Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1517 del 25/01/2021

Cassazione civile sez. I, 25/01/2021, (ud. 09/09/2020, dep. 25/01/2021), n.1517

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17712/2014 proposto da:

Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a., anche quale incorporante la

MPS Gestione Crediti Banca s.p.a., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, corso

Vittorio Emanuele II n. 326, presso lo studio dell’avvocato Claudio

Scognamiglio, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

Renato Scognamiglio, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Fallimento (OMISSIS) s.r.l., in persona del curatore Dott.ssa

T.G., elettivamente domiciliato in Roma, via Ildebrando Goiran

n. 23, presso lo studio dell’avvocato Donatella Maria Ines Geromel,

rappresentato e difeso dall’avvocato Filippo Castaldi, giusta

procura a margine del controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a., anche quale incorporante la

MPS Gestione Crediti Banca s.p.a., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, corso

Vittorio Emanuele II n. 326, presso lo studio dell’avvocato Claudio

Scognamiglio, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

Renato Scognamiglio, giusta procura a margine del ricorso

principale;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso il decreto del TRIBUNALE di SALERNO, depositato il

30/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/09/2020 dal cons. ALDO ANGELO DOLMETTA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

NARDECCHIA GIOVANNI BATTISTA, che ha concluso per l’accoglimento del

ricorso incidentale non condizionato, come da requisitoria scritta

già depositata;

udito, per la ricorrente, l’avvocato Claudio Scognamiglio, che si

riporta;

udito, per il controricorrente e ricorrente incidentale, l’avvocato

Filippo Castaldi, che si riporta.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.- La s.p.a. Monte dei Paschi di Siena ha presentato domanda di insinuazione in via ipotecaria nel passivo fallimentare della s.r.l. (OMISSIS) per credito dipendente da mutuo, per sorte capitale, per sorte interessi, nonchè per mora.

Il curatore ha proposto l’esclusione del credito dallo stato passivo.

In proposito, ha osservato che, “nonostante nel contratto di mutuo sia prevista la destinazione della somma a investimenti immobiliari, l’importo mutuato è servito semplicemente a coprire un precedente scoperto di conto corrente chirografario senza creare una provvista autonomamente utilizzabile e così trasformando un debito chirografario in debito privilegiato in epoca in cui erano già presenti in contabilità debiti concorsuali; prova ne è che la somma relativa al mutuo è stata accreditata sul conto corrente… ripianando la notevole debitoria”.

In ragione di queste connotazioni della fattispecie, il curatore ha affermato la “nullità del contratto per mancanza di causa ai sensi dell’art. 1418 c.c., con conseguente nullità delle ipoteche iscritte a garanzie…; la nullità della causa del contratto ex art. 1344 c.c. per essere state utilizzate le somme per il ripianamento di pregressa esposizione presso lo stesso istituto; la simulazione del contratto stipulato in frode alle ragioni dei creditori per avere trasformato un credito chirografario in un credito ipotecario”.

Condividendo le deduzioni del curatore, il giudice delegato ha escluso il credito dal passivo del fallimento.

2.- A fronte dell’esclusione la s.p.a. Monte dei Paschi ha proposto opposizione avanti al Tribunale di Salerno.

Con decreto depositato il 30 maggio 2014, il Tribunale ha parzialmente accolto l’opposizione.

Più in particolare, il decreto ha escluso il “rango di privilegiato del credito perchè l’atto di costituzione di ipoteca volontaria contenuto nel contratto di mutuo è privo di causa sapendo fin dalla sottoscrizione entrambe le parti che lo scopo dichiarato, investimento immobiliare, era simulato e che l’erogazione del mutuo avrebbe estinto debiti pregressi di natura chirografaria attribuendo alla società un finanziamento a lungo termine”; per l’effetto, ha ammesso il credito al chirografo.

L’articolata motivazione svolta dal Tribunale si snoda, in buona sostanza, lungo i passi qui in appresso riferiti (nn. 3 e 4).

