Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15158 del 20/07/2015


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Civile Sent. Sez. L Num. 15158 Anno 2015
Presidente: MACIOCE LUIGI
Relatore: BLASUTTO DANIELA

SENTENZA

sul ricorso 16956-2009 proposto da:
MARCHETTI

GIOVANNI

C.F.

MRCGNN58R09B604Y,elettivamente domiciliato in ROMA,
VIA LIVORNO 42, presso lo studio dell’avvocato
PEPPINO LONETTI, che lo rappresenta e difende, giusta
delega in atti;
– ricorrente –

2015
1735

contro

AZIENDA MUNICIPALE AMBIENTE S.P.A. c.f. 05445891004,
in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA COLA DI RIENZO

Data pubblicazione: 20/07/2015

271,

presso lo studio dell’avvocato COSTANTINO

TESSAROLO, che la rappresenta e difende, giusta
delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 877/2008 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 21/04/2015 dal Consigliere Dott. DANIELA
BLASUTTO;
udito l’Avvocato LONETTI ROSSELLA per delega LONETTI
PEPPINO;
udito l’Avvocato TESSAROLO COSTANTINO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. RITA SANLORENZO che ha concluso per il
rigetto.

di ROMA, depositata il 11/07/2008 R.G.N. 4622/2007;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte di appello di Roma, pronunciando in sede di rinvio (Cass. sent. n.
10847/05), respingeva l’appello proposto da Marchetti Giovanni avverso la sentenza di
primo grado che aveva rigettato la domanda diretta ad ottenere il computo dello
straordinario diurno sulla base della retribuzione omnicomprensiva con una

retribuzione omnicomprensiva con una maggiorazione minima del 20%.
I principi affermati dalla sentenza rescindente erano i seguenti:
“3. Come affermato da questa Corte (Cass. 10 febbraio 2005 n. 2672), per il personale
dei pubblici servizi di trasporto in concessione il R.D.L. 19 ottobre 1923, n. 2328, art. 3
(come il R.D.L. 15 marzo 1923, n. 692, art. 5, per il personale delle imprese industriali
e commerciali) stabilisce un limite massimo di otto ore giornaliere, e, in caso di
superamento, un aumento della “paga” in misura non inferiore al dieci per cento.
Questo è il limite che delinea lo spazio del lavoro straordinario giornaliero fissato dalla
legge (straordinario legale; provvedimenti normativi – temporalmente non applicabili sono la L. 24 giugno 1997, n. 196 ed il D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66).
4. Altro è lo straordinario contrattuale, il cui spazio è delineato dal limite previsto dalla
norma collettiva.
All’interno del limite legale, qualora il contratto collettivo delinei il lavoro straordinario
con un limite inferiore alle otto ore giornaliere od alle quarantotto ore settimanali, il
compenso dev’essere corrisposto, ma eventualmente anche in misura inferiore al dieci
per cento (Cass. 10 febbraio 2005 n. 2672; Cass. 9 febbraio 1994, n. 1293; Cass. 9
novembre 2003 n. 17575; Cass. 6 aprile 2002 n. 4953; Cass. 28 febbraio 2002 n.
2856; Cass. 13 ottobre 1984 n. 5144;Cass. 11 ottobre 1984 n. 5096).
Quando sia dedotto in controversia un lavoro straordinario in riferimento ad un orario
inferiore al limite legale, non è ovviamente applicabile l’invocata normativa del R.D.L.
19 ottobre 1923, n. 2328 e del R.D.L. 15 marzo 1923 n. 692, bensì la norma
contrattuale.
E questa costituisce il parametro per la qualificazione della prestazione come lavoro
straordinario (in base al limite dell’orario ordinario contrattualmente previsto), del
relativo compenso (in base al coefficiente di maggiorazione), e delle modalità di calcolo
(gli elementi retribuivi da porre a base della maggiorazione).
5. Anche il lavoro straordinario è tutelato dalla garanzia dell’art. 36 Cost. (Cass. 24
marzo 2004 n. 5934): il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla

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maggiorazione minima del 10% e dello straordinario notturno sulla base della

quantità ed alla qualità del lavoro prestato, e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sè
ed alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa.
E se il compenso del lavoro straordinario, nella misura prevista dalla norma collettiva,
sia inferiore a questa soglia minima, la clausola contrattuale è nulla; e, per il principio
di conservazione espresso dall’art. 1419 cod. civ., comma 2, il compenso deve essere

