Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15164 del 11/07/2011

Cassazione civile sez. lav., 11/07/2011, (ud. 25/05/2011, dep. 11/07/2011), n.15164

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 9462-2009 proposto da:

N.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PINCIANA

25, presso lo studio dell’avvocato TAMBERI GIUSEPPE, rappresentato e

difeso dall’avvocato PIPPI PAOLA, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

WINTERTHUR ASSICURAZIONI S.P.A., (ora AURORA ASSICURAZIONI S.P.A.),

in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIALE REGINA MARGHERITA 278, presso lo studio

dell’avvocato GIOVE STEFANO, che la rappresenta e difende unitamente

agli avvocati MOSCHINI CARLO, FERRARO MARCO, giusta delega in atti;

– controricorrente –

e contro

SECURPOL VIGILANTES S.R.L.;

– intimata –

nonchè da:

SECURPOL VIGILANTES S.R.L., in persona del legale rappresentante pro

tempore, domiciliata in ROMA, PIAZZA CAMERINO N. 15, presso lo studio

dell’avvocato CIPRIANI ROMOLO GIUSEPPE, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato BORRI PAOLO, giusta delega in atti;

– controricorrente incidentali –

contro

N.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PINCIANA

25, presso lo studio dell’avvocato TAMBERI GIUSEPPE, rappresentato e

difeso dall’avvocato PIPPI PAOLA, giusta delega in atti;

WINTERTHUR ASSICURAZIONI S.P.A., (ora AURORA ASSICURAZIONI S.P.A.),

in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIALE REGINA MARGHERITA 278, presso lo studio

dell’avvocato GIOVE STEFANO, che la rappresenta e difende unitamente

agli avvocati MOSCHINI CARLO, FERRARO MARCO, giusta delega in atti;

– controricorrenti all’incidentale –

avverso la sentenza n. 1668/2008 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 02/12/2008 R.G.N. 1482/06;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/05/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE NAPOLETANO;

udito l’Avvocato SPROVIERI MICHELE per delega GIOVE STEFANO;

udito l’Avvocato CIPRIANI ROMOLO GIUSEPPE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello che ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di Appello di Firenze, parzialmente riformando la sentenza di primo grado, respingeva il capo della domanda avanzato da N.D. nei confronti della società Securpol d’impugnativa del licenziamento intimatogli per sopravvenuta inidoneità allo svolgimento delle mansioni di guardia giurata, accoglieva,invece, l’ulteriore domanda del N. concernente il danno morale che liquidava, oltre a quello patrimoniale già determinato in Euro 15.000,00 dal primo giudice, in Euro 1.500,00 e rigettava, infine, la domanda di garanzia azionata dalla società Securpol a carico della Winterthur Assicurazioni divenuta, poi, Aurora Assicurazioni.

La predetta Corte, relativamente all’impugnato licenziamento, riteneva di non condividere l’assunto del primo giudice secondo il quale detto licenziamento era da ritenersi illegittimo perchè il lavoratore, nonostante la sopravvenuta inidoneità fisica, poteva essere adibito a compiti di sala operativa. Tale adibizione, infatti, a parere della Corte del merito, doveva escludersi in quanto il servizio presso la sala operativa, per espressa disposizione del CCNL e di Regolamento della Questura, doveva essere svolto esclusivamente da guardie giurate e comunque i relativi compiti erano incompatibili con lo stato d’inidoneità del N. così come accertata dalla CTU dott. M.A..

Relativamente al danno non patrimoniale derivante dalla adibizione, nelle more del licenziamento, del N. a mansioni di guardia giurata, sul quale il giudice di primo grado aveva omesso di pronunciarsi, la Corte fiorentina, valutato il turbamento psicologico del lavoratore ed il comportamento del datore di lavoro ispirato all’intento di conservare l’occupazione al proprio dipendente, lo liquidava nella somma di Euro 1.500,00.