3.1.- Risulta dimostrato – ha rilevato dunque il decreto – che la somma proveniente dal mutuo ipotecario è stata impiegata per ripianare l’esposizione debitoria di natura chirografaria, derivante da scoperto di conto corrente; e che la Banca era a conoscenza della situazione economica della società.

Peraltro, pure è provato – ha proseguito lo stesso – che alla società “è stato da un lato attribuito uno stabile finanziamento” e, dall’altro, è stato “consentito di proseguire ad operare sul conto corrente, tant’è che si chiude al momento del fallimento con un considerevole scoperto”.

Ad avviso del Tribunale, tutto ciò viene a comportare che si debba prendere in separata considerazione, da un canto, il “negozio accessorio costitutivo dell’ipoteca”; dall’altro, il “nuovo finanziamento a lungo termine”.

3.2.- Sotto il primo profilo, il Tribunale ha ritenuto la “nullità dell’ipoteca in applicazione dell’art. 1418 c.c.”, rilevando che “in questo caso è provato inequivocabilmente che le parti hanno indicato uno scopo del tutto sin dall’inizio inesistente e anche illecito civilmente, perchè è provato che le parti sapevano che non si trattava di un mutuo finalizzato a un investimento immobiliare, ma ad estinguere debiti pregressi di natura chirografaria”.

3.3.- Sotto il secondo profilo, il Tribunale ha affermato che l'”ammissione in chirografo deriva dal fatto che è inequivocabilmente provato che con l’erogazione del mutuo le parti hanno per davvero voluto estinguere il debito sul conto corrente, hanno per davvero voluto contrarre un finanziamento a lungo termine e quindi non hanno simulato un mutuo non voluto, ma soltanto hanno simulato l’ipoteca. In questo caso è intervenuta una novazione perchè la precedente obbligazione è stata sostituita da una nuova, assistita da una garanzia ipotecaria del tutto simulata e del tutto nulla per inesistenza e illiceità della causa”.

4.- In appendice alla motivazione così condotta in punto di nullità dell’ipoteca e di validità invece della dilazione connessa con l’operazione, il Tribunale ha preso in esame l’eccezione revocatoria, proposta dal curatore in sede di giudizio di opposizione.

In proposito, il decreto ha in via ulteriore precisato che “il fallimento ha provato che la Banca era a conoscenza della frode che andava a realizzare nei confronti degli altri creditori in ordine alla costituzione dell’ipoteca, trasformando un credito chirografario in un credito ipotecario”. E ha altresì riscontrato che – essendo già sussistente “al momento della costituzione dell’ipoteca… il debito di conto corrente ed essendo stato lo stesso trasformato in debito a lungo termine”, non ancora estinto al momento della dichiarazione di fallimento – era da valorizzare “la frode ai creditori… solo per l’ipoteca e la consapevolezza di ciò in capo all’Istituto di credito e al debitore”.

“Per contro, non essendovi stata una vera e propria erogazione di nuova finanza, ma solo una trasformazione di uno scoperto di conto corrente in un debito a lungo termine” – così si è concluso – “non sussistono gli estremi della frode ai creditori, in particolare del danno, per revocare l’intera operazione economica”.

5.- Avverso questa pronuncia è insorta la Banca, che ha presentato ricorso, articolandolo in quattro motivi di cassazione.

Ha resistito il Fallimento della s.r.l. (OMISSIS), con controricorso. Nello stesso atto, il Fallimento ha altresì svolto ricorso incidentale condizionato, per due motivi, e ricorso incidentale non condizionato, composto di quattro motivi.

La Banca ha poi depositato apposito controricorso avverso il ricorso incidentale.

Entrambe le parti hanno altresì depositato memorie.

6.- La controversia è stata chiamata all’udienza camerale della Prima sezione civile del 20 dicembre 2018.

