Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15167 del 11/07/2011

Cassazione civile sez. lav., 11/07/2011, (ud. 25/05/2011, dep. 11/07/2011), n.15167

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 5474-2009 proposto da:

O.L.N., R.G., F.D.,

C.G., CA.RO., tutti elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA COSTANTINO MORIN 1, presso lo studio

dell’avvocato SCARINGELLA MASSIMILIANO, rappresentati e difesi

dall’avvocato LANDI NICOLA, giusta delega in atti;

– ricorrenti –

ZACCAGNINO FRANCESCO ANTONIO & C. S.A.S., in persona del

legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

CICERONE 49, presso lo studio dell’avvocato GAETANO DI GIACOMO,

rappresentata e difesa dall’avvocato STOPPELLI DANIELE, giusta delega

in atti;

– controricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 991/2008 della CORTE D’APPELLO di POTENZA,

depositata il 20/11/2008 R.G.N. 410/07;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/05/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE NAPOLETANO;

udito l’Avvocato LANDI NICOLA;

udito l’Avvocato SABIA VINCENZO per delega STOPPELLI DANIELE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

MATERA Marcello che ha concluso per accoglimento del ricorso

principale, rigetto dell’incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di Appello di Potenza, riformando la sentenza di primo grado, accoglieva parzialmente la domanda dei lavoratori in epigrafe, proposta nei confronti della società Zaccagnino Francesco Antonio &

C., avente ad oggetto l’impugnativa del licenziamento loro intimato da detta società società per riduzione di personale con tutte le conseguenze economiche e giuridiche di cui alla L. n. 300 del 1970, art. 18.

La predetta Corte, in via preliminare, riteneva di acquisire, in quanto indispensabile, la documentazione prodotta dai lavoratori, tardivamente in primo grado, afferente la dimostrazione della tempestività dell’impugnativa stragiudiziale del licenziamento contestata dalla società nella memoria difensiva di primo grado relativa al giudizio di merito. Tanto sul presupposto dell’esistenza di un indizio confermativo dell’avvenuta tempestiva impugnazione rappresentato dalla circostanza che nel procedimento cautelare il datore di lavoro non aveva eccepito la predetta decadenza.

Ciò premesso la Corte territoriale precisava che trovava, nella specie, applicazione la normativa relativa al licenziamento collettivo di cui alla L. n. 223 del 1991 in quanto, ai fini del requisito dimensionale non bisognava aver riguardo a quello stabilito per l’operatività della L. n. 300 del 1970, art. 18 trattandosi di tutele parallele ciascuna delle quali, quanto all’ambito di applicazione, aveva una propria specifica disciplina.

Conseguentemente la Corte del merito, sul rilievo che ai fini della normativa ex lege n. 223 del 1991 bisognava aver riguardo al numero dei dipendenti dell’impresa nel suo complesso (superiore a 15) con esclusione dal computo solo dei lavoratori assunti con contratto a tempo determinato, riteneva sussistente siffatta condizione, in una all’altra relativa all’avvenuto licenziamento di 5 dipendenti nell’arco di 120 giorni nella stessa unità produttiva.

La predetta Corte, poi, constatata l’inosservanza da parte del datore di lavoro delle procedure previste dalla citata L. n. 223 del 1991, art. 4 qualificava illegittimi i comminati licenziamenti.

Quanto alle conseguenze relative alla affermata inefficacia dei licenziamenti, la Corte territoriale, assumendo che per l’applicabilità della L. n. 300 del 1970, art. 18 era necessario aver riguardo alla ricorrenza del requisito dimensionale previsto da tale norma e che, nella specie, dovevano, pertanto, escludersi dal computo dei lavoratori legati da rapporto di parentela di primo grado in linea diretta e collaterale al socio accomandatario Z. F.A., impiegati presso l’unità produttiva di (OMISSIS), dove erano addetti i lavoratori licenziati, asseriva la non operatività della tutela reale per difetto del relativo requisito dimensionale. Tanto comportava per la Corte potentina la declaratoria d’inefficacia dei licenziamenti con le conseguenze di cui alla tutela obbligatoria della L. n. 604 del 1966, ex art. 8 stabilita, quanto all’indennità, nella misura di sei mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.

Avverso questa sentenza i nominati lavoratori ricorrono in cassazione sulla base di due censure.

Resiste con controricorso la società intimata che propone impugnazione incidentale assistita da un unico motivo cui si oppongono, con controricorso, i menzionati lavoratori.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

I ricorsi vanno preliminarmente riuniti riguardando l’impugnazione della stessa sentenza.

Con il primo motivo del ricorso principale i lavoratori, deducendo violazione della L. n. 223 del 1991, art. 5, comma 3, pongono il relativo quesito di diritto ex art. 366 bis c.p.c..

