Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15159 del 20/07/2015


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Civile Sent. Sez. L Num. 15159 Anno 2015
Presidente: DI CERBO VINCENZO
Relatore: NOBILE VITTORIO

SENTENZA
sul ricorso 21816-2009 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA PO 25-B, presso lo studio
dell’Fvvocato ROBERTO PESSI, che la rappresenta e
difende giusta delega in atti;
– ricorrente –

2015
1900

contro
ESPOSTO GIULIANA c.f. SPSGLN73M63H294N, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA ITALO CARLO FALBO 22, presso
lo studio dell’avvocato ANGELO COLUCCI, che la

Data pubblicazione: 20/07/2015

rappresenta e difende giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 493/2008 della CORTE D’APPELLO
di ANCONA, depositata il 20/10/2008 r.g.n. 992/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

NOBILE;
udito l’Avvocato MIRENGHI MICHELE per delega

ealetua

PESSI ROBERTO;
udito l’Avvocato VACIRCA SERGIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA, che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

udienza del 30/04/2015 dal Consigliere Dott. VITTORIO

R.G. 21816/2009
FATTO E DIRITTO
Con sentenza del 6-12-2004 il Giudice del lavoro del Tribunale di Fermo,
in accoglimento della domanda proposta da Giuliana Esposto nei confronti

di lavoro concluso tra le parti con decorrenza dal 25-2-1999, per “esigenze
eccezionali” ex art. 8 =l 1994 come integrato dall’acc. 25-9-97 e succ., e
respingeva la domanda relativa al pagamento delle retribuzioni.
La società proponeva appello avverso la detta sentenza chiedendone la
riforma con il rigetto della domanda di controparte.
La Esposto si costituiva resistendo e proponendo appello incidentale, per
ottenere la condanna della società al pagamento delle retribuzioni dalla messa
in mora (1-6-2004).
La Corte d’Appello di Ancona, con sentenza depositata il 20-10-2008,
respingeva l’appello principale ed accoglieva l’appello incidentale.
Per la cassazione di tale sentenza la società ha proposto ricorso con tre
motivi.
La Esposto ha resistito con controricorso.
La società ha altresì depositato memoria ex art. 378 c.p.c..
Infine il Collegio ha autorizzato la motivazione semplificata.
Ciò posto, va rilevato che con il primo motivo la ricorrente censura, ex art.
360, comma primo, numeri 3) e 5), l’impugnata sentenza nella parte in cui ha
ritenuto la nullità del termine apposto al contratto de quo in quanto stipulato
(per “esigenze eccezionali…”) oltre la scadenza ultima fissata dagli accordi

1

della s.p.a. Poste Italiane, dichiarava la nullità del termine apposto al contratto

collettivi attuativi dell’acc. az. 25-9-1997 ed all’uopo sostiene la insussistenza
di tale scadenza e la natura meramente ricognitiva dei detti accordi.
Il motivo è infondato.
In base alla giurisprudenza consolidata di questa Corte, “in materia di

1987, n. 56, nel consentire anche alla contrattazione collettiva di individuare
nuove ipotesi di legittima apposizione di un termine al contratto di lavoro, ha
consentito il ricorso ad assunzione di personale straordinario nei soli limiti
temporali previsti dalla contrattazione collettiva, con conseguente esclusione
della legittimità dei contratti a termine stipulati oltre i detti limiti; resta altresì
escluso che le parti sociali, mediante lo strumento dell’interpretazione autentica
delle vecchie disposizioni contrattuali ormai scadute (volta ad estendere
l’ambito temporale delle stesse), possano autorizzare retroattivamente la
stipulazione di contratti non più legittimi per effetto della durata in precedenza
stabilita, tanto più che il diritto del lavoratore si era già perfezionato e le
organizzazioni sindacali non possono disporre dello stesso.” (v. fra le altre
Cass. 16-11-2010 n. 23120).
In particolare, come è stato precisato, “con l’accordo sindacale del 25
. settembre 1997, integrativo dell’art. 8 del c.c.n.l. 26 novembre 1994, e con il
successivo accordo attuativo, sottoscritto il 16 gennaio 1998, le parti hanno
convenuto di riconoscere la sussistenza della situazione straordinaria, relativa
alla trasformazione giuridica dell’ente e alla conseguente ristrutturazione
aziendale e rimodulazione degli assetti occupazionali, fino alla data del 30
aprile 1998. Ne consegue che deve escludersi la legittimità delle assunzioni a
termine cadute dopo il 30 aprile 1998 per carenza del presupposto normativo
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assunzioni a termine dei dipendenti postali, l’art. 23 della legge 28 febbraio

derogatorio, con l’ulteriore conseguenza della trasformazione degli stessi
contratti a tempo indeterminato, in forza dell’art. 1 della legge 18 aprile 1962 n.
230” (v. Cass. 18-11-2011 n. 24281, cfr. Cass. 28-11-2008 n. 28450, 4-8-2008