In esito alla quale, il Collegio ha rilevato che la “tematica così sollevata – quale appunto relativa alla sorte da riservare a un’operazione connotata a un tempo dal meccanismo di portare a contestuale un’ipoteca relativa a un debito pregresso e dal riposizionamento della scadenza di detto debito – riveste una rilevanza affatto particolare. Con la conseguenza che si manifesta senz’altro opportuna la trattazione in pubblica udienza della medesima, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c.”.

7.- In vista dell’udienza pubblica, il ricorrente principale e il ricorrente incidente hanno provveduto a depositare ulteriori memorie.

Diritto

RAGIONI DEALLA DECISIONE

8.- I motivi di ricorso sviluppati dal ricorrente principale denunziano i vizi che qui di seguito vengono sintetizzati.

8.1.- Il primo motivo assume, in particolare, violazione degli artt. 1418 e 1344 c.c. “anche in relazione gli artt. 1322 e 1343 c.c., nonchè agli artt. 2809 – 2810 e al principio di accessorietà dell’ipoteca”.

Nella sostanza, il ricorrente giudica errata la pronuncia del Tribunale, “nella misura in cui, pur ritenendo valido ed efficace il contratto di mutuo, esclude la garanzia ipotecaria… sul presupposto di un’asserita nullità”. L'”ipoteca ha carattere di accessorietà rispetto al credito che intende garantire”: perciò, “una volta considerato sussistente il predetto credito”, “non avrebbe potuto essere dichiarata la nullità della sola ipoteca e comunque certamente non per inesistenza e illiceità della causa”. Al più, una simile ipoteca potrebbe essere revocabile (per quanto non così nel caso concretamente in questione, non manca di precisare il ricorrente).

Pure appare errata – si aggiunge, con censura ulteriore – l’illazione che il mutuo in discorso “sia da qualificare come mutuo di scopo”, di cui pure ha preso le mosse il provvedimento del Tribunale di Salerno. Comunque, l'”eventuale deviazione dallo scopo per il quale è stato concesso il mutuo… non può certo integrare la pretesa illiceità della causa dell’ipoteca”.

8.2.- Il secondo motivo del ricorso principale lamenta violazione della norma dell’art. 1362 c.c.

Ad avviso del ricorrente, la “ricostruzione operata dal Tribunale di Salerno del termine “investimenti immobiliari” è tale da determinare la violazione o falsa applicazione dell’art. 1362 c.c.”: il “termine “investimenti immobiliari” non può essere certo inteso come sinonimo di “acquisti immobiliari”, dato che “investimento” nel linguaggio corrente vuol dire semplicemente “destinazione di una somma di danaro””.

8.3.- Il terzo e quarto motivo del ricorso principale riguardano il distinto tema dell’eccezione revocatoria.

Assumendo il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 4 il terzo motivo sostiene la nullità del decreto per avere giudicato su un’eccezione “in realtà mai proposta dal fallimento”.

Il quarto motivo, che è svolto nella prospettiva della violazione di legge, rileva la violazione della L. Fall., art. 95, comma 3, rilevando che il Tribunale ha “posto a base della decisione un’eccezione in senso stretto… non sollevata dalla parte”.

9.1.- Il primo motivo di ricorso incidentale condizionato, articolato dal fallimento, assume violazione degli artt. 1418 – 1424,1813 c.c. e art. 38 TUB.

Trattasi di mutuo di scopo – si assume -, nel contratto destinato a investimenti immobiliari. Il “ricavato”, tuttavia, è stato utilizzato dal mutuatario, in accordo con il mutuante, allo scopo specifico e programmatico di estinguere una pregressa esposizione debitoria chirografaria della s.r.l. (OMISSIS) in bonis.

Ora, nel mutuo di scopo, invece, il sovvenuto non si obbliga solo a restituire la somma mutuata, ma anche a realizzare lo scopo previsto; con assunzione di impegno che “interviene nel sinallagma contrattuale” e “assume rilievo causale nell’economia del contratto”. L’utilizzazione delle somme difforme dal convenuto determina la nullità del contratto per mancanza originaria della causa”.