Sostengono i ricorrenti principali che erroneamente la Corte del merito ha ritenuto una volta dichiarati a norma della denunciata legge inefficaci i licenziamenti ai fini dell’applicabilità della tutela reale necessaria la ricorrenza del requisito dimensionale stabilito dalla L. n. 300 del 1970, art. 18 e successive modificazioni.

Con la seconda censura i ricorrenti principali denunciano omessa motivazione in punto di mancata applicazione della tutela reale a fronte delle specifiche e concrete doglianze sollevate circa l’applicabilità diretta della L. n. del 1970, art. 18.

Con l’unico motivo del ricorso incidentale la società, allegando violazione degli artt. 414, 416, 420 e 437 c.p.c., formula vari quesiti di diritto ex art. 366 bis c.p.c. cit..

Contesta, sostanzialmente la società, la possibilità per il giudice di appello, in caso di mancata allegazione e produzione nel ricorso introduttivo del giudizio della avvenuta impugnazione stragiudiziale del licenziamento a fronte dell’eccezione, sollevata da essa società, di decadenza dall’impugnativa e di mancata controdeduzione dei lavoratori nella prima successiva udienza utile di poter acquisire, facendo uso dei poteri d’ufficio ex art. 437 c.p.c., il documento comprovante l’avvenuta e tempestiva impugnazione, nonostante il giudice di primo grado avesse rigettato la domanda per la intervenuta eccepita decadenza.

E’ pregiudiziale l’esame del ricorso incidentale.

Sul punto la Corte del merito, richiamandosi all’orientamento di questa Corte di cui alle sentenze rispettivamente delle Sezioni Unite del 20 aprile 2005 n. 8202 e della sezione lavoro del 9 novembre 20C6 n. 23882, ritiene di acquisire, in quanto indispensabile, la documentazione dei lavoratori, prodotta tardivamente in primo grado, ossia “dopo la prima udienza di discussione successiva alla comparsa di costituzione contenente l’eccezione di decadenza”, relativa alla prova della tempestività dell’impugnativa stragiudiziale del licenziamento contestata dalla società nella memoria difensiva di primo grado del giudizio di merito. Tanto sul rilievo dell’esistenza di un indizio, confermativo dell’avvenuta tempestiva impugnazione, rappresentato dalla circostanza che nel procedimento cautelare il datore di lavoro non aveva eccepito la predetta decadenza.

La Corte territoriale, tuttavia, ancorchè si richiami al principio sancito dalla citata sentenza n. 8202 del 2005 delle Sezioni Unite, da questo se ne discosta in quanto non tiene in debito conto che, con la citata pronuncia, si è affermata la regola iuris secondo la quale il sistema di preclusioni di cui al combinato disposto dell’art. 416 c.p.c., comma 3, e art. 437 c.p.c., comma 2 trova un contemperamento nei poteri d’ufficio del giudice in materia di ammissione di nuovi mezzi di prova ove essi siano indispensabili ai fini della decisione della causa, ma si è anche asserita l’ulteriore regola in base alla quale detti poteri possono essere esercitati solo con riferimento a fatti allegati dalle parti ed emersi nel processo a seguito del contraddittorio delle parti stesse, salvo che la produzione successiva non sia giustificata dal tempo della loro formazione o dall’evolversi della vicenda processuale successivamente al ricorso ed alla memoria di costituzione.

La stessa pronuncia, richiamata nella sentenza impugnata, della sezione lavoro del 9 novembre 2006 n. 23882, la quale ha ritenuto legittimo l’operato del giudice d’appello, che aveva acquisito agli atta la documentazione degli uffici postali necessaria al fine di accertare la veridicità delle deduzioni del lavoratore circa la tempestività dell’impugnativa del licenziamento, in replica all’eccepita decadenza per intempestività dell’atto di impugnazione, presuppone che l’esercizio dei poteri istruttori d’ufficio sia avvenuto pur sempre con riferimento a fatti ritualmente e tempestivamente allegati dalle parti.

Nè può sottacersi che la limitazione in parola trova riscontro nella unanime successiva giurisprudenza di questa Corte la quale ha, appunto,sottolineato che il potere d’ufficio del giudice in materia di ammissione di nuovi mezzi di prova, ai sensi dell’art. 437 c.p.c., comma 2, ove essi siano indispensabili ai fini della decisione della causa, va esercitato esclusivamente nell’ambito dei fatti ritualmente allegati dalle parti ed emersi nel processo a seguito del contraddittorio (Cfr, per tutte Cass. 5 luglio 2007 n. 15228, Cass. 10 luglio 2008 n. 18884, Cass. 2 febbraio 2009 n. 2577 e Cass. 26 maggio 2010 n. 12847).

