Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15165 del 20/06/2017


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Cassazione civile, sez. III, 20/06/2017, (ud. 04/04/2017, dep.20/06/2017),  n. 15165

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25110-2015 proposto da:

M.V., domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

ELISABETTA VINATTIERI giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, MINISTERO DELL’INTERNO

(OMISSIS), SINDACI DEI COMUNI DI PRATO E CARMIGNANO,

P.G., PU.AN., M.D., PROVINCIA DI PRATO,

COMITATO PROV.LE PRATO PER ORDINE E SICUREZZA, L.L.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1451/2014 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 12/09/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

04/04/2017 dal Consigliere Dott. RAFFAELE FRASCA;

Fatto

RILEVATO

che:

1. M.V. ha proposto ricorso per cassazione contro la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero dell’Interno, i Sindaci dei Comuni di Prato e di Carmignano, P.G., Pu.An., M.D., la Provincia di Prato, il Comitato Provinciale di prato per l’ordine e la Sicurezza e L.L., avverso la sentenza del 12 settembre 2014, con cui la Corte d’Appello di Firenze ha dichiarato inammissibile per difetto del requisito di cui all’art. 342 c.p.c. e gradatamente infondato, il suo appello avverso la sentenza resa in primo grado dal Tribunale di Firenze il 1 luglio 2008, con cui quel tribunale aveva rigettato per mancanza di prove in ordine a condotte colpose dei convenuti, omissive e commissive, la domanda da esso ricorrente proposte per ottenere il risarcimento dei danni sofferti in occasione di un’aggressione sofferta il (OMISSIS), mentre si trovava nel parcheggio sito nei pressi del (OMISSIS).

2. Al ricorso non v’è stata resistenza di alcuno degli intimati.

3. La trattazione del ricorso fissata in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., comma 1 e non v’è stata formulazione di conclusioni da parte del Pubblico Ministero, nè deposito di memoria da parte del ricorrente.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo di ricorso si censura la motivazione dell’inammissibilità dell’appello per difetto di specificità, che è l’unica impugnabile, giusta Cass. sez. un. n. 3840 del 2007, deducendo “violazione e falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c.”.

Il motivo è inammissibile gradatamente per inosservanza dell’art. 366 c.p.c., n. 6 e perchè non si fa carico dell’intera motivazione con cui la corte territoriale ha sostenuto la violazione dell’art. 342 c.p.c.

1.1. Sotto il primo aspetto, rileva il Collegio che nella illustrazione si omette di fornire una riproduzione diretta del tenore di quello che la sentenza dice essere stato l’unico motivo di appello.

Si fa invece – a pagine 24 e 25 – una riproduzione indiretta di quello che sarebbe stato il tenore dell’appello, dopo avere indicato che la critica alla sentenza di primo grado era stata fatta nelle pagine da 19 a 22 e che essa aveva riguardato la sentenza di primo grado, là dove aveva “negato il diritto sulla scorta dei seguenti ragionamenti: a) il sig. M. non sembra un soggetto destinatario di scorta permanente (circostanza che nessuna delle parti del presente giudizio aveva sollevato); b) il dovere di protezione dello Stato nei confronti del Sig. M.V. è uguale a quello di tutti gli altri Cittadini.”.

Si omette, però, di indicare se e dove sia stata prodotta in questo giudizio di legittimità la sentenza di primo grado e non si indica se e dove l’atto di appello sia stato prodotto e sarebbe esaminabile in questo giudizio di legittimità e nemmeno si dichiara di volere fare riferimento alla sua presenza nel fascicolo d’ufficio, come ammette Cass., Sez. Un. n. 22726 del 2011, al fine, però, di esentale il ricorrente dall’onere di produzione, prescritto dal n. 4 dell’art. 369 c.p.c., comma 2, sottolineando la necessità, ai fini del rispetto dell’art. 366, n. 6, dell’onere di indicare di voler fare riferimento a detta presenza.

La localizzazione in questo giudizio di legittimità dell’atto di appello e della sentenza di primo grado, trattandosi di atti sui quali si fonda il motivo, era necessaria agli effetti del rispetto dell’art. 366 c.p.c., n. 6 che concerne anche gli atti processuali.