L’adeguamento è funzione del giudice del merito. Questi deve tuttavia tener presente
che le parti sociali, normativamente legittimate in quanto vicine alla situazione
generale da disciplinare, sono naturalmente idonee alla valutazione delle esigenze
economiche e sociali che costituiscono il fondamento della disciplina. La sua
valutazione della giusta retribuzione deve pertanto essere effettuata (con “la prudenza
massima”: Cass. 10 febbraio 2005 n. 2672), dando adeguata giustificazione
dell’inidoneità della norma collettiva e dell’idoneità della propria valutazione, e tenendo
presente l’integrale trattamento previsto dalla norma contrattuale.
7. Ciò è a dirsi anche per l’individuazione della retribuzione da porre a base della
maggiorazione. Per lo straordinario contrattuale, è la norma collettiva che è chiamata
ad indicare quale sia questa retribuzione”.
Osservava la Corte di appello che, alla stregua di tali principi, l’unico accertamento
demandato al giudice di rinvio era quello della valutazione della conformità della
normativa contrattuale al dettato dell’art. 36 Cost.; che, come indicato dalla S.C., tale
valutazione doveva essere effettuata con la massima prudenza e con adeguata
giustificazione dell’eventuale inidoneità della norma collettiva giacché “il giudice
difficilmente è in grado di apprezzare con le necessarie conoscenze le esigenze
economiche e politiche già valutate dalle parti (Cass. 2672 del 10.2..2005 richiamata
nella sentenza di rinvio)”; che la valutazione non doveva avere riguardo al singolo
compenso, ma all’integrale trattamento previsto dalla disciplina contrattuale; che nella
specie, il trattamento economico previsto dal contratto collettivo di settore era
conforme al precetto costituzionale, in quanto le norme contrattuali “a fronte di una
sensibile riduzione dell’orario di lavoro rispetto alla generalità dei dipendenti
subordinati prevedono elevati coefficienti di maggiorazione (30% e 50%) ed una base
di calcolo sicuramente comprendente il prevalente trattamento retributivo goduto
mensilmente (retribuzione incrementata con l’anzianità e la contingenza, l’indennità
speciale aziendale)”. Richiamava altre pronunce di legittimità secondo cui la garanzia
apprestata dall’art. 36 Cost. non si riferisce ai singoli elementi retributivi bensì al

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adeguato.

trattamento economico globale, comprensivo della retribuzione per il lavoro
straordinario (Cass. n. 23032/06, 2245/06, 5934/04, 3770/03).
Per la cassazione di tale sentenza il lavoratore propone ricorso, affidato a due
motivi. Resiste con controricorso l’AMA.
In udienza è stata respinta l’istanza, presentata congiuntamente dai difensori delle

consultazioni finalizzate a verificare la possibilità di pervenire alla rinuncia del ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente, l’istanza di rinvio della trattazione del presente giudizio non può
trovare accoglimento in ragione del fondamentale principio che impone la ragionevole
durata del processo (art. 111 Cost.), il quale non consente di accordare meri rinvii in
attesa della definizione di possibili, futuri accordi tra le parti sulla materia del
/
contendere.
Con il primo motivo si censura la sentenza per violazione degli artt. 1362 e 1363 c.c.,
dell’art. 36 Cost., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.. Si chiede che sia accertato e
dichiarato che l’interpretazione del significato dei principi di diritto enunciati dalla
Corte di cassazione in sede di sentenza di rinvio, deve scaturire, ai sensi degli artt.
1362 e 1363 c.c., dall’esame unitario della relativa sentenza, riconoscendo rilievo
prevalente al disposto dell’art. 36 Cost. secondo cui “il lavoratore ha diritto ad una
retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro prestato”, ove la sua
applicazione alla fattispecie sia richiamata, come nel caso, dalla stessa sentenza, ai
fini di stabilire il compenso dovuto per le prestazioni straordinarie; e quindi in
particolare nella stessa misura della retribuzione del lavoro ordinario o normale e di un
aumento inferiore al 10% o al limite nella sola eguale misura della retribuzione
ordinaria; e dunque, nella percezione di un compenso inferiore, al prestatore è dovuta
la conseguente differenza.
Con il secondo motivo si denuncia violazione dell’art. 384 c.p.c., in relazione all’art.
360 n. 3 c.p.c.. Si chiede di accertare e dichiarare che il giudice di merito investito
della controversia in sede di rinvio, da parte della Cassazione, deve attenersi ai
principi di diritto enunciati dalla stessa sentenza di rinvio correttamente intesi, e
pertanto, qui, nel senso che, per il lavoro straordinario contrattuale, al prestatore è
dovuta la retribuzione ordinaria e l’aumento inferiore al 10% od, al limite, gli è dovuta
la sola medesima retribuzione del lavoro ordinario e che nel difetto, come nel caso
concreto, per le esposte ragioni di cui al primo motivo, la sentenza deve essere
cassata, con tutte le ulteriori conseguenze di legge.
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parti, intesa ad ottenere il rinvio del procedimento e motivata dalla pendenza di

