Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15163 del 11/07/2011

Cassazione civile sez. lav., 11/07/2011, (ud. 25/05/2011, dep. 11/07/2011), n.15163

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. BANDINI Gianfranco – rel. Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 15065-2009 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA N. 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO

ALESSANDRO, VALENTE NICOLA, GIANNICO GIUSEPPINA, giusta delega in

atti;

– ricorrente –

contro

B.A.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CARLO

POMA 2, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE SANTE ASSENNATO, che

la rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrente –

e contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 438/2008 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 17/06/2008 R.G.N. 507/07;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/05/2011 dal Consigliere Dott. GIANFRANCO BANDINI;

udito l’Avvocato CALIULO LUIGI per delega RICCIO ALESSANDRO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Genova accolse la domanda proposta da B.A. M. nei confronti dell’Inps, del Ministero dell’Economìa e delle Finanze e della Regione Liguria, volta ad ottenere la corresponsione dell’assegno di invalidità civile, riconoscendolo peraltro con decorrenza dal 1.4.2006, ossia dal mese successivo alla presentazione della domanda di iscrizione dell’interessata alle liste speciali del collocamento dei disabili.

La Corte d’Appello di Genova, con sentenza del 16.4 – 17.6.2008, accolse l’impugnazione della B., condannando l’Inps al pagamento dell’assegno di invalidità a far data dal 1.9.2005, con gli interessi legali dal 121 giorno successivo alla presentazione della domanda amministrativa al saldo; condannò inoltre l’Inps al rimborso in favore della B. delle spese di consulenza tecnica di parte. A sostegno del decisum, per quanto qui ancora specificamente rileva, la Corte territoriale ritenne che, sotto il vigore della L. n. 68 del 1999, non era più possibile presentare domanda di iscrizione senza il preventivo accertamento della situazione clinica allo scopo necessaria, cosicchè non potevano trovare applicazione i principi enunciati nella vigenza della precedente disciplina di cui alla L. n. 482 del 1968; nello specifico, inoltre, la B. non avrebbe avuto comunque interesse ad ottenere l’iscrizione, essendo stata giudicata “incollocabile al lavoro” dalla Commissione ASL, in data 31.5.2006, in sede di visita ai sensi della ridetta L. n. 68 del 1999.

Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale l’Inps ha proposto ricorso per cassazione fondato su due motivi.

B.A.M. ha resistito con controricorso, illustrato con memoria, eccependo altresì l’inammissibilità del ricorso.

L’intimato Ministero dell’Economia e delle Finanze non ha svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione di legge (L. n. 118 del 1971, artt. 11 e 13; L. n. 468 del 1982, art. 19 e L. n. 68 del 1999, art. 8), deducendo che la novella del 1999 aveva ancor più accentuato il rilievo da attribuire all’iscrizione o alla domanda di iscrizione nelle liste speciali, sicchè non poteva ritenersi che tale esigenza fosse venuta meno ai fini di ottenere il riconoscimento del diritto all’assegno di invalidità civile.

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione di legge (L. n. 118 del 1971, artt. 11 e 13; L. n. 468 del 1982, art. 19 e L. n. 68 del 1999, art. 8), deducendo che, in base al disposto della L. n. 118 del 1971, art. 13 l’espressione “incollocato al lavoro” ivi contenuta fa esplicito riferimento alle procedure di collocamento obbligatorio e agli elenchi speciali in cui gli invalidi devono essere iscritti al fine di trovare lavoro, cosicchè il requisito dell’incollocazione a lavoro, salva l’impossibilità di iscrizione per superamento dei limiti di età, non può essere fornito con mezzi diversi dall’iscrizione ovvero dall’avvenuta presentazione della relativa domanda.

2. Le eccezioni di inammissibilità del ricorso sollevate dalla controricorrente non sono fondate.

Deve infatti ritenersi rispettato il requisito dell’autosufficienza, contenendo il ricorso le indicazioni necessarie ad illustrare i termini della questione e le ragioni di censura; inoltre i quesiti formulati ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c. individuano le regulae iuris applicabili alla fattispecie e soddisfano quindi le esigenze poste dalla norma; infine, secondo la normativa vigente nel periodo per cui è ancora controversia (1.9.2005 – 1.4.2006), il requisito dell’incollocazione, costituendo uno degli elementi costitutivi del diritto, deve essere accertato dal Giudice anche d’ufficio e, nella specie, il thema decidendum devoluto al Giudice del gravame ineriva proprio alla necessità o meno dell’iscrizione alle liste ovvero della domanda di iscrizione ai fini del riconoscimento dei diritto, cosicchè deve escludersi che le questioni sollevate con i motivi di ricorso siano qualificabili come nuove.

3. I motivi di ricorso, siccome fra loro connessi, vanno esaminati congiuntamente.

La L. n. 118 del 1971, art. 13, comma 1, nel testo vigente anteriormente alla novella di cui alla L. n. 247 del 2007 ed applicabile, ratione temporis, alla presente controversia, prevedeva che “Ai mutilati ed invalidi civili di età compresa fra il diciottesimo ed il sessantacinquesimo anno nei cui confronti sia accertata una riduzione della capacità lavorativa, nella misura superiore ai due terzi, incollocati al lavoro e per il tempo in cui tale condizione sussiste, è concesso a carico dello Stato ed a cura del Ministero dell’interno, un assegno mensile …”.

