Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1515 del 19/01/2022

Cassazione civile sez. II, 19/01/2022, (ud. 24/11/2021, dep. 19/01/2022), n.1515

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 17354/16) proposto da:

B.P., (C.F.: (OMISSIS)), S.M., (C.F: (OMISSIS)),

B.A., (C.F.: (OMISSIS)), BR.AL. (C.F.:

(OMISSIS)), B.L., (C.F.: (OMISSIS)) e

B.N., (C.F.: (OMISSIS)), tutti rappresentati e difesi, in virtù di

procura speciale apposta a margine del ricorso, dall’Avv. Giuliano

Scarselli, ed elettivamente domiciliati presso il suo studio, in

Roma, v. Cassiodoro, n. 1/A;

– ricorrenti –

contro

AVV. A.S., (C.F.: (OMISSIS)) e AVV. T.L.,

(C.F.: (OMISSIS));

– intimati –

avverso l’ordinanza collegiale del Tribunale di Arezzo dell’11 maggio

2016 (nel proc. RG n. 4784/015) e notificata il 18 maggio 2016;

udita la relazione della causa svolta alla pubblica udienza del 24

novembre 2021 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;

udito il P.M., in persona del Sostituto procuratore generale Dott.

MISTRI Corrado, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avv. Giuliano Scarselli, per i ricorrenti.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Con ricorso ai sensi dell’art. 702-bis c.p.c., proposto dinanzi al Tribunale di Arezzo, gli Avv.ti A.S. e T.L. chiedevano la condanna di B.P., S.M., B.A. e Br.Al., con riferimento alla difesa ed assistenza in un giudizio risarcitorio civile (iscritto al n. RG 372/2010) instaurato dinanzi al Tribunale di Firenze ed al correlato procedimento penale, al pagamento dei rispettivi compensi professionali, nella seguente misura: Euro 87.202,22, oltre accessori, al netto di un acconto netto precedentemente ricevuto di Euro 20.871,33, per la difesa nel citato processo civile n. 372/2010 dinanzi al Tribunale di Firenze, conclusosi con sentenza n. 202/2015, avente ad oggetto il risarcimento del danno subito per la morte del congiunto B.M. a seguito di un sinistro stradale;

– Euro 1.350,00, oltre accessori, per il ricorso al giudice tutelare ai fini dell’incasso delle somme liquidate nella predetta sentenze civile;

Euro 3.500,00 per la difesa di parte civile, svolta dal solo avv. A., nel processo penale n. 19015/2002, relativo a filone separato e concluso con sentenza del GUP presso il Tribunale di Firenze n. 1544/2007; Euro 5.000,00 per la difesa di parte civile, svolta sempre dal solo avv. A., nel medesimo processo penale definito con sentenza dibattimentale del Tribunale di Firenze del 19 maggio 2009.

L’adito Tribunale, in composizione collegiale, nella costituzione dei resistenti, così provvedeva con ordinanza depositata l’11 maggio 2016:

dichiarava che i due avvocati ricorrenti avevano diritto nei confronti dei resistenti al pagamento, a titolo di compensi professionali per l’assistenza, la rappresentanza e la difesa nel richiamato giudizio civile svoltosi dinanzi al Tribunale di Firenze, della somma di Euro 43.338,60, già detratti gli acconti; dichiarava che i resistenti avevano diritto nei confronti degli avvocati ricorrenti al pagamento, a titolo di risarcimento per il danno subito a causa della pubblicazione, senza loro consenso, dell’articolo di giornale edito sul “(OMISSIS)” (numero del (OMISSIS)), della somma di Euro 4.000,00;

compensava i reciproci crediti e, per l’effetto, condannava i resistenti al pagamento, in favore dei ricorrenti, della somma di Euro 39.338,60, oltre interessi legali dalla pubblicazione dell’ordinanza al saldo;

condannava i resistenti al pagamento, sempre in favore dei ricorrenti, per l’attività professionale di proposizione del ricorso al giudice tutelare, della somma di Euro 1.969,81, oltre interessi legali dalla pubblicazione dell’ordinanza al saldo;

condannava i resistenti al pagamento, in favore del solo avv. A., a titolo di compensi per la difesa di parte civile nel procedimento penale n. 19015/2002 dinanzi alla Procura della Repubblica e detratto l’acconto versato, della somma di Euro 10.213,84, oltre interessi legali dalla pubblicazione dell’ordinanza al saldo;

rigettava ogni altra domanda e condannava i resistenti al pagamento delle spese del procedimento, liquidate in complessivi Euro 7.660,50, oltre accessori di legge.

