Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15150 del 31/05/2021

Cassazione civile sez. II, 31/05/2021, (ud. 14/01/2021, dep. 31/05/2021), n.15150

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25849-2019 proposto da:

C.I., ammesso al patrocinio a spese dello Stato ed

elettivamente domiciliato in Roma, Via Copenaghen 10, presso lo

studio dell’avvocata Maria Clara Colletti, rappresentato e difeso

dall’avvocato Fabrizio Maria Castelvecchi;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS), ope legis domiciliato in Roma, Via

Dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale Dello Stato, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 443/2019 della Corte d’appello di Perugia,

depositata il 25/07/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/01/2021 dal Consigliere CASADONTE Annamaria.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

– C.I., cittadino del Gambia impugna per cassazione la sentenza della Corte d’appello di Perugia che respingendo il gravame proposto avverso l’ordinanza del tribunale aveva confermato il diniego della protezione internazionale nella forma del rifugio, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria originariamente deciso dalla competente commissione territoriale;

– a sostegno delle domande il C. aveva raccontato di avere vissuto con la propria famiglia a Basse, sebbene non originario di quella zona, in un compound messo gratuitamente a disposizione della famiglia e di fare l’agricoltore; alla morte dei genitori, la gente del posto voleva mandare via lui e sua moglie in quanto stranieri; a fronte del suo rifiuto, dopo la morte della moglie, egli veniva ingiustamente accusato di essere responsabile del ferimento di un vicino e, a sua volta, ferito dal padre del ragazzo; tale situazione lo spingeva a lasciare il Gambia e dopo essere passato dal Senegal, dal Mali, dal Burkina Faso, dal Niger e dalla Libia, dove veniva imprigionato e torturato, riusciva ad arrivare in Italia; riferiva di temere di essere arrestato in caso di rientro in Gambia;

– la corte d’appello perugina aveva ritenuto il suo racconto non credibile e contraddittorio;

– la corte territoriale aveva altresì ritenuto che egli non avesse dimostrato di avere chiesto aiuto all’autorità statale nè fosse emersa l’incapacità della stessea di proteggerlo;

– la corte perugina aveva escluso, inoltre, i presupposti per la protezione sussidiaria ovvero per quella umanitaria;

– la cassazione della sentenza impugnata è chiesta sulla base di due motivi cui resiste con controricorso l’intimato Ministero dell’interno.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

– con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, commi 3 e 5, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 2 e 3, art. 27, comma 1 bis, D.P.R. n. 21 del 2015, art. 6, comma 6, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, comma 1, lett.) e art. 5, art. 14, comma 1, lett. b), per non avere riconosciuto la protezione sussidiaria, in particolare, escludendo il “danno grave” con la motivazione che il ricorrente non avrebbe chiesto la protezione dell’autorità statale e che non sarebbe stato esposto a persecuzione e a trattamenti inumani e degradanti;

-inoltre, il ricorrente censura la statuizione della corte territoriale rispetto all’interpretazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b) in relazione alla mancata consultazione di fonti internazionali;

– la censura è inammissibile perchè non indica quale principio di diritto sarebbe stato violato, risolvendosi nella censura della conclusione del giudice d’appello che, costituendo un giudizio di fatto, può essere denunciata in cassazione solo nella forma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (cfr. Cass. Sez. Un. 8053/2014);

– con il secondo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32 e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5 comma 6, nonchè l’omesso esame di fatti decisivi con riferimento al rigetto della protezione umanitaria nonostante le plurime condizioni di vulnerabilità dedotte dal richiedente asilo con particolare riguardo a quella connessa ai motivi di salute del ricorrente;

– la censura è fondata atteso che della specifica allegazione di una vulnerabilità per ragione di salute -dedotta già in appello e cioè la LTBC (infezione tubercolare latente) e la gastrite causata da Helicobacyer pylori, nessuna considerazione si rinviene nel provvedimento impugnato che si limita a negare la protezione umanitaria con una motivazione apparente (“nulla è stato provato in ordine alla violazione di diritti fomdamentali della persona in caso di rimpatrio” cfr. prima frase pag.4 della sentenza);

– in definitiva il ricorso va accolto in relazione al secondo motivo e rigettato rispetto al primo, conseguentemente la sentenza va cassata in relazione al motivo accolto con rinvio alla Corte d’appello di Perugia, in diversa composizione, affinchè riesamini la domanda di protezione c.d. umanitaria alla luce della dedotta condizione di vulnerabilità e della normativa vigente ratione temporis nonchè alle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il secondo motivo, rigetta il primo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di Perugia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda sezione civile, il 14 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 31 maggio 2021

 

 

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