Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15166 del 02/07/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 15166 Anno 2014
Presidente: MAMMONE GIOVANNI
Relatore: FERNANDES GIULIO

ORDINANZA
sul ricorso 8847-2012 proposto da:
POSTE ITALIANE SPA 97103880585 – società con socio unico – in
persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione e legale
rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIALE MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato FIORILLO
LUIGI, che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del
ricorso;
– ricorrente contro
DI GIORGIO SAVERIO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
RENO 21, presso lo studio dell’avvocato RIZZO ROBERTO, che lo
rappresenta e, difende, giusta procura speciale a margine del
controricorso;
– controricorrente –

300 9

Data pubblicazione: 02/07/2014

avverso la sentenza n. 6382/2008 della CORTE D’APPELLO di
ROMA del 23.9.08, depositata il 31/03/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio
dell’I /04/2014 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIO

FERNANDES.

Ric. 2012 n. 08847 sez. ML – ud. 01-04-2014
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FATTO E DIRITTO
La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 10 aprile
2014, ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base della seguente relazione redatta a
norma dell’art. 380 bis c.p.c.:
” La Corte di appello di Roma, con sentenza del 31 marzo 2011, in

nullità del termine apposto al contratto di lavoro intercorso tra Poste
Italiane e Di Giorgio Saverio per il periodo dal 2.10.2000 al 31.1.2001 ed
accertava la intercorrenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo
indeterminato a decorrere dal 2.10.2000, confermando nel resto la
decisione relativamente alla condanna della società al pagamento delle
retribuzioni “medio tempore” maturate.
Il termine al contratto era stato apposto ” per esigenze eccezionali
conseguenti alla fase di ristrutturazione e di rirnodulazione degli assetti
occupazionali in corso, in ragione della graduale introduzione di nuovi
processi produttivi, di sperimentazione di nuovi servizi e di attesa
dell’attuazione del progressivo e completo equilibrio sul territorio delle
risorse umane”.
La Corte territoriale rilevava che detto contratto era stato stipulato
dopo lo spirare del termine massimo di vigenza della contrattazione che
autorizzava le ipotesi “ulteriori” di legittima apposizione del termine ai
contratti di lavoro con la società Poste Italiane (e cioè dopo il 30/4/1998).
Quanto al risarcimento del danno osservava che correttamente il primo
giudice aveva riconosciuto le retribuzioni a decorrere dalla offerta della
prestazione lavorativa da parte del Di Giorgio.
Per la cassazione della sentenza propone ricorso Poste Italiane s.p.a.
affidato a quattro motivi.
Il Di Giorgio resiste con controricorso.

i

parziale riforma della decisione del Tribunale di Roma, dichiarava la

Con il primo motivo del ricorso viene dedotta omessa motivazione in
ordine agli artt. 1372, commi 1° 2° c.c., 1175 , 1375, 2697, 1427 e 1431
c.c. e 100 c.p.c. per non aver la Corte di merito pronunciato in merito alla
reiterata eccezione di scioglimento del rapporto per mutuo consenso
stante la prolungata inerzia del Di Giorgio prima di contestare la

protrattasi per oltre due anni dopo la cessazione dello stesso.
Il motivo è inammissibile.
Non rinvenendosi, infatti, nella decisione impugnata alcuna espressa
statuizione in ordine a tale eccezione, la censura prospettata appare priva
di alcuna connessione con il decisum dei giudici di appello, e, comunque, si
deve rammentare come l’omessa pronuncia sulla domanda, ovvero su
specifiche eccezioni sollevate dalla parte, integra una violazione dell’art.
112 c.p.c., che deve essere fatta valere esclusivamente a norma dell’art. 360
c.p.c., n. 4, con la conseguenza che va ritenuto inammissibile il motivo di
ricorso con il quale la relativa censura sia proposta sotto il profilo della
violazione di norme di diritto, ovvero come vizio di motivazione (v. ad es.
Cass. n. 24282/2011; Cass. n. 24856/2006; Cass. n. 14003/2004).
Con il secondo ed il terzo motivo di ricorso viene dedotta violazione
della L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23, dell’art. 8 del c.c.n.l. 26.11.94,
nonché degli accordi sindacali 25.9.97, 16.1.98, 27.4.98, 2.7.98 e 18.1.2001,
e vizio di motivazione, contestandosi l’interpretazione data alla
contrattazione collettiva dal giudice di merito, con particolare riguardo al
potere normativamente attribuito alla contrattazione collettiva di
individuare nuove ipotesi di assunzione a termine, in aggiunta a quelle
stabilite dall’ordinamento, che, secondo l’assunto, poteva essere esercitato
senza limiti di tempo, non prevedendosi alcun limite temporale al
riguardo, con la conseguenza che agli accordi cd. attuativi del contratto del
25.9.1997 non poteva che riconoscersi una funzione meramente