Infine, la citata Corte riteneva – a fronte della lettera datata 26.4.2002 inviata dal N. alla Securpol, nella quale si preannunziava, da parte dello stesso lavoratore, ogni necessaria azione per non essere stato adibito a mansioni confacenti il suo stato di salute, prescritta, dell’art. 2952 c.c., ex comma 3 l’azione di garanzia esercitata da detta Securpol nei confronti della Assicurazione in epigrafe in quanto quest’ultima era stata notiziata, per la prima volta, dell’evento solo in data 27.1.2004 con la tardiva notifica della chiamata in causa.

Avverso questa sentenza ricorre in cassazione il N. sulla base di tre censure.

Resiste con controricorso la società Securpol che propone impugnazione incidentale assistita da due motivi.

Resiste, altresì, la Winterthur Assicurazioni divenuta Aurora Assicurazioni.

Il N. si oppone, con controricorso, al ricorso incidentale.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

I ricorsi vanno preliminarmente riuniti riguardando l’impugnazione della stessa sentenza.

Con il primo motivo del ricorso principale il N., deducendo vizio di motivazione, indica, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., quale fatto controverso l’asserita incompatibilità di esso ricorrente rispetto allo svolgimento delle mansioni di addetto alla Sala Operativa. Allega il N. che la motivazione, sul punto, dei giudici di appello è incoerente a fronte delle risultanze della visita medica collegiale – che depone per una idoneità alle mansioni di tipo sedentario con scarso impegno fisico della CTU, delle risultanze istruttorie, orali e documentali nonchè del Regolamento.

La censura è infondata.

E’ necessario, preliminarmente,sottolineare che spetta al giudice del merito accertare, in base agli elementi istruttori acquisiti, ed all’eventuale parere del consulente tecnico d’ufficio, la compatibilità dello status psicofisico del lavoratore con le mansioni che lo stesso deve svolgere.

Siffatta indagine per essere corretta sotto il profilo logico- giuridico deve svolgersi attraverso tre distinte fasi contrassegnate, rispettivamente, dall’accertamento dello status psico-fisico del lavoratore, dalla verifica del contenuto delle mansioni da svolgere – o svolte, e dal raffronto tra il risultato della prima indagine con la seconda.

L’accertamento di detta compatibilità costituendo un giudizio di fatto riservato al giudice del merito è insindacabile in sede di legittimità, se sorretto da logica ed adeguata motivazione.

Orbene applicando questa regola al caso in esame rileva, in primo luogo, il Collegio che il giudice di appello, nella specie, ha correttamente proceduto, all’accertamento dello stato psico-fisico del N., alla individuazione delle mansioni di addetto alla sala operativa ed al confronto tra il risultato della prima operazione con la seconda, pervenendo alla conclusione della inidoneità psico-fisico del ricorrente a svolgere le mansioni in parola.

A sostegno di ciascuna delle indicate fasi di accertamento il giudice di appello ha posto una congrua e logica motivazione, supportata dal riferimento ad elementi istruttori coerenti con il risultato finale cui è pervenuto.

Infatti, relativamente allo stato psicofisico, il predetto giudice ha sottolineato che il CTU ha riscontralo, tra l’altro, una sindrome soggettiva da trauma cranico di grado severo e turbe dell’attenzione.

Quanto alle mansioni di addetto alla sala operativa, la Corte del merito, premesso che per disposizione del Regolamento e del CCNL vi devono essere adibite guardie giurate, ha rilevato che dette mansioni richiedono una buona efficienza psicofisica per la integrità e la sicurezza del personale e non si risolvono in compiti di mera attesa e custodia e postulano, invece, una buona attitudine psicofisica del soggetto (per gestire situazioni di pericolo e per reagire a situazioni di rischio connesse al trasporto ed alla contazione dei valori deposizioni assunte che ricordano tra l’altro che la sala operativa si trova sopra il caveau”).

Di qui, secondo la Corte del merito, la incompatibilità tra le dette mansioni e lo stato d’inidoneità accertata del N..

