Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15145 del 22/07/2016


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Cassazione civile sez. VI, 22/07/2016, (ud. 19/05/2016, dep. 22/07/2016), n.15145

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – rel. Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26596/2014 proposto da:

STUDIO DI MEDICINA NUCLEARE SRL, in persona dell’Amministratore Unico

e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 22, presso lo studio dell’avvocato

GABRIELE DI GENESIO PAGLIUCA, che la rappresenta e difende giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

PROGETTI IMMOBILIARI SRL, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE ANGELICO 38,

presso lo studio dell’avvocato CARLO DE MARCHIS, che la rappresenta

e difende giusta procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2758/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 05/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

19/05/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIETTA SCRIMA;

udito l’Avvocato MAGGIOLINI VALENTINA con delega dell’Avvocato DE

MARCHIS CARLO difensore del resistente che si riporta agli scritti

del controricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“1. Studio di Medicina Nucleare S.r.l. ha proposto ricorso per cassazione, basato su un unico motivo, avverso la sentenza della Corte di appello di Roma, pubblicata il 5 giugno 2014, di rigetto dell’impugnazione proposta avverso la sentenza del Tribunale di Roma del 13 giugno 2013 che, accogliendo la domanda, così come modificata in sede di memoria integrativa, proposta da Progetti Immobiliari S.r.l. (locatrice) nei confronti di Studio di Medicina Nucleare S.r.l. (conduttrice), aveva dichiarato cessato alla data del 30 giugno 2011 il contratto di locazione ad uso diverso dall’abitazione (ufficio e studi medici) tra le parti, per effetto del diniego di rinnovo comunicato alla conduttrice e aveva condannato la società convenuta alle spese del giudizio.

Ha resistito con controricorso Progetti Immobiliari S.r.l..

2. Osserva il relatore che il ricorso può essere trattato in Camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, 376 e 380-bis c.p.c., in quanto appare destinato ad essere rigettato per manifesta infondatezza.

3. Con l’unico motivo di ricorso si lamenta “violazione e/o falsa applicazione della L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 29, in relazione agli artt. 115 e 116 c.p.c., nonchè in relazione all’art. 2967 c.c., art. 360 c.p.c., n. 3”.

La ricorrente assume che, dal tenore testuale della lettera raccomandata con cui la locatrice le ha comunicato il proprio diniego di rinnovazione del contratto in questione, risulterebbero evidenti sia la genericità dei motivi addotti al riguardo dalla locatrice sia la mancanza di elementi dai quali desumere la serietà dell’intenzione manifestata e lamenta che la Corte territoriale abbia erroneamente attribuito carattere di serietà al diniego di rinnovo della locazione espresso dalla locatrice, soffermandosi solo sull’aspetto della realizzabilità tecnico-giuridica dell’intento da quest’ultima manifestato, “trascurando totalmente ed immotivatamente” gli altri elementi emersi in corso di causa e non contestati da controparte, da cui avrebbero potuto essere desunti “argomenti di prova”, ai fini di una “completa valutazione giuridica della serietà dell’intento manifestato dalla locatrice” (e cioè: 1) il fatto che la locatrice abbia, quale oggetto sociale, “la compravendita di beni immobili effettuata su beni propri e la locazione immobiliare di beni propri”; 2) il fatto che la stessa sia proprietaria di innumerevoli immobili, gran parte dei quali ubicati proprio nello stesso stabile in cui è sito il bene in questione, 3) il fatto che la locatrice abbia avuto e ha la sede legale presso l’originaria proprietaria dell’immobile in parola). Sostiene, inoltre, la ricorrente che la Corte territoriale avrebbe altresì omesso immotivatamente ogni valutazione in ordine all’esigenza di tutela della stabilità delle locazioni non abitative che la L. n. 392 del 1978, persegue anche nell’interesse generale dell’economia e non avrebbe tenuto conto dell’attività di interesse pubblico svolta dalla conduttrice (laboratorio medico-diagnostico nel settore oncologico).

