Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15149 del 31/05/2021

Cassazione civile sez. II, 31/05/2021, (ud. 14/01/2021, dep. 31/05/2021), n.15149

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23665-2019 proposto da:

T.O., ammesso al patrocinio a spese dello Stato e

rappresentato e difeso dall’avvocato Anna Lombardini Baiardi con

studio in Perugia via Campo di Marte 6/D;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 278/2019 della CORTE D’APPELLO di Perugia

depositata il 09/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/01/2021 dal Consigliere CASADONTE Annamaria.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

– T.O., cittadino del Gambia, ha impugnato la sentenza della Corte d’appello di Perugia che ha respinto l’appello proposto contro l’ordinanza del tribunale che confermava il diniego della protezione internazionale e di quella umanitaria nei suoi confronti;

– a sostegno delle domande egli ha sostenuto di avere fatto note di un’associazione di studenti e di avere organizzato una manifestazione di protesta; ha aggiunto di essere fuggito dal Gambia per sottrarsi all’arresto in quanto il governo si era opposto alle istanze di democratizzazione portate avanti dalle associazioni studentesche;

– il suo racconto non era stato ritenuto credibile e, dunque, non gli era stata riconosciuta alcuna forma di protezione;

– la cassazione della sentenza impugnata è chiesta sulla base di quattro motivi, illustrati da memoria;

– nessuna attività difensiva è stata svolta dall’intimato Ministero dell’interno.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

– con il primo motivo il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione, del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 5 e 14 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 3,8 e 32 per non avere la corte territoriale applicato i parametri di cui al D.Lgs. n. 251 cit., art. 3, comma 5, nella valutazione di credibilità delle dichiarazioni rese dal richiedente asilo;

– la censura è infondata;

– costituisce consolidato principio di diritto che In materia di protezione internazionale, il giudizio sulla credibilità del racconto del richiedente, da effettuarsi in base ai parametri, meramente indicativi, forniti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, è sindacabile in sede di legittimità nei limiti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti – oltre che per motivazione assolutamente mancante, apparente o perplessa – spettando dunque al ricorrente allegare in modo non generico il “fatto storico” non valutato, il “dato” testuale o extratestuale dal quale esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale e la sua “decisività” per la definizione della vertenza (cfr. Cass. 13578/2020; id. 6897/2020);

– ciò posto, la corte territoriale ha, diversamente da quanto sostenuto in ricorso, fatto corretta applicazione dei parametri richiamati, in particolare evidenziando come il richiedente asilo non avesse compiuto alcuno sforzo per circostanziare la vicenda narrata (cfr. D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, lett. a)) che, pertanto, riteneva non credibile;

– con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 251 del 2007, artt. 2, 5, 7 e 8, per avere la corte territoriale erroneamente sostenuto l’insussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale nella vicenda narrata dal ricorrente;

– la denuncia è infondata poichè la decisione di diniego della protezione internazionale è prettamente consequenziale alla ritenuta non credibilità del richiedente asilo e la conclusione configura una valutazione di fatto, non censurabile in sede di legittimità se non ai sensi della L. n. 5 c.p.c., art. 360, (cfr. Cass. 13578/2020; 6897/2020);

– con il terzo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3,4, 5,6 e 14, del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 25, nonchè degli artt. 2, 3, 4, 5, 9, CEDU per il mancato riconoscimento della protezione sussidiaria da parte della corte territoriale senza avere proceduto alla consultazione delle fonti informative;

– la censura è fondata in relazione alla forma di protezione sussidiaria prevista dalle D.Lgs. n. 251, art. 14, lett. c), dal momento che nella sentenza impugnata manca del tutto qualunque riferimento alla situazione socio politica del Gambia, sull’errato assunto che i problemi riguardanti la presenza di pericoli collegati a stati di conflitto armato generalizzato avrebbero dovuto essere allegati dal ricorrente, il quale, in realtà l’allegazione l’aveva fatta (cfr. pag. 17-18 del ricorso);

– secondo la giurisprudenza di questa corte la fattispecie di cui all’art. 14, lett. c), prevede un onere di verifica officiosa collegata ai presupposti di tale forma di protezione che assicura una tutela a prescindere dalla credibilità della vicenda personale del richiedente, che attiene a qualunque cittadino di quel paese che, per il solo fatto di essere espatriato, sarebbe esposto al rischio di violenza indiscriminata e generalizzata in situazione di conflitto interno ed internazionale; a tal fine il giudice deve verificare, sulla scorta delle fonti accreditate ed aggiornate, come previsto dal D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 27 se ricorra una simile situazione del paese di provenienza (cfr. Cass. 262/2021; id.9230/2020; 14283/2019);

– poichè la corte territoriale non ha proceduto all’accertamentod ella sitazione del Gambia alla stregua delle fonti acquisite d’ufficio, la censura va accolta;

– con il quarto motivo si censura, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3 e 5 del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 3,8 e 32, del D.Lgs. n. 286 del 1998, artt. 5, 6, 19, commi 1 e 11, e D.P.R. n. 304 del 1999, art. 28 nonchè l’omesso esame di un fatto decisivo in relazione al mancato riconoscimento della protezione umanitaria senza avere attivato il dovere di cooperazione ufficiosa nell’accertamento della situazione oggettiva del paese di origine e di quello di transito; inoltre secondo il ricorrente, la corte territoriale avrebbe trascurato di considerare la documentazione prodotta per attestare l’elevato grado di integrazione raggiunto in Italia (esecuzione di lavori di pubblica utilità, eccetera);

– la denuncia può essere ritenuta assorbita nell’accoglimento del terzo motivo di ricorso;

– in definitiva il ricorso va accolto con riferimento al terzo motivo, assorbito il quarto e rigettato il primo il secondo; la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto con conseguente rinvio alla Corte d’appello di Perugia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il terzo motivo, assorbito il quarto, rigetta il primo ed il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di Perugia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda sezione civile, il 14 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 31 maggio 2021

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