Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15146 del 16/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 16/07/2020, (ud. 10/09/2019, dep. 16/07/2020), n.15146

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. ARMONE Giovanni Maria – Consigliere –

Dott. NOVIK Adet Toni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 29870/2017 R.G. proposto da:

Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, in persona del direttore pro

tempore, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

DSV s.p.a., (già Saima Avandero s.p.a.), in persona del L.R. pro

tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Giovanni Scarpa e

Claudio Lucisano, presso i quali è domiciliata in Roma, via

Crescenzio 91;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Campania n. 4229/17, depositata in data 9/5/2017, non notificata.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10 settembre

2019 dal Consigliere Adet Toni Novik.

Fatto

1. L’Agenzia delle dogane e dei monopoli ha notificato alla DSV s.p.a. (già Saima Avandero s.p.a.), quale coobbligata solidale, l’invito al pagamento n. (OMISSIS) concernente l’evasione di Iva all’importazione nell’anno 2005. L’atto scaturiva dalla confutazione del ricorso al regime del deposito Iva, gestito dalla società nell’interesse della Plasco s.p.a, utilizzato, a dire dell’ufficio, in modo virtuale, ossia senza la materiale introduzione della merce. La contribuente ha impugnato l’atto. La Commissione tributaria provinciale ha respinto il ricorso; quella regionale ha accolto l’appello della società, facendo leva, in fatto, sulla archiviazione disposta nei confronti dei legali rappresentanti delle società e sulla incertezza della prova offerta dall’amministrazione in ordine al mancato transito della merce verso il deposito Iva della società.

2. La Corte di cassazione, adita dall’agenzia delle dogane, con Ordinanza n. 15985/15 del 10/6/2015 ha cassato la sentenza di secondo grado e rinviato per nuovo esame ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Campania, enunciando il seguente principio di diritto: “Al fine di evitare l’immediato assolvimento dell’imposta sul valore aggiunto per l’immissione in consumo di beni non comunitari immessi in libera pratica, occorre che la loro introduzione nei depositi fiscali istituiti ai fini iva sia fisica e non soltanto virtuale”. Con la specificazione che “Occorre, in conseguenza, un compiuto accertamento della fisicità dell’introduzione nel deposito, al fine di verificare se sussistessero, o no, i presupposti per il differimento dell’obbligo pagamento dell’imposta sino all’estrazione dei beni. In quella sede, il giudice di merito verificherà altresì se, sia stato, o no, eseguito il meccanismo dell’inversione contabile ai fini dell’assolvimento dell’imposta; circostanza, questa, che, contrariamente a quanto dedotto in controricorso, non si può ritenere come acquisita perchè non contestata, giacchè la sentenza impugnata non ne fa parola, nè logicamente la postula”.

3. Con sentenza n. 4229/2017, depositata il 9 maggio 2017, la Commissione tributaria regionale della Campania (CTR), pronunciando in sede di rinvio, accoglieva l’appello della società. A fondamento di questa decisione, la CTR: – riteneva accertato in base alle evidenze probatorie disponibili che la merce in contestazione non era mai transitata nel deposito Iva della società e che l’introduzione era stata virtuale; sul punto della effettuazione dell’inversione contabile, mediante l’autofatturazione, considerava che, non rinvenendosi “puntuale contestazione al riguardo nè nelle scarne controdeduzioni dell’ufficio 8/1/2016 e neppure davanti alla Suprema Corte attraverso una memoria ex art. 378 c.p.c., (posto che il tema era stato già sollevato in quella sede con controricorso, come da atto la Suprema Corte a pagina 8 dell’ordinanza 15985/2015)”, l’emissione delle autofatture non poteva essere più messa in discussione sotto il profilo della regolarità formale, dovendosi considerare tardiva l’eccezione sollevata solo nelle successive memorie dall’ufficio.

4. L’agenzia propone ricorso avverso questa sentenza, per ottenerne la cassazione, che affida a due motivi, cui la società reagisce con controricorso, illustrato da memoria, corredata dagli atti richiamati (sentenze emesse nei confronti dell’importatrice Plasco s.p.a.).

Diritto

1. Con il primo motivo, l’agenzia eccepisce la violazione e falsa applicazione dell’art. 384 c.p.c., in prospettiva dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per aver la C.T.R. travisato il principio di diritto formulato dalla Corte di cassazione, sia per aver rilevato illegittimamente una preclusione formatasi nel corso del giudizio pregresso, sia per aver reso una statuizione in contrasto con quanto affermato dalla Suprema corte.

Con il secondo motivo, l’agenzia eccepisce la violazione e falsa applicazione dell’art. 384 c.p.c., comma 2, e art. 394 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver la CTR considerato tardive le eccezioni sollevate sulla regolarità delle autofatture emesse, rendendo una statuizione che da un lato si poneva in violazione dell’art. 394 c.p.c., dall’altro non considerava che la prova andava apprezzata in rapporto allo sviluppo dell’intero processo sulla base del principio di diritto.

2. Nella presente controversia assume effetto dirimente (puntualmente dedotto dalla DSV nella memoria depositata) il sopravvenuto annullamento dell’invito al pagamento in esame per effetto della sentenza CTR Campania 426/28/11, passata in giudicato il 23/1/2019, a seguito di Cass. n. 5305/19. Sebbene tale annullamento sia stato pronunciato nei confronti della Plasco s.p.a., non vi è dubbio che di esso possa giovarsi, ex art. 1306 c.c., comma 2, anche l’odierna ricorrente, attinta da un titolo di responsabilità solidale; ciò sul presupposto che l’invito al pagamento a quest’ultima notificato trae origine e fondamento proprio dall’atto impositivo annullato, riferito alle medesime importazioni. Va del resto considerato come l’annullamento nei confronti della Plasco s.p.a. sia intervenuto non per ragioni personali della importatrice, ma per la mancanza di prova che il deposito delle merci non fosse stato effettivo.

Si richiama, in proposito, il costante indirizzo di legittimità, in base al quale “in tema di solidarietà tributaria, in virtù del limite apportato dall’art. 1306 c.c., comma 2, al principio enunciato nel comma 1, il debitore che non ha partecipato al giudizio può opporre al creditore la sentenza a sè favorevole, salvo che essa sia fondata su ragioni personali al condebitore nei cui confronti è stata emessa e salvo che nei suoi confronti si sia formato un altro giudicato di segno diverso, trovando in tal caso l’estensione degli effetti favorevoli del giudicato ostacolo nella preclusione maturatasi con l’avvenuta definitività della sua posizione” (Cass. ord.16560/17; v. anche Cass. 3204/18 e 26008/13 con ulteriori richiami). Ha inoltre stabilito Cass. ord. 25401/15 (tra le altre) che: “In tema di solidarietà tributaria, l’eccezione di estensione del giudicato favorevole intervenuto nei confronti del condebitore solidale per ragioni non meramente personali può essere proposta nel corso del giudizio di legittimità a condizione che si sia formato dopo la conclusione del processo di appello e che la parte provveda a dedurre tempestivamente i fatti “nuovi” sopravvenuti, sicchè l’eccezione è preclusa, e il motivo d’impugnazione è inammissibile, se il giudicato sia intervenuto nelle more del giudizio d’appello senza tempestiva deduzione in quella sede”.

3. Il ricorso va pertanto respinto. Sussistono giusti motivi, con riferimento alle ragioni che hanno determinato l’esito della controversia costituto dalla sopravvenienza del giudicato favorevole alla DSV, per disporre la compensazione tra le parti delle spese di questo giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso. Compensa tra le parti le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 10 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 16 luglio 2020

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