4. Questa Corte ha già avuto modo di affermare che, in tema di diniego di rinnovazione del contratto di locazione di immobili urbani adibiti ad uso diverso da quello di abitazione, alla prima scadenza, ai sensi della L. 27 luglio 1978, n. 392, art. 29, l’intenzione di destinare l’immobile alla propria attività professionale deve esprimere un intento serio, cioè realizzabile tecnicamente e giuridicamente, precisando che, per serietà deve intendersi semplicemente l’oggettiva realizzabilità tecnica e giuridica di detto proposito (v., soprattutto in motivazione, Cass. 14/01/2000, n. 358; tra le altre, v. pure Cass. 12/11/1994, n. 9550, e Cass. 12/11/1998, n. 11445), e, cioè, che l’intento sia oggettivamente inquadrabile in una delle ipotesi previste dall’art. 29 cit. e che la situazione e l’immobile consentano, sia dal punto di vista tecnico che giuridico, la realizzazione della specifica destinazione in questione mentre restano irrilevanti considerazioni relative all’opportunità o convenienza che il locatore potrebbe avere o non avere ad adibire il bene locato alla destinazione enunciata (Cass. 12/11/1998, n. 11445). In particolare è stato pure specificato da questa Corte che della L. 27 luglio 1978, n. 392, artt. 28 e 29, che consentono al locatore di escludere alla prima scadenza la rinnovazione del contratto di locazione di immobili destinati ad uso diverso da quello abitativo, non richiedono la necessità ma solo l’intenzione del locatore di servirsi dell’immobile per uno dei motivi indicati dallo stesso art. 29 (Cass. 14/10/1991, n. 10758; Cass. 15/09/1995, n. 9732).

A tali principi risulta essersi attenuta la Corte di merito, la quale ha ritenuto adeguatamente assolto l’onere della locatrice di sufficiente specificazione del motivo di diniego, alla luce di quanto da quest’ultima indicato nella missiva del 16 giugno 2010 (“alla Società Progetti Immobiliari S.r.l. necessitano i locali per istituire la propria sede legale”), ed esente da vizi la valutazione (evidentemente del giudice del primo grado) della serietà delle intenzioni dichiarate dalla locatrice nella già richiamata comunicazione, sotto il profilo della realizzabilità tecnico-giuridica, “avuto riguardo altresì alla destinazione attuale dell’immobile locato” e ha, inoltre, reputato infondata la censura relativa all’asserita violazione degli artt. 115, 116 c.p.c. e art. 2697 c.c., sul rilievo dell’inconferenza, rispetto al tema del contendere, delle contestazioni dell’appellante relative alla non indispensabilità, per la locatrice, di trasferirsi nell’immobile locato, in quanto inidonee ad inficiare la realizzabilità dell’intento nell’accezione accolta da quella Corte.

Tale decisione resiste, infatti, alle censure proposte, evidenziandosi che con le medesime, in sostanza, la ricorrente, oltre a sindacare, inammissibilmente, alla luce della nuova formulazione ex art. 360 c.p.c., n. 5, applicabile nel caso di specie ratione temporis (essendo stata la decisione impugnata pubblicata in data 5 giugno 2014), la motivazione della sentenza impugnata (v. p. 7 e p. 8 del ricorso), censura, del pari inammissibilmente in questa sede, la valutazione circa la serietà del diniego che costituisce questione di fatto, la cui valutazione è rimessa al prudente apprezzamento del giudice del merito, risultando insindacabile in sede di legittimità ove sia sorretta – come nel caso all’esame – da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici”.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, il Collegio, preso atto che non sono state depositate memorie, ritiene di condividere i motivi in fatto e in diritto esposti nella sopra riportata relazione.

2. Il ricorso va, pertanto, rigettato.

3. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

4. Va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 5.500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori, come per legge; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3 della Corte Suprema di Cassazione, il 19 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 22 luglio 2016

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