Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15152 del 11/07/2011

Cassazione civile sez. lav., 11/07/2011, (ud. 24/05/2011, dep. 11/07/2011), n.15152

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIDIRI Guido – Presidente –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 4108-2009 proposto da:

ENEL DISTRIBUZIONE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIROLAMO DA CARPI 6,

presso lo studio dell’avvocato SILVESTRI RENATO, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato TANZARIELLO ROBERTO, giusta delega in

atti;

– ricorrente –

contro

L.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ANTONIO MORDINI

14, presso lo studio dell’avvocato FLAVIA BRUSCHI, rappresentato e

difeso dall’avvocato FRANCESCO DE IACO, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1747/2008 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 24/10/2008, r.g.n. 2236/07;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/05/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE NAPOLETANO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello che ha concluso per l’inammissibilità, in subordine

rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di Appello di Lecce, riformando la sentenza di primo grado, accoglieva la domanda di L.A., proposta nei confronti della società Enel Distribuzione, avente ad oggetto l’impugnativa del licenziamento disciplinare intimatogli, in data 8 novembre 2002, dalla predetta società con tutte le conseguenze giuridiche ed economiche di cui alla L. n. 300 del 1970, art. 18.

La Corte del merito poneva a base del decisum il rilievo fondante secondo il quale le emergenze istruttorie non consentivano di ravvisare, nella condotta addebitata, il delitto di furto nella sua componente soggettiva, sicchè rimaneva preclusa la possibilità della sanzionabilita del relativo comportamento alla stregua dell’art. 25 del ccnl del 2001 prevedente proprio questo reato nell’esemplificazione di cui al punto B).

Rilevava, inoltre, la Corte territoriale che il comportamento del L. non poteva censurarsi con il licenziamento anche con riferimento alla residua incolpazione disciplinare (consistente nell’allontanamento dal lavoro prima del termine del turno, fatto giustificato solo il giorno successivo), La cui rilevanza sarebbe stata potenziata dalla recidiva in quanto per l’allontanamento il contratto stabiliva solo una sanzione conservativa.

D’altro canto, concludeva la Corte territoriale non potevano trovare ingresso valutazioni legate all’affidabilità articolate su pregresse, ed ormai superate, esperienze di vita del L. e sul disdoro derivato all’azienda nel 1992 da perquisizione dell’armadietto in uso al lavoratore presso i locali aziendali disposte con decreto dell’A.G. penale, conclusasi, peraltro con esito negativo.

Avverso questa sentenza la società in epigrafe ricorre in cassazione sulla base di tre motivi, illustrati da memoria.

Resiste con controricorso il L..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo del ricorso la società, deducendo vizio di motivazione, specifica che “la motivazione della sentenza impugnata è omessa o quantomeno insufficiente e comunque illogica e contraddittoria per aver la Corte di Appello ritenuto: 1. che la prima parte della contestazione disciplinare fosse agganciata alla configurabilità di un illecito penale; 2. di non esaminare, a causa della pretesa insussistenza del fatto reato, la rilevanza sotto il profilo disciplinare contrattuale del fatto pacifico consistente nell’impossessamento da parte del Sig. L., durante l’orario di lavoro e profittando delle relazioni d’ufficio, del compiuter portatile della guardia giurata sig. G. in servizio presso la portineria della sede ENEL di Lecce”.

La censura non è esaminabile.

Sostanzialmente la società ricorrente assume che la Corte del merito ha erroneamente interpretato la lettera di contestazione ritenendo che il licenziamento era stato comminato in ragione della rilevanza penale della condotta addebitata.

Tuttavia la società ricorrente per correttamente investire questa Corte della prospettata erronea esegesi della lettera di contestazione, avrebbe dovuto, trattandosi di un atto di autonomia privata, dedurre violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale ovvero vizi di motivazione mediante, in quest’ultimo caso, la precisa indicazione delle lacune argomentative, ovvero delle illogicità consistenti nell’attribuzione agli elementi di giudizio di un significato estraneo al senso comune, oppure con l’indicazione dei punti inficiati da mancanza di coerenza logica, e cioè connotati da un’assoluta incompatibilità razionale degli argomenti(Cfr. per tutte Cass. 22 febbraio 2007 n. 4178). Tenendo presente che in ogni caso, per sottrarsi al sindacato di legittimità, non è necessario che quella data dal giudice sia l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, sicchè, quando di una clausola siano possibili due o più interpretazioni, non è consentito alla parte, che aveva proposto l’interpretazione disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimità del fatto che ne sia stata privilegiata un’altra (V. per tutte Cass. 22 febbraio 2007 n. 4178 cit.). Nè, all’uopo, è sufficiente una semplice critica della decisione sfavorevole, formulata attraverso la mera prospettazione di una diversa (e più favorevole) interpretazione rispetto a quella adottata dal giudicante. (Cfr. per tutte Cass. 25 febbraio 2004 n. 3772).

Nella specie, invece, la ricorrente si limita a sostenere, in contrapposizione a quanto ritenuto dalla Corte del merito, che essa società non ha legato la prima parte della contestazione disciplinare alla configurabilità del fatto-reato.

