Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15145 del 22/06/2010

Cassazione civile sez. I, 22/06/2010, (ud. 25/05/2010, dep. 22/06/2010), n.15145

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PANEBIANCO Ugo Riccardo – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 6543-2008 proposto da:

M.G. (c.f. (OMISSIS)), domiciliato in ROMA,

PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MARRA ALFONSO LUIGI,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente pro

tempore, domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositato il

18/07/2007, n. 3355/06 V.G.;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/05/2010 dal Consigliere Dott. MARIA CRISTINA GIANCOLA;

udito il P.M., in. persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni che ha concluso come da verbale di udienza.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato il 1. 12.2006, M.G. adiva la Corte di appello di Napoli chiedendo che la Presidenza del Consiglio dei Ministri fosse condannata a corrispondergli l’equa riparazione prevista dalla L. n. 89 del 2001 per la violazione dell’art. 6, sul “Diritto ad un processo equo”, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ratificata e resa esecutiva con la L. 4 agosto 1955, n. 848.

Con decreto del 11.05-18-07.2007, l’adita Corte di appello, nel contraddittorio delle parti, condannava la Presidenza del Consiglio dei Ministri a pagare all’istante della somma di Euro 9.500,00 a titolo di equo indennizzo del danno non patrimoniale, oltre al pagamento delle spese processuali, liquidate in complessivi Euro 926,00, di cui Euro 125,00 per esborsi ed Euro 700,00 per onorari, distratte in favore del difensore antistatario. La Corte osservava e riteneva, tra l’altro:

– che il M. aveva chiesto l’equa riparazione del danno subito per effetto dell’irragionevole durata del processo amministrativo in tema di riconoscimento del trattamento economico equivalente alle mansioni effettivamente svolte quale dipendente comunale, da lui introdotto, dinanzi al TAR Campania, con ricorso del 25.07.1996 e non ancora definito in primo grado, nonostante la presentazione dell’istanza di fissazione dell’udienza e poi, il 11.06.2001, dell’istanza di prelievo;

– che la durata ragionevole del primo grado di detto processo amministrativo, di ordinaria complessità e non involgente questioni di rilievo, poteva essere fissata in tre anni, in aderenza ai parametri temporali CEDU;

– che per il periodo d’irragionevole ritardo di definizione, quantificabile in, il chiesto indennizzo del danno morale doveva essere equitativamente liquidato all’attualità nella complessiva misura di Euro 9.500,00, anche alla stregua dei parametri CEDU e della ritardata presentazione dell’istanza di prelievo.

Avverso questo decreto il M. ha proposto ricorso per Cassazione, notificato il 25.02.2008. La Presidenza del Consiglio dei Ministri ha resistito con controricorso notificato il 3.04.2008.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente vanno disattese le istanze che il Pg ha formulato all’udienza pubblica, in parte inerenti a questioni anche d’incostituzionalità (cfr., tra le altre, Cass. 200801354), già affrontate e risolte da questa Corte, con univoco condiviso indirizzo, ed in parte relative a temi di politica legislativa, estranei all’ambito decisorio.

Riassuntivamente ed in sintesi, con il ricorso il M. denuncia violazioni di legge e vizi motivazionali e chiede l’annullamento del decreto impugnato, in applicazione delle rubricate disposizioni normative e dei relativi principi giurisprudenziali anche sovranazionali, riferiti sia (motivi da 1 a 6) ai criteri di liquidazione del danno morale, che conclusivamente assume essergli dovuto nella misura di Euro 125 per ciascuno dei 123 mesi di durata del processo, con integrazione del bonus di Euro 2.000,00, e sia (motivi da 7 a 13) all’insufficienza delle liquidate spese, a suo parere anche immotivatamente ridotte rispetto a quelle richieste con la nota spese depositata nel pregresso grado di merito. Il ricorso va accolto nei limiti delle argomentazioni che seguono.

Infondate risultano le censure afferenti l’insufficienza dell’indennizzo liquidato per il subito danno non patrimoniale. Nel caso in disamina, infatti, la Corte di merito:

– ha legittimamente non correlato l’indennizzo alla durata dell’intero processo, posto che la legge nazionale L. n. 89 del 2001, (art. 2 comma 3, lett. a), con una chiara scelta di tecnica liquidatoria non incoerente con le finalità sottese all’art. 6 della CEDU, impone di riferire il ristoro al solo periodo di durata eccedente il ragionevole (cfr. tra le altre, Cass. 200508568;

200608714; 200723844);

– ha legittimamente liquidato in via equitativa, l’importo di più di Euro 1.000,00 ad anno di incongruo ritardo, senza maggiorazioni, dal momento che la determinazione si rivela in linea con i parametri di quantificazione della riparazione del danno non patrimoniale applicati in casi simili dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo, oscillanti tra Euro 1.000,00 e 1.500,00, e congruamente argomentata con riferimento alle peculiarità del caso (tra le numerose altre, cfr. Cass. 200704845), che precludevano pure l’incrementabilità con bonus di Euro 2.000,00, il quale presuppone casi di particolare gravità del danno in relazione alla posta in gioco, nella specie non evincibile (in tema cfr Cass. 20086808; 200917684).

Fondate, invece, sono le censure inerenti alle spese processuali del giudizio di merito, con riguardo soltanto all’entità dei liquidati diritti (Euro 101,00), inferiore ai minimi tariffari (in tema, cfr.

Cass. 200318204; 200423789; 200714053).

Accolta, dunque, la censura in questione, sulle esposte premesse ben può procedersi con riguardo soltanto alla statuizione inerente alla liquidazione delle spese del giudizio di merito alla cassazione dell’impugnato decreto e, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., alla riliquidazione di tali spese secondo gli importi indicati in dispositivo, in relazione ad attività necessariamente compiute, non avendo il ricorrente specificato le modalità anche temporali di deposito della nota spese nel pregresso grado.

L’esito del ricorso giustifica la compensazione nella misura di 2/3 delle spese del giudizio di legittimità, e la condanna della Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento della residua parte, liquidata come in dispositivo. Spese distratte.

PQM

Accoglie nei limiti di cui in motivazione il ricorso del M., cassa in parte qua il decreto impugnato e decidendo nel merito liquida le spese del giudizio di merito in complessivi Euro 1.425,00 (di cui Euro 125,00 per esborsi ed Euro 700,00 per onorari ed Euro 600,00 per diritti), oltre alle spese generali ed agli accessori di legge, condannando la Presidenza del Consiglio dei Ministri al relativo pagamento in favore del ricorrente. Compensa, inoltre, nella misura di 2/3, le spese del giudizio di legittimità e condanna la Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento, in favore del ricorrente, della residua parte, che liquida in complessivi Euro 325,00 di cui Euro 290,00 per onorario, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge, spese tutte da distarsi in favore dell’Avv.to A.L. Marra antistatario.

Così deciso in Roma, il 25 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2010

 

 

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