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illegittimità del termine apposto al contratto stipulato con la società

ricognitiva della permanenza delle esigenze sottese alla necessità di
stipulare ulteriori contratti a termine.
Entrambi i motivi sono infondati.
Questa Corte ha, infatti, affermato, sulla scia di Cass. S.U. 2 marzo 2006
n. 4588, che “l’attribuzione alla contrattazione collettiva, L. n. 56 del 1987,

a quelli previsti dalla L. n. 230 del 1962, discende dall’intento del
legislatore di considerare l’esame congiunto delle parti sociali sulle
necessità del mercato del lavoro idonea garanzia per i lavoratori ed
efficace salvaguardia per i loro diritti (con l’unico limite della
predeterminazione della percentuale di lavoratori da assumere a termine
rispetto a quelli impiegati a tempo indeterminato) e prescinde, pertanto,
dalla necessità di individuare ipotesi specifiche di collegamento fra
contratti ed esigenze aziendali o di riferirsi a condizioni oggettive di lavoro
o soggettive dei lavoratori ovvero di fissare contrattualmente limiti
temporali all’autorizzazione data al datore di lavoro di procedere ad
assunzioni a tempo determinato” (cfr. Cass. 4 agosto 2008 n. 21063; cfr.
altresì Cass. 20 aprile 2006 n. 9245, Cass. 7 marzo 2005 n. 4862, Cass. 26
luglio 2004 n. 14011). “Ne risulta, quindi, una sorta di “delega in bianco” a
favore dei contratti collettivi e dei sindacati che ne sorto destinatari, non
essendo questi vincolati all’individuazione di ipotesi comunque omologhe
a quelle previste dalla legge, ma dovendo operare sul medesimo piano
della disciplina generale in materia ed inserendosi nel sistema da questa
delineato.” (cfr, fra le altre, Cass. 4 agosto 2008 n. 21062, Cass. 23 agosto
2006 n, 18378); in tale quadro, ove però, come nel caso di specie, un limite
temporale sia stato previsto dalle parti collettive (anche con accordi
integrativi del contratto collettivo) la sua inosservanza
determina la nullità della clausola di apposizione del termine (v. fra le altre
Cass. 23 agosto 2006 n. 18383, Cass. 14 aprile 2005 n. 7745, Cass. 14

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ex art. 23, del potere di definire nuovi casi di assunzione a termine rispetto

febbraio 2004 n. 2866); in particolare, quindi, come questa Corte ha
univocamente affermato, “in materia di assunzioni a termine di dipendenti
postali, con l’accordo sindacale del 25 settembre 1997, integrativo dell’art.
8 del c.c.n.l. 26 novembre 1994, e con il successivo accordo attuativo,
sottoscritto in data 16 gennaio 1998, le parti hanno convenuto di

trasformazione giuridica dell’ente ed alla conseguente ristrutturazione
aziendale e rirnodulazione degli assetti-occupazionali in corso di
attuazione, fino alla data del 30 aprile 1998; ne consegue che deve
escludersi la legittimità delle assunzioni a termine cadute dopo il 30 aprile
1998, per carenza del presupposto normativo derogatorio, con l’ulteriore
conseguenza della trasformazione degli stessi contratti
in contratti a tempo indeterminato, in forza della L. 18 aprile 1962, n. 230,
art. 1” (v., fra le altre, Cass. 1 ottobre 2007 n. 20608; Cass. 28 gennaio
2008 n. 28450; Cass. 4 agosto 2008 n. 21062; Cass. 27 marzo 2008 n.
7979, Cass. 1838/2006 cit.).
Tale interpretazione degli accordi attuativi (e in particolare dell’ultimo
citato) è fondata sul significato letterale delle espressioni usate, che è così
evidente e univoco (“in conseguenza di ciò e per far fronte alle predette
esigenze si potrà procedere ad assunzioni di personale straordinario con
contratto a tempo determinato fino al 30.4.98”) che non necessita di un
più diffuso ragionamento al fine della ricostruzione della volontà delle
parti (cfr ex plurimis: Cass. n. 12245/2003, Cass. n. 12453/2003), mentre,
diversamente opinando – ritenendo cioè che la parti non abbiano inteso
introdurre limiti temporali alla deroga – si dovrebbe concludere che gli
accordi attuativi, così definiti dalle parti sindacali, fossero in sostanza
“,

senza senso” (cosi testualmente Cass. n. 2866/2004).
Peraltro, al riguardo deve ritenersi irrilevante l’accordo del 18 gennaio

