Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15165 del 31/05/2021

Cassazione civile sez. I, 31/05/2021, (ud. 15/04/2021, dep. 31/05/2021), n.15165

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18044/2015 proposto da:

Comune di Cuorgnè, in persona del sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in Roma, Via Cosseria n. 5, presso lo studio

dell’avvocato Romanelli Guido Francesco, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato Fogagnolo Maurizio, giusta procura

in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Consorzio Azienda Servizi Ambiente – A.S.A. in Amministrazione

Straordinaria, in persona del Commissario straordinario pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma, Via Francesco Denza n. 3, presso

lo studio dell’avvocato Martucci Angelo, rappresentato e difeso

dall’avvocato Della Gatta Monica, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di IVREA, depositato il 15/06/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/04/2021 dal cons. NAZZICONE LOREDANA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Viene proposto dal Comune di Cuorgnè (TO) ricorso per cassazione, fondato su quattro motivi, avverso il decreto del Tribunale di Ivrea del 15 giugno 2015, con il quale è stata dichiarata inammissibile l’impugnazione dello stato passivo dell’Amministrazione Straordinaria del Consorzio Azienda Servizi Ambiente-ASA, relativo al credito di Euro 184.012,45, in chirografo, quale rimborso dei costi sostenuti dal Comune per l’utilizzo del personale proprio, la gestione dello sportello al cittadino TIA e il pagamento delle rate di mutuo, somma residuata all’esito della compensazione con i debiti verso la controparte.

Si difende con controricorso la procedura intimata.

Le parti hanno depositato le memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – I motivi di ricorso sono i seguenti:

1) violazione o falsa applicazione dell’art. 24 Cost., artt. 99 e 104 c.p.c., e art. 329 c.p.c., comma 2, L.Fall., artt. 98 e 99, perchè l’istanza per l’insinuazione allo stato passivo aveva avuto ad oggetto più crediti indipendenti tra di loro, in quanto fondati su titoli giuridici differenti, onde l’istante ha proposto due distinte opposizioni allo stato passivo, in pari data, per ciascuna di tali domande disattese, relative a crediti del tutto autonomi ed oggetto di domande scindibili: pertanto, il c.d. principio di consumazione dell’impugnazione è stato applicato erroneamente dal giudice del merito; nè la speciale procedura L.Fall., ex artt. 98 e 99, contempla una disposizione che precluda al soggetto di formulare distinte opposizioni per ciascuno dei diversi crediti;

2) violazione o falsa applicazione degli artt. 24 e 111 Cost., artt. 358 e 387 c.p.c., L.Fall., art. 99, perchè il tribunale ha preso una posizione meramente formalista, senza considerare che i menzionati articoli del codice di rito, secondo cui l’impugnazione non è proponibile dopo che la precedente sia stata dichiarata inammissibile, non si attagliano in via analogica al procedimento di opposizione allo stato passivo, non essendo il decreto che rende esecutivo lo stato passivo un provvedimento idoneo a passare in giudicato; inoltre, per applicare correttamente il principio di consumazione dell’azione occorre tenere conto della ragione che abbia determinato la presentazione di una seconda impugnazione;

3) violazione o falsa applicazione dell’art. 329 c.p.c., comma 2, in quanto difetta, nella specie, del tutto il requisito soggettivo della volontarietà di rinuncia ad agire, che invece è elemento di tale disposizione: il ricorrente presentò, infatti, contestualmente due distinti gravami, all’espresso ed esclusivo fine di suddividere le vicende creditorie in funzione dei differenti titoli su cui esse si fondavano, dandone menzione in entrambi i ricorsi;

4) omesso esame di fatto decisivo o motivazione omessa, circa la sussistenza di tale volontà espressa di impugnare entrambi i decreti.

2. – Il Tribunale ha rilevato che il Comune ebbe a formulare un’unica domanda di insinuazione al passivo, comprendente i crediti aventi due diverse causali: il rimborso dei costi sostenuti dal Comune per l’utilizzo del personale proprio, la gestione dello sportello al cittadino TIA e il pagamento delle rate di mutuo, da un lato; il pagamento della somma di Euro 3.000.000,00, con riguardo alla convenzione conclusa il giorno 11 ottobre 2005, dall’altro lato.

Pertanto, avendo il Comune proposto separata opposizione al passivo con riguardo alle domande aventi ad oggetto quest’ultima categoria di crediti, ha ritenuto consumato il potere di impugnazione e la seconda opposizione inammissibile.

Ciò, perchè ha qualificato l’opposizione proposta innanzi a sè come caratterizzata solo da ragioni e titoli diversi avverso un medesimo provvedimento reso.

3. – Ciò posto, i motivi di ricorso, che possono essere congiuntamente trattati in quanto mirano tutti a censurare l’applicazione alla vicenda processuale in esame del cd. principio di consumazione, sono fondati, nei limiti e con gli argomenti di seguito esposti.

Secondo il principio della c.d. consumazione dell’impugnazione, questa è inammissibile se, al momento dell’introduzione del nuovo gravame, sia già intervenuta la dichiarazione d’inammissibilità o improcedibilità di quello precedente (cfr. Cass. 22 maggio 2018, n. 12584; Cass. 4 giugno 2018, n. 14214).

