Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15162 del 20/06/2017


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Cassazione civile, sez. III, 20/06/2017, (ud. 16/02/2017, dep.20/06/2017),  n. 15162

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28425/2014 proposto da:

F.A., F.G.M., elettivamente domiciliati in ROMA,

LARGO LUIGI ANTONELLI 8, presso lo studio dell’avvocato UMBERTO

FRATINI, rappresentati e difesi dall’avvocato VETULLIO MUSSOLINI

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

L.V.L.C.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2727/2014 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 10/07/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

16/02/2017 dal Consigliere Dott. GABRIELE POSITANO.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

con atto di citazione notificato il 12 giugno 2008, F.A. ha evocato in giudizio davanti al Tribunale di Milano, L.V.L.C. in proprio e quale titolare della ditta individuale Colpo Gobbo, richiedendo il pagamento della somma di Euro 79.000 concessa in mutuo per consentire l’esercizio dell’attività di rivendita di tabacchi e giornali da parte del L.V.. Le somme sarebbero state versate, per l’importo di Euro 34.128, con assegni bancari intestati a terzi, mentre la restante parte con un bonifico e assegni bancari corrisposti direttamente alla ditta Colpo Gobbo. Costituitosi in giudizio L.V.L. non contestava il versamento di tali somme, ma sosteneva di averle ricevute dal F., suocero del convenuto, a titolo di donazione indiretta. Veniva autorizzata la chiamata in causa della moglie, F.G.M., figlia di F.A., verso la quale il convenuto chiedeva di essere manlevato in tutto, o nella misura del 49%, in ragione della partecipazione della F. agli utili della impresa familiare. Costituitasi la terza chiamata, F.G.M., contestava il fondamento della pretesa e proponeva domanda riconvenzionale per la condanna al pagamento della somma di Euro 42.730 in forza di un diverso contratto di mutuo stipulato tra le parti e finalizzato ad estinguere un debito che L.V.L. aveva, in passato, contratto con i propri genitori per l’acquisto di una licenza di taxi;

con sentenza del 17 aprile 2014 il Tribunale di Milano accoglieva la domanda principale proposta da F.A., condannando L.V.L.C. a pagare l’importo di Euro 79.000 e rigettava la domanda di manleva spiegata da quest’ultimo, mentre accoglieva la domanda riconvenzionale svolta dalla terza chiamata, F.M.G., condannando il L.V. al pagamento della somma di Euro 42.730 oltre spese;

avverso tale decisione proponeva appello L.V.L.C., in data 25 luglio 2012, chiedendo il rigetto della domanda proposta da F.A. e, in via subordinata, la condanna di F.M.G. a manlevare integralmente l’appellante o, in via ulteriormente gradata, nella misura del 49%;

la Corte d’Appello di Milano, con sentenza pubblicata il 10 luglio 2014, in riforma della sentenza impugnata, rigettava la domanda principale proposta da F.A. e quella riconvenzionale spiegata da F.G.M. nei confronti di L.V.L.C.;

avverso tale decisione propongono ricorso per cassazione F.A. e F.G.M. sulla base di due motivi.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

con il primo motivo i ricorrenti lamentano violazione falsa applicazione di norme di diritto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, con particolare riferimento all’art. 1988 c.c.. La fattispecie in esame sarebbe riconducibile all’ipotesi del mutuo di scopo, nella quale il mutuante consegna l’importo direttamente al terzo, in pagamento di una obbligazione del mutuatario. La prova dell’obbligo di restituzione del denaro si rinviene nella consegna da parte di L.V., in favore di F.A., di un assegno bancario dell’importo di Euro 6000, quale adempimento parziale della obbligazione restitutoria. Ciò determinerebbe un’inversione dell’onere probatorio, gravando sul debitore la dimostrazione dell’inesistenza del rapporto fondamentale di mutuo. Inoltre, l’assegno bancario costituisce un riconoscimento di debito, ai sensi dell’art. 1988 c.c. e lascia presumere l’esistenza del rapporto sottostante, con la necessità per il debitore che intenda resistere all’azione di adempimento, di provare l’inesistenza o l’invalidità del rapporto fondamentale;

con il secondo motivo i ricorrenti lamentano violazione delle medesime disposizioni rilevando che le dichiarazioni rese dai testi F.N. e D.A. dimostrerebbero l’esistenza di un prestito erogato dalla ricorrente al resistente;