Perciò, il Tribunale avrebbe dovuto dichiarare la nullità dell’intera operazione, non già della sola ipoteca. La nullità dell’ipoteca consegue, cioè, dalla nullità del mutuo.

9.2.- Il secondo motivo di ricorso incidentale condizionato predica nullità del decreto e del procedimento ex art. 360 c.p.c., n. 4, nonchè contraddittorietà e perplessità insanabile della motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5.

Nel riprendere la sostanza del primo motivo, il secondo rileva in particolare una ragione di perplessità del provvedimento del Tribunale, posto che questo ha affermato che – per sè – il mutuo destinato non alla consegna delle somme al mutuatario, bensì allo specifico fine di estinguere pregresse esposizioni, è nullo, ma poi ha, nel concreto, dichiarato nulla la sola ipoteca.

10.1.- Il primo motivo di ricorso incidentale non condizionato, proposto dal fallimento, assume violazione degli artt. 1418,1813,2033 c.c. e art. 38 TUB.

In primo luogo, il motivo viene propriamente a ribadire, e confermare, quanto già sostenuto in sede di primo motivo di ricorso incidentale condizionato.

Aggiunge poi – con distinta censura – che il Tribunale ha comunque errato nell’ammettere il credito della Banca al passivo in via chirografaria, sulla “scorta e in adempimento del detto contratto” di mutuo. Per potere aspirare a raggiungere un simile risultato (dell’ammissione in chirografo), nei fatti la Banca avrebbe dovuto formulare una domanda per titolo diverso da quello rappresentato dal contratto di mutuo; quale quello di restituzione d’indebito per il capitale a suo tempo erogato alla società poi fallita a titolo di scoperto di conto.

10.2.- Il secondo e terzo motivo assumono violazione della L. Fall., art. 99, come pure nullità del decreto e del procedimento.

“La domanda di ripetizione dell’indebito” – assume il secondo motivo – “integra domanda nuova”. “Il Tribunale ha erroneamente accolto una domanda di adempimento contrattuale, relativa all’ammissione in chirografo” – incalza il terzo motivo – “inammissibile perchè formulata solo in sede di opposizione allo stato passivo”.

10.3.- Il quarto motivo lamenta, a sua volta, violazione degli artt. 1418 e 1813 c.c. Il Tribunale ha affermato che, nella specie, è intervenuta una novazione del debito”: l’ammissione in via chirografaria – sostiene il motivo – è “incompatibile con lo schema logico della novazione”.

11.- Riferita la sostanza dei diversi motivi che sono stati sviluppati dal ricorso principale e dai ricorsi incidentali (condizionato e non condizionato), va adesso rilevato che gli stessi vengono, nel loro complesso, a mettere in discussione una densa serie di profili tematici, come afferenti alla fattispecie tipo rappresentata dalla c.d. “contestualizzazione della ipoteca”.

Al vertice logico dei quali profili si pone – così osserva il Collegio – il problema della qualificazione dell’operazione contrattuale, che è stata posta in essere e sulla cui base la Banca ha richiesto di essere ammessa al passivo della fallita società. Nella specie, al detto profilo vanno ad alludere – in termini contrapposti, naturalmente – sia il ricorso principale, sia il ricorso incidentale non condizionato.

Ora, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte, la qualificazione dei negozi contrattuali rientra – per il punto che concerne l'”inquadramento della comune volontà”, e anche in relazione alla “rilevanza qualificante degli elementi di fatto” che sono stati accertati dal giudice del merito – nell’ambito delle valutazioni consentite nel giudizio di legittimità (cfr., tra le altre, Cass., 5 dicembre 2017, n. 29111).

Di conseguenza, si deve procedere all’analisi della parte finale del primo motivo del ricorso principale (cfr. sopra, n. 8.1. ultimo capoverso) e della seconda parte del primo motivo del ricorso incidentale non condizionato, (cfr. sopra, n. 10.1., ultimo capoverso). Posta la manifesta omogeneità tematica di tali motivi, il loro esame può essere effettuato in modo congiunto.