A sostegno dell’adottata ordinanza – per quanto ancora rileva nella presente sede riconosceva, con riferimento alla difesa ed assistenza nel giudizio civile dinanzi al Tribunale di Firenze, un aumento del 20% sull’importo base di Euro 36.145,00, in considerazione della complessità delle questioni trattate, ed un ulteriore aumento sulla somma così scaturita del 20% per ogni soggetto difeso da entrambi gli avvocati oltre il primo ai sensi del D.M. Giustizia n. 55 del 2014, art. 4, comma 2.

2. B.P., S.M., B.A., Br.Al., B.L. e B.N. hanno notificato un primo ricorso per cassazione in data 8 luglio 2016, a mezzo pec, agli intimati avv.ti A.S. e T.L. indirizzato alla Sezione Tributaria e proposto dalla s.r.l. Aural (patrocinata dallo stesso difensore dei ricorrenti, avv. Scarselli) contro l’Agenzia delle Entrate, avente ad oggetto la sentenza n. 1395/2015 della Commissione tributaria regionale di L’Aquila e, pertanto, un ricorso non avente alcuna attinenza con l’impugnazione dell’ordinanza emessa, ai sensi del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14 (depositata l’11 maggio 2016 e notificata il 18 maggio 2016) dal Tribunale di Arezzo, tra gli odierni ricorrenti e i due predetti avvocati.

Questi ultimi, con istanza depositata il 21 settembre 2016 indirizzata al Presidente della VI Sezione civile, hanno comunicato tale circostanza depositando la copia del suddetto ricorso proposto dinanzi alla Sezione Tributaria di questa Corte, chiedendo che, sul presupposto dell’inesistenza di tale ricorso, venisse respinta la richiesta di rimessione in termini avanzata dal difensore delle parti avversarie e disposta la cancellazione dal ruolo generale del procedimento iscritto sulla base di detto ricorso.

Il difensore dei ricorrenti, pur dando atto di quanto sopra, ha, tuttavia, evidenziato che, a seguito della notifica erronea del ricorso proposto dinanzi alla Sezione Tributaria di questa Corte (comunque recapitato a mezzo pec agli intimati nel termine di sessanta giorni dall’avvenuta notificazione del provvedimento impugnato del Tribunale di Arezzo), ha depositato in cancelleria (all’atto dell’iscrizione a ruolo), nel termine di cui all’art. 369 c.p.c., comma 1 (in data 22 luglio 2016), il ricorso con il quale era stata effettivamente impugnata la predetta ordinanza del Tribunale di Arezzo.

Dagli atti emerge, poi, che il difensore degli odierni ricorrenti ha provveduto alla notificazione a mezzo pec di un nuovo ricorso, propriamente riguardante l’impugnazione della citata ordinanza del Tribunale aretino, in data 27 settembre 2016 (con relativo deposito della inerente documentazione in data 11 ottobre 2016), senza che, però, sia seguita alcuna rituale costituzione effettiva dei due avvocati intimati.

Disposta la trattazione del procedimento per la sua definizione nelle forme di cui all’art. 380-bis.1 c.p.c., all’esito il collegio, con ordinanza interlocutoria n. 17981/2021 (pubblicata il 23 giugno 2021), disponeva la rimessione dello stesso alla pubblica udienza, fissata per la data del 24 novembre 2021.

Con tale ordinanza si osservava che, sulla base della riportata ricostruzione della vicenda, si imponeva la necessità di chiarire quali siano le conseguenze processuali che derivano dall’avvenuta notificazione tempestiva alle giuste parti intimate di un ricorso del tutto sganciato dal provvedimento che si intendeva impugnare (indirizzato ad altra Sezione di questa Corte, avente parti ed oggetto diversi), ma con deposito tempestivo del ricorso correttamente riferito all’impugnazione dell’esatto provvedimento, ovvero, nel caso di specie, della richiamata ordinanza collegiale del Tribunale di Arezzo.

