Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15153 del 02/07/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 15153 Anno 2014
Presidente: MAMMONE GIOVANNI
Relatore: MAROTTA CATERINA

ORDINANZA
sul ricorso 27634-2011 proposto da:
RICCI AGOSTINO (RCCGTN59H04F839C) elettivamente domiciato
in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CASSAZIONE,
rappresentato e difeso dall’avvocato MARIA TERESA MARRA giusta
procura a margine del ricorso;
– ricorrente contro
COMUNE DI NAPOLI, in persona del Sindaco pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA F. DENZA 50-A, presso lo
studio dell’avvocato LUCIO LAURENTI, rappresentato e difeso
dall’avvocato FABIO MARIA FERRARI giusta procura speciale in
calce al controricorso;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 02/07/2014

avverso la sentenza n. 7325/2010 della CORTE D’APPELLO di
NAPOLI dell’8/11/2010, depositata 11 28/12/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
06/05/2014 dal Consigliere Relatore Dott. CATERINA MAROTTA.
1 – Considerato che è stata depositata relazione del seguente

“Con ricorso al Tribunale, giudice del lavoro, di Napoli, Agostino
Ricci esponeva di essere stata utilizzato dall’1/11/2001 al 31/7/2004 dal
Comune di Napoli in lavori socialmente utili, percependo dall’I.N.P.S.
l’assegno di cui al d.lgs. 468 del 1997, art. 8, comma 3, che andava a
compensare le 20 ore settimanali di lavoro prestato, mentre per le 5 ore
settimanali lavorate in più il Comune gli aveva corrisposto un importo
inferiore al dovuto, inferiore cioè a quello previsto dal medesimo art. 8,
comma 2, che doveva essere corrispondente alla paga oraria relativa al
livello retributivo iniziale, calcolato detraendo le ritenute previdenziali ed
assistenziali previste per i dipendenti che svolgono attività analoghe
presso il soggetto utilizzatore. Il Tribunale rigettava la domanda e la
statuizione veniva confermata dalla locale Corte di appello. La Corte
adita rilevava che il d.lgs. n. 81 del 2001, recante integrazioni e
modifiche alla materia dei lavori socialmente utili, dopo avere previsto
all’art. 4 che per l’impegno settimanale di 20 ore compete la somma di
L. 850.000, stabilisce all’art. 5 (Procedure di decisione, di
comunicazione, di trasformazione) che gli organi competenti degli enti
utilizzatoti deliberano tutta una serie di provvedimenti tra cui la durata
dell’attività così come disciplinata dall’art. 4 del presente decreto e
l’eventuale quantità di ore aggiuntive e il corrispettivo ammontare del
trattamento economico. Osservava la Corte che la rimessione agli enti
utilizzatori di determinare la quantità di ore aggiuntive ed il relativo
corrispettivo, costituiva una novità rispetto alla normativa precedente di
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contenuto:

cui al d.lgs. 468 del 1997, la quale, all’art. 8, stabiliva, invece,
espressamente i compensi per dette ore aggiuntive prevedendo per esse
«un importo integrativo corrispondente alla retribuzione oraria relativa
al livello retributivo iniziale, calcolato detraendo le ritenute previdenziali
ed assistenziali previste per i dipendenti che svolgono attività analoghe

carattere innovativo, la nuova disposizione era incompatibile con il
sistema di predeterminazione precedente e quindi, anche se la nuova
legge non aveva espressamente abrogato il d.lgs. n. 468 del 1997, art. 8,
l’effetto abrogativo si era determinato in forza della predetta
incompatibilità, alla stregua dell’art. 10, comma 3 del medesimo d.lgs. n.
81 del 2001.
Avverso detta sentenza il Ricci propone ricorso per cassazione
affidato a cinque motivi.
Resiste il Comune di Napoli con controricorso.
Con i cinque motivi il ricorrente, denunziando violazione dei criteri
interpretativi delle leggi di cui agli artt. 12 e 15 delle preleggi in relazione
all’art. 8 del d.lgs. n. 468 del 1997, agli artt. 4 e 5 del d.lgs. n. 81/2000, ed
all’art. 38 della Cost. nonché violazione e falsa applicazione dell’art. 5
d.lgs. n. 81/2000 e del punto g) del medesimo art. 5, violazione degli
artt. 38 e 117 della Cost., violazione e falsa applicazione dell’art. 2967
cod. civ. in relazione agli artt. 414 e 416 cod. proc. civ., lamenta che la
sentenza impugnata abbia riconosciuto la legittimità di un compenso
inferiore rispetto a quello di cui alla norma indicata. In particolare, il
ricorso investe l’affermazione della sentenza impugnata, secondo la
quale l’art. 8 citato sarebbe stato implicitamente abrogato, per
incompatibilità sopravvenuta con le disposizioni di cui al d.lgs. n. 81 del
2000, il cui art. 10, terzo comma, prevede: «Restano confermate le
disposizioni vigenti in materia di lavori socialmente utili di cui al decreto
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presso il soggetto utilizzatore». La Corte adita riteneva che, stante il

legislativo n. 468 del 1997 e successive modifiche e al decreto
interministeriale 21 maggio 1998, in quanto compatibili con le
disposizioni del presente decreto legislativo».
Il ricorso è manifestamente fondato alla luce dei precedenti di questa
Corte n. 6670 del 3 maggio 2012 e n. 28602 del 20 dicembre 2013 cui va

