendio), nè l’entità delle riparazioni eseguite, doveva ritenersi che il tempo di 27 giorni resosi necessario per il ripristino fosse del tutto giustificato, anche alla luce della previsione delle disposizioni generali di contratto relative ai guasti di particolare complessità L’accertata impossibilità di configurare un inadempimento della societa Telecom determinava, quindi, il rigetto della domanda e, di conseguenza, anche dell’appello incidentale con cui la danneggiata aveva chiesto il risarcimento del danno esistenziale.

3. Contro la sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere propone ricorso I.F. con atto affidato a sei motivi.

Resiste la Telecom Italia s.p.a. con controricorso.

La ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 2) e 4), nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 158 e 161 c.p.c., nonchè del D.Lgs. 7 settembre 2012, n. 155, artt. 9 e 11.

La doglianza riveste un profilo formale. Alla data del 21 novembre 2013, nella quale si tenne l’udienza di precisazione delle conclusioni, la Sezione distaccata di Piedimonte Matese del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere era stata ormai soppressa, con conseguente passaggio delle funzioni alla sede centrale del Tribunale. Da tanto consegue, secondo la ricorrente, che la Dott.ssa D.F., Giudice unico presso la citata Sezione distaccata, non era competente nè al fine di tenere l’udienza di precisazione delle conclusioni nè a pronunciare la relativa sentenza; da tanto deriverebbe la nullità del verbale, della sentenza e dell’intero procedimento.

1.1. Il motivo non è fondato.

Il D.Lgs. n. 155 del 2012, che ha disposto la soppressione dei tribunali, delle sezioni distaccate e delle procure della Repubblica di cui alla tabella A allegata al medesimo (art. 1), è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 12 settembre 2012 ed è entrato in vigore il giorno successivo a quello della pubblicazione (art. 11, comma 1). Il comma 2 dell’art. 11 cit. ha disposto che la soppressione acquistasse efficacia “decorsi dodici mesi dalla data di entrata in vigore” del decreto stesso, cioè dal giorno 13 settembre 2013 (v., sia pure in relazione a diversa fattispecie, l’ordinanza 17 aprile 2015, n. 7835). A norma dell’art. 9, comma 1, del D.Lgs. cit., nel periodo intercorrente tra la data di entrata in vigore del decreto e la data di efficacia suindicata, le udienze fissate davanti ad uno degli uffici destinati alla soppressione dovevano essere tenute “presso i medesimi uffici”, mentre quelle fissate per una data successiva dovevano essere tenute “dinanzi all’ufficio competente a norma dell’art. 2”, cioè nella specie, davanti al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, di cui faceva parte la Sezione distaccata di Piedimonte Matese.

L’andamento che si è avuto nel processo in esame ha rispettato tali cadenze temporali. Come la sentenza impugnata ha osservato – e come Io stesso ricorso ammette – l’udienza di precisazione delle conclusioni, inizialmente fissata davanti alla Sezione distaccata di Piedimonte Matese, fu poi realmente tenuta presso la sede centrale del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, in data 22 novembre 2013, cioè dopo che la soppressione era divenuta efficace. Ciò non escludeva, naturalmente, che il Giudice designato rimanesse il medesimo, purchè l’udienza si tenesse nel rispetto della sopravvenuta soppressione della Sezione distaccata, il che è quanto avvenuto nella specie. Non è chiaro, quindi, di cosa possa oggi dolersi la parte ricorrente (la quale, tra l’altro, richiama una generica mancanza di potestas iudicandi in capo al Magistrato autore della decisione, che non sussiste, dato l’effettivo svolgimento della vicenda processuale).

2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), omesso esame di fatti decisivi per il giudizio.

Osserva la ricorrente che la sentenza in esame ha ritenuto non contestate una serie di circostanze decisive: l’esistenza di un vasto incendio boschivo, l’entità delle riparazioni, la difficoltà di gestire la situazione nel mese di agosto e la chiusura della circolazione disposta con un’ordinanza del Sindaco. In realtà tutte queste circostanze erano state subito contestate fin dal primo grado, i testi ammessi dal Giudice di pace non si erano mai presentati e l’ordinanza del Sindaco non era stata mai prodotta. Da ciò deriva che correttamente il primo Giudice aveva ritenuto non provate quelle circostanze, sulle quali la società Telecom nulla aveva detto in sede di appello. Non sarebbe corretta, quindi, l’affermazione della sentenza secondo cui quei fatti erano rimasti incontestati.

3. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. e del principio di non contestazione.

La ricorrente – dopo aver rilevato che nella fattispecie deve trovare applicazione l’art. 115 cit. nella versione antecedente a quella formulata dalla L. 18 giugno 2009, n. 69 e dopo aver richiamato i principi enunciati sul punto dalla giurisprudenza – ribadisce la censura del motivo precedente, osservando che i fatti dati per pacifici dal Tribunale erano stati, invece, integralmente contestati.