Nella vigenza della normativa sul collocamento degli invalidi di cui alla L. n. 482 del 1968 la prevalente (e condivisa) giurisprudenza di questa Corte aveva ritenuto che per “incollocato”, ai sensi del ricordato art. 13 della L. 30 marzo 1971, n. 118, doveva intendersi colui che avesse adempiuto l’onere di un comportamento teso al fine del “collocamento” e, ciò nonostante, fosse rimasto inoccupato, cosicchè tale comportamento si sostanziava nell’attivazione dei meccanismi previsti dalla L. n. 482 del 1968 e, quindi, nell’iscrizione (o nella domanda d’iscrizione) nelle liste speciali di collocamento degli invalidi (cfr, ex plurimis, Cass., SU, n. 203/1992; Cass., n. 1096/2003; Cass., n. 2628/2001, che, in particolare, pone in luce come, dato che l’iscrizione nelle liste speciali presuppone un accertamento della riduzione della capacità lavorativa da parte delle competenti commissioni e che, quindi, la tutela potrebbe venir meno per il periodo intercorrente dalla domanda di accertamento di quella situazione medico legale a quella della effettiva iscrizione nelle predette liste, sia sufficiente che l’interessato presenti la domanda di iscrizione). Tali considerazioni, contrariamente a quanto ritenuto nella sentenza impugnata, devono ritenersi condivisibili pur nel diverso quadro normativo introdotto dalla L. n. 68 del 1999, essendo rimaste identiche le finalità a cui tende la prescrizione dell’incollocazione al lavoro quale requisito per il conseguimento dell’assegno di invalidità, con la conseguente necessità dell’iscrizione dell’invalido, nella vigenza della nuova disciplina, all’elenco di cui alla L. n. 68 del 1999, art. 8 ovvero, quanto meno, nell’avvenuta presentazione della domanda di iscrizione; dal che discende che tale requisito non può essere dimostrato in altro modo, ivi comprese le valutazioni in termini di incollocabilità effettuate dalle commissioni di cui alla L. 5 febbraio 1992, n. 104, art. 4 giusta il richiamo in tal senso di cui alla L. n. 68 del 1999, art. 1, comma 4.

Questa Corte ha peraltro già avuto modo di affrontare la questione qui all’esame, affermando il seguente principio di diritto: “In materia di diritto all’assegno mensile di invalidità, nella vigenza della L. n. 68 del 1999, deve ritenersi incollocato al lavoro l’invalido che, uomo o donna, essendo in età lavorativa per non avere ancora compiuto il sessantacinquesimo anno di età ed essendo iscrìtto (o avendo presentato domanda d’iscrizione) nell’elenco dei disabili di cui all’ari. 8 della predetta legge, non abbia conseguito un’occupazione in mansioni compatibili” (cfr, Cass., n. 12916/2009);

a tale orientamento il Collegio, alla stregua delle considerazioni che precedono, ritiene di dover dare continuità.

Essendosi la Corte territoriale discostata dal suddetto principio, i motivi all’esame risultano fondati.

4. Il ricorso deve pertanto esser accolto, cassando la sentenza impugnata in relazione alle censure svolte.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti fattuali, posto che la sentenza di prime cure già aveva riconosciuto la spettanza del beneficio con decorrenza dal 1.4.2006, ossia dal mese successivo alla presentazione della domanda di iscrizione alle liste speciali, e che al riguardo non era stato proposto appello incidentale, la controversia può essere decisa nel merito, dichiarando la spettanza dell’assegno di invalidità a decorrere dal 1.4.2006 e condannando l’Inps all’erogazione dei relativi ratei, oltre agli interessi legali dalle singole scadenze al saldo.

L’Inps, per la prevalente soccombenza, va condannato alla rifusione delle spese afferenti al primo grado di giudizio, nella misura già liquidata in prime cure e con la distrazione delle stesse a favore dell’avv. Gian Paolo De Leo ivi statuita, integrata, quanto alle spese di consulenza tecnica di parte, secondo quanto disposto al riguardo con la sentenza resa in grado d’appello; la peculiarità della situazione fattuale consiglia invece la compensazione delle spese fra B.A.M. e l’Inps per il grado d’appello e per il giudizio di cassazione; vanno compensate le spese afferenti ai gradi di merito fra la B. e il Ministero dell’Economia e delle Finanze, la cui evocazione in giudizio, quale litisconsorte necessario, è imposta ex lege (D.L. n. 269 del 2003, art. 42 convenuto in L. n. 326 del 2003); non è luogo a provvedere al riguardo quanto al Ministero dell’Economia e delle Finanze per il giudizio di cassazione, non avendo il Ministero svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure svolte e, decidendo nel merito, dichiara il diritto di B.A.M. all’assegno di invalidità a decorrere dal 1.4.2006 e condanna l’Inps all’erogazione dei relativi ratei, oltre agli interessi legali dalle singole scadenze al saldo;

condanna l’Inps alla rifusione in favore di B.A.M. delle spese afferenti al primo grado di giudizio, nella misura già liquidata in tale sede e con la distrazione delle stesse a favore dell’avv. Gian Paolo De Leo ivi statuita, integrata, in ordine alle spese di consulenza tecnica di parte, secondo quanto disposto al riguardo con la sentenza resa in grado d’appello; dichiara compensate le spese fra la B. e l’Inps per il grado d’appello e per il giudizio di cassazione e quelle afferenti ai gradi di merito fra la B. e il Ministero dell’Economia e delle Finanze; nulla per le spese del giudizio di cassazione quanto al Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Così deciso in Roma, il 25 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 11 luglio 2011

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