Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15161 del 22/07/2016


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Cassazione civile sez. VI, 22/07/2016, (ud. 19/02/2016, dep. 22/07/2016), n.15161

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – rel. Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

P.F., P.A., L.R., quali eredi di

P.L., rappresentati e difesi, per procura speciale in calce al

ricorso, dall’Avvocato Francesco Saverio Chiaradia, elettivamente

domiciliati in Roma, Piazza dell’Alberone n. 36/7, presso il Dott.

Eugenio Pezzi;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Prefetto pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto della Corte d’appello di Salerno n. 60/2014

(R.V.G. n. 519/2013), depositato il 16 gennaio 2014.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19

febbraio 2016 dal Presidente relatore Dott. Stefano Petitti;

sentito, per i ricorrenti, l’Avvocato Daniele Fabrizi, per delega

dell’Avvocato Chiaradia.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che, con ricorso depositato il 7 maggio 2010 presso la Corte d’appello di Salerno, P.L. chiedeva l’equa riparazione per la irragionevole durata di un giudizio civile iniziato dinnanzi al Tribunale di Castrovillari con citazione notificata il 5 aprile 1995, deciso in appello con sentenza depositata nel 2005, e pendente a seguito di ricorso per cassazione proposto in data 25 gennaio 2006;

che l’adita Corte d’appello dichiarava improponibile la domanda rilevando che il ricorrente si era limitato ad allegare la pendenza del giudizio di legittimità producendo il ricorso per cassazione datato 10 gennaio 2006 e ritenendo la documentazione prodotta del tutto inidonea a documentare la pendenza del procedimento presupposto, sia per il considerevole lasso di tempo intercorso tra la data del ricorso per cassazione e quella di proposizione della domanda di riparazione, sia per la mancata produzione della notificazione dell’atto di impugnazione;

che avverso questo decreto proponeva ricorso per cassazione P.F., quale erede di P.L. e questa Corte, con sentenza n. 6741 del 2013, cassava il decreto impugnato, con rinvio per nuovo esame della domanda alla Corte d’appello di Salerno, in diversa composizione;

che con successivo ricorso P.F., P.A., L.R., quali eredi di P.L., riassumevano il giudizio;

che l’adita Corte d’appello, rilevato che a comprova del decesso del loro dante causa e della loro qualità di eredi avevano depositato solo una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà D.P.R. n. 445 del 2000, ex art. 46, riteneva la stessa inidonea a fornire la prova sia del decesso che della qualità e rigettava quindi la domanda;

che per la cassazione di questo decreto P.F., P.A., L.R., quali eredi di P.L., hanno proposto ricorso per cassazione, sulla base di tre motivi;

che il Ministero della giustizia non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio ha deliberato l’adozione della motivazione semplificata nella redazione della sentenza;

che con il primo motivo di ricorso i ricorrenti deducono violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., degli artt. 110, 115 e 116 c.p.c., del D.P.R. n. 445 del 2000, artt. 46, 47, 48 e 76, rilevando che il ricorrente P.F., dopo il decesso del padre, aveva dato prova, nel giudizio svoltosi dinnanzi a questa Corte, sia del decesso del dante causa sia della qualità di erede; e tali circostanze non potevano più essere poste in discussione in sede di rinvio;

che con il secondo motivo i ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 167 c.p.c., censurando il provvedimento impugnato per avere omesso di constatare la mancanza di specifica contestazione da parte del Ministero intimato;

che con il terzo motivo i ricorrenti lamentano violazione e falsa applicazione degli artt. 737 e 738 c.p.c., per avere la Corte d’appello rigettato la domanda di equa riparazione senza fare corretta applicazione delle norme previste per il procedimento camerale che consentono al giudice di assumere informazioni utilizzando il suo potere officioso;