Con la seconda censura la società denunciando violazione della disciplina collettiva relativa alla normativa disciplinare, formula, ex art. 366 bis c.p.c., il seguente quesito di diritto: “1. se stante il rinvio al contenuto nella dichiarazione a verbale n. 1 in calce all’art. 25 ccnl per i dipendenti settore elettrico, sia applicabile ai dipendenti ENEL l’accordo sindacale aziendale nazionale del 28.7.1982 sui criteri di correlazione tra le mancanze dei lavoratori ed i provvedimenti disciplinari e non l’art. 25, lett. b, CCNL succitati; 2. se in applicazione dei criteri interpretativi di cui all’art. 1362 e ss. c.c. interpretando il punto 3 del paragrafo 4 dell’accordo sindacale nazionale del 28.7.1982″ secondo cui il licenziamento … senza preavviso può essere inflitto al lavoratore che …) sottrae beni di terzi abusando delle relazioni d’ufficio o dello svolgimento della prestazione lavorativa – sarebbe necessaria ovvero esclusa, ai fini dell’applicazione della massima sanzione disciplinare, la configurabilità del furto”.

La censura è improcedibile non avendo la società, a norma dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 depositato il testo integrale dei contratti collettivi di cui deduce la violazione. Questa Corte infatti a Sezioni Unite, con sentenza del 23 ottobre 2010 n. 20075 ha sancito, nel comporre un contrasto sorto in senso alla sezione lavoro della Cassazione, che il richiamato art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 nella parte in cui onera il ricorrente principale o incidentale – a pena d’improcedibilità del ricorso, di depositare i contratti o accordi collettivi sui quali si fonda il ricorso, deve interpretarsi nel senso che allorchè il ricorrente denunci la violazione o falsa applicazione di norme dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il deposito suddetto deve avere ad oggetto, a pena d’improcedibilità non già solo l’estratto recante le singole disposizioni collettive su cui il ricorso si fonda, ma anche il testo integrale del contratto o accordo collettivo di livello nazionale contenente tali disposizioni. Nella specie si deduce la violazione di norme di accordi collettivi nazionali ed il ricorrente non ha provveduto a depositare insieme al ricorso il testo integrale dei contratti collettivi di cui denuncia la violazione a norma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Con la terza critica la società ENEL Distribuzione, allegando vizio di motivazione, assume che la motivazione della sentenza impugnata è omessa o quantomeno insufficiente e comunque illogica e contraddittoria perchè i giudici di appello hanno: 1. escluso la rilevanza della seconda condotta contestata nell’ottica della valutazione dell’irreparabilità della lesione del vincolo fiduciario;

2. non valutato la recidiva specifica contestata al lavoratore;

tralasciato di considerare, ai fini della valutazione globale della condotta del lavoratore, gli episodi anche anteriori al biennio dalla seconda contestazione e che pure sono rilevanti alla stregua dei riferiti principi espressi dalla Corte di Cassazione”.

La censura è infondata.

Infatti la Corte territoriale non omette di argomentare in ordine ai punti di cui alla censura in esame.

Rileva, infatti, la Corte del merito che il comportamento del L. non poteva censurarsi con il licenziamento anche con riferimento alla residua incolpazione disciplinare (consistente nell’allontanamento dal lavoro prima del termine del turno) – la cui rilevanza sarebbe stata potenziata dalla recidiva – in quanto per l’allontanamento il contratto stabiliva solo una sanzione conservativa ed implicitamente sottolineando, quindi, che le stesse parti sociali non avevano valutato l’infrazione come particolarmente grave tale da giustificare la sanzione espulsiva.

Nè, poi, argomenta la Corte del merito potevano trovare ingresso valutazioni legate all’affidabilità articolate su pregresse, ed ormai superate, esperienze di vita del L. e sul disdoro derivato all’azienda nel 1992 dalla perquisizione dell’armadietto in uso al lavoratore presso i locali aziendali disposte con decreto dell’A.G. penale, conclusasi, peraltro con esito negativo.

D’altro canto la critica di valutazione atomistica delle contestazioni disciplinari non è condivisibile atteso che, sul punto la motivazione della sentenza impugnata è coerente nel senso che, esclusa la rilevanza disciplinare del primo addebito, la Corte del merito ritiene inidoneo a giustificare il licenziamento il secondo addebito comportando questo, in base alla previsione contrattuale, solo una sanzione conservativa e poco afflittiva.

Neppure può rilevare, in questa sede, il richiamo all’accordo sindacale del 28.7.82 attesa la rilevata improcedibilità di cui al secondo motivo del ricorso concernente proprio 1’interpretazione e l’applicazione di siffatto accordo.

Si tratta in sostanza di apprezzamento di fatto che in quanto sorretto da congrua, adeguata e logica motivazione si sottrae al sindacato di questa Corte.

In conclusione il ricorso va rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità liquidate in Euro tremilaquaranta/00 di cui Euro tremila/00 per onorario oltre IVA, CPA e spese generali.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 11 luglio 2011

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