12.- Il primo passo da compere, nell’indicata prospettiva, si relaziona con ciò che il Tribunale di Salerno ha ritenuto di qualificare il contratto, che la Banca ha invocato per richiedere l’insinuazione al passivo, nei termini propri e sostanziali del mutuo di scopo.

A questo risultato il Tribunale è pervenuto valorizzando in modo particolare la circostanza che nel testo contrattuale è stato espressamente rappresentato che “la parte mutuataria ha chiesto alla banca un finanziamento da destinare a investimenti immobiliari” e pure che la “banca concede alla parte mutuataria un finanziamento… per lo scopo di cui sopra”.

Raggiunto in tal modo il risultato qualificatorio del mutuo di scopo per volontà delle parti, il Tribunale ne ha poi tratto, a mò di conseguenza, la nullità del medesimo in relazione all’ipoteca che veniva così costituita. Rilevando, in particolare, che “le parti hanno indicato uno scopo del tutto fin dall’inizio inesistente e anche illecito civilmente, perchè è provato che le parti sapevano che non si trattava di un mutuo finalizzato a un investimento immobiliare, ma a estinguere debiti pregressi di natura chirografari”.

13.- Il mutuo di scopo è figura ben conosciuta alla giurisprudenza di questa Corte: non solo nella versione in cui lo scopo è di origine legale (in cui, cioè, le somme erogate sono per legge destinate all’effettuazione di una determinata, peculiare attività o al raggiungimento di un certo risultato specifico), ma pure nella variante – che qui propriamente rileva – in cui la “finalizzazione” del mutuo discende in via esclusiva dal contesto del contratto che viene stretto tra mutuante e mutuatario.

Per quanto in questa sede viene a interessare la fattispecie concretamente in esame, si devono mettere in particolare evidenza due aspetti distinti.

14.- Di questi il primo è frutto diretto, immediato, dell’elaborazione effettuata da questa Corte.

Perchè si possa discorrere di mutuo di scopo, dunque, occorre che lo svolgimento dell’attività dedotta o il risultato da raggiungere risponda, nel concreto, a uno specifico interesse pubblico, quando si tratta di mutuo di scopo legale. Ovvero ricomprenda o in ogni caso coinvolga, nell’ipotesi invece del mutuo di scopo convenzionale, un diretto interesse (non solo del mutuatario, ma anche) proprio della persona del mutuante (per la prima sotto figura v., in specie, Cass., 22 dicembre 2015, n. 25783; Cass., 24 gennaio 2012, n. 943; per la seconda sotto figura, v. Cass., 18 giugno 2018, n. 15929; Cass., 19 ottobre 2017, n. 24699).

In via correlata, occorre che il testo contrattuale contenga un patto o clausola (c.d. di destinazione) da cui si desuma in modo chiaro (seppur certo non per il necessario tramite di enunciazioni di tratto formale o comunque condotte con codici semantici qualificati) che l’erogazione è vincolata a una data, specificazione utilizzazione (come appunto rispondente allo scopo in concreto rilevante: cfr., in particolare, Cass., n. 24699/2017; Cass., 20 aprile 2007, n. 9511).

15.1.- Aprendo un poco il raggio del discorso, l’altro aspetto, che sopra si è preannunciato, richiede un’esposizione più articolata.

Volgendo lo sguardo verso i primi arresti resi sulla figura, dunque, si può osservare come la relativa considerazione giurisprudenziale sia stata soprattutto attratta dalla fattispecie del mutuo di scopo legale e come – all’interno di tale contesto – l’attenzione sia stata marcata dalla specifica ipotesi in cui il patto in concreto stretto dai contraenti aveva per contro orientato l’operazione di finanziamento verso un “fine diverso” da quello stabilito in via imperativa dalla legge.