In particolare, si è posto in risalto se, in presenza di tali presupposti giuridici e fattuali, potessero ritenersi sussistenti o meno le condizioni per l’applicazione dei principi sanciti dalle sentenze delle Sezioni unite nn. 18121/2016 e 14916/2016, che si sono occupate, rispettivamente, degli effetti della notificazione di un ricorso incompleto e della distinzione della tipologia tra vizi di nullità e vizi di inesistenza della notificazione.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con l’unico complesso proposto i ricorrenti – previa valutazione di ammissibilità del ricorso in relazione al disposto del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 14 (che non ammette l’appello avverso l’ordinanza in esso prevista) – hanno denunciato, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione del D.M. Giustizia n. 55 del 2014, art. 4, comma 2.

In particolare, con detta censura, hanno inteso confutare l’impugnata ordinanza con la quale era stato riconosciuto l’aumento del compenso nella misura del 20% per ogni soggetto oltre il primo, non considerando, però, che l’esercizio discrezionale di tale potere in capo al giudice è ammesso non quando l’avvocato assista più soggetti ma solo quando più cause vengono riunite, dal momento dell’avvenuta riunione e nel caso in cui l’avvocato assiste un solo soggetto contro più soggetti, per come previsto dalla norma di cui è stata denunciata la violazione.

2. Rileva il collegio che il ricorso è inammissibile per le complessive ragioni che seguono.

Per quanto messo in risalto nell’ordinanza interlocutoria si è venuta a porre, nel caso di specie (nel quale risulta pacificamente notificato nel termine breve di cui all’art. 325 c.p.c., alle controparti – per un improvvido scambio di file – un ricorso per cassazione del tutto diverso da quello riferibile all’ordinanza del Tribunale di Arezzo, siccome rivolto ad impugnare una decisione della Commissione tributaria regionale di L’Aquila, avente parti ed oggetto diversi oltre a risultare proposto dinanzi alla Sezione tributaria di questa Corte), la questione sul se siano sussistenti o meno le condizioni per l’applicazione dei principi sanciti dalle sentenze delle Sezioni unite nn. 18121/2016 e 14916/2016, che si sono occupate, rispettivamente, degli effetti della notificazione di un ricorso incompleto (ovvero mancante di alcune pagine) e della natura del vizio caratterizzante la notificazione, distinguendosi tra le ipotesi fisiologicamente ricadenti nell’ambito delle nullità processuali sanabili e quelle, eccezionali, riconducibili ad ipotesi di inesistenza, come tali insuscettibili di essere sanate.

Ad avviso del collegio i principi di cui alle richiamate due sentenze delle Sezioni unite non sono trasferibili e, comunque, adattabili al caso che qui ci occupa poiché ci si trova in presenza della notificazione non di un ricorso mancante di pagine o di alcuni riferimenti non implicanti una completa inconoscibilità dell’atto processuale, bensì della notificazione di un ricorso completamente avulso dall’impugnazione dell’ordinanza del Tribunale di Arezzo riguardante altre parti, altra materia ed altra Sezione della Corte. Trattasi, pertanto, di una ipotesi di inesistenza della notificazione del ricorso per cassazione siccome appunto non riferibile alla suddetta impugnazione, concernendo un altro ricorso che, nel rapporto tra le “giuste parti”, configura – per utilizzare un’espressione propriamente contrattualistica traslata nel campo processualcivilistico un “aliud pro alio”, non potendosi, evidentemente, ritenere configurabile in tal caso alcuna ipotesi legittimante la rimessione in termini, a cui il difensore dei ricorrenti pure ha inteso dare seguito. E’, infatti, evidente la sua inammissibilità, non sussistendo il presupposto essenziale stabilito dall’art. 153 c.p.c., comma 2, ovvero una causa di forza maggiore non imputabile agli stessi ricorrenti (dotata del carattere di assolutezza: v., da ultimo, Cass. S.U. n. 27773/2020), versandosi, al contrario, nella vicenda in discorso chiaramente in una situazione (quella dello scambio di file riferibili a due ricorsi diversi) evitabile con un ordinario comportamento diligente attraverso l’attenta identificazione del “giusto” ricorso da notificare rispetto al provvedimento da impugnare e dell’imprescindibile controllo di tale corrispondenza prima di procedere alla conseguente attività notificatoria.

