Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15152 del 20/06/2017
Cassazione civile, sez. III, 20/06/2017, (ud. 04/11/2016, dep.20/06/2017), n. 15152
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMBROSIO Annamaria – Presidente –
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –
Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –
Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 14041-2014 proposto da:
M.A., domiciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA
DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato
ANTONIO DI BLASIO giusta procura speciale in calce al controricorso;
– ricorrente –
contro
S.M.B., SA.MA., domiciliati ex lege in ROMA, presso la
CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi
dall’avvocato CARLA TIBONI giusta procura speciale in calce al
controricorso;
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 400/2014 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,
depositata il 08/05/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
04/11/2016 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;
udito l’Avvocato MAURIZIO CORAIN per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza dell’8/5/2014 la Corte d’Appello di L’Aquila ha respinto il gravame interposto dalla sig. M.A. in relazione alla pronunzia Trib. Pescara n. 1167/2013, di accoglimento della domanda nei suoi confronti proposta dai sigg. M.B. e Sa.Ma. di risoluzione del contratto di locazione ad uso non abitativo per sua morosità, con condanna al pagamento di canoni scaduti.
Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito la M. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 2 motivi.
Resistono con controricorso i S., che hanno depositato anche memoria.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il 1 motivo la ricorrente denunzia “nullità della sentenza” per violazione degli artt. 134, 156 e 159 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.
Con il 2 motivo denunzia “violazione e falsa applicazione” del D.L. n. 112 del 2008, art. 51 conv. in L. n. 133 del 2008, nel testo modificato dal D.L. n. 193 del 2009, art. 4 conv. in L. n. 24 del 2010, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.
Il ricorso è inammissibile.
Va anzitutto osservato che non risulta dalla ricorrente censurata la ratio decidendi in ordine alla correttezza del deposito dell’ordinanza in cancelleria per mancata comunicazione di “un valido indirizzo pec” L. n. 112 del 2008, ex art. 51, comma 3, conv. in L. n. 133 del 2008, nel testo modificato dal D.L. n. 193 del 2009, art. 4conv. in L. n. 24 del 2010 (“risulta per tabulas che, costituendosi in giudizio, il difensore di parte appellante non ha indicato un valido indirizzo PEC… Ne consegue che, avendo il Tribunale di Pescara attivato il Processo Civile Telematico (sin dal 16.06.2012), come da decreto dirigenziale D.M. 21 febbraio 2011, ex art. 35 in assenza di un valido indirizzo PEC, la comunicazione di Cancelleria dell’ordinanza di mutamento del rito emessa in data 17.09.2012 non poteva che essere effettuata mediante deposito in Cancelleria, ai sensi del D.L. n. 112 del 2008, art. 51, comma 3”).
Risulta a tale stregua dalla medesima non osservato il consolidato principio secondo cui allorquando la sentenza di merito impugnata si fondi su più ragioni autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente idonea a sorreggere la decisione, l’omessa impugnazione, con ricorso per cassazione, anche di una soltanto di tali ragioni determina l’inammissibilità anche del gravame proposto avverso le altre, non potendo le singole ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, quand’anche fondate, comunque condurre all’annullamento della decisione stessa (v. Cass., 11/1/2007, n. 389) in quanto l’eventuale relativo accoglimento non incide sulla ratio decidendi non censurata, su cui la sentenza impugnata resta pur sempre fondata (v. Cass., 23/4/2002, n. 5902).
E’ dunque sufficiente che, come nel caso, anche una sola delle rationes decidendi su cui si fonda la decisione impugnata non abbia formato oggetto di censura (ovvero sia stata respinta) perchè il ricorso (o il motivo di impugnazione avverso il singolo capo di essa) debba essere rigettato nella sua interezza (v. Cass., 14/7/2011, n. 15449; Cass., Sez. Un., 8/8/2005, n. 16602).
Un tanto non già per carenza di interesse, come pure si è da questa Corte sovente affermato (v. Cass., 11/2/2011, n. 3386; Cass., 12/10/2007, n. 21431; Cass., 18/9/2006, n. 20118; Cass., 24/5/2006, n. 12372; Cass., Sez. Un., 8/8/2005, n. 16602), quanto bensì per essersi formato il giudicato in ordine alla ratio decidendi non censurata (v. Cass., 13/7/2005, n. 14740. V. altresì Cass., 11/1/2007, n. 1658; Cass., 14/7/2011, n. 15449).
Deve ulteriormente porsi in rilievo che l’argomentazione svolta nella motivazione della sentenza impugnata con riferimento alla sanatoria di “ogni eventuale vizio procedurale” (“In ogni caso, non può passare inosservata la circostanza che il difensore di parte appellante ha avuto notizia dell’udienza di discussione in data 18.07.2013, alla quale ha partecipato”) va considerata alla stregua di semplice obiter dictum eccedente le necessità logico-giuridiche della decisione (v. Cass.23/7/2004, n. 13824; Cass. 27/5/1997, n. 4686), svolta meramente ad abundantiam, non costituente pertanto una ratio decidendi e conseguentemente inidonea a fondare l’interesse all’impugnazione, sicchè è inammissibile il motivo di ricorso per cassazione che come nella specie la medesima censuri (v. Cass. 10/10/2007, n. 21266; Cass.5/6/2007, n. 13068; Cass. Sez. Un., 2/4/2007, n. 8087. E già Cass.9/6/1972, n. 1784).
Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 1.700,00, di cui Euro 1.500,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, come modif. dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 4 novembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 20 giugno 2017