2001, invocato dalla società, in quanto stipulato dopo oltre due anni dalla

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riconoscere la sussistenza della situazione straordinaria, relativa alla

scadenza dell’ultima proroga; ed infatti, ammesso che le parti stipulanti
abbiano espresso l’intento di interpretare autenticamente gli accordi
precedenti, con effetti di sanatoria delle assunzioni a termine effettuate
senza la copertura dell’accordo del 25 settembre 1997 (scaduto in forza
degli accordi attuativi), considerata l’indisponibilità dei diritti dei lavoratori

avessero il potere, anche mediante lo strumento dell’interpretazione
autentica (previsto solo per lo speciale settore del lavoro pubblico,
secondo la disciplina del D.Lgs. n. 165 del 2001), di autorizzare
retroattivamente la stipulazione di contratti a termine non più legittimi per
effetto della durata in precedenza stabilita (cfr. ex pluritnis n. 13701 del 2012
Cass. n. 5141/2004).
Con il quarto motivo viene dedotta omessa motivazione sulla eccezione
relativa all’aliunde perceptum” e “aliunde percipiendum” e si invoca
l’applicazione dello ius superveniens, rappresentato dalla L. 4 novembre 2010,
n. 183, art. 32, commi 5, 6 e 7 in vigore dal 24 novembre 2010.
Il motivo, concernendo la liquidazione del risarcimento del danno
rispetto alla quale la Corte di appello ha rigettato il motivo di gravame
proposto sul punto da Poste Italiane, comporta l’ingresso nel presente
giudizio di legittimità dell’invocato ius superveniens ed è fondato.
Come affermato da questa Corte (Cass., n. 3056 del 2012 e da numerose
altre successive), lo “ius superveniens” costituito dalla L. n. 183 del 2010,
ex art. 32, commi 5, 6 e 7, (applicabile nel giudizio pendente in grado di
legittimità qualora pertinente alle questioni dedotte nel ricorso per
cassazione) configura, alla luce dell’interpretazione adeguatrice offerta dalla
Corte costituzionale con sentenza n. 303 del 2011, una sorta di penale “ex
lege” a carico del datore di lavoro che ha apposto il termine nullo;
pertanto, l’importo dell’indennità è liquidato dal giudice, nei limiti e con i
criteri fissati dalla novella, a prescindere dall’intervenuta costituzione in

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già perfezionatisi, dovrebbe comunque escludersi che le parti stesse

mora del datore di lavoro e dalla prova di un danno effettivamente subito
dal lavoratore (senza riguardo, quindi, per l’eventuale “aliunde
perceptum”), trattandosi di indennità “forfefizzata” e “onnicomprensiva”
per i danni causati dalla nullità del termine nel periodo cosiddetto
“intermedio” (dalla scadenza del termine alla sentenza di conversione).

proc. civ., n. 5, l’accoglimento del ricorso nei termini di cui sopra con
cassazione della impugnata sentenza e rinvio alla Corte di Appello la quale
provvederà nella specie anche ai sensi di quanto disposto in rito dal citato
art. 32, comma 7.”.
Sono seguite le rituali comunicazione e notifica della suddetta relazione,
unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di
consiglio.
Il Di Giorgio ha depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c. nella quale si
deduce: la inammissibilità del quarto motivo di ricorso e la conseguente
inapplicabilità dell’art. 32 cit. essendo passato in giudicato il capo della
impugnata sentenza relativo alle conseguenze risarcitorie della ritenuta
nullità del termine; la rilevanza nel caso in esame della sentenza della Corte
di Giustizia UE relativa alla causa Carratù contro Poste Italiane s.p.a. .
Orbene, osserva il Collegio che il quarto mezzo di ricorso non è
inammissibile essendo stata, comunque, chiesta l’applicazione dello ius
superveniens su un capo della decisione ancora sub iudice e in quanto oggetto
di censure, dunque, ancora non coperto dal giudicato.
Quanto alla decisione Carratù contro Poste Italiane si evidenzia che la
Corte di Giustizia UE ha affermato che sulla scorta del solo principio di
uguaglianza/non discriminazione, previsto dalla Clausola 4 della Direttiva
1999/70/Ce, non si può ritenere violata la parità di trattamento, perchè
non appaiono direttamente comparabili la tutela prevista per la illegittima
interruzione dei contratti a tempo indeterminato ex art. 18 1. 300/70, nella

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Per tutto quanto sopra considerato, si propone, ex art. 375 cod.

formulazione ante riforma c.d. Fornero, e quella dovuta per l’ipotesi di
illegittima interruzione dei contratti a termine (punti 44 e 45 della
Sentenza). Le conseguenze della illegittima interruzione del rapporto di
lavoro a termine non trovano quindi tutela sulla scorta della sola Clausola
4.

conclusioni della riportata relazione condivisibili e, dunque, accoglie il
ricorso limitatamente al quarto motivo e cassa in relazione al motivo
accolto l’impugnata sentenza e rinvia alla Corte di appello di Roma in
diversa composizione anche per le spese.
P.Q.M.
La Corte accoglie

il ricorso limitatamente al quarto motivo, cassa

l’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di
appello dì Roma in diversa composizione anche per le spese.
Così deciso in Roma, il 1° aprile 2014
Il Presidente

Alla luce di quanto esposto il Collegio ritiene il contenuto e le

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