Ciò chiarito, occorre evidenziare che la conseguenza dell’inammissibilità di un atto processuale, come prevista espressamente dalla legge nelle relative ipotesi individuate (come, ad esempio, nel caso di un ricorso per cassazione privo di uno o più degli elementi previsti dall’art. 366 c.p.c.) implica l’emergenza di un vizio di difformità dell’atto di impugnazione rispetto al modello legale; ma detta conseguenza, in virtù dell’interpretazione logico-sistematica operata dalla giurisprudenza, si configura anche quando ci si trovi in presenza di un vizio esterno all’atto, che riguarda la sussistenza stessa del potere di impugnazione e, quindi, i presupposti dell’azione impugnatoria.

Secondo la sentenza delle Sezioni unite n. 18121/2016 la mancanza nella copia notificata del ricorso per cassazione, il cui originale risulti tempestivamente depositato, di una o più pagine non comporta l’inammissibilità del ricorso, ma costituisce vizio della notifica sanabile, con efficacia “ex tunc”, mediante nuova notifica di una copia integrale, su iniziativa dello stesso ricorrente o entro un termine fissato dalla Corte di cassazione, ovvero per effetto della costituzione dell’intimato (salva la possibile concessione a quest’ultimo di un termine per integrare le sue difese), ove, pur per effetto della mancanza di alcuna delle pagine del ricorso notificatogli, non ne sia derivata una lesione in concreto del suo diritto di difesa, riscontrato dal suo pieno dispiegamento con la proposizione del controricorso in cui si sia dedotto rispetto a tutti i motivi formulati con il ricorso pur incompletamente notificatogli (cfr., negli stessi termini, anche la successiva Cass. n. 2041/2017; v., altresì, da ultimo Cass. n. 2961/2021, con riguardo ad un caso singolare in cui si era proceduto alla notificazione, oltre alla procura, di un unico foglio del ricorso per cassazione contenente esclusivamente il nome delle parti ed il riferimento al provvedimento impugnato, alla quale, tuttavia, aveva fatto seguito la costituzione della parte intimata con controricorso denotante la comprensione delle doglianze dedotte in giudizio dal ricorrente, con la formulazione delle relative difese in proposito).

Sotto un’ulteriore prospettiva la stesse Sezioni unite, con l’altra richiamata sentenza n. 14916/2016, hanno fissato il complessivo principio in base al quale l’inesistenza della notificazione del ricorso per cassazione è configurabile, alla stregua dei principi di strumentalità delle forme degli atti processuali e del giusto processo, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale nella categoria della nullità. Tali elementi consistono: a) nell’attività di trasmissione, svolta da un soggetto qualificato, dotato, in base alla legge, della possibilità giuridica di compiere detta attività, in modo da poter ritenere esistente e individuabile il potere esercitato; b) nella fase di consegna, intesa in senso lato come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall’ordinamento (in virtù dei quali, cioè, la stessa debba comunque considerarsi, “ex lege”, eseguita), restando, pertanto, esclusi soltanto i casi in cui l’atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, così da dover reputare la notificazione meramente tentata ma non compiuta, cioè, in definitiva, omessa.

In base a tale ricostruzione, ritiene questo collegio che deve considerarsi ricompresa nell’ambito della casistica riferita alla totale mancanza dell’atto in relazione allo sviluppo del correlato procedimento notificatorio anche l’ipotesi – come ricorrente nel caso di specie – della notificazione di un ricorso per cassazione completamente (ovvero di un altro ricorso) non riferibile all’impugnazione del provvedimento che si sarebbe voluto, in realtà, impugnare, ed indipendentemente dal tempestivo deposito del “giusto” ricorso ai sensi dell’art. 369 c.p.c., ma con allegazione delle notifiche eseguite con riguardo al ricorso del tutto difettante, nella sua materialità, dell’idoneità ad impugnare l’ordinanza del Tribunale di Arezzo notificata il 18 maggio 2016, rispetto alla quale il “diverso” ricorso era stato notificato agli intimati l’8 luglio 2016, senza che questi ultimi si siano costituiti, ponendo in essere una condotta processuale ipoteticamente sanante.

