Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15144 del 22/06/2010

Cassazione civile sez. I, 22/06/2010, (ud. 25/05/2010, dep. 22/06/2010), n.15144

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PANEBIANCO Ugo Riccardo – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 6542-2008 proposto da:

E.D. (c.f. (OMISSIS)), domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato MARRA ALFONSO LUIGI, giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI;

– intimata –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositato il

03/04/2007, n. 2511/06;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/05/2010 dal Consigliere Dott. MARIA CRISTINA GIANCOLA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni che ha concluso come da verbale di udienza.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso del 13.09.2006, E.D. adiva la Corte di appello di Napoli chiedendo che la Presidenza del Consiglio dei Ministri fosse condannata a corrispondergli l’equa riparazione prevista dalla L. n. 89 del 2001 per la violazione dell’art. 6, sul “Diritto ad un processo equo”, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ratificata e resa esecutiva con la L. 4 agosto 1955, n. 848.

Con decreto del 10.01-3.04.2007, l’adita Corte di appello, nel contraddittorio delle parti, condannava la Presidenza del Consiglio dei Ministri a pagare all’istante la somma di Euro 7.047,00, quale equo indennizzo del danno non patrimoniale, interamente compensando le spese processuali, in ragione della mancata opposizione all’avversa pretesa da parte della Presidenza e per motivi di equità.

La Corte osservava e riteneva, tra l’altro:

– che l’ E. aveva chiesto l’equa riparazione del danno subito per effetto dell’irragionevole durata del processo amministrativo in tema di impugnativa di una delibera giuntale del Comune di Forio, da lui introdotto, dinanzi al TAR Campania, con ricorso depositato il 3.12.1996 ed ancora pendente;

– che la durata ragionevole del primo grado di detto processo amministrativo, non particolarmente complesso, poteva essere Fissata in tre anni, in aderenza ai parametri temporali CEDU;

– che per il periodo d’incongrua durata, intercorso tra il 3.12.1999 ed il 20.12.2006, il chiesto indennizzo del danno morale doveva essere equitativamente liquidato all’attualità nella misura di Euro 1.000,00 ad anno di ritardo.

Avverso questo decreto l’ E. ha proposto ricorso per Cassazione, notificato il 5.03.2008.

La Presidenza del Consiglio dei Ministri non ha svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente vanno disattese le istanze che il Pg ha formulato all’odierna udienza, in parte inerenti a questioni anche d’incostituzionalità (cfr., tra le altre, Cass. 200801354), già affrontate e risolte da questa Corte, con univoco condiviso indirizzo, ed in parte relative a temi di politica legislativa, estranei all’ambito decisorio.

Riassuntivamente ed in sintesi, con il ricorso l’ E. denuncia violazioni di legge e vizi motivazionali e chiede l’annullamento del decreto impugnato, in applicazione delle rubricate disposizioni normative e dei relativi principi giurisprudenziali anche sovranazionali, riferiti sia (motivi da 1 a 6) ai criteri di liquidazione del danno morale, che conclusivamente assume essergli dovuto nella misura di Euro 125 per ciascuno dei 115 mesi di durata del processo, con integrazione del bonus di Euro 2.000,00, e sia (motivi da 7 a 9) all’integrale compensazione delle spese.

Il ricorso va accolto nei limiti delle argomentazioni che seguono.

Infondate risultano le censure afferenti l’insufficienza dell’indennizzo liquidato per il subito danno non patrimoniale.