1.2. Sotto il secondo profilo si rileva che quanto enunciato alle pagine 24-25 e che dovrebbe riprodurre indirettamente le ragioni del motivo di appello non è idoneo a dimostrare che il rilievo di inammissibilità dell’appello sia stato errato, in quanto la motivazione della sentenza impugnata viene considerata solo parzialmente e non nella sua integralità ed inoltre senza che quanto riprodotto sia idoneo a farsi carico delle ragioni del difetto di specificità.

Giova, all’uopo, riprodurre la motivazione enunciata dalla corte territoriale, che è stata la seguente: “l’appello è inammissibile per indeterminatezza dei motivi addotti. L’atto d’impugnazione, infatti dopo R.g.n. aver diffusamente narrato lo svolgimento del giudizio di primo grado e la dinamica dell’aggressione subita dal M., nel parcheggio sito nelle vicinanze del (OMISSIS), ad opera di ignoti – che gli avevano lanciato con un oggetto contundente e si erano immediatamente allontanati – ha sviluppato, per così dire, soltanto un motivo di doglianza, affermando genericamente che l’aggressione era potuta accadere “solo grazie alla non predisposizione di un piano di tutela del soggetto che già in precedenza era stato aggredito e minacciato”, senza tuttavia chiarire quali fossero le persone o strutture (che) avrebbero dovuto predisporre lo stesso e le ragioni dello stesso, nè le parti della sentenza da sottoporre censura. Al riguardo, la costante giurisprudenza della Suprema Corte (cfr. da ultimo Cass. Civ., Sez. 1, sent. n. 1651 del 21.1.2014) ha evidenziato che il denunciare indiscriminatamente l’ingiustizia della decisione di primo grado non basta a rendere ammissibile l’appello: “anche nel caso in cui la sentenza sia censurata nella sua interezza, occorre che le ragioni sulle quali si fonda il gravame siano esposte con sufficiente grado di specificità, da correlare con la motivazione della sentenza impugnata, in modo che alle argomentazioni in questa svolte vengano contrapposte quelle dell’appellante, volte ad incrinare il fondamento logico giuridico delle prime. Ciò in quanto finalità dell’appello – come correttamente ritenuto dalla corte di merito – non è quella di provocare un novum ludicium, ma di introdurre una una revisio prioris instantiae, devolvendo al giudice di secondo grado il controllo degli errori nei quali l’appellante sostiene essere incorso il primo giudice. (massima tratta da Cass. 21 maggio 2008)”.

Ora, il tenore della motivazione non risulta criticato dall’illustrazione del motivo anzitutto perchè in essa non ci si preoccupa di spiegare perchè la carenza riscontrata dalla corte territoriale nell’articolazione del motivo non fosse adeguata alla stregua del principio di diritto evocato. Nelle pagine 24-25 del ricorso non viene spiegato come e perchè quanto enunciato indirettamente come contenuto del motivo dovesse essere idoneo a superare il principio di diritto evocato ed anzi si ha la conferma del contrario, atteso che non vi è nessun nemmeno generico riferimento alla sentenza di primo grado e neppure, avuto riguardo alle scarne indicazioni del tenore di essa prima riassunto nel passo che sopra si è riportato, vi è alcunchè che ad esse si parametri.

Il motivo, dunque, non si fa carico dei rilievi della motivazione della sentenza impugnata e come tale è inidoneo allo scopo.

2. Il secondo motivo è – alla stregua della citata sentenza n. 3840 del 2007 – inammissibile, perchè critica la ratio decidendi che la sentenza impugnata ha enunciato in difetto di potestas iudicandi, una volta rilevata la mancanza di specificità del motivo di appello. Detta ratio decidendi non poteva essere impugnata, perchè da considerarsi tamquam non esset.

3. Il ricorso, stante l’inammissibilità dei due motivi, è dichiarato inammissibile. L’inammissibilità rende inutile interrogarsi sulla manca notifica del ricorso a M.F., che pur risulta parte secondo la sentenza impugnata, e sulla notifica al Comitato Provinciale ed a L.L., che non sono indicati come parti in essa.

Non è luogo a provvedere sulle spese del giudizio di cassazione. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1 bis.

PQM

 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese del giudizio d cassazione, liquidate in euro tredicimilatrecento, oltre duecento per esborsi, le spese generali al 15% e gli accessori come per legge. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 4 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 20 giugno 2017

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