Va premesso che il d.lgs. n. 468 del 1997, art. 8, distingue, tra i
lavoratori impegnati in lavori socialmente utili, coloro che erano
percettori di un trattamento previdenziale, ossia di indennità di mobilità
o di trattamento straordinario di cassa integrazione, e coloro che invece
erano privi di tale trattamento.
Per i primi il comma 2 prevede che il trattamento previdenziale così
percepito vada a remunerare il lavoro prestato presso il soggetto
utilizzatore. Quest’ultimo null’altro deve corrispondere se il medesimo
trattamento previdenziale è sufficiente a coprire le ore lavorate, mentre,
se vi sono ore eccedenti, il soggetto utilizzatore deve remunerarle, e la
remunerazione era fissata dalla legge, che la determinava nel livello
retributivo iniziale dei dipendenti svolgenti analoghe mansioni.
Per i secondi invece (comma 3 dell’art. 8) l’I.N.P.S. deve erogare la
somma di L. 800.000 mensili, fermo restando, anche in questo caso,
l’obbligo del soggetto utilizzatore di remunerare nello stesso modo le
ore eccedenti.
La questione per cui è causa è la seguente: se il d.lgs. n. 81 del 2000,
che ha modificato il d.lgs. n. 468 del 1997, abbia o no implicitamente
abrogato la prescrizione, di cui all’art. 8 commi 2 e 3 di quest’ultimo
testo normativo, per cui il soggetto utilizzatore, alla stregua del d.lgs. n.
81 del 2000, sarebbe libero di determinare a suo piacimento il compenso
spettante ai lavoratori impegnati in lsu per le ore eccedenti quelle già

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data continuità.

remunerate o con i citati trattamenti di sostegno al reddito, ovvero con
le L. 800.000 mensili.
La sentenza impugnata ha ritenuto che il soggetto utilizzatore, alla
luce della nuova legge, non abbia più vincoli e quindi possa compensare
le ore eccedenti anche in misura inferiore rispetto a quella determinata

Detta conclusione non è condivisibile sulla base delle seguenti
argomentazioni: – il nuovo d.lgs. n. 81 del 2000, che pur reca all’art. 10 la
abrogazione di varie disposizioni del d.lgs. n. 468 del 1997, non
comprende l’art. 8 sul metodo sopra citato per calcolare il compenso per
le ore eccedenti, anzi conferma le disposizioni della legge precedente,
che siano compatibili con la nuova disciplina; – il d.lgs. n. 81 del 2000
riguarda solo i soggetti che avevano già iniziato i lavori socialmente utili;
dispone infatti l’art. 2 comma 1 che «Le disposizioni del presente
decreto si applicano, salvo quanto previsto dall’art. 10, comma 1, ai
soggetti impegnati in progetti di lavori socialmente utili e che abbiano
effettivamente maturato dodici mesi di permanenza in tali attività nel
periodo dal 10 gennaio 1998 al 31 dicembre 1999»; – la nuova legge n.
81 del 2000, art. 4, riguarda coloro che non godevano di alcun
trattamento previdenziale e che quindi ricevevano le 800.000 lire a
carico dell’I.N.P.S. (si trattava cioè dei soggetti previsti non dal d.lgs. n.
468 del 1997, art. 8, comma 2, ma di quelli di cui all’art. 8, comma 3.
L’istituto degli lsu continua però ad operare anche per coloro che
ricevevano il trattamento previdenziale (lo si ricava non solo dall’art. 9,
comma 1, sulla Disciplina sanzionatoria, per il quale: «I soggetti di cui
all’art. 2, comma 1, ivi compresi quelli che usufruiscono dei trattamenti
previdenziali…», ma anche dal fatto che non fu abrogato il d.lgs. n. 468
del 1997, art. 8, in cui erano appunto inclusi, al comma 2, coloro che
godevano di trattamenti previdenziali); – all’art. 4 del d.lgs. si dispone:
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dalla legge precedente.

«1. L’utilizzo nelle attività di cui all’art. 3 non determina l’instaurazione
di un rapporto di lavoro. Per lo svolgimento di dette attività compete ai
soggetti utilizzati, per un impegno settimanale di venti ore e per non più
di otto ore giornaliere, un importo mensile di L. 850.000, denominato
assegno di utilizzo per prestazioni in attività socialmente utili». Questo