i due motivi possono essere esaminati congiuntamente poichè con essi si deduce il medesimo vizio, la violazione dell’art. 1988 c.c., sul presupposto della sussistenza di un riconoscimento del debito con conseguente inversione dell’onere probatorio o, comunque, una diversa valutazione delle prove acquisite:

i motivi sono inammissibili. Parte ricorrente, indipendentemente dal riferimento all’ipotesi ex art. 360 c.p.c., n. 3, ritiene sostanzialmente inadeguata, insufficiente e incompleta la motivazione adottata dalla Corte territoriale nella qualificazione giuridica del rapporto negoziale e nella valutazione delle prove. In tema di ricorso per cassazione, il ricorrente che denunci, quale vizio di motivazione, l’insufficiente giustificazione logica dell’apprezzamento dei fatti della controversia o delle prove, non può limitarsi prospettare una spiegazione di tali fatti e delle risultanze istruttorie con una logica alternativa, pur in possibile o probabile corrispondenza alla realtà fattuale, poichè è necessario che tale spiegazione logica alternativa appaia come l’unica possibile (Sez. 1, Sentenza n. 25927 del 23/12/2015, Rv. 638292). I motivi sono, altresì, inammissibili, perchè con il primo si pone una questione nuova, che parte ricorrente non dimostra essere stata sottoposta alla valutazione del giudice di appello (fattispecie del mutuo di scopo), mentre con il secondo motivo i ricorrenti mettono in questione esclusivamente la valutazione delle prove, senza poter dimostrare incongruenze od illogicità della motivazione;

la Corte d’Appello ha adeguatamente giustificato il suo convincimento, osservando che la parte che fondi la propria domanda su un contratto di mutuo è tenuta a provare tutti gli elementi costitutivi di tale contratto, non potendosi limitare alla consegna della somma, ma dovendo specificare e dimostrare anche il titolo della consegna. Certamente tale prova non può ritenersi raggiunta con la mera deduzione dell’esistenza di un mutuo di scopo, non aggiungendo tale considerazione nulla di più rispetto a quanto già esaminato dalla Corte territoriale, la quale ha specificato che L.V., sia nella comparsa di costituzione, sia nella imputazione effettuata riguardo alle somme corrisposte a mezzo di assegno bancario, ha specificamente contestato la ricostruzione dei fatti esposta da F.. Ciò non consente di attribuire un pregnante valore alla corresponsione dell’importo di Euro 6000 da parte dell’odierno resistente. Analoghe considerazioni riguardano la posizione di F.G.M. con la precisazione che la circostanza di avere concesso mutuo al coniuge di un l’importo pari a quello portato all’assegno circolare è rimasta priva opposto probatorio, come pure è stata evidenziata la tempestiva ed adeguata contestazione della causale del trasferimento delle somme da parte di L.V.L.C.;

per il resto le censure si riferiscono alla specifica valutazione delle dichiarazioni rese dai testi, che non è consentita in questa sede, non avendo i ricorrenti dedotto il vizio di motivazione, nei limiti consentiti dal nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5, ma quello di violazione di legge che si traduce in una serie di valutazioni ed apprezzamenti di fatto, anche in ordine all’attendibilità dei testi, suffragata da non illogici argomenti, ovvero presunzioni ex art. 2727 c.c., in sostanza i ricorrenti pretendono una valutazione atomistica delle singole deposizioni e non il necessario esame complessivo delle stesse, non essendo consentito alla S.C. di procedere ad un nuovo esame di merito attraverso una autonoma valutazione delle risultanze degli atti di causa. Sotto tale profilo i motivi sono, come detto, inammissibili (Sez. L, Sentenza n. 15205 del 03/07/2014, Rv. 631686-01);

ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; alcun provvedimento va adottato con riferimento alle spese di lite in quanto la controparte non ha espletato attività difensiva in questa sede, dandosi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17: “Quando l’impugnazione, anche incidentale, è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma del comma 1-bis. Il giudice dà atto nel provvedimento della sussistenza dei presupposti di cui al periodo precedente e l’obbligo di pagamento sorge al momento del deposito dello stesso”.

PQM

 

Dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza della Corte Suprema di Cassazione, il 16 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 20 giugno 2017

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