Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 15141 del 20/07/2015


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 15141 Anno 2015
Presidente: CECCHERINI ALDO
Relatore: DIDONE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 3515-2008 proposto da:
CURATELA DEL FALLIMENTO RE.M.U. DI GAETANO SPAGNOLO
& C. S.A.S. NONCHE’ DEL SOCIO ACCOMANDATARIO
SPAGNOLO GAETANO (C.F. 01897020713), in persona del

Data pubblicazione: 20/07/2015

Curatore avv. RAFFAELA CIAVARELLA, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA MONTEZEBIO 32, presso
2015
989

l’avvocato TAMBURRO LUCIANO, rappresentata e difesa
dall’avvocato BARTOLOMEO DELL’ORCO, giusta procura a
margine del ricorso;
– ricorrente –

1

contro

RE.M.U. INDUSTRIALE S.R.L.;

avverso la sentenza n.

intimata

111/2007 della CORTE

D’APPELLO di BARI, depositata il 12/02/2007;

udienza del 27/05/2015 dal Consigliere Dott. ANTONIO
DIDONE;
udito, per la ricorrente, l’Avvocato B. DELL’ORCO
che si riporta;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PIERFELICE PRATIS che ha concluso per

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

2

Ragioni in fatto e in diritto della decisione
l.- Con la sentenza impugnata (depositata il 12.2.2007) la
Corte di appello di Bari, in riforma della decisione del
tribunale, ha rigettato la domanda di revoca, ai sensi
dell’art. 67, comma l, n. l 1. fall. proposta dal curatore

C. nei confronti della s.r.l. “RE.MU . Industriale”, della
vendita della maggior parte dei beni della società alla
convenuta per il prezzo di lire 50.000.000 che si assumeva
notevolmente sproporzionato rispetto al valore dei beni
venduti.
In sintesi la corte di merito ha escluso la prova della
sproporzione delle prestazioni perché la c.t.u. non era
attendibile, avendo il consulente proceduto alla stima di
soli 24 dei 127 beni strumentali venduti.
Contro la sentenza di appello la curatela fallimentare
attrice ha proposto ricorso per cassazione affidato a un
motivo.
Non ha svolto difese la società intimata.
2.- Con l’unico motivo di ricorso la curatela fallimentare
ricorrente denuncia vizio di motivazione formulando, ai
sensi dell’art. 366 bis c.p.c., applicabile ratione
temporis, la prescritta sintesi del fatto controverso.
Deduce che la sentenza impugnata si caratterizza per la
mera demolizione apodittica dei criteri usati dal C.T.U.,
con conseguente loro rigetto, senza che si sia data

del fallimento della s.a.s. “RE.MU.” di Gaetano Spagnolo &

spiegazione
,

adeguata

circa

loro

la

intrinseca

inattendibilità ed inoltre senza che si siano offerte, in

– applicazione dei criteri di logicità e coerenza,
argomentazioni idonee a sostenere

la

scelta di negare

rilevanza alla fonte di prova offerta dalla curatela.

ricavarsi: a) dalla omessa o inadeguata considerazione,
secondo i principi della logica, di una circostanza
decisiva (la “notevole sproporzione” siccome desumibile da
una c.t.u. completa, esaustiva ed attendibile in quanto
fondata su criteri obiettivi e scientificamente validi
nonché su elementi comparativi attendibili); b) dalla
circostanza che il giudice di appello non ha poggiato la
sua decisione su altro punto o circostanza idonea a
sostenere la sua motivazione (se lo avesse fatto questa
scelta sarebbe stata insindacabile in sede di legittimità
sempre che la stessa decisione non si fosse articolata
secondo criteri privi di razionalità).
3.- Osserva la Corte che il ricorso è fondato.
Il ricorrente deduce che già soltanto il valore dei 24 beni
stimati sorpassava notevolmente il prezzo pattuito per
tutti i beni e, in proposito, in applicazione del principio
di autosufficienza, ha trascritto la parte della sentenza
del tribunale nella quale detta sproporzione era
adeguatamente motivata.

4

Aggiunge che la sussistenza del vizio di motivazione può

Effettivamente, il primo giudice aveva evidenziato che
a

dalla stima dei beni strumentali ceduti, tenuto conto del
valore alla data della vendita, pari a euro 145.725,29, era
emerso che esso era “circa sette volte superiore al prezzo
di rivendita desumibile dalla m fattura, pari a complessivi

Ha concluso il primo giudice che, “ove si considerasse il
prezzo nominale della cessione di tutti beni (Euro
25.822,84), si avrebbe un divario, rispetto alla stima
peritale riferita ad una parte dei beni stessi (Euro
143.725,49), di circa il 600% a danno della fallita”.
Sì che era del tutto irrilevante accertare il valore di
tutti gli altri beni ceduti, se solo una parte di essi era
,.. stata venduta a prezzo notevolmente inferiore al valore
reale, tenuto conto che si trattava di unica operazione
risultante dalla fattura n. 307 del 1999, come si evince
dalla stessa sentenza della Corte di appello.
Talché la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio
per nuovo esame e per il regolamento delle spese alla Corte
di appello di Bari in diversa composizione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e
rinvia alla Corte di appello di Bari – in diversa
composizione – per nuovo esame e per il regolamento delle
i

spese.

5

euro 19.966,22″ relativamente ai soli n. 24 beni stimati.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 27 maggio

2015

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