E’ rispetto a questa peculiare fattispecie che, in particolare, è stata delineata la regola per cui, nell’evenienza, la “dedotta illiceità attiene non ai motivi, ma alla causa del contratto”. Lo scopo fissato dalla legge “qualifica la causa del negozio”; il patto divergente dallo scopo intride l’operazione di illiceità; e così viene a rendere nulla l’intera operazione (cfr., così, Cass., 3 aprile 1970, n. 896; e poi Cass., 2 ottobre 1972, n. 2796). “Quando sia stato stipulato con l’accordo ab initio di un’utilizzazione del finanziamento per finalità diverse” da quelle stabilite dalla legge, il contratto è nullo (Cass., 10 giugno 1981, n. 3752; cfr. pure Cass., 8 aprile 2004, 8654).

15.2.- Ora, una simile regola non potrebbe certo essere estesa in via automatica alla variante che è rappresentata dal mutuo di scopo convenzionale.

Per questa eventualità – salvo il caso in cui lo scopo individuato dalle parti risulti intrinsecamente illecito o ab imo impossibile – la rilevanza dello scopo appare, piuttosto, trovare il suo punto naturale di emersione e sfogo là dove questo non venga raggiunto o perseguito; così come già segnala, del resto, il necessario coinvolgimento diretto dell’interesse del mutuante (sopra, n. 14, nel secondo capoverso). Esce con forza, quindi, nell’ipotesi di inadempimento del mutuatario o di sopravvenuta impossibilità di raggiungimento dello scopo: non in punto di (in)validità della fattispecie, ma di difetto funzionale del rapporto.

In effetti, la giurisprudenza di questa Corte ha da sempre provveduto a sottolineare che la rilevanza, che nel concreto della fattispecie viene a contrassegnare lo scopo, risulta differenziare la relativa operazione dallo “schema tipico del mutuo”; il sovvenuto si obbliga non solo a restituire la somma mutuata e a corrispondere gli interessi, ma anche a realizzare lo scopo previsto”; “nel sinallagma negoziale, quest’ultima prestazione assume rilievo essenziale in corrispettività dell’attribuzione della somma erogata” (Cass., 11 gennaio 2001, n. 317; Cass., n. 15929/2018; Cass., n. 26699/2017; Cass., n. 25783/2015). “Quando è mancata la realizzazione della finalità prevista”, “il contratto è risolubile per inadempimento del mutuatario, a iniziativa del mutuante” (cfr., in particolare le già citate Cass. n. 3752/1981 e Cass., n. 317/2001).

16.- I riscontri appena sopra compiuti (n. 14 e n. 15) mostrano evidenti gli errori che il decreto del Tribunale di Salerno ha commesso in relazione alla dichiarata ricomprensione della fattispecie concreta nell’alveo del mutuo di scopo.

La mera enunciazione, nel testo contrattuale, di una data destinazione delle erogande somme (cfr. sopra, nel n. 13) non indica che la stessa ha carattere vincolante e anzi esclusiva: come per contro pretende, in sè stessa, la figura del mutuo di scopo. Nè il Tribunale si è fatto carico di verificare l’eventuale interesse della Banca all’effettiva destinazione delle somme all’enunciata finalità.

Comunque, nell’ambito della figura del mutuo di scopo convenzionale il mancato perseguimento dello scopo da parte del mutuatario non è destinato a incidere sulla validità della fattispecie negoziale, ma sull’esplicazione del sinallagma funzionale.

17.- Escluso che l’operazione intervenuta tra la Banca e la società poi fallita, e su cui la prima ha fondato la propria pretesa di insinuazione al passivo fallimentare, possa essere ricondotta alla figura del mutuo di scopo – comunque a un contratto specificamente dominato dal perseguimento di uno scopo esclusivo -, si tratta adesso di verificare se la detta operazione risulti conforme al paradigma base del contratto di mutuo.

