Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15147 del 22/06/2010

Cassazione civile sez. I, 22/06/2010, (ud. 25/05/2010, dep. 22/06/2010), n.15147

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PANEBIANCO Ugo Riccardo – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

A.S. (C.F. (OMISSIS)), domiciliato in ROMA,

PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MARRA ALFONSO LUIGI,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE;

– intimato –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositato il

15/05/2008, n. 2017/07 R.G.V.G.;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

25/05/2010 dal Consigliere Dott. MARIA CRISTINA GIANCOLA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni, che ha concluso come da verbale di udienza.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato il 7.06.2007, A.S. adiva la Corte di appello di Napoli chiedendo che il Ministero dell’Economia e delle Finanze fosse condannato a corrispondergli l’equa riparazione prevista dalla L. n. 89 del 2001, per la violazione dell’art. 6, sul “Diritto ad un processo equo”, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ratificata e resa esecutiva con la L. 4 agosto 1955, n. 848.

Con Decreto del 26.02-15.05.2008, l’adita Corte di appello condannava l’Amministrazione pubblica a pagare all’istante la somma di Euro 7.500,00, con interessi legali dalla decisione, a titolo di equo indennizzo del danno non patrimoniale, nonchè la metà delle spese processuali, liquidata in Euro 20,00 per esborsi, Euro 217,00 per diritti ed Euro 125,00 per onorari, distratte in favore del difensore antistatario. La Corte osservava e riteneva, tra l’altro:

– che l’ A. aveva chiesto l’equa riparazione del danno subito per effetto dell’irragionevole durata del processo amministrativo in tema d’inquadramento professionale, da lui introdotto, dinanzi al TAR Campania, con ricorso depositato il 26.02.1999 ed ancora pendente, dopo oltre 8 anni, pur presentata l’istanza di prelievo;

– che, fissata in tre anni la durata ragionevole del primo grado di detto processo amministrativo, per il periodo d’incongruo ritardo di definizione, quantificabile in 5 anni, il chiesto indennizzo del danno morale doveva essere equitativamente liquidato all’attualità, in aderenza ai parametri CEDU, nella misura di Euro 1,500,00 ad anno di ritardo, con esclusione del chiesto bonus;

– che avuto riguardo all’esito del giudizio ed al contegno collaborativo tenuto dall’Amministrazione, le spese processuali potevano essere compensate nella misura di 1/2.

Avverso questo decreto l’ A. ha proposto ricorso per Cassazione, notificato il 26.03.2009. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze non ha svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente vanno disattese le istanze che il Pg ha formulato all’udienza pubblica, in parte inerenti a questioni anche d’incostituzionalità (cfr., tra le altre, cass. 200801354), già affrontate e risolte da questa Corte, con univoco condiviso indirizzo, ed in parte relative a temi di politica legislativa, estranei all’ambito decisorio.

Riassuntivamente ed in sintesi, con il ricorso l’Esposito denuncia violazioni di legge e vizi motivazionali e chiede l’annullamento del decreto impugnato, in applicazione delle rubricate disposizioni normative e dei relativi principi giurisprudenziali anche sovranazionali, riferiti sia (motivi da 1 a 5) ai criteri di liquidazione del danno morale, che assume essergli dovuto nella misura di Euro 125,00 per ciascuno dei 96 mesi di durata del processo, con integrazione del bonus di Euro 2.000,00, e sia (motivi 6 e 7) e sia (motivi 7 e 8) alla compensazione parziale delle spese.

Il ricorso non merita favorevole apprezzamento.

Nel caso in disamina, infatti, la Corte di merito quale indennizzo per il sofferto danno morale, ha ineccepibilmente liquidato in via equitativa, l’importo complessivo di Euro 7.500,00 per i 5 anni d’incongruo ritardo, senza maggiorazioni, dal momento che: ha legittimamente non correlato l’indennizzo alla durata dell’intero processo, posto che la legge nazionale L. n. 89 del 2001, (art. 2 comma 3, lett. a), con una chiara scelta di tecnica liquidatoria non incoerente con le finalità sottese all’art. 6 della CEDU, impone di riferire il ristoro al solo periodo di durata eccedente il ragionevole (cfr. tra le altre, Cass. 200508568; 200608714;

200723844);

– ha legittimamente determinato in via equitativa, l’importo di Euro 1.500,00 ad anno di incongruo ritardo, senza maggiorazioni, determinazione che si rivela in linea con il parametro massimo di quantificazione della riparazione del danno non patrimoniale in sede sopranazionale, posto che in casi simili la Corte Europea dei diritti dell’uomo applica parametri oscillanti tra Euro 1.000,00 e 1.500,00 (tra le numerose altre, cfr. cass. 200704845);

– ha irreprensibilmente negato l’indennizzo supplementare di Euro 2,000,00, il quale presuppone casi di particolare gravità del danno in relazione alla posta in gioco, nella specie non evincibile (in tema cfr cass. 20086808; 200917684).

Del pari prive di pregio si rivelano, inoltre, le doglianze inerenti alla disposta compensazione parziale delle spese processuali del giudizio di merito, dal momento sia che nei processi davanti ai giudici nazionali, ivi compresi quelli di equa riparazione per irragionevole durata del processo, il regime delle spese di lite deve seguire le regole legali previste dalla legge italiana (in tema, cfr.

cass. 200318204; 200423789; 200714053), secondo le quali rientra tra i poteri discrezionali del giudice di merito disporne la compensazione, in tutto o in parte, anche nel caso di soccombenza di una parte, sia che la statuizione di compensazione è incensurabile in sede di legittimità, salvo che risulti violato il principio secondo cui le spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, come nella specie con evidenza non è avvenuto, e sia ancora che la statuizione risulta adeguatamente sorretta dal riferimento al rapporto tra entità del chiesto ed entità dell’accordato oltre che dal contegno collaborativo della controparte.

Non deve statuirsi sulle spese del giudizio di Cassazione, atteso il relativo esito ed il mancato svolgimento di attività difensiva da parete dell’intimata Amministrazione.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 25 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2010

 

 

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