Ma

n. 21062, Cass. 27-3-2008 n. 7979, Cass. 1-10-2007 n. 20608, Cass. 23-8-2006

Con il secondo motivo (erroneamente denominato “terzo” in mancanza di
un “secondo”) la società ricorrente, in ordine alle richieste economiche, deduce
che nella fattispecie la lavoratrice non avrebbe fornito la prova dell’effettivo
danno subito, che comunque andrebbe ridotto in ragione dell’ aliunde
perceptum, e che neppure vi sarebbe stata una effettiva offerta della prestazione
con conseguente mora accipiendi del datore di lavoro.
Tale motivo risulta del tutto generico e astratto (così come, peraltro, il
relativo quesito conclusivo formulato ex art. 366 bis applicabile ratione
temporis, cfr. Cass. 21-2-2012 n. 2499 e, fra le altre, Cass. n.ri 20226, 20099,
19677, 19677, 19605, 19297/2014).
Posto, infatti, che la impugnata sentenza ha condannato la società a
corrispondere alla Esposto “le retribuzioni con decorrenza dalla data di
ricezione della missiva di offerta della prestazione (1-6-2004)”, rilevando
altresì che “raliunde perceptum è un fatto impeditivo e modificativo del
diritto azionato che deve essere dimostrato dal datore di lavoro e non dal
dipendente” e che “la società datrice non ha mai allegato né dimostrato alcun
elemento di fatto sul punto”, la ricorrente censura tale decisione in modo
assolutamente generico, senza riportare il testo dell’atto che, secondo il suo
assunto, non avrebbe integrato la offerta della prestazione e la messa in mora
(contrariamente a quanto affermato dalla Corte di merito) e senza specificare se
3

n. 18378).

ed in quali termini abbia allegato davanti ai giudici di merito un aliunde
perceptum (in relazione al quale è pur sempre necessaria una rituale
acquisizione della allegazione e della prova, pur non necessariamente
proveniente dal datore di lavoro in quanto oggetto di eccezione in senso lato –

17606, Cass. S.U. 3-2-1998 n. 1099 -).
Parimenti, poi, del tutto generico è il terzo motivo (che ugualmente si
conclude con un quesito più volte ritenuto inidoneo ed inammissibile da questa
Corte – v. fra altre Cass. 10-1-2011 n. 325) con il quale la ricorrente rileva che
“1 ‘aliunde perceptum…

non può che essere genericamente dedotto

dall’istante..” ed in specie lamenta il mancato accoglimento della richiesta di
esibizione della documentazione (libretti di lavoro e buste paga) “al fine di
consentire una corretta determinazione degli eventuali corrispettivi percepiti
per attività svolte alle dipendenze e/o nell’interesse dei terzi”.
Con la prima censura, infatti, la società si limita a riproporre
genericamente la propria tesi, invece di censurare specificamente la decisione
della Corte di merito sul punto, mentre la seconda censura risulta parimenti
inammissibile, giacché come questa Corte ha più volte chiarito, “il rigetto da
parte del giudice di merito dell’istanza di disporre l’ordine di esibizione al fine
di acquisire al giudizio documenti ritenuti indispensabili dalla parte non è
sindacabile in cassazione, perché, trattandosi di strumento istruttorio residuale,
utilizzabile soltanto quando la prova del fatto non sia acquisibile aliunde e
l’iniziativa non presenti finalità esplorative, la valutazione della relativa
indispensabilità è rimessa al potere discrezionale del giudice di merito e non
necessita neppure di essere esplicitata nella motivazione, il mancato esercizio
4

cfr.. Cass. 16-5-2005 n. 10155, Cass. 20-6-2006 n. 14131, Cass. 10-8-2007 n.

di tale potere non essendo sindacabile neppure sotto il profilo del difetto di
motivazione” (v. fra le altre Cass. 14-7-.2004 n. 12997, Cass. sez. I 17-5-2005
n. 10357, Cass. sez. III 2-2-2006 n. 2262). Del resto “l’esibizione di
documenti non può essere chiesta a fini meramente esplorativi, allorquando

e sul suo contenuto per verificarne la rilevanza in giudizio” (v. fra le altre Cass.
20-12-2007 n. 26943).
Così risultati inammissibili il secondo e il terzo motivo, riguardanti le
conseguenze economiche della nullità del termine, neppure potrebbe incidere
in qualche modo nel presente giudizio lo ius superveniens, rappresentato
dall’art. 32, commi 5 0 , 60 e 7° della legge 4 novembre 2010 n. 183.
Al riguardo, infatti, come questa Corte ha più volte affermato, in via di
principio, costituisce condizione necessaria per poter applicare nel giudizio di
legittimità lo ius superveniens che abbia introdotto, con efficacia retroattiva,
una nuova disciplina del rapporto controverso, il fatto che quest’ultima sia in
qualche modo pertinente rispetto alle questioni oggetto di censura nel ricorso,
in ragione della natura del controllo di legittimità, il cui perimetro è limitato
dagli specifici motivi di ricorso (cfr. Cass. 8 maggio 2006 n. 10547, Cass. 272-2004 n. 4070).
In tale contesto, è altresì necessario che il motivo di ricorso che investe,
anche indirettamente, il tema coinvolto dalla disciplina sopravvenuta, oltre ad
essere sussistente, sia altresì ammissibile secondo la disciplina sua propria (v.
fra le altre Cass. 4-1-2011 n. 80).
Orbene tale condizione non sussiste nella fattispecie.

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neppure la parte istante deduca elementi sulla effettiva esistenza del documento

Il ricorso va pertanto respinto e la ricorrente, in ragione della
soccombenza, va condannata al pagamento delle spese in favore della Esposto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a pagare alla Esposto le

spese generali e accessori di legge.
Roma 30 aprile 2015
IL CONSIGLIERE ESTENSORE
IL PRESIDENTE

14A” CA.A.4.10

spese, liquidate in euro 100,00 per esborsi e euro 3.500,00 per compensi, oltre

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