I motivi, in quanto connessi, possono essere trattati congiuntamente. Essi sono
infondati.
Il Giudice di rinvio risulta essersi attenuto ai principi indicati nella sentenza
rescindente nel ritenere che, per l’individuazione della retribuzione da porre a base
della maggiorazione dello straordinario contrattuale, sia la norma collettiva chiamata

demandato al giudice di rinvio circa il carattere proporzionato e adeguato della
retribuzione ex art. 36 Cost., occorra considerare l’integrale trattamento previsto dalla
disciplina contrattuale (e non solo quello riferibile al compenso per il lavoro prestato
oltre il limite contrattuale, nei limiti di quello legale) e dare adeguata giustificazione
dell’inidoneità della norma collettiva e dell’idoneità della diversa valutazione. Ha poi
dato contezza dell’adeguatezza del trattamento complessivo assicurato dalle parti
sociali che, nel riconoscere una base di computo non omnicomprensiva, avevano al
contempo ridotto significativamente l’orario contrattuale di lavoro (36 ore settimanali
a fronte del limite legale di 48 ore) ed avevano attribuito una maggiorazione del 30%
per lo straordinario diurno e del 50% per quello notturno includendo nella base di
calcolo il “prevalente trattamento retributivo goduto mensilmente (retribuzione
incrementata con l’anzianità e la contingenza, l’indennità speciale aziendale)”. La
Corte di appello ha dunque fatto corretta applicazione dei principi della sentenza
rescindente.
Inoltre, il giudizio così reso circa la valutazione di conformità all’art. 36 Cost. si pone
in linea con la giurisprudenza di legittimità in materia. Difatti, con riferimento al
parametro stabilito dall’art. 36 Cost., è principio consolidato, ribadito dalla sentenza
della Corte Costituzionale n. 470 del 22 novembre 2002, quello per cui la
proporzionalità ed adeguatezza della retribuzione va riferita non già alle sue singole
componenti, ma alla globalità di essa; con il corollario secondo cui il silenzio dell’art.
36 Cost. sulla struttura della retribuzione e sull’articolazione delle voci che la
compongono significa che è rimessa insindacabilmente alla contrattazione collettiva la
determinazione degli elementi che concorrono a formare, condizionandosi a vicenda, il
trattamento economico complessivo dei lavoratori, del quale il giudice potrà poi essere
chiamato a verificare la corrispondenza ai minimi garantiti dalla norma costituzionale
(v. Corte Cost. sent. 22-11-2002 n. 470, che ha ritenuto infondata la questione di
legittimità costituzionale dell’art.7, comma 5, del d.l. 19-9-92 n. 384, conv. nella I.
14-11-92 n. 438). Secondo Cass. n. 1173 del 2009, la particolare garanzia apprestata
dall’art. 36 Cost. a tutela del lavoratore subordinato non si riferisce ai singoli elementi
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ad indicare quale debba essere questa retribuzione e che, nell’accertamento

retributivi, bensì al trattamento economico globale, comprensivo della retribuzione per
lavoro straordinario. Ne consegue che i criteri della proporzionalità e della sufficienza
posti dalla citata norma costituzionale a tutela del lavoratore non trovano applicazione
in caso di erogazione di un compenso per lavoro straordinario inferiore a quello
erogato per l’orario ordinario.

spese del giudizio di legittimità, liquidate nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del
presente giudizio, che liquida in Euro 2.000,00 per compensi e in Euro 100,00 per
esborsi, oltre accessori di legge e 15% per spese forfettarie.
Così deciso in Roma, il 21 aprile 2015
Il Consigliere est.

Il Preside te

In conclusione, il ricorso va respinto, con condanna del ricorrente al pagamento delle

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