In particolare, il c.d. principio di consumazione dell’impugnazione, come desunto dalla giurisprudenza in forza dell’art. 329 c.p.c., afferma che è possibile presentare una seconda impugnazione soltanto al fine di sostituire quella già proposta, ove sia affetta da vizi, consentendosi la proposizione di un’ulteriore impugnazione solo nel particolare caso in cui debba procedersi alla tempestiva rinnovazione di un atto nullo, e sempre che non sia intervenuta declaratoria di inammissibilità o improcedibilità; del pari dal comma 2 di tale disposizione, laddove prevede l’acquiescenza alle parti non contestate del provvedimento in caso di impugnazione parziale, si trae il criterio della non frazionabilità dell’impugnazione (per il quale cfr. Cass. 14 novembre 2006, n. 24219; Cass. 6 dicembre 2001, n. 15442).

Peraltro, anche con riguardo all’appello ed al ricorso per cassazione, si è precisato (Cass. 29 settembre 2005, n. 19171) che l’acquiescenza parziale prevista dall’art. 329 c.p.c., comma 2, è configurabile solo nell’ambito della medesima causa, ovvero di cause inscindibili o dipendenti, non potendosi configurare, al di fuori dell’ipotesi particolare disciplinata dal predetto art. 329, comma 2, l’esistenza di un generale principio di consumazione del potere di impugnazione fondato sulla acquiescenza alle parti della sentenza non impugnate.

Inoltre, occorre al riguardo tenere distinte le cause ad oggetto diverso, sia pure formalmente uniche, in quanto in tale ipotesi la decisione non riguarda la stessa causa oggetto della precedente sentenza, ma una causa diversa che, per effetto della trattazione unitaria nel giudizio di merito, è stata definita mediante sentenza solo formalmente unica (Cass. 20 giugno 2008, n. 16826), perchè allora le impugnazioni hanno ad oggetto una sentenza che contenga pronunce relative a cause scindibili trattate unitariamente.

Più in generale, occorre osservare che l’opposizione allo stato passivo instaura certamente un giudizio di natura impugnatoria (cfr., fra le tante, Cass. 3 novembre 2017, n. 26225; Cass. 21 settembre 2017, n. 22006; Cass. 30 marzo 2012, n. 5167).

Tuttavia, si tratta di un giudizio impugnatorio con caratteri suoi propri: innanzi al giudice delegato, la parte ebbe a proporre due domande con un solo atto, per le quali, in seguito, avanzò due opposizioni distinte, entrambe nei termini di legge, per i due distinti crediti, tenendo quindi le domande separate in sede di opposizione, come era lecito.

Invero, si è già osservato che le controversie in materia di opposizione allo stato passivo non rientrano tra i giudizi di impugnazione in senso proprio, trattandosi piuttosto di un gravame che apre la fase a cognizione piena (Cass. 25 gennaio 2018, n. 1895).

Dunque, l’odierna ricorrente ha separato formalmente le pretese in due atti diversi, ma le domande restano le medesime ed entrambe sono state depositate entro i termini di legge.

Occorre, invero, considerare come il decreto di esecutività dello stato passivo decida tutte le domande di insinuazione, senza che possa quindi – a differenza che nei giudizi ordinari di cognizione riscontrarsi un’unica e specifica controversia, restando ogni decisione in sè autonoma, all’interno del provvedimento di esecutività dello stato passivo predisposto.

L’inapplicabilità del principio elaborato dal tribunale, pertanto, deriva dal prevedere la L.Fall., art. 98, comma 1, secondo il procedimento predisposto dalla legge fallimentare, le categorie di impugnazione, di diverso contenuto – opposizione, impugnazione dei crediti ammessi o revocazione – tutte convergenti nell’impugnare il medesimo decreto.

Si tratta, dunque, di un giudizio impugnatorio sui generis, non avverso un provvedimento reso tra singole parti, ma in sede di accertamento concorsuale, onde per ogni credito vi è diritto di impugnazione del decreto, addirittura con la facoltà per ogni creditore di impugnare il credito dell’altro: secondo un schema processuale affatto diverso dall’ordinario giudizio di cognizione.

Non vi è unicità della decisione assunta nel pur unico decreto di esecutività, onde ciascun provvedimento ha una sua autonomia e può essere autonomamente impugnato.

Si noti, fra l’altro, che in un caso – come quello di specie – in cui le opposizioni siano state notificate insieme alla curatela, neppure sarebbe possibile individuare quale delle due avrebbe consumato il potere di impugnazione, ad ulteriore conferma della inapplicabilità alla vicenda della relativa disciplina.

Pertanto, nel caso in cui l’opposizione al passivo viene proposta dal medesimo creditore – che abbia avanzato un’unitaria istanza di insinuazione innanzi al g.d. – mediante due distinti atti di opposizione, contestuali ed espressamente riferentesi l’uno all’altro, il secondo cronologicamente esaminato dal giudice non è inammissibile sulla base del c.d. principio di consumazione dell’impugnazione: infatti, ove entrambe le opposizioni siano tempestive, non può dirsi che la ragione di inammissibilità risieda solo in tale duplice impugnazione, in quanto ciascuna volta ad opporsi all’esclusione di uno specifico credito.

Onde è ammesso che, in un caso come quello all’esame, in cui sia stata proposta separata opposizione in via autonoma contro lo stesso provvedimento, il tribunale, dopo aver deciso separatamente una opposizione, conosca anche dell’altra.

In tale ipotesi, la decisione non riguarda la stessa causa oggetto della precedente sentenza, ma una causa diversa che, per effetto della trattazione unitaria nel giudizio di merito, è stata definita mediante sentenza solo formalmente unica.

4. – In conclusione, il decreto impugnato va cassato e la causa va rinviata innanzi al giudice del merito, in diversa composizione, perchè provveda alla nuova valutazione del materiale istruttorio sulla base del prìncipio enunciato, nonchè alla liquidazione delle spese di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia la causa innanzi al Tribunale di Ivrea, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 15 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 31 maggio 2021

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