Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15156 del 22/07/2016


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Cassazione civile sez. VI, 22/07/2016, (ud. 15/01/2016, dep. 22/07/2016), n.15156

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – rel. Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

R.S. e F.R., rappresentati e difesi, per procura

speciale in calce al ricorso, dall’Avvocato Massimo Giusino,

elettivamente domiciliati in Roma, Via Vittorio Venero n. 7, presso

lo studio dell’Avvocato Giovanni Serges;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore,

rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

i cui uffici in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, è domiciliato per

legge;

– controricorrente –

avverso il decreto della Corte d’Appello di Messina n. 128 del 2014,

depositato il 10 febbraio 2014.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15

gennaio 2016 dal Presidente relatore Dott. Stefano Petitti;

sentito, per i ricorrenti, l’Avvocato Massimo Giusino.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che, con ricorso depositato presso la Corte d’appello di Messina, R.S. e F.R., assumendo che erano stati dichiarati falliti dal tribunale di Catania, rispettivamente, il 12 novembre 1987 e il 20 luglio 1989, chiedevano la condanna del Ministero della giustizia al pagamento dell’indennizzo di cui alla L. n. 89 del 2001, per la irragionevole durata della procedura, conclusasi con decreto del 25 ottobre 2012;

che il consigliere designato rigettava la domanda, per omessa produzione della documentazione richiesta della L. n. 89 del 2001, art. 3, comma 3;

che la Corte d’appello in composizione collegiale, rilevato che nella nuova disciplina dell’equa riparazione per la irragionevole durata del processo non era più consentito al giudice di disporre l’integrazione della documentazione insufficiente depositata al momento della proposizione della domanda e che il ricorrente è onerato di produrre tutta la documentazione indispensabile per consentire l’apprezzamento della pretesa avanzata, rigettava l’opposizione;

che per la cassazione di questo decreto R.S. e F.R. hanno proposto ricorso sulla base di tre motivi;

che il Ministero della giustizia ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione in forma semplificata;

che con il primo motivo di ricorso omessa motivazione su un punto decisivo della controversia e “mancato esame dell’errata equiparazione dei giudizi di cognizione ordinaria ai procedimenti concorsuali”, dolendosi che la Corte territoriale non abbia valutato la specificità della procedura presupposta, nella quale non esistono gli atti dei quali è stata ravvisata la mancata produzione;

che con il secondo motivo i ricorrenti lamentano ancora omessa motivazione su un punto decisivo della controversia e “mancato esame dell’errata richiesta della presunta sentenza di estensione al coniuge del fallimento”, rilevando che l’estensione al coniuge del fallimento non aveva comportato l’emissione di una nuova sentenza, che quindi non avrebbe potuto essere prodotta;

che con il terzo motivo i ricorrenti deducono violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 3, comma 3, sostenendo che tale disposizione non sarebbe applicabile per le procedure concorsuali, nonchè omessa motivazione su un punto decisivo della controversia, dolendosi che il consigliere designato, prima, e la Corte in composizione collegiale, poi, abbiano ritenuto indispensabile la produzione di atti che non si rinvengono nella procedura fallimentare;

che il ricorso, i cui motivi possono essere esaminati congiuntamente per connessione, è fondato;

che occorre premettere che questa Corte ha avuto modo di affermare che “in tema di irragionevole durata del processo, ai fini del rispetto del termine di decadenza per la proposizione della domanda di equa riparazione, rileva il solo deposito del ricorso e non anche quello degli atti e documenti di cui della L. n. 89 del 2001, art. 3, comma 3, i quali possono essere prodotti in ogni momento prima della decisione ovvero nel termine concesso ex art. 640 c.p.c., comma 1” (Cass. n. 22763 del 2015); e che “l’opposizione di cui della L. n. 89 del 2001, art. 5-ter, non introduce un autonomo giudizio di impugnazione del decreto che ha deciso sulla domanda, ma realizza, con l’ampio effetto devolutivo di ogni opposizione, la fase a contraddittorio pieno di un unico procedimento, avente ad oggetto la medesima pretesa fatta valere con il ricorso introduttivo, sicchè non è precluso alcun accertamento od attività istruttoria, necessari ai fini della decisione di merito, e la parte può produrre, per la prima volta, i documenti che avrebbe dovuto produrre nella fase monitoria ai sensi dell’art. 3, coma 3, della citata legge, abbia o meno il giudice invitato la parte a depositarli, come previsto dal richiamato art. 640 c.p.c., comma 1” (Cass. n. 19348 del 2015);

che, quindi, la Corte d’appello non avrebbe potuto rigettare l’opposizione senza sollecitare la parte a produrre la documentazione ritenuta indispensabile ai fini della valutazione della ragionevole durata del procedimento presupposto e, soprattutto, non avrebbe potuto considerare, ai fini delle produzioni di cui all’art. 3, comma 3, la procedura fallimentare alla stregua di un ordinario giudizio di cognizione, nel quale gli atti acquisiti al fascicolo d’ufficio sono liberamente acquisibili dalle parti con semplice richiesta di copia al cancelliere;

che il ricorso va quindi accolto, con conseguente cassazione del provvedimento impugnato, con rinvio alla Corte d’appello di Messina, la quale si atterrà agli indicati principi di diritto, e terrà conto ai fini delle acquisizioni documentali necessarie della natura del procedimento, la cui irragionevole durata è oggetto di accertamento;

che al giudice di rinvio è demandata altresì la regolamentazione delle spese del giudizio di cassazione.

PQM

La Corte accoglie il ricorso; cassa il provvedimento impugnato e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Messina.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 2 della Corte Suprema di Cassazione, il 15 gennaio 2016.

Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2016

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