Nel caso in disamina, infatti, la Corte di merito:

– ha legittimamente non correlato l’indennizzo alla durata dell’intero processo, posto che la legge nazionale L. n. 89 del 2001, (art. 2 comma 3, lett. a), con una chiara scelta di tecnica liquidatoria non incoerente con le finalità sottese all’art. 6 della CEDU, impone di riferire il ristoro al solo periodo di durata eccedente il ragionevole (cfr. tra le altre, Cass. 200508568; 200608714; 200723844);

– quale indennizzo per il sofferto danno morale, ha legittimamente liquidato in via equitativa, l’importo di circa Euro 1.000,00 ad anno di incongruo ritardo, senza maggiorazioni, dal momento che la determinazione si rivela in linea con i parametri di quantificazione della riparazione del danno non patrimoniale applicati in casi simili dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo, oscillanti tra Euro 1.000,00 e 1.500,00, e che l’aderenza al parametro minimo appare congruamente argomentata, quand’anche implicitamente, con riferimento alle peculiarità del caso (tra le numerose altre, cfr, cass. 200704845);

– che inammissibile e comunque infondata è la doglianza con cui si sollecita l’attribuzione dell’indennizzo supplementare di Euro 2.000,00, che non risulta quando è stato chiesto nella fase di merito e che in ogni caso presuppone casi di particolare gravità del danno in relazione alla posta in gioco, nella specie non evincibili (in tema cfr Cass. 20086808; 200917684);

Fondato è, invece, il motivo inerente alla compensazione delle spese processuali del giudizio di merito. Nei processi davanti ai giudici nazionali, ivi compresi quelli di equa riparazione per irragionevole durata del processo, il regime delle spese di lite deve seguire le regole legali previste dalla legge italiana (in tema, cfr. Cass. 200318204; 200423789; 200714053), secondo le quali rientra tra i poteri discrezionali del giudice di merito disporne anche nel caso di soccombenza di una parte, la compensazione, in tutto o in parte, “per giusti motivi”, ma sulla base di un adeguato supporto motivazionale. Nella specie la statuizione è stata motivata dal rilievo della mancata opposizione dell’amministrazione convenuta, ragione non idonea a giustificare l’adottata regolazione delle spese. L’obbligo del rimborso delle spese processuali si fonda, infatti, sul principio di causalità, di cui la soccombenza costituisce solo un elemento rivelatore, e risponde all’esigenza di ristorare la parte vittoriosa dagli oneri inerenti al dispendio di attività processuale cui è stata costretta, sicchè l’Amministrazione non può essere esentata dall’onere delle spese sostenute dal ricorrente per l’esercizio processuale del sito diritto all’equa riparazione ex L. n. 89 del 2001. dal momento che è pur sempre da una colpa organizzativa dell’apparato statale che è dipesa la necessità per il privato di ricorrere a giudice per il soddisfacimento del suo diritto, non altrimenti conseguibile.

Accolta, dunque, la censura in questione, sulle esposte premesse ben può procedersi con riguardo soltanto alla statuizione inerente al regime delle spese del giudizio di merito alla cassazione dell’impugnato decreto e, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., alla riliquidazione di tali spese, previa loro compensazione per 1/2 in considerazione dell’esito di tale giudizio in rapporto alla domanda, riliquidazione attuata secondo gli importi indicati in dispositivo, in relazione ad attività necessariamente compiute ed in base ai vigenti criteri tariffari fissati per processo svoltosi innanzi alla Corte di appello.

L’esito del ricorso giustifica la compensazione nella misura di 2/3 delle spese del giudizio di legittimità, e la condanna dell’Amministrazione intimata al pagamento della residua parte, liquidata come in dispositivo. Spese distratte.

PQM

Accoglie nei limiti di cui in motivazione il ricorso dell’ E. cassa in parte qua il decreto impugnato e decidendo nel merito, compensa per la metà le spese del giudizio di merito, che liquida per l’intero in complessivi Euro 1.140,00 (di cui Euro 50,00 per esborsi ed Euro 490,00 per onorari), oltre alle spese generali ed agli accessori di legge, condannando la Presidenza del Consiglio dei Ministri al relativo pagamento in favore del ricorrente. Compensa, inoltre, nella misura di 2/3, le spese del giudizio di legittimità e condanna la Presidenza del Consiglio dei Ministri al pagamento, in favore del ricorrente, della residua parte, che liquida in complessivi Euro 322,00, di cui Euro 35 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge, spese tutte da distarsi in favore dell’Avv.to A.L. Marra antistatario.

Così deciso in Roma, il 25 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2010

 

 

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