remunerare le ore eccedenti, proprio perché il d.lgs. n. 468 del 1997, art.
8, non è stato abolito, mentre l’art. 4 della nuova legge, indicando la
somma mensile di L. 850.000, si limita dunque solo ad aggiornare quella
precedente di L. 800.000; – inoltre l’art. 5 del d.lgs. del 2000 (Procedure
di decisione, di comunicazione, di trasformazione) così testualmente
dispone: «1. Al fine di proseguire le attività, secondo le modalità di cui
all’art. 4, gli organi competenti degli enti utilizzatori, preso atto delle
dichiarazioni rese dai soggetti impegnati ai sensi dell’art. 2, comma 3,
deliberano: a) l’elenco nominativo dei soggetti impegnati; b) le attività
espletate dall’ente utilizzatore nell’ambito di quelle indicate nell’art. 3; c)
le eventuali qualifiche professionali di ciascun soggetto e l’attività da
svolgere; d) la località e la sede di svolgimento delle attività; e) la durata
dell’attività così come disciplinata dall’art. 4 del presente decreto; f) le
modalità organizzative delle attività; g) l’eventuale quantità di ore
aggiuntive e il corrispettivo ammontare del trattamento economico»; è
quindi espressamente confermata la regola che, se si lavora un numero
di ore maggiore rispetto a quelle remunerate con la prestazione
previdenziale o con le L. 850.000, le ore eccedenti vengano compensate
con onere a carico dell’utilizzatore.
Sarebbe, del resto, incongruo lasciare all’arbitrio dell’utilizzatore il
trattamento economico per queste ore, soprattutto considerando che il
d.lgs. n. 81 del 2000, riguarda lavoratori che erano già stati impegnati in
lsu.
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però non significa il venir meno dell’obbligo da parte dell’utilizzatore di

È vero poi che è prevista una delibera dell’utilizzatore in ordine al
compenso da erogare per ore eccedenti, ma la necessità della delibera
non può considerarsi come «incompatibile» con la sua
predeterminazione secondo la legge precedente.
Peraltro il lavoratore, secondo il meccanismo prefigurato dal nuovo

continuare nell’attività di lsu prima ancora di avere avuto conoscenza
della misura del compenso per le ore eccedenti, mentre sembra logico
che lo sappia in precedenza.
Si deve allora concludere che, anche alla luce della nuova legge,
poiché l’art. 8 di quella precedente non è stato abrogato, né risulta
incompatibile con le innovazioni introdotte, il soggetto utilizzatore deve
remunerare le ore eccedenti mediante un importo integrativo, non
liberamente determinato, ma corrispondente alla retribuzione oraria
relativa al livello retributivo iniziale, calcolato detraendo le ritenute
previdenziali ed assistenziali previste per i dipendenti che svolgono
attività analoghe.
Per tutto quanto sopra considerato, si propone l’accoglimento del
ricorso e la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio ad altra
Corte di appello che procederà al conteggio delle spettanze attenendosi
al principio sopra indicato, il tutto con ordinanza, ai sensi dell’art. 375, n.
5, cod. proc. civ.”.
2 – Questa Corte ritiene che le osservazioni in fatto e le
considerazioni e conclusioni in diritto svolte dal relatore siano del tutto
condivisibili, siccome coerenti alla consolidata giurisprudenza di
legittimità in materia (dovendosi evidenziare che ai precedenti di questa
Corte citati nella relazione hanno fatto seguito le conformi Cass. 4
maggio 2014, n. 9577, Cass. 30 aprile 2014, n. 9476, Cass. 14 aprile
2014, nn. 8645, 8644, 8643) non scalfite, neppure in parte, dalle
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testo del 2000 (cfr. art. 2, comma 3) dovrebbe dichiararsi disponibile a

deduzioni di parte ricorrente di cui alla memoria ex art. 378 cod. proc.
civ..
Va, in ogni caso, ulteriormente sottolineato che l’interpretazione
fornita dal Comune, tesa a rinvenire l’intento abrogativo del legislatore
in, una presunta devoluzione di competenza agli enti utilizzatori nella

con il tenore letterale e logico della norma sopra scrutinata. Anche la
sola interpretazione testuale della disposizione, infatti, consente di
comprendere come il riferimento all’ammontare del trattamento
economico, lungi dall’attribuire un autonomo potere di quantificazione
secondo non precisati altri criteri, sia diretto unicamente a
predeterminare l’importo della spesa che l’ente dovrà affrontare nel caso
in cui stabilisca eventuali ore aggiuntive di lavoro e, conseguentemente,
a garantire il rispetto dei vincoli finanziari.
Va, dunque, ribadito che, in tema di lavori socialmente utili le ore
eccedenti a quelle remunerate devono essere compensate
dall’utilizzatore, senza che la necessità di una delibera da parte di
quest’ultimo in ordine al trattamento economico per tali ore aggiuntive
possa considerarsi incompatibile con la predeterminazione effettuata in
base alla legge anteriore.
Ricorre con ogni evidenza il presupposto dell’art. 375, n. 5, cod.
proc. civ. per la definizione camerale del processo.
3 – Conseguentemente, il ricorso va accolto e va cassata la sentenza
impugnata, con rinvio alla Corte di appello di Napoli, in diversa
composizione, che procederà al conteggio delle spettanze attenendosi al
principio sopra enunciato. Al giudice del rinvio è rimessa anche la
decisione sulle spese del presente processo.

P.Q.M.

Ric. 2011 n. 27634 sez. ML – ud. 06-05-2014
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determinazione del compenso per il plus orario, contrasta apertamente

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia,
anche per le spese, alla Corte di appello di Napoli in diversa
composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 maggio 2014.

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