Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15157 del 02/07/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 15157 Anno 2014
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: GARRI FABRIZIA

ORDINANZA
sul ricorso 14253-2012 proposto da:
MAZZELLA DOMENICO(MZZDNC60R15E437G) elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA CARDUCCI 4, presso lo studio
dell’avvocato RIGHI ROBERTO, che lo rappresenta e difende, giusta
delega a margine del ricorso;
– ricorrente contro
MINISTERO DELLA SALUTE 96047640584 in persona del
Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende, ope legis;

controricorrente

avverso la sentenza n. 1266/2011 della CORTE D’APPELLO di
FIRENZE del 24.11.2011, depositata il 06/12/2011;

Data pubblicazione: 02/07/2014

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
12/05/2014 dal Consigliere Relatore Dott. FABRIZIA GARRI.

Fatto e diritto

ha dichiarato inammissibile la domanda di Domenico Mazzella avendo
egli tardivamente introdotto la domanda giudiziaria oltre il termine
annuale previsto dall’art. 5 della legge n. 210 del 1992 per la
proposizione del giudizio.
2.- Per la Cassazione della sentenza ricorre Domenico Mazzella che
articola tre motivi e chiede poi la decisione nel merito della
controversia con esame delle censure formulate alla sentenza di primo
grado con l’appello incidentale ritenuto assorbito dalla Corte
territoriale. Il Ministero della Salute si è costituito per resistere al
ricorso.
3.- Tanto premesso si osserva che la sentenza non si presta alle censure
che le vengono mosse.
Specificatamente la Corte territoriale risulta aver correttamente
applicato l’art. 5 comma 3 della 1. n. 210 del 1992.
Va premesso in fatto che è incontroverso tra le parti che il Mazzella
abbia avuto comunicazione del rigetto del suo ricorso amministrativo
con lettera raccomandata dell’ 11 luglio 2002. Il Mazzella ha
presentato ricorso giurisdizionale in data 24.4.2009.
Ciò posto si osserva che questa Corte in fattispecie del tutto analoga ha
affermato che l’assunto del ricorrente che il termine annuale di cui alla
citata L. n. 210 del 1992, art. 5, comma 3 non è previsto a pena di
decadenza non possa essere condiviso, ed ha rammentato che “Come
ha affermato più volte questa Corte di cassazione, la perentorietà di un
Ric. 2012 n. 14253 sez. ML – ud. 12-05-2014
-2-

1.- La Corte d’Appello di Firenze, con la sentenza indicata in epigrafe

termine, in mancanza di espressa previsione normativa, si ha tutte le
volte che il termine, per lo scopo che persegue e per la funzione che è
destinato ad assolvere, deve essere rigorosamente osservato (cfr. ex
plurimis Cass. 22 luglio 1980 n. 4787 e più di recente Cass. 5 giugno
2009 n. 12986).

principio, che, come si è detto, è stato ribadito più volte in
giurisprudenza – ha rilevato che la natura perentoria del termine
annuale può evincersi anche dal tenore dell’espressione usata dal
legislatore e sulla base di tale considerazione ha, poi, affermato che con
l’espressione adoperata (“è in facoltà del ricorrente esperire l’azione
giudiziaria dinanzi al giudice ordinario competente entro un anno dalla
comunicazione della decisione sul ricorso o, in difetto, dalla scadenza
del termine previsto per la comunicazione) e ciò con la lettera dell’art.
5 scrutinato, il legislatore ha inteso dire che, trascorso inutilmente il
termine di un anno, la tutela giurisdizionale non è più esperibile”. E
che non si possa attribuire al termine “facoltà del ricorrente” un
significato che valga ad accreditare la tesi della natura ordinatoria del
termine in questione si ricava dal fatto che nel caso in esame si è inteso
soltanto devolvere al ricorrente la scelta di procrastinare o meno
l’inizio del termine annuale, comunque perentorio, per l’azione
giudiziaria consentendo allo stesso di scegliere di esperire l’azione
davanti al giudice ordinario entro un anno dalla mera scadenza del
temine previsto per la comunicazione o, entro un anno dalla
comunicazione della decisione del ricorso (in tali sensi in motivazione
Cass. 9 ottobre 2007 n. 21081), come ha fatto il ricorrente.
Né sotto altro versante per accreditare la natura ordinatoria dei termine
in esame si può sostenere che nel caso di specie debba ritenersi
consentita una estensione analogica di più lunghi termini di decadenza
Ric. 2012 n. 14253 sez. ML – ud. 12-05-2014
-3-

Orbene nel caso di specie il giudice di appello – richiamato un

contemplati in altre disposizioni, quale quella della L. n. 210 del 1992,
art. 3, comma 1, in quanto detta disposizione per la sua specificità e il
suo carattere correlato alla materia risulta insuscettibile di
interpretazione analogica o estensiva (cfr in tali sensi per una
problematica con profili assimilabili a quella in esame Cass. 9 febbraio

sia quella di limitare nel tempo il riconoscimento del diritto
all’indennità rivendicata dal ricorrente è evidente solo che si consideri
che essa risponde all’interesse della collettività di non procrastinare nel
tempo le decisioni in relazione a domande – come quella in oggetto – il
cui esame ed il cui giudizio sulla fondatezza devono scontare, oltre al
tempo per l’esame in sede amministrativa del ricorso (nel caso in specie
i tempi previsti dalla L. n. 210 citata, art. 3), anche quelli davanti al
giudice ordinario. (cfr. Cass. 30.1.2012 n. 1272).
In conclusione, e per le ragioni esposte, il ricorso deve essere respinto.
La recente formulazione dei principi applicati giustifica una
compensazione tra le parti delle spese del giudizio di legittimità.
PQM
LA CORTE
Rigetta il ricorso.
Compensa le spese.
Così deciso in Roma il 12 maggio 2014

DIMPOWNIO CANICIWURIA

2006 n. 2853). E che la ratio del disposto della L. n. 210 del 1992, art. 5

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