Nel rispondere positivamente al relativo interrogativo, il Tribunale ha valorizzato in modo particolare il fatto che all'”ordine di erogazione 1 agosto 2007″ ha fatto seguito il “versamento della somma di Euro 1.494.233,55 sul conto corrente n. (OMISSIS)”: così “quasi ripianando la relativa debitoria” presente sul conto medesimo, con “finanziamento a lungo termine”.

Da ciò il decreto ha senz’altro dedotto che la “somma di denaro è stata effettivamente erogata dall’istituto di credito alla società poi fallita”, con conseguente piena attivazione del “nuovo finanziamento”.

18.- E’ dunque da chiedersi se la presenza della valuta, di cui alla nuova operazione concordata tra la Banca e il suo cliente, su un conto corrente in cui risulti appostata la somma da quest’ultimo attualmente dovuta integri, o meno, gli estremi di un’operazione di mutuo.

La risposta non può che essere negativa, sul filo dei rilievi che la giurisprudenza di questa Corte ha già avuto modo di esplicitare (cfr. Cass., 5 agosto 2019, n. 20896; Cass., 8 aprile 2020, n. 7740).

19.- La struttura contrattuale del mutuo implica la consegna delle somme di denaro che ne costituiscono oggetto. E, per quanto possa essere realizzata anche a mezzo di forme assai rarefatte, comunque la traditio deve – per essere tale – realizzare il passaggio delle somme dal mutuante al mutuatario: farle muovere, farle transitare dal patrimonio dell’uno al patrimonio dell’altro, cioè, così comportando, in particolare, un conseguente trasferimento della proprietà delle somme (art. 1814 c.c.), con la connessa, acquisita loro disponibilità ex art. 832 c.c. da parte del mutuatario.

Appare chiaro, in effetti, che, senza il compimento di un simile passaggio – senza l’effettivo trasferimento della proprietà delle somme e la connessa, acquisita loro disponibilità -, non potrebbe neppure ipotizzarsi, in ogni caso, la sussistenza dell’obbligo di restituzione che la parte finale della disposizione dell’art. 1813 c.c. pone in capo al mutuatario.

20.- Lungi dal realizzare spostamenti di danaro, trasferimenti patrimoniali e consegne, il “ripianamento” di un debito a mezzo di nuovo “credito” – che la banca già creditrice realizzi mediante accredito della somma su un conto corrente gravato di debito a carico del cliente – viene propriamente a sostanziare un’operazione di natura contabile. Con una coppia di poste nel conto corrente – una in “dare”, l’altra in “avere” – per l’appunto intesa a dare corpo ed espressione a una simile dimensione.

In una tale evenienza, in effetti, l’accordo tra banca e cliente esclude la stessa eventualità di consegna e trasferimento di proprietà delle somme: la posta compiuta “in dare” sul conto comporta – ai sensi e per gli effetti dell’art. 1852 c.c. – un’automatica e immediata modifica del saldo ex art. 1852 c.c.: così precludendo ogni possibile ed eventuale sua utilizzabilità da parte del cliente, ma non eliminando la sostanza del debito.

21.- Ciò posto, è appena il caso di precisare che il carattere contabile dell’operazione in discorso si misura precisamente sull’entità del debito del cliente, che è raffigurata sul conto nel momento in cui sopravviene la posta attiva.

Se quest’ultima risulta di montante superiore al debito del cliente in essere sul conto, per la parte del supero l’operazione ben può allora venire a iscriversi nel contesto tipologico del contratto di mutuo.

22.- Rimane, a questo punto, da provvedere alla qualificazione in positivo dell’operazione, a suo tempo intervenuta tra le parti e su cui la Banca ha fondato la propria domanda di ammissione al passivo del fallimento della s.r.l. (OMISSIS).

23.- Il riposizionamento delle scadenze del debito pregresso – che nel concreto è stato fissato “a lungo termine”, secondo quanto accertato dal decreto impugnato (cfr. sopra, nel n. 17) – assicura, invero, che l’operazione in discorso non viene a risolversi senza residui in una vicenda di tratto esclusivamente contabile.

