Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15154 del 11/07/2011

Cassazione civile sez. lav., 11/07/2011, (ud. 24/05/2011, dep. 11/07/2011), n.15154

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 18158-2009 proposto da:

CASA DI CURA VILLA PINI D’ABRUZZO S.R.L., in persona del legale

rappresentante pro tempore, già elettivamente domiciliata in ROMA,

VIALE MAZZINI 6, presso lo studio dell’avvocato CIPRIETTI SABATINO,

che la rappresenta e difende, giusta delega in atti e da ultimo

domiciliata presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;

– ricorrente –

contro

T.F.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1253/2008 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 21/08/2008 r.g.n. 327/08;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/05/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE NAPOLETANO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di Appello dell’Aquila, confermando la sentenza di primo grado, accoglieva la domanda di T.F., proposta nei confronti della Casa di Cura Villa Pini d’Abruzzo, avente ad oggetto l’impugnativa del licenziamento disciplinare, intimatogli dalla predetta Casa di cura, con tutte le conseguenze giuridiche ed economiche previste dalla L. n. 300 del 1970, art. 18.

La Corte territoriale, premesso che la contestazione dell’addebito si riferiva ad una mera dimenticanza per essersi il dipendente scordato in una autovettura da lui condotta come autista, sacche di sangue destinate ad impiego sanitario, riteneva che siffatto comportamento, non era tale da cagionare una perdita della fiducia e della aspettativa di un corretto e proficuo adempimento degli obblighi gravanti sul lavoratore. Tanto perchè, secondo la Corte del merito, non erano state provate e nemmeno dedotte circostanze tali da conferire anche alla mera dimenticanza una particolare gravità.

Del resto, osservava ancora la Corte in parola, le modalità del trasporto delle sacche di sangue, il ritardo con il quale è stata scoperta la dimenticanza ed il conseguente deterioramento escludevano la sussistenza di condizioni di particolare urgenza.

Avverso questa sentenza la Casa di Cura in epigrafe ricorre in cassazione sulla base di tre censure.

Parte intimata non svolge attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la Casa ricorrente, deducendo violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. nonchè vizio di motivazione, formula, ex art. 366 bis c.p.c., il seguente quesito: “Dica il Collegio, se sulla scorta delle risultanze istruttorie come sopra trascritte, risultava provata la giusta causa di licenziamento dedotta e se dunque i comportamenti in concreto tenuti dal dipendente T.F. così contestati (omissis) concretassero addebiti tali da costituire una giusta causa di licenziamento”.

La censura non è accoglibile.

Infatti secondo giurisprudenza di legittimità è inammissibile il motivo di ricorso nel cui contesto trovino formulazione, al tempo stesso, censure aventi ad oggetto violazione di legge e vizi della motivazione, ciò costituendo una negazione della regola di chiarezza posta dall’art. 366-bis c.p.c. (nel senso che ciascun motivo deve contenere la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione) giacchè si affida alla Corte di cassazione il compito di enucleare dalla mescolanza dei motivi la parte concernente il vizio di motivazione, che, invece, deve avere una autonoma collocazione (V. Cass. 11 aprile 2008 n. 9470 e Cass. 23 luglio 2008 n. 20355 cui adde, nello stesso senso, Cass. 29 febbraio 2008 n. 5471).

Nella specie vi è appunto la contemporanea deduzione di violazione di legge e vizi di motivazione che si conclude con la formulazione di un solo quesito.

Nè può demandarsi a questa Corte di estrapolare dai singoli quesiti di diritto e dalla parte argomentativa quali passaggi siano riferibili al vizio di motivazione e quali alla violazione di legge, diversamente sarebbe elusa la ratio dell’art. 366 bis c.p.c..

A tanto va aggiunto che il quesito, per come articolato, tende sostanzialmente ad ottenere una valutazione dei fatti la quale è estranea al sindacato di legittimità in quanto è al giudice del merito che spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando, così, liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti (salvo i casi tassativamente previsti dalla legge), mentre al giudice di legittimità non è conferito il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito (V. per tutte Cass. 12 febbraio 2008 n. 3267 e 27 luglio 2008 n. 2049).

Nè può sottacersi che l’iter argomentativo della Corte del merito deve considerarsi corretto sul piano logico-giuridico laddove ha rimarcato come la dimenticanza addebitata al lavoratore non presentava caratteri di particolare rilevanza in ragione delle modalità con cui si era realizzata. e delle conseguenze che aveva causato.

Con la seconda censura la Casa ricorrente, denunciando violazione degli artt. 2119, 2104 e 2106 c.c. nonchè degli artt. 30 e 33 del CCNL per il personale dipendente delle strutture sanitarie e vizio di motivazione, pone, ex art. 3 66 bis c.p.c. cit., il seguente quesito:

“Dica il Collegio se, sulla scorta delle risultanze istruttorie come sopra ritrascritte risultava provata la giusta causa di licenziamento dedotta e dunque se i comportamenti in concreto tenuti dal dipendente T.F., così contestati (omissis) concretassero addebiti tali da costituire una giusta causa di licenziamento”.

Il motivo è improcedibile non avendo la società ricorrente, a norma dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 depositato il testo integrale del contratto collettivo di cui deduce la violazione. Questa Corte infatti a Sezioni Unite, con sentenza del 23 ottobre 2010 n. 20075 ha sancito, nel comporre un contrasto sorto in senso alla sezione lavoro della Cassazione, che il richiamato art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 nella parte in cui onera il ricorrente principale o incidentale – a pena d’improcedibilità del ricorso, di depositare i contratti o accordi collettivi sui quali si fonda il ricorso, deve interpretarsi nel senso che allorchè il ricorrente denunci la violazione o falsa applicazione di norme dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il deposito suddetto deve avere ad oggetto, a pena d’improcedibilità non già solo l’estratto recante le singole disposizioni collettive su cui il ricorso si fonda, ma anche il testo integrale del contratto o accordo collettivo di livello nazionale contenente tali disposizioni. Nella specie con la censura in esame si deduce la violazione di norme di contratto collettivo nazionale e la ricorrente non ha provveduto a depositare insieme al ricorso il testo integrale del contratto collettivo nazionale di cui denuncia la violazione a norma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

A tanto aggiungasi che comunque alla stregua del riportato quesito di diritto si chiede a questa Corte un accertamento di fatto, non consentito, come innanzi osservato, in sede di legittimità.

Con il terzo motivo la Casa ricorrente, assumendo violazione della L. n. 604 del 1966, art. 3 e vizio di motivazione, elabora, ex art. 366 bis c.p.c. cit., il seguente quesito: “Dica il Collegio se, sulla scorta delle risultanze istruttorie come sopra trascritte sub 1, risultava provato il giustificato motivo di licenziamento e dunque se i comportamenti in concreto tenuto dal dipendente T.F. così contestati (omissis) concretassero addebiti tali da costituire un giustificato motivo soggettivo di licenziamento in relazione a fatti commessi da T.F.”.

La censura, come la prima, è inammissibile in quanto oltre a contenere la mescolanza di motivi relativi alla violazione di legge ed al vizio di motivazione, il relativo quesito si risolve nell’istanza di un accertamento di fatto, quello concernente la ricorrenza in base alle risultanze istruttorie di un giustificato motivo soggettivo di licenziamento, precluso, come rilevato, in questa sede di legittimità.

Il ricorso va pertanto rigettato.

Nulla deve disporsi per le spese del giudizio di legittimità non avendo parte intimata svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 11 luglio 2011

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