E’, poi, emerso “ex actis” – come già evidenziato – che la difesa dei ricorrenti ebbe a depositare in data 7 settembre 2016 un’istanza di rimessione in termini in dipendenza dell’avvenuta “scoperta” di aver proceduto, nella suddetta data, alla notificazione di un ricorso indirizzato alla Sezione tributaria della Corte di cassazione che non aveva alcun collegamento né con il provvedimento che si sarebbe voluto effettivamente impugnare né, quindi, con le parti che avevano partecipato al relativo giudizio con esso definito né, perciò, con riferimento propriamente al suo oggetto.

Su tale istanza il Presidente della VI Sezione civile (a cui era stata indirizzata) ebbe, in data 12 settembre 2016, a dichiarare il non luogo a provvedere, facultando la parte richiedente a procedere alla rinnovazione della notificazione del ricorso, fatta la salva la valutazione della non imputabilità del ritardo al momento della decisione del ricorso. Indi, il difensore dei ricorrenti ha provveduto alla notificazione di un nuovo ricorso, avvenuta a mezzo pec il 27 settembre 2016, e, quindi, oltre il termine decadenziale dei sessanta giorni contemplato dall’art. 325 c.p.c., tenuto conto che l’ordinanza impugnabile era stata notificata – come già rimarcato – ai soccombenti resistenti (odierni ricorrenti) il 18 maggio 2016.

Ciò posto, è fuor di dubbio, in generale, che se la copia dell’atto notificato non corrisponde all’originale, è solo sulla copia che il destinatario fa affidamento e su cui può difendersi (cfr., tra le tante, Cass. n. 18127/2008 e Cass. n. 20993/2013). E poiché la notificazione costituisce atto del procedimento notificatorio (articolato in fasi e finalizzato allo scopo di provocare la presa di conoscenza di un atto da parte del destinatario, attraverso la certezza legale che esso sia entrato nella sua sfera di conoscibilità) autonomo dall’atto da notificare, e l’esigenza primaria processuale della conformità all’originale è stabilita proprio per consentire al destinatario dell’atto di avere piena, effettiva ed univoca sicurezza giuridica della sua cognizione, diviene consequenziale ritenere che, ove l’atto notificato sia un altro atto (e che, quindi, l’attività si risolva – come detto – nella notificazione di un “aliud pro alio”) perché riferito all’impugnazione di un provvedimento differente (e non sia, invece, un atto comunque riferibile a quest’ultimo ma difettante solo di qualche parte), la notificazione – del tutto inidonea a perseguire lo scopo previsto dall’ordinamento processuale (alla stregua del principio generale scolpito nell’art. 156 c.p.c., comma 3) – dovrà essere considerata inesistente e non, quindi, nulla, nella cui sola ipotesi sarebbe invece possibile far ricorso al rinnovo della notifica ai sensi dell’art. 291 c.p.c., che consente la conservazione degli effetti dell’impugnazione e della difesa al destinatario di essa.

Per completezza deve aggiungersi che, ancorché sia esatto ritenere che finché non sia intervenuta la dichiarazione di inammissibilità, e qualora non siano decorsi i termini per impugnare di cui agli artt. 325 e 327 c.p.c., la parte può proporre un nuovo ricorso in sostituzione del primo non essendosi consumato il diritto di impugnazione della parte ai sensi dell’art. 387 c.p.c. (v. Cass. n. 5053/2009 e Cass. n. 12898/2010), tuttavia, nel caso di specie, l’effettiva notificazione del “giusto” ricorso nei confronti delle “giuste” controparti in riferimento all’impugnazione della citata ordinanza del Tribunale di Arezzo (notificata il 18 maggio 2016) è avvenuta tardivamente con conseguente consumazione del termine previsto dall’art. 325 c.p.c. (risultando il nuovo ricorso notificato a mezzo pec il 27 settembre 2016) e, quindi, anch’esso è da considerarsi inammissibile per maturata decadenza del diritto ad impugnare.

3. In definitiva, alla stregua di tutte le complessive argomentazioni svolte, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, senza l’adozione di alcuna correlata pronuncia sulle spese, non risultando gli intimati essersi costituiti.

Infine, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, con vincolo solidale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, in solido fra loro, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 24 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2022

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