Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15142 del 19/06/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 19/06/2017, (ud. 16/05/2017, dep.19/06/2017),  n. 15142

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – rel. Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

L.M., in proprio e quale socio accomandatario e leg. rapp.

p.t. di ” L. Joy s.a.s. di M.L. & C.”, rappr. e dif.

dall’avv. Fabio Maggiore, elett. dom. presso il suo studio in

Palermo, piazzetta Bagnasco n. 31, come da procura in calce

all’atto;

– ricorrente –

contro

Banco Popolare Società Cooperativa (già Società Gestione Crediti

BP s.c.p.a., già Bipielle Società di gestione del Credito s.p.a.),

nella qualità di mandataria di Tiepolo Finance 2 s.r.l., in pers.

del leg. rapp. p.t., rapp. e dif. dall’avv. Carlo D’Errico, elett.

dom. presso il suo studio in Roma, via Tommaso Salvini n. 55, come

da procura in calce all’atto;

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza App. Palermo 20.12.2014, n.

2049/2014 in R.G. n. 1831/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

giorno 16 maggio 2017 dal Consigliere relatore Dott. Massimo Ferro;

viste le memorie delle parti;

il Collegio autorizza la redazione del provvedimento in forma

semplificata, giusta decreto 14 settembre 2016, n. 136/2016 del

Primo Presidente.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

1. L.M., in proprio e quale socio accomandatario e legale rappresentante pro tempore di ” L. Joy s.a.s. di M.L. & C.”, ha impugnato la sentenza App. Palermo 20.12.2014, n. 2049/2014, con cui è stata in parte confermata la sentenza resa dal Tribunale di Palermo del 30.9.2009;

2. il Tribunale di Palermo, pronunciandosi nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo n. 3007/2003 emesso su istanza di Bipielle Società di gestione del Credito s.p.a. nei confronti di L.J. s.a.s. di M.L. & C., ha revocato dettò decreto ingiuntivo e, accertata la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi a debito, ritenendo però comprovato il credito azionato nella minore somma di Euro 155.407,75, oltre interessi, ha condannato la predetta società al pagamento in favore della banca di tale importo, oltre le spese di lite;

3. la corte di appello ha revocato la statuizione di condanna di L.M., in proprio e quale rappresentante legale pro tempore di L. Joy s.a.s. di M.L. & C., al pagamento a favore di Bipielle Società di gestione del Credito s.p.a. della somma di Euro 155.407,75, oltre interessi; in particolare, la corte ha ritenuto che, non avendo la banca prodotto tutti gli estratti conto sin dall’insorgere del rapporto iniziale nel 1984 (essendosi limitata ad allegare solo la documentazione avente ad oggetto il segmento di rapporto dal 30.6.1993 al 22.9.2003) e non avendo soddisfatto così l’onere probatorio di cui era gravata, nemmeno era possibile procedere alla rideterminazione del saldo finale del conto mediante la ricostruzione dell’intero andamento del rapporto;

4. la corte di appello, inoltre, ha rigettato la domanda di indebito oggettivo per la supposta somma pagata in eccedenza da L.M., in quanto quest’ultimo non aveva dimostrato l’inesistenza di una causa giustificativa del pagamento non dovuto; conseguentemente, ha ritenuto assorbito il motivo proposto dal ricorrente in merito alla necessità di dichiarare la nullità della convenzione di interessi corrispettivi per la mancanza della forma scritta;

5. la corte di appello, infine, tenuto conto della reciproca soccombenza, ha dichiarato compensate le spese processuali relative al giudizio di primo e secondo grado, nonchè le spese del c.t.u.;