Nella specie, invece, la Corte del merito, pur accertando che i lavoratori avevano allegato, in primo grado, la documentazione in questione solo dopo la prima udienza successiva alla memoria di costituzione della società – circostanza questa che aveva indotto il giudice di primo grado a ritenere inammissibile la produzione di detta documentazione ed a rigettare, quindi, la domanda dei lavoratori per intervenuta decadenza dall’impugnativa del licenziamento – ritiene ammissibile, in quanto indispensabile, la documentazione in parola. Ma non tiene conto, la Corte Territoriale come censurato nel ricorso incidentale in esame, che l’allegazione del fatto – rappresentato dalla avvenuta e nei termini impugnazione stragiudiziale del licenziamento – non era tempestiva rispetto all’evolversi della vicenda processuale successivamente al ricorso ed alla memoria di costituzione e, quindi, come tale doveva considerarsi tardiva, si che non poteva esercitarsi il potere d’ufficio del giudice ex art. 437 c.p.c., dovendosi considerare quel fatto, in quanto tardivamente dedotto, come non allegato.

Nè è idoneo a superare la non tempestività della allegazione il rilievo, proprio della Corte del merito, secondo il quale la circostanza che nel procedimento cautelare il datore di lavoro non aveva eccepito la decadenza per omessa o tardiva impugnazione stragiudiziale del licenziamento, costituendo siffatta circostanza, a parere della Corte territoriale, indizio confermativo dell’avvenuta tempestiva impugnazione.

Questa Corte, infatti, ha sancito che i provvedimenti ex art. 700 c.p.c. hanno natura strumentale e provvisoria, e sono privi dei requisiti propri della sentenza, o, comunque, di un provvedimento decisorio atto a produrre effetti di diritto sostanziale o processuale con autorità di giudicato con la conseguenza che il relativo procedimento non provoca preclusioni o decadenze, e nel successivo giudizio di merito possono essere fatte valere tutte le eccezioni e decadenze anche non opposte nel giudizio cautelare o sulle quali il giudice adito non abbia assunto alcuna decisione (Cass. 2 ottobre 2001 n. 12193). Tanto sta a significare che alcun rilievo processuale, ai fini di cui trattasi, poteva assumere la circostanza in base alla quale nella fase cautelare il datore di lavoro non aveva eccepito la decadenza della L. del 15 luglio 1966, n. 604, ex art. 6.

In conclusione deve ribadirsi e precisarsi, in adesione alla citata sentenza delle Sezioni Unite del 20 aprile 2005 n. 8202, che il sistema di preclusioni di cui al combinato disposto dell’art. 416 c.p.c., comma 3, e art. 437 c.p.c., comma 2 pur trovando un contemperamento nei poteri d’ufficio del giudice in materia di ammissione di nuovi mezzi di prova ove essi siano indispensabili ai fini della decisione della causa, è limitato all’esercizio di tali poteri esclusivamente con riferimento a fatti allegati tempestivamente e ritualmente dalle parti ed emersi nel processo a seguito del contraddittorio delle parti stesse e, tanto, avuto riguardo anche al caso in cui la produzione postuma di documenti sia giustificata dal tempo della loro formazione o dall’evolversi della vicenda processuale successivamente al ricorso ed alla memoria di costituzione, essendo pur sempre necessario che detta produzione allegazione del fatto – avvenga nella prima udienza successiva utile, verificandosi altrimenti la preclusione di cui al combinato disposto dell’art. 416 c.p.c., comma 3, e art. 437 c.p.c., comma 2, non superabile, in questo caso, anche ex art. 437 c.p.c., comma 2.

Diversamente il processo del lavoro non sarebbe conforme ai principi d’immediatezza, speditezza ed oralità che ne costituiscono la fondamentale ratio legis che ha ispirato la riforma e non sarebbe, soprattutto, in linea con regole del giusto processo.

La Corte di Appello pertanto, ammettendo, in base alla disposizione di cui al secondo dell’art. 437 c.p.c., la documentazione – attestante la tempestiva impugnazione stragiudiziale del licenziamento-allegata solo “dopo la prima udienza di discussione successiva alla comparsa di costituzione contenente l’eccezione di decadenza” non si è attenuta al principio di diritto sopra enunciato ed è incorsa nella denunciata violazione di legge.

L’appello incidentale, quindi, va accolto rimanendo assorbito l’esame del ricorso principale.

Conseguentemente la sentenza impugnata va cassata; non essendo necessari ulteriori accertamenti e potendosi decidere nel merito, ex art. 384 secondo comma epe, va rigettata l’originaria domanda dei ricorrenti.

In considerazione del contrastante orientamento espresso dai giudica del merito e della specificità della vicenda processuale stimasi compensare tra le parti le spese dell’intero processo.

P.Q.M.

La Corte riuniti i ricorsi, accoglie il ricorso incidentale, dichiara assorbito quello principale, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta la domanda degli originari ricorrenti. Compensa tra le parti le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 25 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 11 luglio 2011

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