che deve preliminarmente rilevarsi che non è di ostacolo alla trattazione del ricorso la circostanza che del Collegio faccia parte, quale presidente, il relatore della sentenza che ha disposto la cassazione con rinvio della precedente sentenza della Corte d’appello di Salerno, trovando applicazione il principio per cui “qualora una sentenza pronunciata dal giudice di rinvio formi oggetto di un nuovo ricorso per cassazione, il collegio può essere composto anche con magistrati che abbiano partecipato al precedente giudizio conclusosi con la sentenza di annullamento, ciò non determinando alcuna compromissione dei requisiti di imparzialità e terzietà del giudice” (Cass., S.U., n. 24148 del 2013);

che, sempre preliminarmente, deve ritenersi che il ricorso proposto da P.A. e da L.R. sia ammissibile, atteso che l’originario giudizio di equa riparazione è stato introdotto nel 2010 dal loro dante Causa e che “in ipotesi di morte di una delle parti nel corso del giudizio, gli eredi, indipendentemente dalla natura del rapporto sostanziale controverso, vengono a trovarsi, per tutta la durata del processo, in una situazione di litisconsorzio necessario per ragioni processuali ed il giudice, anche in sede di rinvio, deve disporre l’integrazione del contraddittorio, a norma dell’art. 331 c.p.c., nei confronti di tutti gli eredi” (Casa. n. 6296 del 2014; Cass. n. 1202 del 2007); che, nel merito, il primo motivo di ricorso è fondato;

che, invero, quanto a P.F., la Corte d’appello non avrebbe potuto rimettere in discussione nè il decesso del de cuius nè la prova della qualità di erede, per effetto dell’accertamento implicito contenuto nella sentenza di questa Corte n. 6741 del 2013, che ha accolto il ricorso di P.F. per la cassazione del primo decreto emesso dalla Corte d’appello di Salerno sulla domanda di equa riparazione di P.L.;

che tale rilievo spiega efficacia anche ai fini della valutazione della posizione degli altri ricorrenti, qualificatisi eredi di P.L.;

che le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato il principio per cui “colui che, assumendo di essere erede di una delle parti originarie del giudizio, intervenga in un giudizio civile pendente tra altre persone, ovvero lo riassuma a seguito di interruzione,o proponga impugnazione, deve fornire la prova, ai sensi dell’art. art. 2697 c.c., oltre che del decesso della parte originaria, anche della sua qualità di erede di quest’ultima; a tale riguardo la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà di cui del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, artt. 46 e 47, non costituisce di per sè prova idonea di tale qualità, esaurendo i suoi effetti nell’ambito dei rapporti con la P.A. e nei relativi procedimenti amministrativi, dovendo tuttavia il giudice, ove la stessa sia prodotta, adeguatamente valutare, anche ai sensi della nuova formulazione dell’art. 115 c.p.c., come novellato della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 45, comma 14, in conformità al principio di non contestazione, il comportamento in concreto assunto dalla parte nei cui confronti la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà viene fatta valere, con riferimento alla verifica della contestazione o meno della predetta qualità di erede e, nell’ipotesi affermativa, al grado di specificità di tale contestazione, strettamente correlato e proporzionato al livello di specificità del contenuto della dichiarazione sostitutiva suddetta” (Cass., S.U., n. 12065 del 2014);

che in presenza della incontestabile prova dell’avvenuto decesso del de cuius e della qualità di erede di P.F., la Corte d’appello avrebbe dunque dovuto valutare la documentazione prodotta dai ricorrenti per dimostrare la qualità di eredi nel contesto del fatto già accertato; esame, questo, che risulta non effettuato dalla Corte d’appello nel decreto impugnato;

che, dunque, accolto il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, il decreto impugnato deve essere cassato, con rinvio, per nuovo esame della domanda, alla Corte d’appello di Salerno, in diversa composizione;

che al giudice di rinvio è demandata altresì la regolamentazione delle spese del giudizio di cassazione.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa il decreto impugnato e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Salerno, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 2 della Corte Suprema di Cassazione, il 19 febbraio 2016.

Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2016

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