In siffatto argomentare non vi è illogicità o contraddizione sicchè, sotto tale aspetto, il denunciato vizio di motivazione non trova riscontro.

Vero è che il ricorrente, richiamando gli accertamenti medico legali e le deposizioni testimoniali assume che egli non è stato dichiarato inidoneo all’espletamento delle mansioni di guardia giurata, quanto piuttosto idoneo con limitazioni e che i compiti di addetto alla sala operativa non esigono una particolare attitudine psico-fisica.

Tuttavia vi è da rilevare che lo status psicofisico, preso in considerazione dalla Corte del merito, è quello emergente dalla consulenza espletata e tiene conto, appunto, della riscontrata sindrome soggettiva da trauma cranico di grado severo e turbe dell’attenzione ed in relazione a tale situazione fisica viene posto il raffronto con quella richiesta per l’espletamento dell’attività di addetto alla sala operativa.

Per quanto concerne, poi, le dichiarazioni dei testi circa i compiti che deve svolgere l’addetto alla sala operativa, il ricorrente ne prospetta una diversa lettura prediligendo alcune dichiarazioni rispetto ad altre, ma una tale prospettazione contrasta con il principio, acquisito nella giurisprudenza di questa Corte, secondo il quale è al giudice del merito che spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti (salvo i casi tassativamente previsti dalla legge), mentre al giudice di legittimità non è conferito il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito (Cass. 12 febbraio 2008 n. 3267 e 27 luglio 2008 n. 2049).

Con il secondo ed il terzo motivo il ricorrente principale deduce, rispettivamente, omessa motivazione e violazione del CCNL per i dipendenti da istituti di vigilanza privata. Denuncia che la Corte del merito ha omesso di motivare, ai fini della legittimità dei licenziamento, in ordine alla mancata ottemperanza del disposto di cui all’art. 106 del predetto CCNL incorrendo, in tal modo, anche nella denunciata violazione di norma contrattuale.

I motivi sono inammissibili.

Invero, secondo giurisprudenza consolidata di questa Corte qualora una determinata questione non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità, per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa (Cass. 2 aprile 2004 n. 6542, Cass. Cass. 21 febbraio 2006 n. 3664 e Cass. 28 luglio 2008 n. 20518).

Nella specie la questione, di cui al motivo di censura in esame, non risulta trattata in alcun modo nella sentenza impugnata ed il ricorrente, in violazione del richiamato principio di autosufficienza del ricorso, non ha indicato in quale atto del giudizio precedente ed in quali termini ha dedotto siffatta questione. I motivi pertanto sono inammissibili.

Con il primo motivo del ricorso incidentale la società Securpol, deducendo violazione degli artt. 2952 e 1917 c.c., formula, ex art. 366 bis c.p.c., il seguente quesito di diritto: “Dica la Corte se determina duplicazione di risarcimento la congiunta attribuzione del danno biologico e del danno morale, la cui praticabilità è esclusa dall’ordinamento, ove siano lamentate esclusivamente degenerazioni patologiche della sofferenza”.

Il quesito per come articolato è inconferente. Invero nella formulazione dello stesso si prescinde del tutto dalla ratio decidendi posta a base, sul punto, dalla sentenza impugnata secondo la quale il danno morale soggettivo, costituito nella specie, dalla sofferenza contingente e dal turbamento dell’animo transeunte, è derivato dalla condotta tenuta dalla direzione aziendale lesiva dell’integrità psico-fisica del lavoratore adibito mansioni improprie in consapevole violazione del disposto dell’art. 2087 c.c. e viene liquidato dalla Corte de merito tenendo conto che il danno morale soggettivo si presenta come aspetto secondario e marginale al danno biologico propriamente inteso.