6. con il ricorso, si deducono tre distinti motivi e, in particolare: violazione di legge in relazione agli artt. 2033 e 2697 c.c., circa la ritenuta inversione dell’onere probatorio in tema di domanda di ripetizione dell’indebito oggettivo, avendo la corte posto a carico del solvens l’onere di dimostrare l’insussistenza di una causa giustificativa del pagamento;

violazione di legge in relazione all’art. 112 c.p.c. e art. 1284 c.c., in quanto la corte avrebbe dichiarato erroneamente assorbito il motivo con cui il ricorrente richiedeva di dichiarare la nullità della convenzione di interessi corrispettivi per la mancanza della forma scritta, il cui esame era reso necessario al fine della pronuncia in merito alla domanda riconvenzionale di indebito oggettivo;

violazione di legge in relazione agli artt. 91 e 92 c.p.c., in merito alla errata compensazione delle spese processuali e delle spese di consulenza tecnica di entrambi i gradi di giudizio.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

1. l’art. 2033 c.c., stabilisce che “Chi ha eseguito un pagamento non dovuto ha diritto di ripetere ciò che ha pagato. Ha inoltre diritto ai frutti e agli interessi dal giorno del pagamento, se chi lo ha ricevuto era in mala fede, oppure se questi era in buona fede, dal giorno della domanda”. Come ha avuto modo di osservare costantemente la giurisprudenza, “chi allega di avere effettuato un pagamento dovuto solo in parte, e proponga nei confronti dell’accipiens” l’azione di indebito oggettivo per la somma pagata in eccedenza, ha l’onere di provare l’inesistenza di una causa giustificativa del pagamento per la parte che si assume non dovuta” (Cass. 7501/2012);

2. l’art. 92 c.p.c., comma 2, prima della modifica intervenuta con la L. 28 dicembre 2005, n. 263, applicabile alla fattispecie in esame per essere stato introdotto il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo a seguito di notificazione del predetto decreto in data 18.11.2003, prevede che “se vi è soccombenza reciproca o concorrono altri giusti motivi, il giudice può compensare, parzialmente o per intero, le spese tra le parti”;

3. secondo l’orientamento consolidato “in tema di spese processuali, il sindacato della Corte di cassazione è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa; pertanto, esula da tale sindacato e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, e ciò sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca, sia nell’ipotesi di concorso di altri giusti motivi” (Cass. 15317/13);

4. il primo motivo di ricorso è, pertanto, manifestamente infondato, in quanto non ricorre nella specie alcuna violazione degli artt. 2033 e 2697 c.c.; invero, proposta domanda di ripetizione di indebito, è l’attore – nella specie, per la rispettiva domanda, l’inadempiente correntista – che ha l’onere di provare sia l’avvenuto pagamento che l’inesistenza di una giusta causa delle attribuzioni patrimoniali compiute in favore del convenuto (banca) con riferimento ai rapporti specifici tra essi intercorsi e dedotti in giudizio;

5. il secondo motivo è infondato, poichè la corte di appello ha deciso sulla base di una corretta qualificazione logico-giuridica delle domande, essendo preliminare ricostruire l’intero andamento del rapporto così da procedere alla determinazione del saldo finale del conto (Cass. 21466/2013), per poi passare ad accertare la nullità della convenzione di interessi per mancanza della prova scritta: non essendo stato ricostruito nemmeno dal correntista il rapporto tra le due parti in giudizio, con riguardo a rimesse anteriori al primo estratto conto acquisito in giudizio ovvero alle loro causali, la questione inerente agli interessi era, pertanto, correttamente assorbita; nè poteva conseguentemente giustificarsi un azzeramento del saldo negativo del conto per come riportato dal primo estratto utile, così ricalcolando un rapporto fittiziamente a zero, essendo altrettanto inipotizzabile la presunzione di un saldo favorevole al correntista;

6. il terzo motivo è manifestamente infondato, avendo la corte deciso alfine le domande secondo la soccombenza reciproca, decisione non utilmente contestata in ragione della devoluzione a questa Corte della domanda non condivisa dal giudice di merito e dell’esito conseguito, così escludendosi alcuna violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c.;

il ricorso va dunque rigettato, con condanna alle spese secondo soccombenza e misura come da dispositivo.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento di legittimità in favore del controricorrente, liquidate in euro 7.200 (di cui 100 per esborsi), oltre al 15% a forfait sui compensi e agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 19 giugno 2017

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