Secondo quanto, del resto, propriamente avviene in tutte le ipotesi in cui si intenda rendere “contestuale” un’ipoteca, che nella realtà delle cose risulta costituita per garantire dei debiti che sono già in essere, scaduti o meno che siano.

Escluso ogni tratto di erogazione di somme a credito, l’operazione in discorso si mostra come una fattispecie di mero differimento del tempo di esecuzione della prestazione dovuta. La stessa viene a concretizzare, quindi, la figura del pactum de non petendo ad tempus (come propriamente accade nelle ipotesi prese in considerazione nella L. Fall., art. 67, comma 1, n. 4 e come può facilmente accadere pure nelle ipotesi di cui al n. 3 della stessa norma).

24.- Nel sistema vigente il patto di modifica del termine di scadenza dell’obbligazione è accordo che determina una semplice “modificazione accessoria dell’obbligazione” e che, quindi, non comporta novazione (cfr., così, la norma dell’art. 1231 c.c.).

Ne consegue che si tratta di patto per sè stesso inidoneo a supportare – da solo – una domanda di ammissione al passivo che abbia ad oggetto la restituzione di somme di danaro (nel caso, la domanda di ammissione non potrebbe che fare riferimento al titolo che in origine è stato alla base dell’erogazione delle somme a credito: dunque, all’iniziale scoperto di conto).

25.- Al complesso dei rilievi sin qui compiuti segue che va respinto il primo motivo del ricorso principale. Segue, altresì, che dev’essere invece accolto il primo motivo del ricorso incidentale non condizionato, naturalmente nei limiti di quanto è stato sopra indicato (precisamente, nell’ultimo capoverso del n. 11).

26.- A conclusione dell’analisi relativa agli indicati motivi vanno dunque enunciati i seguenti principi di diritto.

“La mera enunciazione, nel testo contrattuale, che il mutuatario utilizzerà la somma erogatagli per lo svolgimento di una data attività o per il perseguimento di un dato risultato non è per sè idonea a integrare gli estremi del mutuo di scopo convenzionale, per il cui inveramento occorre, di contro, che lo svolgimento dell’attività dedotta o il risultato perseguito siano nel concreto rispondenti a uno specifico e diretto interesse anche proprio della persona del mutuante, che vincoli l’utilizzo delle somme erogate alla relativa destinazione”.

“Nel caso di mutuo di scopo convenzionale, il punto del necessario rispetto della destinazione delle somme erogate all’effettivo conseguimento dello scopo prefissato è assicurato sul piano dello svolgimento del sinallagma funzionale del rapporto, con la conseguenza che all’inadempimento del mutuatario seguirà la risoluzione del relativo contratto”.

“L’operazione di “ripianamento” di debito a mezzo di nuovo “credito”, che la banca già creditrice realizzi mediante accredito della somma su un conto corrente gravato di debito a carico del cliente, non integra gli estremi del contratto di mutuo, bensì quelli di una semplice modifica accessoria dell’obbligazione, come conseguente alla conclusione di un pactum de non petendo ad tempus”.

27.- L’accoglimento (in parte qua) del primo motivo del ricorso non condizionato comporta l’assorbimento di tutti gli altri motivi di ricorso, che sono stati presentati: tanto del ricorso principale, quanto dei ricorsi incidentali.

28.- In conclusione, va accolto, nei termini sopra precisati, il ricorso incidentale non condizionato, mentre va respinto il ricorso principale. Resta assorbito il ricorso incidentale condizionato.

Di conseguenza va cassato il decreto impugnato e la controversia rinviata al Tribunale di Salerno che, in diversa composizione, provvederà anche a liquidare le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso incidentale non condizionato nei limiti di cui in motivazione, respinto il ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale condizionato. Cassa il decreto impugnato e rinvia la controversia al Tribunale di Salerno che, in diversa composizione, provvederà anche a liquidare le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima civile, il 9 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2021

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