Nella ratio decidendi posta a base della sentenza impugnata il danno in parola, pertanto, non è riconosciuto, come assunto nel quesito, in relazione a degenerazioni patologiche della sofferenza e, quindi, la censura non è in linea con l’argomentazione posta a base della statuizione che si è intesa censurare ed è, quindi, inidonea ad assolvere alla sua funzione.

Questa Corte del resto,in applicazione dei principi sanciti dalle Sezioni Unite con la sentenza 11 novembre 2008 n. 26972, richiamata dal ricorrente a fondamento della censura in esame, ha affermato che nella disciplina del rapporto di lavoro, ove numerose disposizioni assicurano una tutela rafforzata alla persona del lavoratore con il riconoscimento di diritti oggetto di tutela costituzionale (artt. 32 e 37 Cost.), il danno non patrimoniale è configurabile ogni qualvolta la condotta illecita del datore di lavoro abbia violato, in modo grave, i diritti della persona de lavoratore, concretizzando un “vulnus” ad interessi oggetto di copertura costituzionale (Cass. 12 maggio 2009 n. 1.0864).

Nè può ritenersi, avuto riguardo alla su riportata motivazione della Corte territoriale, che, nella specie, vi sia stata una duplicazione del risarcimento con l’attribuzione di nomi diversi a pregiudizi identici e non si potrebbe denunciare una eccessiva liquidazione del danno morale che è stato con criterio, condiviso da questa Corte, “personalizzato” sulla base della sofferenza del lavoratore e dei comportamento tenuto dal datore di lavoro.

Con il secondo motivo del ricorso incidentale la società Securpol,denunciando violazione dell’artt. 2952 e 1917 c.c., formula i seguenti quesiti di diritto: 1.”Dica la corte se il termine iniziale di decorrenza della prescrizione annuale del diritto dell’assicurato, ex art. 2952 c.c., vada individuato nella data in cui per la prima volta in forma giudiziale o stragiudiziale i danneggiato propone la sua richiesta e se detta richiesta deve essere idonea ad indurre l’assicurato a promuovere le sue iniziative”; 2.

“Dica, altresì, se, ai sensi dell’art. 1917 c.c. le spese per resistere all’azione del danneggiato siano o meno a carico dell’assicuratore”. Contesta in sostanza, la società che la lettera del 26.4.2002, contenesse, attesa la sua genericità, una richiesta di risarcimento. La censura per come articolate è inammissibile.

Invero, in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e, quindi, implica necessariamente un problema interpretativo della stessa (di qui la funzione di assicurare l’uniforme interpretazione della legge assegnata alla Corte di cassazione dall’art. 65 ord. giud.); viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e impinge nella tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione. La drfferenza tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – è segnata, in modo evidente, dal. fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (Cass. 15499/04, 16312/05, 10127/06 e 4178/07).

Orbene, nella specie, la violazione di legge è dedotta, appunto, in ragione della contestata interpretazione della lettera del 26.4.2002.

Nè il testo della richiamata missiva, in violazione del principio di autosufficienza, è trascritto nel ricorso, e l’esegesi fornita dalla Corte del merito di siffatta lettera non è censurata idoneamente difettando, e la allegazione della violazione dei canoni interpretativi e la deduzione vizi di motivazione (Cfr. per tutte Cass. 25 febbraio 2004 n. 3772).

In conclusione i ricorsi vanno rigettati.

In ragione della reciproca soccombenza le spese giudiziali tra la società Securpol ed i N. vanno compensate. Vanno poste a carico della predetta società, per il principio della soccombenza, quelle sostenute dalla società Winterthur Assicurazioni ora Aurora Assicurazioni, come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte riuniti i ricorsi li rigetta. Compensa le spese del giudizio di legittimità tra N. e la società Securpol. Condanna a società Securpol al pagamento in favore del la società Winterthur Assicurazioni ora Aurora Assicurazioni delle spese del giudizio di legittimità liquidate in 26,00 per esborsi ed E. duemila/00 per onorario oltre IVA, CPA e spese generali.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 25 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 11 luglio 2011

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