Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1517 del 23/01/2020

Cassazione civile sez. I, 23/01/2020, (ud. 15/10/2019, dep. 23/01/2020), n.1517

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31331/2018 proposto da:

K.M.A., elettivamente domiciliato in manca il domiciliatario;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno Commissione Territoriale Riconoscimento

Protezione Internazionale Torino Sezione Genova, Procuratore

Generale Corte Appello Genova;

– intimato –

avverso la sentenza n. 568/2018 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 03/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

15/10/2019 da Dott. MELONI MARINA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte di Appello di Genova con sentenza in data 3/4/2018, ha confermato l’ordinanza del Tribunale di Genova in ordine al rigetto delle istanze avanzate da K.M.A. nato in (OMISSIS), volte, in via gradata, ad ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato, del diritto alla protezione sussidiaria ed il riconoscimento del diritto alla protezione umanitaria.

Il richiedente asilo proveniente dal Bangladesh aveva riferito alla Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione Internazionale di essere partito dal proprio paese a causa delle difficoltà economiche in quanto, dopo la morte dei genitori, coi proventi del proprio lavoro agricolo non riusciva a mantenere la propria famiglia composta da numerosi fratelli e sorelle. Inoltre temeva ritorsioni, in caso di rientro in patria, da parte di chi gli aveva prestato i soldi per partire.

Avverso la sentenza della Corte di Appello di Genova il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.

Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. A) B) e C), in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto il Tribunale ha escluso i presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria e non ha ritenuto credibile il racconto del ricorrente.

Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e circolare n. 3716 del 30/7/2015 in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto la Corte di Appello di Genova, nonostante la situazione di vulnerabilità e le violenze subite dal ricorrente non ha riconosciuto il diritto alla protezione umanitaria.

Il ricorso proposto è inammissibile.

I motivi proposti contengono una serie di critiche agli accertamenti in fatto espressi nella motivazione della Corte territoriale che, come tali, si palesano inammissibili in quanto diretti a sollecitare un riesame delle valutazioni riservate al giudice del merito, che del resto ha ampiamente e rettamente motivato la statuizione impugnata, esponendo le ragioni del proprio convincimento circa l’intrinseca inattendibilità del racconto del ricorrente ed alla sua non credibilità. La censura si risolve quindi in una generica critica del ragionamento logico posto dal giudice di merito a base dell’interpretazione degli elementi probatori del processo e, in sostanza, nella richiesta di una diversa valutazione degli stessi inammissibile in questa sede.

La Corte infatti ha ritenuto che la vicenda riferita dal ricorrente non sia credibile, sia pure nell’ambito dell’onere probatorio cd. attenuato, e pertanto, stante la non credibilità della narrazione, doveva escludersi l’esistenza di una situazione di pericolo in caso di rientro nel paese di origine legata alla situazione individuale dell’istante.

In riferimento alla protezione sussidiaria la sentenza impugnata ha ritenuto, con motivazione coerente ed esaustiva, l’assenza di situazioni di violenza indiscriminata e di una situazione di conflitto armato o di violenza generalizzata nella zona di provenienza del ricorrente. A fronte di tali accertamenti, inammissibile si mostra la censura, espressa in ricorso, circa la mancata attivazione nella specie dei poteri ufficiosi di indagine, tenendo presente: a) che la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma. 5, lett. c): tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito, ipotesi integrante un vizio motivazionale non più proponibile in seguito alla modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, apportata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito in L. n. 134 del 2012 (v. Cass., sez. un., n. 8053/2014); b)che qualora le dichiarazioni siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, non occorre procedere ad un approfondimento istruttorio officioso circa la situazione persecutoria nel Paese di origine prospettata dal richiedente ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori (cfr. tra molte: Cass. n. 16925/18; n. 28862/18), ipotesi che nella specie non ricorre; c)che, quanto alla sussistenza nella zona di provenienza del ricorrente di una fattispecie sussumibile nella previsione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), la Corte di merito ha precisato come il Bangladesh non risulti dalle indicate fonti reperibili interessato dalla presenza di un conflitto di livello così elevato da comportare per i civili, per la sola presenza nel territorio in questione, il concreto rischio della vita o di un grave danno alla persona.

Del tutto generica, infine, si mostra la doglianza avverso il diniego di protezione umanitaria: il ricorrente invero, a fronte della valutazione espressa con esaustiva indagine officiosa dalla Corte di merito (in sè evidentemente non rivalutabile in questa sede) circa la insussistenza nella specie di situazioni di vulnerabilità non ha neppure indicato se e quali ragioni di vulnerabilità avesse allegato, diverse da quelle esaminate nel provvedimento impugnato.

Per quanto sopra il ricorso proposto va dichiarato inammissibile. Nulla per le spese. Ricorrono i presupposti processuali per l’applicazione del doppio contributo di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, ove dovuto.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso. Ricorrono i presupposti processuali per l’applicazione del doppio contributo di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima della Corte di Cassazione, il 15 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 23 gennaio 2020

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