4. Con il quarto motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione dell’art. 1218 c.c. e dell’art. 115 c.p.c..

Lamenta la ricorrente che, secondo i principi enunciati da pacifica giurisprudenza in ordine all’onere della prova della responsabilità e delle ragioni dell’inadempimento, una volta dimostrato dal creditore il fatto generatore della responsabilità e il danno, è il debitore tenuto a dimostrare l’impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile. Il debitore non può sul punto, limitarsi ad una generica contestazione, perchè affermare che ci fu un vasto incendio boschivo che ha isolato due frazioni non sarebbe sufficiente ad escludere la responsabilità della società telefonica.

5. Il secondo, il terzo e il quarto motivo di ricorso devono essere trattati congiuntamente, atteso l’evidente collegamento tra loro esistente.

E’ indubbio che l’osservazione contenuta nella sentenza impugnata secondo cui era “rimasto incontestato tra le parti” che il mancato funzionamento del servizio telefonico era dipeso da un vasto incendio che aveva determinato l’isolamento di due intere frazioni e che i relativi lavori di ripristino si erano protratti per 27 giorni – non è del tutto esatta. Come rileva correttamente la ricorrente e come emerge dal fatto stesso che sul punto era stata chiesta ed ammessa la prova per testi, poi non espletata, le circostanze dell’accaduto non potevano ritenersi non contestate, quanto meno ai fini di quanto dispone l’art. 115 c.p.c., comma 1, nel testo attuale, non applicabile ratione temporis nella presente fattispecie.

Ciò non comporta, tuttavia, che i motivi in esame siano fondati.

Deve ritenersi, infatti, che il Tribunale, sia pure con l’inesattezza che si è appena rimarcata, abbia inteso decidere la fattispecie sottoposta al suo esame sulla base di una lettura che, nella sua globalità assumeva i connotati del fatto notorio. Si giunge a tale conclusione sul rilievo che la presente causa faceva parte di un gruppo di cause tutte uguali (il Tribunale rileva che pendevano davanti a quell’Ufficio “oltre dieci giudizi del medesimo tenore” ed il ricorso conferma tale circostanza). Ne consegue che, in considerazione del ristretto ambito territoriale in cui avvennero i fatti e del particolare momento dell’anno, di per sè molto difficile per la gestione delle criticità (le ferie di agosto), si può riconoscere che le circostanze indicate nella sentenza (vastità dell’incendio, isolamento delle frazioni e tempo necessario per il ripristino) dovevano considerarsi effettivamente come dimostrate, anche in assenza di una specifica istruttoria sul punto, e perciò liberamente valutabili da parte del Giudice.

Ed è sicuro, d’altra parte, che i lavori di ripristino durarono effettivamente 27 giorni.

Le osservazioni che precedono consentono di escludere, fra l’altro, anche ogni violazione dell’art. 1218 c.c., posto che il Tribunale ha valutato il complesso delle circostanze ed ha motivatamente escluso la possibilità di configurare un inadempimento da parte della società telefonica.

6. Con il quinto motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 4), violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere il Tribunale dato per allegata un’ordinanza del Sindaco che, al contrario, non era stata mai dedotta in giudizio da nessuna delle parti.

6.1. Il motivo è inammissibile.

A parte la formulazione della censura, di per sè generica, è evidente che il Tribunale è pervenuto al suo convincimento sulla base di una valutazione globale del materiale di causa, per cui anche l’eventuale difetto di allegazione dell’ordinanza in questione non poteva rivestire conseguenze decisive.

7. Con il sesto motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 4), violazione dell’art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia e violazione degli artt. 1218, 1259 e 1226 c.p.c., in ordine al danno esistenziale.

Lamenta la ricorrente che la sua domanda di risarcimento del danno morale non è stata accolta in primo grado senza alcuna motivazione e che, riproposta la questione con l’appello incidentale, il Tribunale non ha neppure esaminato la questione. Dovrebbe essere accolta invece, siccome provata, la domanda di risarcimento del danno esistenziale.

7.1. Il motivo rimane assorbito dal rigetto dei precedenti, posto che il rigetto della domanda risarcitoria in sè rende irrilevante ogni discussione sulla possibile entità del danno lamentato.

8. Il ricorso, pertanto, è rigettato.

In considerazione, tuttavia, della particolarità della vicenda e degli alterni esiti dei giudizi di merito, il Collegio ritiene equo compensare integralmente le spese del giudizio di cassazione.

Sussistono tuttavia le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e compensa integralmente le spese del giudizio di cassazione.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 11 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 20 giugno 2017

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